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Le condizioni (funzionali) di Kiparsky

Nel documento Il vincolo nella fonologia generativa (pagine 87-90)

2.4 The Sound Pattern of English

2.5.3 Le condizioni (funzionali) di Kiparsky

autonomo e dall’importanza assoluta, soppiantando lo ‚strapotere‛ della regola.

2.5.3 Le condizioni (funzionali) di Kiparsky

Uno dei primi ad incamminarsi lungo questo percorso è Kiparsky, il quale in ‚Explanation in Phonology‛ (Kiparsky, 1982)98, sottolineando la necessità di aggiungere condizioni pertinenti al risultato, oltre che alla forma, della grammatica, difende esplicitamente l’utilit| di un approccio che consideri maggiormente considerazioni di natura morfologica: accanto a condizioni ‚sintagmatiche‛, che impongono restrizioni sulla struttura fonotattica del risultato delle regole, vengono proposte delle condizioni ‚paradigmatiche‛, connesse con le tradizionali idee di analogia e mutamento fonetico, che a loro volta possono essere divise fra ‚condizioni di distinzione‛ (che affermano la tendenza al mantenimento della struttura superficiale delle informazioni semanticamente pertinenti) e ‚condizioni di livellamento‛ (che affermano la tendenza dei paradigmi all’eliminazione dell’allomorfia). E’ evidente quindi come ancora una volta, accanto ad esigenze di tipo formale, venga proposta la considerazione di esigenze di tipo funzionale, come la già citata dicotomia facilità di articolazione/intenzione fonologica. Considerando ad esempio l’inglese d’America, in cui è presente una regola facoltativa di cancellazione di –t finale di parola, si può osservare come, nel caso –t sia la terminazione del passato, tale cancellazione sia consentita solamente nel caso in cui ciò non pregiudichi la comprensione, ossia quando le forme di presente e passato presentano una differenza nella vocale radicale:

98 Una prima versione del contenuto di questo articolo, aggiornata successivamente nel ’72, è stata

esposta ad una conferenza sugli scopi della teoria linguistica tenutasi presso l’Universit| del Texas, Austin, nell’ottobre del 1969.

keep ~ kep’ ‘tenere’ steep ~ steeped ‘marinare’ creep ~ crep’ ‘intrufolarsi’ heap ~ heaped ‘ammassare’ sweep ~ swep’ ‘spazzare’ step ~ stepped ‘camminare’

In casi come questo è quindi possibile notare nuovamente la logica proposta da Kisseberth (1970):

‚The rule is blocked (or, in some dialects, applied less frequently) when its application makes the past and present forms indistinguishable (pass: passed), but applies freely where this distinction is retained because of vowel difference (keep: kep’). (Kiparsky, 1982: 90)

Un altro interessante esempio a favore della necessità di considerare, ai fini della valutazione di una grammatica, condizioni di tipo funzionale (in particolare quelle relativa alla coerenza paradigmatica) può essere ricavato dallo studio della generalizzazione di –r- nel paradigma flessivo di una classe di radici latine in -s (cfr. Kiparsky (1982: 99)). Prendiamo ad esempio il caso di honor, ‘onore’, derivante dal più antico honōs:

Paradigma vecchio Paradigma nuovo

Nom. honōs honor

Gen. honōris honōris

Acc. honōrem honōrem

Nel paradigma più antico la –s del nominative muta in –r- negli altri casi a causa di una regola di rotacismo:

s → r / V_V

Nel nuovo paradigma, per cui si può porre come forma soggiacente honōr99, tale regola risulterebbe invece superflua. Sembrerebbe quindi esserci un vantaggio economico, derivante dall’eliminazione della regola di rotacismo. Ci sono contesti tuttavia in cui tale regola deve essere mantenuta, come evidenziato da alternanze come genus ~ generis, ‘genere’, o da derivazioni come honor → honestus, ‘onesto’ o rōbur, ‘quercia’ → rōbustus, ‘robusto’, per la giustificazione delle quali sembra più indicato mantenere una forma soggiacente in –s. L’adozione di una forma soggiacente in -r comporterebbe quindi non una semplificazione, bensì una complicazione.

Considerati questi dati, nel caso in cui si opti per la formulazione di una forma soggiacente che conservi la –s in modo da rendere conto in maniera più economica degli aggettivi in –tus, è necessario aggiungere una regola che al nominativo trasformi –s in –r, cosa che inevitabilmente complica la grammatica. Ipotizzando invece una forma soggiacente in –r, la declinazione nominale verrebbe definita correttamente dalla regola (indipendentemente motivata) di rotacismo, ma ci sarebbe comunque bisogno, ad esempio per derivare correttamente honestus, di aggiungere una regola che muti –r in –s- di fronte a consonante. In entrambi i casi viene dunque smentita l’idea secondo la quale l’evoluzione linguistica tende ad una semplificazione (formale) della grammatica. Ciò che guida l’evoluzione pare invece essere un’esigenza di natura funzionale, ossia la tendenza verso una maggior coerenza paradigmatica possibile, ottenibile tramite una riduzione dell’allomorfia, al servizio della quale possono essere poste regole non necessariamente simili dal punto di vista strutturale. Appare quindi chiaro come anche Kiparsky (1982) attribuisca a condizioni (motivate da esigenze funzionali sviluppate in seno alla morfologia) poste sul livello superficiale, ossia all’output delle regole, un ruolo chiave nella descrizione di processi fonologici, la

99 E’ necessario poi formulare, come del resto anche per il paradigma più antico, un’ulteriore

regola che abbrevi la vocale lunga prima di una certa classe di consonanti in posizione finale di parola.

valutazione dei quali non può quindi essere basata su criteri esclusivamente formali.

A differenza di Kisseberth (1970), concentrato sulla liceità di sequenze a livello fonetico, Kiparsky (1982), ‚ampliando‛ il concetto di ‚unit| funzionale‛, riconosce maggior importanza ad aspetti di natura morfologica, per la definizione dei quali viene proposto, accanto a quello dei vincoli derivazionali, l’utilizzo di vincoli trans-derivazionali100.

2.5.4 Vincoli e marcatezza

Kiparsky (1982) avanza inoltre l’ipotesi di una relazione fra i vincoli proposti da Kisseberth (1970) e il concetto universale di marcatezza: le ‚cospirazioni‛ devono cioè essere intese come strategie volte all’allontanamento di configurazioni marcate, e non come dispositivi linguo-specifici, i quali potrebbero sembrare pericolosamente ad hoc, e quindi privi di qualsiasi potere esplicativo. Questo affinamento del dispositivo del vincolo derivazionale comporta, cosa che non ci sorprende, una rinnovata considerazione del carattere di ‚naturalezza‛: la dicotomia forma/funzione deve essere costantemente affiancata da quella forma/sostanza. Così facendo è possibile motivare sia la partecipazione di regole alle ‚cospirazioni‛ all’interno di una lingua, sia la loro partecipazione a ‚cospirazioni internazionali‛ (cfr. Kiparsky, 1982), ossia la presenza di alcune di tali regole nelle grammatiche di varie lingue: tutte sono accomunate dal riconoscimento della preferenza di una configurazione superficiale il meno marcata possibile. Il vincolo derivazionale dello Yawelmani tramite il quale viene espresso il rifiuto di nessi triconsonantici, *CCC, una volta interpretato come formalizzazione di una configurazione universalmente marcata, può facilmente essere incorporato nella grammatica di varie lingue, in modo tale da giustificare la presenza di regole volte alla sua eliminazione, come abbiamo visto di natura eterogenea, anche a livello interlinguistico.

Nel documento Il vincolo nella fonologia generativa (pagine 87-90)