• Non ci sono risultati.

Morpheme Structure Condition

Nel documento Il vincolo nella fonologia generativa (pagine 73-76)

2.4 The Sound Pattern of English

2.4.3 Morpheme Structure Condition

Nell’apertura del capitolo, abbiamo accennato al problema della ridondanza, ossia alla proposta di sostituire le MSR di Halle (1959) con dispositivi qui identificati come condizioni. In linea generale si può descrivere tale sostituzione come mutuata da Stanley (1967), a cui viene fatto esplicito riferimento81: la differenza fra le varie lingue può essere definita sulla base dell’inventario fonetico e sulla serie di sequenze fonetiche che vengono ammesse. Tutto ciò può essere espresso tramite vincoli, il riconoscimento dei quali consente il raggiungimento di una maggior economia nella formulazione dell’inventario lessicale. Questo risulta possibile considerando tali vincoli come dispositivi capaci di determinare la specificazione di tratti non specificati a livello lessicale. Oltre a descrivere le regolarità nella distribuzione dei tratti, tali vincoli descrivono dunque il processo di riempimento delle ‚caselle‛ vuote delle matrici lessicali contenute nel dizionario.

Viste le varie difficolt| insite nell’interpretazione dei dispositivi che governano la ridondanza come regole, ampiamente dibattute in Stanley (1967), viene enfatizzata l’utilit| della sua interpretazione come filtro:

‚<the redundancy rules be interpreted as conditions on the lexicon, rather than as rules to be applied in sequence in the manner of phonological rules. They can be thought of as filters that accept or reject certain proposed matrices but that do not modify the feature composition of a matrix as a phonological rule does.‛ (Chomsky & Halle, 1968: 388).

81 E al quale rimando, considerata la sostanziale identità argomentativa, anche per una

Viene di conseguenza proposta la sostituzione delle vecchie MSR con le Morpheme Structure Conditions (MSC)82, dispositivi linguo-specifici pressoché identici alle condizioni proposte da Stanley (1967) inclusi nel livello precedente quello dell’applicazione delle regole fonologiche in modo tale da evitare i problemi connessi con l’interpretazione di ‚0‛ come terzo valore. Sempre seguendo Stanley viene inoltre eliminata la necessit| dell’inserimento delle condizioni in una rigida sequenza di applicazione, considerata come eccessivamente arbitraria e incapace di cogliere interessanti generalizzazioni. L’ultimo capitolo della sezione dedicata alla descrizione dei principi della teoria fonologica, in cui viene trattata la questione delle rappresentazioni lessicali, si presenta quindi come una sorta di parafrasi dell’articolo di Stanley dell’anno precedente, alle tesi del quale gli autori di SPE sembrano aderire incondizionatamente.

Nonostante la netta presa di posizione di SPE nei confronti del problema della ridondanza, la soluzione proposta viene tuttavia definita provvisoria. La cornice teorica all’interno della quale viene trattata la ridondanza viene infatti giudicata inadeguata. Questa inadeguatezza implica la necessità di una riformulazione dell’impianto teorico generale, ed è pertanto a tale ‚riformulazione‛, definita ‚tentativo‛ nell’apertura di questo capitolo, che viene dedicato l’intero capitolo finale di SPE. Come abbiamo visto la strada che viene intrapresa è quella dell’inserimento del concetto di marcatezza nella cornice formale sinora utilizzata. Tale strada è risultata tuttavia irta di insidie, ma, come abbiamo già detto, è proprio dal riconoscimento delle difficoltà che le sono proprie che si delinea la strada maestra lungo la quale la teoria fonologica continuerà a svilupparsi.

82 Assieme alle entrate lessicali parzialmente specificate contenute nel dizionario le MSC

costituiscono le forme soggiacenti, ossia le matrici fonemiche sistematiche totalmente specificate alle quali successivamente possono essere applicate le regole fonologiche.

2.5 Cospirazioni

Come abbiamo visto, il più influente lavoro pubblicato nell’ambito della fonologia generativa si conclude con un’ammissione di colpa: l’approccio esclusivamente formalista sinora utilizzato risulta insufficiente e benché si possa notare, a partire già da Halle (1959), un progressivo affinamento nel campo delle rappresentazioni83, le quali continuano tuttavia ad essere gestite da un formalismo pressoché identico a quello ‚incriminato‛, viene esplicitamente avvertita la necessit| di includere nella teoria grammaticale quella ‚sostanza‛ che il sistema notazionale tradizionale da solo non riesce adeguatamente ad esprimere. A fianco della direttrice rappresentata dalle teorie della sottospecificazione, la teoria fonologica identifica quindi una direttrice parallela lungo la quale proseguire il proprio cammino negli approcci che affrontano le problematiche suggerite nell’ultimo capitolo di SPE.

Generalmente intesa come fondata sul desiderio di affrontare problematiche relative alla ‚naturalezza‛, questo approccio84 può essere considerato di matrice funzionalista. Una delle ‚colpe‛ attribuite alla teoria fonologica esposta in SPE è infatti quella di aver attribuito eccessiva importanza agli aspetti formali del modulo fonologico, in ossequio ad un’interpretazione eccessivamente astratta e solipsistica della competence. Così facendo le questioni tipiche dell’approccio funzionalista sono state ignorate. A causa del dichiarato esclusivo interesse per gli aspetti formali della descrizione del modulo fonologico sono state accantonate ad esempio le problematiche relative alla performance, quali percezione, produzione ed acquisizione, per altro difficilmente giustificabili sul piano esplicativo tramite gli strumenti abitualmente utilizzati. Certi tipi di regolarità di natura funzionale sono infatti difficilmente gestibili tramite dispositivi quali le convenzioni notazionali e il criterio di valutazione basato sulla semplicità

83 Questo processo, iniziato con la proposta di MSR e MSC, prosegue nei lavori sviluppati

nell’ambito della Underspecification Theory (Kiparsky, 1982; Archangeli, 1988; Clements, 1987) e nella fonologia non-lineare (Liberman, 1974; Goldsmith, 1976).

84 Come già accennato nel capitolo precedente, un programma di ricerca tipico di questo

proposti ad esempio in SPE. Anche le varie tipologie di restrizioni (contraints) proposte, per quanto foriere di importanti avanzamenti sul piano teorico, si sono dimostrate insufficienti dal punto di vista funzionale, consentendo esclusivamente, assieme alle convenzioni notazionali proposte da Chomsky & Halle (1968), la formulazione di generalizzazioni valide solamente sul piano formale.

Il riconoscimento di tali deficit teorici, che come vedremo hanno importanti ripercussioni anche sul piano empirico, hanno contribuito al riconoscimento della necessità di riconsiderare istanze tipicamente funzionali85, l’utilizzo delle quali permette l’identificazione di generalizzazioni sinora non ‚percepibili‛.

Prima di affrontare in concreto la natura di tali istanze formali, è tuttavia utile spendere qualche parola per definire l’altro problema, questa volta di natura puramente formale e quindi interno alla teoria standard, che ha determinato la riconsiderazione di tali istanze, ossia il problema della ridondanza, relativamente ai vincoli superficiali, denunciato da Postal (1968), il quale tuttavia pare incorrere in alcune contraddizioni.

Nel documento Il vincolo nella fonologia generativa (pagine 73-76)