• Non ci sono risultati.

4. Imbattersi in una notizia

7.8. Segue La sentenza di fallimento

L’art. 17 della legge fallimentare, introdotta con r.d. 16 marzo 1942 n° 267 e modificata dal d.l. 12 settembre 2007 n° 169, afferma che le sentenze di fallimento devono essere comunicate al pubblico ministero per estratto. Non necessariamente, infatti, un fallimento è sintomo dell’esistenza di una notizia di reato, ma tale eventualità non può neanche essere esclusa del tutto. Ciò giustifica il pubblico ministero ad attendere la trasmissione della relazione da parte del curatore fallimentare, come dispone l’art. 33, al fine di poter verificare se una notizia di reato è configurabile o meno. È lo stesso articolo che impone che la relazione contenga tutto quanto possa risultare utile al fine dell’espletamento delle indagini preliminari.

199

Cassazione penale, Sezioni Unite, 29 maggio 2008, n° 25932, Ivanov, in

Anche la sentenza di fallimento, allora, costituisce per legge quell’embrione di notizia di reato che legittima l’apertura della pre- inchiesta volta a cercare una notizia di reato a tutti gli effetti.200 È la stessa circolare n° 533 del 18 ottobre del 1989, poi, a chiarire come la sentenza di fallimento costituisca uno di quegli atti ascrivibili nel registro degli atti non costituenti notizia di reato.

7.9. Segue. I decessi per cause ignote o sospette e le relative comunicazioni.

Secondo l’art. 1 del d.P.R. 1990 n° 285, ogni decesso deve essere comunicato al Comune del luogo in cui è avvenuto il fatto, dal medico che ne ha certificato la causa. Il Sindaco poi, a sua volta, dovrà dare comunicazione al pubblico ministero, qualora nella scheda di morte trasmessagli possa ravvisare qualche sospetto sulla liceità dell’accaduto. Allo stesso modo, «ogni medico che accerti un decesso avvenuto fuori da un istituto ospedaliero pubblico, senza però riuscire ad individuarne la causa, oltre a informare il Comune, può mettere direttamente a disposizione della Procura la salma».201

In tale ipotesi, l’autopsia, anche se negata dai propri familiari, potrà trovare esecuzione su ordine dell’autorità giudiziaria. La stessa sorte tocca anche nel caso in cui sia la stessa polizia giudiziaria ad accertare la morte di un uomo ma rispetto ad essa abbia seri dubbi circa la commissione di un reato: provvederà, infatti, ad informare il pubblico ministero, pur in assenza di una notizia di reato. In tali ipotesi, il pubblico ministero potrà predisporre un’autopsia ex art. 116 disp. att. c.p.p., previa iscrizione della comunicazione nel registro degli atti non costituenti notizia di reato. In questa particolare ipotesi, è la stessa legge che autorizza il pubblico

200

R. APRATI, La notizia di reato nella dinamica del procedimento penale, p. 69.

201

ministero non solo a essere destinatario di un’informazione non ancora costituente notizia di reato, ma anche di compiere le attività pre-investigative al fine di accertarne la sua esistenza.

CAPITOLO IV

LA FASE DELL’ISCRIZIONE DELLA NOTITIA CRIMINIS. UN PROBLEMA LEGATO AL TEMPO

SOMMARIO: 1. L’obbligo di riferire la notizia di reato. – 2. L’attività del pubblico ministero a seguito dell’acquisizione della notitia criminis: l’iscrizione come primo atto processuale. – 3. I registri. – 3.1. Segue. Il modello 21. – 3.2. Segue. Il modello 44. – 3.3. Segue. Il modello 21 bis. – 3.4. Segue. Il modello 45. – 4. L’iscrizione oggettiva. – 4.1. Il numero identificativo del procedimento. – 4.2. Un problema di comunicabilità. – 5. L’iscrizione soggettiva. – 5.1. Gli effetti dell’iscrizione nominativa. – 5.1.1. Segue. Le iscrizioni “coatte”. – 6. Le funzioni dell’atto di iscrizione. – 6.1. I termini per le determinazioni del pubblico ministero. – 6.2. Il regime di inutilizzabilità degli atti compiuti al di fuori dei termini prescritti. – 6.3. L’attribuzione della competenza. – 7. Un problema legato al tempo. – 7.1. Il complesso concetto di ”immediatezza”. – 7.2. Il sindacato sull’iscrizione soggettiva. – 7.3. Le Sezioni Unite «Lattanzi». – 7.4. La soluzione prospettata dal “Progetto Alfano”. – 7.5. Sviluppi odierni del problema: le ipotesi interpretative prospettate dalla Procura di Roma. – 8. Una breve conclusione.

1. L’obbligo di riferire la notizia di reato.

Una volta acquisita notizia di reato, indipendentemente dalle modalità attraverso cui avvenga, la polizia giudiziaria vede incombere su di essa l’adempimento degli obblighi imposti dall’art. 347 c.p.p., così come modificato dall’art. 4, comma 1, del d.l. 8 giugno 1992, n° 306, con modifica in legge 7 agosto 1992, n° 356.

La polizia giudiziaria deve, quindi, riferire, «senza ritardo» e «per iscritto», al pubblico ministero «gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute, delle quali trasmette la relativa comunicazione». Deve inoltre comunicare, qualora sia possibile, «le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti». Prima dell’intervento di modifica, la polizia giudiziaria era tenuta al rispetto di cadenze temporali ben più stringenti: la vecchia formulazione dell’art. 347, difatti, imponeva all’organo in questione l’obbligo di riferire la notizia di reato al pubblico ministero nel termine di quarantotto ore dall’avvenuta acquisizione. Le esperienze applicative del codice, però, mostrarono sin da subito «i rischi derivanti da una generalizzazione del termine in parola a ogni specie di reato e indagini».202 La polizia giudiziaria, preoccupata dell’incombenza di un obbligo così rigoroso, sembrò sin da subito preoccuparsi più del rispetto formale di tale termine, che della necessità di fornire al pubblico ministero quante più notizie utili per la ricostruzione del fatto. La conseguenza fu ovviamente quella di una stasi nell’ambito dell’attività di polizia giudiziaria, con l’accumularsi di un gran numero di notizie rimaste inevase. La novella del 1992, però, intervenne nel momento più opportuno, imponendo la necessità per il pubblico ministero di essere tempestivamente informato della notitia criminis e di ogni altra notizia utile ed esauriente per la ricostruzione del fatto. Fu così abolito il termine delle quarantotto ore, sostituito con l’indicazione, decisamente più elastica, di una comunicazione «senza ritardo» al pubblico ministero. Data la generalità e indeterminatezza dell’espressione, è facilmente deducibile il margine di discrezionalità

202

che viene da ora rimesso alla polizia giudiziaria nella gestione dei tempi. Il termine di quarantotto ore è rimasto, invece, invariato, nel particolare caso in cui «siano stati compiuti degli atti per i quali è prevista l’assistenza del difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini» (così è quanto dispone il comma 2 bis dell’art. 347 c.p.p.). Infine, dispone così il terzo comma, «se si tratta di uno dei delitti indicati nell’art. 407 comma 2 lettera a) numeri da 1) a 6) e, in ogni caso, quando sussistono ragioni di urgenza, la comunicazione della notizia è data immediatamente anche in forma orale». Ovviamente, nonostante la comunicazione sia stata fatta oralmente, ne deve necessariamente conseguire, «senza ritardo», anche la comunicazione scritta, con la presenza di tutti gli elementi indicati nei commi precedenti. «A seguito della nuova normativa dettata dal decreto legislativo 19 febbraio 1958, n° 51 che, istituendo il giudice monocratico di primo grado, ha soppresso le preture circondariali e le procure della Repubblica presso le citate preture, è enormemente semplificata, per la polizia giudiziaria, l’individuazione dell’autorità giudiziaria alla quale rimettere la notizia di reato, che rimane esclusivamente la procura della Repubblica presso il tribunale».203 Solo nel particolare caso in cui si tratti di minore di anni diciotto, che abbia agito da solo o con complici maggiorenni, la notizia di reato sarà invece rimessa al procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minorenni.

2. L’attività del pubblico ministero a seguito dell’acquisizione della notitia criminis: l’iscrizione come primo atto processuale.

«Per quanto riguarda il pubblico ministero, invece, questi ha essenzialmente l’obbligo, ai sensi dell’art. 335, comma 1, c.p.p., una volta che gli sia pervenuta o abbia acquisito di propria iniziativa una

203

notizia di reato, di iscriverla immediatamente nell’apposito registro custodito presso il proprio ufficio».204 Indipendentemente, dunque, dalle modalità attraverso cui la notizia di reato sia giunta a sua conoscenza, essa deve essere immediatamente iscritta nell’apposito registro. 205 Ciò costituisce indubbiamente il primo atto del procedimento penale. Si è, difatti, a lungo dibattuto circa la configurabilità o meno degli atti investigativi quali atti processuali: buona parte della dottrina ha escluso tale configurazione, giacché «la qualifica di atto processuale vale unicamente per l’atto posto in essere dai soggetti del rapporto processuale e nella sede processuale».206 La disciplina delle notizie di reato sarebbe così sottratta a quella propria degli atti procedimentali: questa esclusione dal novero degli atti processuali appare ancor più confermata laddove si ammetta l’inesistenza di una specifica sanzione di nullità nel caso di mancato rispetto della sequenza procedimentale con cui si porta a conoscenza dell’autorità la sussistenza di una notizia di reato.207 Ad analoga conclusione perviene anche chi sostiene che la

natura di atto processuale debba essere attribuito solo a quelli compiuti da polizia giudiziaria e pubblico ministero, aderendo in

204

P. DUBOLINO, Notizia di reato, in Digesto delle discipline penalistiche, vol. I Agg. 2000, p. 501.

205

Cassazione Penale, Sezione I, 18 agosto 2017, n° 39221, in C.E.D. Cassazione, , p. 10, secondo cui «se è incontestabile che il Pubblico ministero ha l’obbligo di iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p., non appena riscontrata la corrispondenza di un fatto di cui abbia avuto notizia ad una fattispecie di reato ed una volta acquisiti, contestualmente o successivamente, elementi obiettivi di identificazione del soggetto cui il reato è attribuito, è altrettanto indubbio che non è consentito al giudice stabilire una diversa decorrenza di tale iscrizione».

206

A. MARANDOLA, I registri del pubblico ministero tra notizia di reato ed

effetti procedimentali, p. 108. 207

Propendono, invece, per la processualità dell’atto contenente la notitia criminis qualificata quanti sostengono che è processuale ogni atto che nasce e vive ai fini del rapporto processuale, sulla cui costituzione, sul cui svolgimento e sulla cui fine l’atto è destinato ad avere influenza: in tal senso v. G. BELLAVISTA – G. TRANCHINA, Lezioni di diritto processuale penale, X edizione, Giuffrè, Milano, 1987, p. 272; F. CORDERO, Studi sulle dottrine generali del processo penale: le

situazioni soggettive nel processo penale, Giappichelli, Torino, 1957, p. 281; C.

MASSA, Atti processuali penali, in Enciclopedia forese, vol. I, Milano, 1958, p. 572.

questo modo ad una impostazione meramente soggettiva. Se, dunque, la notizia di reato non è qualificabile in termini processuali, nessun dubbio, invece, pare profilarsi nell’attribuire tale qualificazione all’iscrizione ex art. 335 c.p.p., giacché primo atto processuale dell’intera sequenza procedimentale. È lo stesso art. 9, comma 3, c.p.p., a delimitare la portata di quest’affermazione, laddove, nel delineare la competenza, sancisce che essa appartiene «al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p.». Ne consegue, dunque, che primo atto di tale sequenza è rinvenibile non tanto nella mera notitia criminis, quanto piuttosto nell’atto di assunzione dell’informativa da parte dell’inquirente.