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4. L’iscrizione oggettiva

4.2. Un problema di comunicabilità

«Il problema che allora si pone, di fronte alla nuova disciplina contenuta nell’art. 335 c.p.p., è, da un lato, quello relativo alla comunicabilità alla persona sottoposta alle indagini di tutti i dati contenuti sotto un unico “numero di registro generale” e cioè in

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È la stessa circolare ministeriale ad esprimersi in proposito: «quando invece un reato, sia pure in concorso con altri per i quali sia stata già eseguita iscrizione, venga accertato successivamente, dovrà procedersi a nuova iscrizione. In tal caso si dovrà fare richiamo alla precedente iscrizione. Qualora invece il riferimento ad altre persone – ma in ordine allo stesso reato – sia contenuto in distinte notizie di reato oppure emerga successivamente, dovrà procedersi ad autonome iscrizioni nominative. Anche in tal caso, però, sarà richiamata la precedente iscrizione».

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Cassazione Penale, Sezione V, 05 marzo 1992, Mendella, in C.E.D.

Cassazione, n° 189967, secondo cui «il numero d’ordine del registro delle notizie

di reato istituito dall’art. 335 c.p.p. costituisce un dato estrinseco dell’iscrizione sicché, per determinare il dies a quo ai fini della decorrenza di termini di durata massima delle indagini preliminari di cui all’art. 407 stesso codice relativo a diversi fatti iscritti sotto lo stesso numero in momenti differenti, l’unico criterio è quello di ordine sostanziale desumibile dal secondo comma del predetto art. 335, secondo cui, quando non si tratti di mutamento dalla qualificazione giuridica del fatto né di diverse circostanze del medesimo fatto, non può parlarsi di aggiornamento di iscrizioni ma di iscrizione autonoma».

un’unica iscrizione anche se riguardante più soggetti e più fatti e, dall’altro, quello della comunicabilità e non comunicabilità ad una persona dei dati contenuti in una pluralità di iscrizioni a carico di soggetti e per fatti diversi, quando tra i procedimenti oggetto delle iscrizioni esiste comunque connessione ai sensi dell’art. 12 c.p.p.».231 Il legislatore, però, non si è mai preoccupato di dettare una disciplina puntuale in materia, nel tentativo di evitare tutti gli inconvenienti che posso scaturire da un fatto così incerto e variabile, quale il modo di iscrizione di una notizia di reato. Ed è proprio la mancanza di una disciplina in materia ad aver generato molteplici inconvenienti nella prassi. Uno di questi è certamente rappresentato dalla comunicabilità alla persona sottoposta alle indagini del nominativo di coloro che siano qualificati in termini di co-indagati, in relazione al medesimo fatto o in riferimento a fatti ad esso connessi, vuoi che si sia proceduto alla medesima iscrizione o a iscrizioni differenti; oppure dalla comunicabilità ad un soggetto dell’iscrizione concernente un fatto di reato connesso ad altro per cui la comunicazione è esclusa in modo assoluto o per un periodo limitato (al massimo tre mesi). Per tentare di trovare una soluzione al problema, non possiamo certo prescindere dalla ratio di fondo che ha alimentato gli ampi dibattiti al fine di generare una nuova disciplina. «Se si considera che l’esigenza che ha mosso il legislatore della riforma è stata essenzialmente quella di consentire alla persona sottoposta alle indagini di conoscere tale sua situazione per potersi difendere, adducendo tutti i possibili elementi a suo favore, e che peraltro la fase delle indagini preliminari è pur sempre connotata dal fondamentale carattere della segretezza “interna” e che dalla divulgazione di dati non indispensabili per le possibilità di difesa individuali possono derivare effetti devastanti per il buon esito delle indagini stesse ed infine che, nel sistema del codice nella sua fondamentale ispirazione, resta pur sempre che ad

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M. MADDALENA, Registro delle notizie di reato: i problemi del dopo

ogni persona e ad ogni fatto dovrebbe corrispondere una ed una sola iscrizione o, meglio, tante iscrizioni quanti sono i fatti che gli sono attribuiti, ecco che giustamente la informazione ex art. 335 c.p.p. deve ritenersi limitata al solo nominativo dell’interessato ed ai reati che a lui vengono attribuiti, senza estensione ai nominativi ed ai reati di altri».232 Molto più complesso il caso in cui si tratti di reati connessi attribuiti alla medesima persona, vuoi che ciò avvenga in un’unica iscrizione o in iscrizioni differenti: in questo caso le notizie di reato che non siano coperte dal divieto totale o parziale di comunicabilità rischia di vanificare l’opera delle eccezioni dell’art. 335 c.p.p.. Ecco allora che, nel caso in cui vi siano ragioni giustificatrici tali da negare la comunicabilità delle notizie iscritte alle persone interessate dei reati connessi per cui si procede, si considererà giustamente rifiutata ogni comunicazione al riguardo. «E non si tratta di interpretazione in malam partem o di interpretazione estensiva di norme eccezionali ma di una corretta interpretazione dei dati normativi alla luce della complessiva ratio della disciplina e della coerenza del sistema, in cui l’eccezionalità deve valutarsi non con riferimento a nome di carattere più o meno generale, ma rispetto ai principi fondamentali dell’intero sistema codicistico».233 Infine, dubbi interpretativi si pongono nel caso in cui, essendo scritti, sotto lo stesso numero o sotto più numeri di registro generale, una pluralità di persone ed una pluralità di reati, dei quali uno o più impeditivi della comunicazione, il richiedente sia persona

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Nello stesso senso L. D’AMBROSIO, La riforma dell’8 agosto 1995, in Diritto

penale e processo, 1995, p. 1210: «Al richiedente sono comunicabili solo le

informazioni che direttamente lo riguardano. È perciò da escludere che all’indagato possano essere comunicati i nominativi dei coindagati. Al richiedente potranno essere comunicati il numero del procedimento, il nome del magistrato designato alle indagini, il titolo del reato per cui si procede nonché, ove risulti, il luogo e la data del commesso reato. Atteso il carattere “surrettizio” dell’istituto che si esamina, non sembra illogico richiamare l’art. 369 e prevedere che al richiedente spetti conoscere le stesse altre notizie che dovrebbero essere inserite nell’informazione di garanzia».

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M. MADDALENA, Registro delle notizie di reato: i problemi del dopo

sottoposta alle indagini in riferimento a uno dei reati non impeditivi. In questa ipotesi, il richiedente potrà vedersi negata l’informazione che ha puntualmente richiesto? La dottrina appare divisa sul punto: da un lato, c’è chi dice di no, facendo leva sul fatto che «l’iscrizione nel registro delle notizie di reato riguarda ogni persona cui il reato è attribuito e non il procedimento nel suo complesso»234. In particolar modo ritenendo che l’esclusione in questione riguardi solo gli indagati ex art. 407 comma 2, lettera a), e non tutti gli altri, pur se indagati nello stesso procedimento, a cui però è attribuito reato diverso; dall’altro lato, invece, c’è chi risponde positivamente, osservando come, in relazione all’ 335 c.p.p., in caso di reati di criminalità organizzata, «la stessa lettera della legge implica che il divieto di notizie sull’iscrizione sorga in capo ai soggetti non in relazione all’imputazione ad essi attribuita, ma in relazione al fatto che il procedimento che attribuisce tale imputazione riguarda un delitto di criminalità organizzata».235

Concludendo, le eccezioni di comunicabilità delle iscrizioni previste sono rappresentate, da un lato dall’ipotesi in cui si proceda per uno dei reati di criminalità organizzata, a norma dell’art. 407, comma 2, lettera a), c.p.p. e, dall’altro lato, dall’ipotesi prevista dall’art. 335, comma 3 bis, c.p.p., ovvero qualora sussistano specifiche esigenze «attinenti all’attività di indagine». In quest’ultimo caso, il pubblico ministero potrà disporre il segreto con decreto motivato, per un periodo, però, che non superi i tre mesi, senza possibilità di rinnovo.

5. L’iscrizione soggettiva.

«A norma dell’art. 335 c.p.p. il pubblico ministero iscrive

234 C. RIVIEZZO, Custodia cautelare e diritto di difesa. Commento alla legge 8

agosto 1995 n° 332, Giuffrè, Milano, 1995, p. 147. 235

L. D’AMBROSIO, La riforma dell’8 agosto 1995, in Diritto penale e

immediatamente nel registro la notitia criminis e, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato è attribuito».236 Si parla in tal caso di iscrizione soggettiva, ovvero l’indicazione nominativa del soggetto a cui si attribuisce il fatto di reato che, come già appurato, può non essere contestuale all’iscrizione oggettiva del fatto. Tuttavia, il legislatore ha mancato di lasciare alcuna indicazione circa gli indici o i parametri, alla presenza dei quali può procedersi a tale annotazione nominativa. È comunque pacifico in giurisprudenza, l’idea per cui l’obbligo di iscrizione, incombente sul pubblico ministero, può dirsi integrato solo laddove a carico della persona risultino specifici elementi indizianti, e non solo meri sospetti. Che però, in tali situazioni, l’inquirente goda di ampi margini di discrezionalità, è ben noto anche alla stessa Corte di Cassazione, la prima infatti ad affermare che, egli «viene a fruire di un ambito di valutazione la cui esclusività comporta l’insindacabilità da parte del giudice».237 Posto, dunque, che l’iscrizione nominativa del soggetto non consiste in un mero aggiornamento della notitia criminis, ma piuttosto un completamento della stessa, appare allora chiaro che, ai fini suddetti, non risulta sufficiente la mera indicazione del nome e del cognome del soggetto, ma la vera e propria identificazione dello stesso. «Per identificazione s’intende l’attribuzione dei contrassegni che caratterizzano un soggetto nell’ordinaria vita di relazione, quali nome, cognome, luogo e data di nascita, paternità e maternità;238 per individuazione s’intende, invece, riferirsi ad una componente dell’imputazione, trattandosi di un atto che si risolve nella determinazione, all’interno

236A. MARANDOLA, I registri del pubblico ministero tra notizia di reato ed effetti procedimentali, p. 217.

237Cassazione Penale, Sezione I, 26 maggio 2000, Prinzi, in Guida al diritto, 2000, f. 24, p. 79; Cassazione Penale, Sezione I, 23 giugno 1999, Testa, in C.E.D. Cassazione, n° 213827; Cassazione Penale, Sezione I, 1 giugno 1995, Grimoli, in C.E.D. Cassazione, n° 201299.

238

E. SANTORO, Identità e identificazione dell’imputato, in Giustizia penale, 1948, vol. III, p. 12.

di una cerchia più o meno definita di individui, della persona a cui si è ascritto il fatto di reato e nei confronti della quale, pertanto, è iniziata l’azione penale». 239 Fondamentale risulta, quindi, la distinzione tra individuazione e identificazione, essendo quest’ultima del tutto strumentale rispetto alla prima, ma di prioritaria importanza, giacché è lo stesso art. 66 c.p.p., ad affermare come «nel primo atto cui è presente l’imputato, l’autorità giudiziaria lo invita a dichiarare le proprie generalità e quant’altro può valere ad indentificarlo». L’identificazione diviene così prima condizione necessaria e sufficiente per poter procedere. Ma parlando di identificazione, è opportuno distinguere tra identità personale e identità fisica.240 Solo quest’ultima, a norma dell’art. 66, comma 3, c.p.p., risulta necessaria ai fini processuali. Difatti, l’incertezza nell’individuazione anagrafica, quando però risulti certa l’identità fisica, non preclude in alcun caso l’iscrizione. A tale iscrizione, dovrebbe poi necessariamente seguire quella onomastica, consistente nelle dichiarazioni fornite dal soggetto: esse potranno garantire una verifica dell’identità personale del soggetto in questione. Ne consegue dunque che, si parla di procedimento contro noti «ogniqualvolta vi sia una perfetta corrispondenza delle effettive generalità dell’indagato con quelle corrispondenti in atti ovvero quando il soggetto sia fisicamente già individuato. Si può, parlare di instaurazione di un procedimento contro ignoti, invece, nel caso in

239 O. DOMINIONI, Commento all’art. 66 c.p.p., in E. AMODIO – O.

DOMINIONI (diretto da) Commentario del nuovo codice di procedura penale:

norme di coordinament o e transitorie, vol. I, Giuffrè, Milano, 1989, p. 409; R.E.

KOSTORIS, Commento all’art. 66 c.p.p., in Commentario al nuovo codice di

procedura penale, coordinato da M. CHIAVARIO, vol. I, UTET, Torino, 1989, p.

340.

240 Cassazione Penale, Sezione I, 22 marzo 1995, n° 217, Liti, in C.E.D. Cassazione, n° 200477, chiarisce che per «”identità fisica”, così come nell’art. 81

c.p.p. 1930, deve intendersi l’identità tra la persona nei cui confronti è stato instaurato il processo e quella che si giudica, ossia il vero imputato».

cui non sia conosciuta l’identità personale e quella fisica del soggetto al quale attribuire il fatto ovvero esse risultino false».241