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I vincoli in NGP

Nel documento Il vincolo nella fonologia generativa (pagine 110-116)

2.4 The Sound Pattern of English

2.6 Fonologia (Generativa) Naturale

2.6.2 Fonologia Generativa Naturale

2.6.2.3 I vincoli in NGP

I miglioramenti dell’apparato formale, grazie ai quali è possibile costruire una grammatica fonologica molto più aderente alle esigenze di naturalezza, imprescindibili per uno studio esaustivo della facoltà che genera le lingue naturali, implicano la necessit| di rivedere l’apparato di vincoli, o condizioni, sinora utilizzati.

Abbiamo già visto come Shibatani (1973), sulla base di dati derivati dallo studio dei processi di acquisizione, di adattamento dei prestiti e dei giudizi di grammaticalità dei parlanti, ridimensioni notevolmente la necessità di postulare le MSC. Nell’approccio proposto da Hooper (1976) l’esistenza di questo genere di dispositivo si fa ancora più improbabile: non essendo più ammessa la distinzione fra i due ‚classici‛ livelli di rappresentazione (livello fonemico sistematico e livello fonetico sistematico) ed essendo respinta ogni analisi che coinvolga elementi astratti non immediatamente riconducibili al livello superficiale, non c’è alcun motivo di supporre l’esistenza di un dispositivo valido esclusivamente in quel livello dal quale NGP prende le distanze. Ricordiamo infatti che MSC sono condizioni che descrivono delle generalizzazioni a livello soggiacente, il quale nel paradigma standard altro non è che l’associazione delle entrate lessicali, parzialmente specificate, con le MSC, che, vista la loro capacità di gestire la ridondanza, di tali entrate completano la specificazione. La TGC e la No-ordering Condition rendono inutile, oltre che teoricamente scorretta, la definizione di generalizzazioni appartenenti ai due livelli summenzionati, e poiché

‚<all statements in the grammar are true generalizations about surface forms, any constraint that hold on one ‘level’ also hold on any other.‛ (Hooper, 1976: 186)

Ciò significa che devono essere utilizzati dispositivi in grado di cogliere generalizzazioni, basate sul livello superficiale, che devono essere valide in un dominio più ampio di quello morfemico. Abbiamo più volte notato come dispositivi come le MSC non siano adeguati per un simile compito, e questo anche a causa del fatto che i morfemi sono unità di natura sintattica, non necessariamente pronunciabili in isolamento115. E’ necessario quindi identificare un’unit|, di natura puramente fonologica, capace di ‚valicare‛ i confini morfemici:

‚If the constraints on sequence structure are to represent what is pronounceable in a specific language, then they should be stated in terms of the smallest pronounceable unit.‛ (Hooper, 1976: 189)

Per soddisfare questa necessità viene utilizzata come unità minima la sillaba, la quale viene presentata come l’unit| più adeguata ad esprimere i vincoli fonotattici.

L’utilizzo di questa unit| fonologica permette una più corretta analisi di determinati fenomeni. Il famoso caso ad esempio del riconoscimento di *bnik come forma mal formata, dovuto secondo il paradigma standard alla presenza di MSC che definiscono la struttura dei morfemi ben formati, viene ora giustificato sulla base dell’impossibilit| per una sequenza come bn- di costituire un attacco sillabico. La presenza di tale nesso può ad esempio essere ammessa all’interno di parola (cfr. abnegation, ‘abnegazione’), caso in cui –bn- viene rianalizzato in coda e attacco sillabico.

E’ interessante a questo punto notare come grazie all’inserimento del concetto di sillaba nella grammatica fonologica sia possibile descrivere i vincoli superficiali secondo principi sicuramente più ‚naturali‛ rispetto a quelli

115 Pensiamo ad esempio al morfema del plurale per forme come specie, re, tesi, città, etc., il quale si

presenta come un morfema vuoto, o all’apofonia caratteristica di alcune forme verbali inglesi come sing, ‘cantare’, sang, pass., sung, part., in cui il morfema che esprime il tempo non è pronunciabile in isolamento.

sottintesi alla strategia di marking conventions e linking rules di SPE. La struttura sillabica viene infatti definita in base ad una scala gerarchica (universale) di sonorità, la quale definisce la corrispondenza fra i vari tipi di segmenti e le posizioni che è loro concesso occupare all’interno della struttura sillabica:

Attacco sillabico ottimale occlusive nasali liquide

semivocali

vocali Coda sillabica ottimale

Simili gerarchie, connesse con la distribuzione di posizioni all’interno della struttura sillabica, già proposte da Jespersen, secondo il quale i suoni si dispongono in una sillaba in funzione della sonorità, e da Saussure, il quale sostituisce al criterio di sonorità quello di apertura, forniscono inoltre una giustificazione acustico-funzionale alla struttura sillabica, dato che ‚the pivotal principle of syllable structure is the contrast of successive features within the syllable‛ (Jakobson & Halle, 1956: 31).

Il reinserimento all’interno della grammatica fonologica di questo genere di dispositivo teorico, atto a definire su basi acustico-funzionali la struttura della sillaba, sulla quale sono costruiti i vincoli superficiali deputati al riconoscimento delle generalizzazioni, consente una spiegazione di determinati processi fonologici che faccia riferimento a principi universali. Si può ad esempio giustificare in questo modo un fenomeno come il rafforzamento, che riguarda sempre l’elemento iniziale di una sillaba (mai le altre posizioni), il quale viene rafforzato in quanto occupa una posizione forte (l’attacco) all’interno della

struttura sillabica, oppure il fenomeno opposto dell’indebolimento della coda, la quale è per definizione la posizione più debole116.

Un esempio che illustra entrambi i fenomeni può essere quello del passaggio dal latino iam all’italiano già, in cui si osserva il passaggio della semiconsonante *j+ all’affricata palatale [d ʒ] e la caduta della coda sillabica.

Un altro esempio è quello dell’epentesi in spagnolo, descritta dalla seguente regola: ] [ _ # / 0e sconsonantico

Questa regola deve essere collegata con il vincolo che impedisce l’occorrenza di un nesso /s/ + C, e il suo obiettivo è quindi quello di creare una sequenza a cui possano essere assegnati confini sillabici in maniera corretta: l’inserimento della vocale rende la /s/ coda sillabica e la consonante seguente attacco sillabico, conformemente alle esigenze dei vincoli sulla struttura sillabica. Va notato che una situazione accettabile, dal punto di vista dei vincoli, si potrebbe ottenere anche nel caso in cui la vocale epentetica sia inserita fra /s/ e C. La preferenza per il posizionamento dell’epentesi effettivamente attestato è spiegata da Hooper sulla base del fatto che:

‚<it allows the original order of C’s to remain, thereby hispanicizing the word with the minimum amount of change from its original form.‛ (Hooper, 1976: 235)

Pur non fornendone una esplicita formalizzazione, da questa breve considerazione si può notare come sia sottintesa la presenza di una sorta di

116 Hooper (1976: 224) riferisce di come Vennemann, in una comunicazione orale con la stessa,

proponga un abbozzo di scala di forza universale capace di descrivere le progressioni attraverso le quali i segmenti possono rafforzarsi o indebolirsi. Cfr. anche Vennemann (1988).

prototipo di vincolo di fedelt| (che ricordiamo favorire l’identit| input-output) à la OT, il quale può entrare in conflitto con il vincolo di marcatezza che determina la necessit| dell’epentesi. In questo caso infatti, è lecito ipotizzare la presenza nella grammatica di un vincolo di marcatezza che ‚spinge‛ verso la struttura sillabica ottimale, CV. Il posizionamento della vocale epentetica prima di s- tuttavia indica come tale vincolo di marcatezza sia subordinato ad un vincolo di fedeltà che favorisce il candidato che modifica in misura minore la struttura dell’input117.

Risulta ora evidente come esigenze fonotattiche espresse tramite vincoli superficiali derivati dai principi universali relativi alla struttura sillabica possano condizionare il verificarsi di determinati processi fonologici. Si delinea insomma un’ulteriore evidenza, valida anche in prospettiva diacronica, a prova della realt| di cospirazioni di regole formalmente non correlabili: l’esigenza di far combaciare una sequenza fonetica con la struttura sillabica ottimale è ciò che determina l’applicazione di regole che, seppur tramite strategie formalmente differenti, mirano al raggiungimento del medesimo risultato118.

Un ulteriore aspetto interessante nell’approccio proposto da Hooper (1976) è il riconoscimento della violabilità dei vincoli superficiali, i quali possono a volte esprimere esigenze in mutuo contrasto. Tale situazione viene ricondotta dall’autrice alle diverse esigenze (funzionali) implicate da differenti stili e velocità di esecuzione (per esempi cfr. Hooper, 1976: 228).

Si può comunque osservare, in prospettiva sincronica ma ancor di più diacronica, una tendenza verso la struttura sillabica (universalmente) ottimale, ossia verso la struttura meno marcata:

117 Il solito tipo di ragionamento può essere utilizzato per spiegare la preferenza accordata

all’epentesi (piuttosto che ad una cancellazione) nel caso dell’adattamento dei prestiti in giapponese (cfr. cap. 2.6.2.1).

118 Cfr. l’esempio dal latino alla pagina precedente, in cui le due regole di rafforzamento

dell’attacco e indebolimento della coda sono finalizzate al raggiungimento della struttura sillabica ottimale.

‚A deletion process or a large influx of loan words may override the SSC [Sequence Structure Constraint] for the language, but after a time certain changes will take place, and the preferred SSC will be reinstated. This progression implies that a preferred SSC remains part of the system, part of the speakers’ competence, in the face of violations of it.‛ (Hooper, 1976: 229)

Questo passaggio è molto interessante, in quanto rappresenta l’antesignano della teoria sviluppata in OT, conosciuta con l’acronimo TETU119, secondo la quale un vincolo di marcatezza non può essere completamente (e definitivamente) inattivo, nemmeno nel caso in cui occupi nella scala gerarchica una posizione infima.

In conclusione, possiamo osservare un aumento della capacità descrittiva ed esplicativa dell’approccio generativo coincidente con l’inserimento nel modulo fonologico della nozione di sillaba. Questa ‚evoluzione‛, come vedremo a breve, innesca un ulteriore sviluppo (autosegmentale) della teoria, caratterizzabile come un sostanzioso arricchimento della nozione di rappresentazione.

Nel documento Il vincolo nella fonologia generativa (pagine 110-116)