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Well-formedness condition

Nel documento Il vincolo nella fonologia generativa (pagine 126-133)

2.4 The Sound Pattern of English

2.7 Gli anni ‘

2.7.1 Fonologia autosegmentale

2.7.1.2 Well-formedness condition

1) a. Tutte le vocali sono associate ad almeno un tono; b. Tutti i toni sono associati ad almeno una vocale. 2) Le linee di associazione non si incrociano.

128 Leben (1973) riconduce ad esempio una sequenza tonale superficiale come LHH alla sequenza

soggiacente LH, alla quale viene applicata una regola che associa (spreading) il secondo tonema all’ultima vocale della sequenza superficiale; cfr. anche gli esempi alla pagina precedente.

129 McCarthy (1986) ad esempio imputa ad OCP la capacità di proibire in arabo una sequenza

radicale come [C1VC1X] e di ammettere invece [C1VC2VC2]: è corretto ad esempio samam, ‘veleno’,

ma non *sasam.

130 Cfr. l’esempio sulla metafonia al punto d.; un altro esempio è quello della dissimilazione delle

liquide in latino, la quale si può spiegare come una strategia per evitare l’adiacenza di due consonanti identiche: nel caso del suffisso –alis, presente ad esempio in nav-alis, si può osservare la dissimilazione della liquida in casi come sol-aris, ossia il cambiamento del modo di articolazione della seconda consonante, da laterale a vibrante, che rimane tuttavia della solita classe. Quest’ultimo esempio dimostra inoltre come OCP possa determinare, oltre alla forma delle rappresentazioni soggiacenti, anche il corso di una derivazione: può cioè bloccare o attivare delle regole.

Questa è la prima formulazione della condizione di buona formazione (WFC) proposta da Goldsmith (1976: 27), la quale, assieme alla regola (linguo- specifica)131: V T responsabile dell’associazione: archipelago archipelago H L H L

completa la derivazione producendo la seguente rappresentazione:

archipelago H L

Questa rappresentazione appare ben formata in quanto rispetta tutte le condizioni formulate in WFC, la funzione della quale è appunto quella di stabilire i criteri secondo i quali, all’interno di un processo derivativo che associa gli elementi dei vari livelli autonomi, la configurazione prodotta può essere considerata lecita. Questo nuovo dispositivo teorico, assieme all’arricchimento delle rappresentazioni, costituisce uno degli elementi fondamentali dell’approccio autosegmentale: i vari livelli nei quali viene scomposta la classica

131 Questa regola (cfr. Goldsmith, 1976: 26) associa il tono alto della melodia tipica

dell’intonazione neutra in inglese (H L) alla vocale accentata, la quale viene identificata nell’originale sovrapponendo a quest’ultima un asterisco. (V=vocale, T=tono, H=alto, L=basso.)

rappresentazione lineare, nel momento in cui vengono associati all’ossatura, quando cioè derivano una rappresentazione fonetica132, devono dare forma ad una rappresentazione che rispetti le varie condizioni di buona formazione. Il riconoscimento di queste condizioni inoltre implica che nel caso in cui ci sia una violazione, ossia nel caso in cui una rappresentazione risulti mal formata, vengano attivate delle regole volte a risolvere tale violazione. Il riconoscimento di una violazione, in altre parole, attiva una strategia di riparazione, concetto questo che attraversa per intero la speculazione fonologica degli anni ’80. Occorre adesso spendere qualche parola a proposito di tale concetto, ossia della regola come strategia di riparazione.

Come abbiamo detto in apertura del capitolo, profondamente connesso con l’arricchimento delle rappresentazioni è l’impoverimento delle regole, l’unica funzione delle quali rimane ora la gestione delle associazioni dei vari livelli. Una regola può cioè solamente associare o dissociare gli autosegmenti all’ossatura, cosa che viene interpretata da Goldsmith (1976) come la formalizzazione del concetto secondo il quale una riparazione deve agire sulla rappresentazione di partenza in maniera minima:

‚< the Condition is interpreted so as to change the representation minimally by addition or deletion of association lines so as to meet the Condition maximally.‛ (Goldsmith, 1976: 27)

Nell’esempio precedente abbiamo una situazione iniziale in cui i vari livelli non risultano associati all’ossatura. Su tale rappresentazione agisce la regola suesposta derivando una rappresentazione nella quale solamente un tono risulta associato ad una vocale. Secondo WFC tale rappresentazione risulta però mal formata, cosa che implica la ciclica riapplicazione della regola, la quale continua

132 L’ossatura rappresenta infatti la successione temporale di unit| che altro non sono che la

registrazione della co-occorrenza dei tratti rappresentati sui vari livelli autonomi. E’ interessante notare come siano state avanzate proposte (cfr. Clements e Hertz, 1996) che prevedono l’aggiunta alla serie di livelli ‚fonologici‛ livelli più marcatamente ‚fonetici‛, come quello acustico e di durata. In questo caso non c’è differenza fra le due tipologie di rappresentazione, essendo quelle fonetiche un’ulteriore ‚arricchimento‛ delle rappresentazioni fonologiche.

sino a che non viene derivata una rappresentazione ben formata, ossia sino a che tutti i toni risultano associati a tutte le vocali.

Nonostante questa semplificazione formale, la regola in realtà continua ad adempiere a quello che è sempre stato il suo compito: associare o dissociare autosegmenti all’ossatura nel processo di derivazione di una rappresentazione ben formata (superficiale, ma non solo)133 da una mal formata (soggiacente, ma non solo) è un modo differente di descrivere l’azione della regola all’interno di una derivazione tradizionale, la quale cioè specifica la modalità secondo cui due rappresentazioni, di cui la seconda appare come ‚migliorata‛ rispetto alla prima, sono interconnesse. Anche la ricerca di un formalismo che consenta la formulazione di una regola capace di derivare l’output desiderato agendo sull’input in maniera minima non è una novit| ‚autosegmentale‛: l’evaluation metric proposto agli albori della fonologia generativa (cfr. cap. 2.4.), assieme alle convenzioni abbreviative, possono essere intesi infatti come dispositivi capaci di identificare, fra una serie di ipotetiche regole, quella più economica, ossia quella che utilizza il minor numero di tratti. L’autosegmentalizzazione di determinati tratti e l’agire sulle loro, e soltanto sulle loro, linee di associazione, tutto sommato, risponde alla solita logica.

Ciò invece in cui la cornice autosegmentale si differenzia in maniera significativa da quella standard è il formale riconoscimento dell’autonomia di un concetto, quello di buona formazione, la cui ‚gestazione‛, come si sta cercando di dimostrare in questo lavoro, è cominciata agli albori della fonologia generativa stessa. La formalizzazione di questo dispositivo teorico implica una leggera ma sostanziale modifica della regola: nonostante, come abbiamo visto sopra, la regola autosegmentale abbia molto da condividere con quella tradizionale, il criterio che ne determina l’applicabilit| non è più lo stesso. La quasi esclusiva attenzione prestata dalla regola à la SPE nei confronti del contesto di applicazione, e soprattutto la non considerazione dell’accettabilit| del proprio

133 Per quanto Goldsmith (1976: 16) descriva esplicitamente la rappresentazione derivata per

mezzo di WFC come un oggetto ‚fonetico‛, non è sbagliato dal punto di vista logico applicare la solita strategia di riparazione di rappresentazioni mal formate ad una derivazione che contempli un numero maggiore di rappresentazioni. In effetti, come vedremo più tardi, questa è la logica sottesa alla teoria conosciuta come Harmonic Phonology.

output, nella nuova cornice vengono ‚ribaltate‛. Come abbiamo visto sopra infatti è proprio il riconoscimento di una malformazione, e non la mera compatibilit| della descrizione strutturale della regola con l’input, che innesca (trigger) l’applicazione di quest’ultima, applicazione che continua sino a che la violazione della fonotattica134 non viene rimossa. L’utilizzo di tale dispositivo inoltre, e la concezione della regola come dipendente da esso, si dimostra preferibile rispetto all’utilizzo della regola tradizionale in quanto:

‚< to write separate rules where each specifies the particular way in which a phonotactic can be violated – and to call that, then, the ‘structural description’ of the rule, as if it were that particular sequence that caused the rule to apply, rather than the representation’s failure to satisfy the phonotactic – is to miss a string of important generalizations.‛ (Goldsmith, 1990: 322)

Nonostante la forte tensione verso la definizione di una teoria nella quale elementi dotati di universalità (ad esempio WFC e OCP) dovrebbero essere i principali attori all’interno del modulo fonologico, con l’estensione della cornice autosegmentale ad un numero sempre maggiore di lingue si nota un graduale ridimensionamento del carattere di universalità di taluni dispositivi.

Abbiamo visto come un’analisi autosegmentale sia composta da quattro momenti: c’è una fase iniziale, linguo-specifica, in cui a livello di lessico sono disponibili rappresentazioni con un numero minimo (o nullo) di associazioni; successivamente vengono considerate le convenzioni associative, universali, che sottomettono l’applicabilit| delle regole alla risoluzione di eventuali mal

134 Goldsmith (1990) definisce esplicitamente WFC in termini di fonotattica, sottolineando così

l’affinit| della propria proposta con quella di Sommerstein (1974), secondo il quale il modulo fonologico sarebbe composto da una serie di condizioni fonotattiche superficiali collegate ad una serie di regole condizionali, le quali vengono applicate se e solo se il proprio input viola una di tali condizioni e il proprio output la soddisfa.

formazioni135; ci sono poi le regole, linguo-specifiche, le quali si presentano come estensioni grafiche (aggiungono e/o cancellano linee di associazione) delle tradizionali regole di riscrittura; ed infine i vincoli di buona formazione, universali, come il WFC o OCP136.

Ora, mentre gli elementi linguo-specifici assumono in questa cornice un ruolo sempre più importante ed ingombrante (in particolare le regole, le quali in certi casi si possono presentare con la solita complessit| notazionale e l’ordinamento linguo-specifico di SPE), WFC viene quasi immediatamente riconosciuto come inadeguato, e la sua formulazione, soprattutto quella relativa al primo punto, viene progressivamente modificata137 e successivamente privata di universalità: solamente il secondo punto, conosciuto anche come No Crossing Constraint, continua a godere di questo attributo, benché la sua natura di vincolo linguistico sia stata messa in discussione138. Per i vari vincoli proposti inoltre si

135 Fra queste ricordiamo il già citato OCP, il Principio di Corrispondenza (che stabilisce quali

autosegmenti sono associati a quali unit| dell’ossature, ad esempio toni a vocali), il Principio di Scarico (secondo il quale gli autosegmenti rimasti liberi devono essere associati alle unità dell’ossatura rimanenti. Cfr. es. pag. 120, in cui il tono della vocale cancellata, -ó-, viene associato alla vocale disponibile più vicina (a destra)), il Principio di Propagazione (nel caso in cui rimangano libere unit| dell’ossatura, queste vengono associate all’autosegmento rimanente. Cfr. es. pag. 122, in cui gli unici due toni vengono ‚diffusi‛ (spreading) ed associati a tutte le vocali della parola archipelago.).

136 Come nel caso di WFC, anche per OCP è stata individuata una vasta serie di controesempi, i

quali (cfr. Odden, 1986) hanno implicato la riconsiderazione di tale principio come non universale. La possibile mancata aderenza di una rappresentazione superficiale ad OCP è secondo Odden (1986) imputabile al fatto che tale principio deve essere considerato come un ‚principio ordinato‛, ossia inserito all’interno del tradizionale ordinamento di regole. Ne consegue che può essere valido per un determinato stadio della derivazione, non necessariamente quello superficiale. McCarthy (1986) suggerisce invece di considerare OCP come un parametro: nel caso in cui una lingua non lo rispetta tale parametro è disattivato. Un’altra soluzione è offerta da OT, secondo la quale OCP deve essere inteso come un vincolo, o una combinazione di vincoli, di marcatezza inserito nella consueta gerarchia linguo-specifica, e quindi variamente violato (cfr. Coetzee e Pater, 2008).

137 Cfr. Goldsmith (1990: 14), in cui viene offerta la seguente definizione: ‚When unassociated

vowels and tones appear on the same side of an association line, they will be automatically associated in a one-to-one fashion, radiating outward from the association line.‛

138 Cfr. Coleman (1998: 139), secondo il quale: ‚< the No Crossing Constraint has no specifically

può notare una serie di problemi legati alla loro applicabilità e validità a livello sia inter-linguistico che intra-linguistico139: la forza di tali vincoli, ossia il grado in cui sono soddisfatti, sembra infatti essere variabile. Inutile dire che l’inviolabilit| di tali vincoli, assunto dal carattere dogmatico, ne risulta irrimediabilmente danneggiata. Tale situazione ha ovviamente spinto per la ricerca di una strategia volta a risolvere questo serio problema, la quale è stata individuata nell’utilizzo di un concetto diffusosi nel medesimo periodo in sintassi, ossia quello dei parametri. Nonostante questa possibilità, la cornice che emerge risulta essere ancora troppo dipendente da dispositivi linguo-specifici (regole, condizioni o parametri) e viene avvertita quindi la necessità di un miglioramento di un formalismo che deve essere capace, in definitiva, di riconoscere ai vincoli di buona formazione il valore che loro spetta. Come riconosciuto da Prince e Smolensky:

‚What is clear is that any serious theory of phonology must rely heavily on well-formedness constraints; where by ‘serious’ we mean ‘committed to Universal Grammar’. What remains in dispute, or in subformal obscurity, is the character of the interaction among the posited well-formedness constraints, as well as the relation between such constraints and whatever derivational rules they are meant to influence. Given the pervasiveness of this unclarity, and the extent to which it impedes understanding even the most basic functioning of the grammar, it is not excessively dramatic to speak of the issues surrounding the role of well-formedness constraints as involving a kind of conceptual crisis at the center of phonological thought.” (Prince & Smolensky 1993: 1)

semi-formal way of stating that mapping between two tiers induced by the association relation is sequence-preserving.‛ (Coleman, 1998:145)

139 Cfr. ad esempio Ito (1989: 223), che distingue fra una versione ‚relativa‛ (‚evita le sillabe senza

Come vedremo, tale crisi sembra perdurare sino ai primi anni ’90, siano a quando cioè una nuova teoria fonologica (OT) propone soluzioni alternative, benché connesse, a quelle illustrate in questo capitolo.

Nel documento Il vincolo nella fonologia generativa (pagine 126-133)