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I termini per le determinazioni del pubblico

6. Le funzioni dell’atto di iscrizione

6.1. I termini per le determinazioni del pubblico

Ormai compreso in che cosa consista l’iscrizione e in quali modalità possa essere effettuata, è opportuno concentrare l’attenzione sui possibili effetti che un atto così formale è in grado di scaturire. L’iscrizione della notitia criminis negli appositi registri costituisce, difatti, l’incipit formale del procedimento. A questa formalità, il

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A. MARANDOLA, I registri del pubblico ministero tra notizia di reato ed

effetti procedimentali, p. 281. 251

A. MARANDOLA, I registri del pubblico ministero tra notizia di reato ed

legislatore ha voluto ricollegare la decorrenza del periodo entro il quale è concesso al pubblico ministero di svolgere investigazioni, partendo, però, da una distinzione, a seconda cioè che l’annotazione in questione sia oggettiva o soggettiva. «Dall’iscrizione meramente oggettiva della notizia nel modello 44, decorre il termine di sei mesi entro il quale il pubblico ministero deve optare tra la richiesta di archiviazione, per essere rimasto ignoto l’autore del reato, e quella di autorizzazione a proseguire le indagini (art. 415, comma 1, c.p.p.) nonché quello di novanta giorni entro i quali formulare la richiesta di giudizio immediato (art. 454, comma 1, c.p.p.)».252 Dall’iscrizione soggettiva della notizia nel modello 21, invece, con annotazione del nome della persona a cui è attribuito il reato, decorrono i termini entro cui poter formulare richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione (art. 405, comma 2, art. 408, comma 1, art. 553, comma 1), di emissione del decreto penale di condanna (art. 459, comma 1, c.p.p.), di giudizio direttissimo (art. 449, comma 1, c.p.p.) o di proroga delle indagini preliminari.253

Nel particolare caso in cui si tratti di reati per i quali è prescritta una condizione di procedibilità, la valutazione operata dal pubblico ministero in merito alle varie forme di esercizio dell’azione penale potrà essere formulata solo una volta decorsi i termini ordinari, computati dal momento in cui sopravviene l’atto che è in grado di rimuovere l’improcedibilità, così quanto dispone l’art. 405, comma, 3, c.p.p.. Nello specifico, nel caso in cui la condizione di procedibilità suddetta consista in un’autorizzazione a procedere, lo stesso art. 405, al comma 4, c.p.p. prevede che il periodo investigativo in questione rimanga sospeso dal momento della

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A. MARANDOLA, I registri del pubblico ministero tra notizia di reato ed

effetti procedimentali, p. 393. 253

Cassazione Penale, Sezione IV, 16 maggio 2017, n° 42351, in C.E.D.

Cassazione, p. 3, secondo cui «i termini di durata delle indagini preliminari decorrono, infatti, dall’iscrizione nell’apposito registro non della notizia di reato bensì del nominativo dell’indagato».

richiesta fino al momento in cui essa non sia pervenuta al pubblico ministero. Queste previsioni devono però essere coordinate con l’art. 346 c.p.p. che, «permettendo il compimento di atti urgenti nelle more tra l’apprensione o la ricezione della notizia di reato da parte del pubblico ministero o della polizia giudiziaria e il momento nel quale perviene la querela, l’istanza o la richiesta di procedimento, lascia intendere che l’indagine preliminare inizia “ufficialmente” con il verificarsi della condizione la cui irrealizzazione rende inutilizzabili gli atti di indagine nel frattempo compiuti senza che sia consentito operare differenziazioni tra procedimenti in corso ed altri procedimenti collegati, coordinati paralleli o successivi».254

L’art. 16, comma 1, d. lgs. 28 agosto 2000 n° 274 prevede, infine, che il termine ordinario d’indagine per i procedimenti di competenza del giudice di pace sia di quattro mesi dall’iscrizione della notizia nel registro delle notizie di reato o nel registro contro ignoti.

Il rispetto dei limiti temporali suddetti trova rigida conferma nell’art. 407, comma 3, c.p.p., laddove afferma che «qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l’azione penale o richiesto l’archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati». Grazie ad un ampliamento della portata della disposizione in questione, rientrano nel tenore letterale della norma anche i casi disciplinati dall’art. 415, comma 1 e 2, c.p.p., ovvero nel particolare caso in cui si tratti di cadenze temporali contro ignoti. La previsione di termini così stringati risponde all’esigenza di ridurre al massimo la discrezionalità rimessa al pubblico ministero, in grado di incidere con il suo potere sulle

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A. GAITO, Procedibilità (caratteri generali), in Enciclopedia del diritto,

Aggiornata, vol. II, Milano, 1998, p. 741, «in quanto gli effetti del vizio attengono

direttamente al mezzo di ricerca della prova con correlativa inutilizzabilità di risultati probatori».

garanzie dell’imputato, evitando in tal modo battute d’arresto delle indagini e garantendo una loro continuità.

6.2. Il regime di inutilizzabilità degli atti compiuti al di fuori dei termini prescritti.

L’effetto sicuramente più significativo che scaturisce dal mancato rispetto dei termini ordinari e di quelli massimi dell’iscrizione è dato dall’inutilizzabilità degli atti compiuti fuori dai termini suddetti. «Una volta scaduti i termini di durata delle indagini, si verificherebbe una decadenza del potere investigativo del pubblico ministero».255 Secondo parte della dottrina, le previsioni degli artt. 406, comma 8, e 407, comma 3, c.p.p., garantirebbero la possibilità per il giudice di emendare le patologie strettamente connesse ad una iscrizione omessa o ritarata, ripristinando la situazione giuridicamente più corretta. Molti sono gli interrogativi scaturiti da una simile impostazione, ma, ancor più, dalla portata delle sanzioni precedentemente ricordate. Sicuramente, è da escludere che l’invalidità possa colpire un atto d’indagine che sia stato compiuto nel termine, ma depositato successivamente alla sua scadenza. È inoltre pacifico che l’inutilizzabilità non possa essere estesa neanche all’attività di indagine suppletiva e integrativa, posto che essa risulta pienamente ammessa a norma degli artt. 419, comma 3, e 430, comma 1, c.p.p. Maggiori perplessità le desta, invece, da un lato, l’idea per cui la sanzione riguarderebbe solo quegli accertamenti di cui il pubblico ministero possa disporre, con possibilità di utilizzare tutti quegli elementi di prova acquisiti una volta intervenuta la decorrenza solo su iniziativa delle parti; e dall’altro, l’idea per cui gli atti favorevoli al reo sarebbero comunque efficaci, dato che la sanzione è soggetta a eccezione di parte, che, in tal caso, potrebbe

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A. MARANDOLA, I registri del pubblico ministero tra notizia di reato ed

avere interesse opposto all’inutilizzabilità. A sostegno della tesi si potrebbe addurre il convincimento per cui, in tali ipotesi, il legislatore non ha richiamato l’art. 191 c.p.p., in tema di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite. In realtà, l’art. 407, comma 3, c.p.p. non vuole rappresentare una categoria a sé, ma anzi, essa, ricomprende diverse specie tutte ricollegabili alla sanzione conseguente alla violazione di un divieto, non dissimilmente da quanto disposto dall’art. 191 c.p.p. In ogni caso e, a conclusione di questa trattazione, appare confermato l’intento del nuovo codice, che non risulta tanto quello di precludere attività investigativa, quanto, più che altro, quello di assicurare un controllo sui tempi da parte del giudice.