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Identità e Ruoli di genere tra Modernità e Seconda Modernità

Soggetto e Genere

4.3 Identità e Ruoli di genere tra Modernità e Seconda Modernità

Quando si parla di genere tre sono gli elementi che nella loro differente combinazione definiscono il soggetto: il sesso, relativo agli attributi fisici biologicamente determinati; l‟identità, che rappresenta la percezione sessuata di sé e del proprio comportamento, acquisita attraverso l‟esperienza personale e collettiva e che si riferisce al modo individuale di percepire se stessi; il ruolo, definito dalla società/cultura di riferimento. Per meglio comprendere tale tripartizione il sesso si riferisce a termini quali maschio e femmina, l‟identità a uomo e donna e il ruolo, ad esempio, a madre e padre, moglie e marito etc. Questi tre fattori, nel corso della storia e in ambito sociologico, hanno mutato la loro gerarchia d‟importanza, concorrendo a trasformare la loro natura di causa o effetto in relazione ai cambiamenti socio-politici ed economici. Come precedentemente esposto, per lungo tempo il determinismo biologico e la preponderanza del sesso all‟interno della piramide causa/effetto hanno attribuito alle peculiarità fisiche il potere di stabilire l‟attribuzione sociale dei ruoli e conseguentemente la definizione individuale del proprio essere uomo o donna. Sociologicamente parlando la “contrapposizione” tra oggettivismo e soggettivismo,

596 Saracinelli M., Iotti N., (1988) L‟almanacco della donna italiana: dai movimenti femminili ai fasci (1920-1945), Saba p. 105

rapportata alla questione di genere, pone due differenti visioni: quella secondo cui specifici ruoli, socialmente costruiti, determinano la costruzione dell‟identità soggettiva e quella secondo cui la personale percezione del sé confluisce nella determinazione sociale del ruolo di genere. Schelsky sottolinea come “da un lato la definizione dei ruoli di genere limita la molteplicità e la variabilità delle inclinazioni e dei temperamenti individuali, in quanto sulla base di tali ruoli non sono più considerati socialmente leciti tutti i comportamenti; l‟agire sociale determinato dai ruoli di genere produce tensioni culturali che possono essere trasformate in senso socialmente produttivo”. 597

In sostanza si parla della contrapposizione tra determinismo e costruttivismo: il determinismo sociologico598 definisce l‟azione umana quale frutto dei condizionamenti sociali e del potere coercitivo della struttura sociale e rispetto alla questione di genere si riferisce all‟attribuzione di determinati ruoli sociali in conformità ad una specifica identità di genere stabilita sulla base delle caratteristiche biologiche innate. Una spiegazione interessante relativamente al determinismo biologico viene fornita dalla Ortner secondo cui “la donna è universalmente assegnata a uno status subalterno perché identificata universalmente con qualcosa che ogni cultura svaluta e definisce come un ordine di esistenza inferiore a sé: la natura”.599 In sostanza il desiderio dell‟uomo di controllare la natura, madre e matrigna allo stesso tempo, che ha determinato in parte anche la spinta tecnicistica della modernità, si riflette sulla figura della donna considerata come rappresentativa del processo di creazione della vita, associata spesso alla madre terra e alla sua imprevedibilità irrazionale. La tesi della Ortner equivale in pratica a sostenere che il termine donna abbia un nucleo di significato essenziale e universale: “la donna è un simbolo motivato, il cui significato è determinato dalle proprietà oggettive dell'oggetto a cui si riferisce”.600

Senza soffermarsi ulteriormente sulla natura del rapporto tra determinismo e identità di genere, già dipanato nel paragrafo uno di questo capitolo, si intende in questa parte trattare principalmente la questione legata al paradigma soggettivista della costruzione

597 Nedelmann B., (1997) Ruoli maschili e femminili in Enciclopedia delle Scienze Sociali Treccani.it; cfr.

Schelsky H., (1955) Soziologie der Sexualität, Reinbek b.H.

598 Cfr. Boudon R., Bourricaud F., (1991) Dizionario critico di sociologia, Armando Editore, Roma p.

148

599 Ortner S.B., (2000) Sesso e genere. L‟identità maschile e femminile, Sellerio, Palermo, p. 356 600

dell‟identità e dei ruoli di genere, con particolare riferimento al costruttivismo sociale. Il

costruttivismo, filosoficamente parlando, considera la rappresentazione della realtà e le

conseguenti metodologie comportamentali, come il risultato dell'attività delle soggettive strutture cognitive; in tal ottica la realtà non assume un valore oggettivo ma si crea e si ricrea mediante l‟azione individuale. Per il costruttivismo “tutti gli eventi sociali e i loro mutamenti sono esiti di piani intenzionali, di progetti pensati, voluti e realizzati”;601

von Hayek, a favore della teoria costruzionista, sottolinea quanto l‟uomo, avendo “creato egli stesso le istituzioni della società e della civiltà, deve anche poterle alterare a suo piacimento in modo che soddisfino i suoi desideri e le sue aspirazioni”.602

Il costruzionismo così inteso ingloba in sé numerose critiche soprattutto ad opera di quei pensatori che pongono l‟accento sul carattere non intenzionale degli eventi sociali o delle istituzioni. Tali critiche, infatti, si rivolgono ad esempio allo studio di quegli eventi sociali negativi, come le sommosse o l‟inflazione che covano in sé un carattere non necessariamente intenzionale. Inoltre, il costruttivismo manca di prendere in considerazione la variabile inintenzionale possibile derivante dalla stessa azione intenzionale. A queste critiche il costruttivismo risponde ponendosi come teoria della conoscenza e in linea con le sue implicazioni epistemologiche sottolinea, così come anche Luhman, che la conoscenza della realtà esterna non si basa su un‟effettiva corrispondenza oggettiva con essa, ma si realizza ad opera dell‟osservatore che le crea; il costruttivismo si presenta come un programma conoscitivo empirico e “sostiene che possiamo conoscere solo ciò che le nostre menti costruiscono [anche se] questo costruire non è libero”,603

significa cioè che realtà così intesa è una “stabilizzazione di autoreferenze per così dire normalizzate”.604

È necessaria a tal proposito un‟ulteriore specificazione: si deve distinguere in primis il concetto di costruzionismo sociologico,

601 Antiseri D., Pellicani L., (1995) L‟individualismo metodologico. Una polemica sul mestiere dello scienziato, FrancoAngeli, Milano p. 85

602

von Hayek F.A., (1988) Nuovi studi di filosofia, politica, economia e storia delle idee, Armando Editore, Roma p. 11

603 von Glasersfeld E., (1993) Questions and answers about radical constructivism in Tobin K., (1993) The practice of constructivism in science education, Hillsdale, NJ: Lawrence Erlbaum Associates pp. 21-

22

604 Gubert R., Tomasi L., (1995) Teoria sociologica ed investigazione empirica: la tradizione della Scuola sociologica di Chicago e le prospettive della sociologia contemporanea, FrancoAngeli, Milano p.

secondo cui “la realtà sociale è un prodotto umano”605

dal costruttivismo

epistemologico, secondo cui la conoscenza della realtà, sia sociale che culturale, è un

processo di costruzione, esso stesso sociale”.606

In sostanza mentre il costruzionismo si riferisce alla realtà il costruttivismo si riferisce alla conoscenza della realtà. Intento del costruttivismo è quello di superare la dicotomia teorica e di ricerca sociale tra positivismo oggettivo e idealismo trascendentale, tra oggetto e soggetto, ponendo al centro di tutto l‟osservatore, inteso come punto di riferimento a cui si riferisce ogni azione conoscitiva mutuata dalle facoltà cognitive.

Ne La realtà come costruzione sociale Berger e Luckmann si pongono come quesito quello di comprendere in che modo il complesso di conoscenze possa essere stabilito come realtà e, superando il pensiero schutziano, stabiliscono la realtà sociale in termini di processo dialettico, mediante il quale essa si definisce come prodotto dell‟attività umana. Tale pensiero deriva dalla volontà dei due autori di superare le teorie sociali del periodo post-bellico che, considerate eccessivamente razionaliste, trascurano il potere dell‟azione individuale e l‟importanza attribuita alla libertà soggettiva. La costruzione

sociale così intesa è quel processo attraverso cui gli individui, mediante le azioni e le

interazioni, creano continuamente una realtà comune e condivisa, esperita come oggettiva, fattuale e densa di significato soggettivamente inteso. L‟interazione si pone dunque come nucleo dell‟azione e dell‟interpretazione della realtà quotidiana “percepita in una serie ininterrotta di tipificazioni, che si fanno progressivamente anonime mano a mano che si allontanano dall‟hic et nunc della situazione dell‟incontro diretto [...]. La struttura sociale è la somma di queste tipificazioni e dei modelli ricorrenti di interazione, stabiliti per il loro tramite”.607

Nel pensiero di Berger e Luckmann, è proprio l‟interazione a rendere possibile la connessione tra i significati soggettivi e l‟oggettualità del mondo, considerati entrambi come fattori rilevanti all‟interno di una visione che tende a includere tanto il piano micro quanto quello macro. Il processo dialettico così teorizzato si compone di tre specifiche fasi: l‟esteriorizzazione, in cui gli attori sociali attraverso le loro attività creano le dimensioni sociali (come ad esempio la

605 Santambrogio A., (2010) Costruzionismo e scienze sociali, Morlacchi Editore, Perugia p. 9 606 Ivi, p. 10

607

nascita di un'amicizia, di un rapporto di lavoro, etc.); l‟oggettivazione, fase in cui gli individui, attraverso il linguaggio, oggettivano la realtà come ordinata e preordinata, capace di imporsi sugli elementi indipendenti dell'individuo (nel caso di una nuova amicizia, ad esempio, le due persone si riferiscono a loro stessi con la parola noi); l‟interiorizzazione, fase in cui, attraverso la socializzazione, viene legittimato l‟ordine istituzionale. É la fase, dunque, in cui gli individui fanno propria la realtà precedentemente oggettivata.608

Dal punto di vista del genere, il costruttivismo sostiene che sia la relazione tra sesso e genere sia le presunte differenze naturali siano il prodotto di processi culturali di costruzione e di interpretazione. I processi di interazione concorrono in maniera rilavante all‟acquisizione di una determinata appartenenza di genere, che si definisce mediante processi di costruzione, percezione e rappresentazione individuale, operata attraverso l‟auto-riconoscimento di peculiarità quali: la gestualità, l‟abbigliamento e il modo di parlare. Il costruttivismo dunque, ponendosi quale paradigma che vede la conoscenza come risultato di una rappresentazione soggettiva di un mondo oggettivo esterno al soggetto, minaccia di sfociare in una sorta di relativismo che rischia a sua volta di rendere opachi i contorni del discorso sull‟appartenenza di genere. Piccone Stella a tal proposito sottolinea quanto il soggetto femminile si stia sempre più dirigendo verso differenze multiple: “É necessario pertanto un concetto di genere preciso, ma mutevole, nel quale figuri una presa dei vincoli del presente e una consapevolezza del passato, ma che apra verso un futuro non predeterminato e in quanto tale passibile di profonde alterazioni”.

Uno dei primi studi sul genere come risultante di un processo di costruzione sociale è da attribuire a Margaret Mead. L‟antropologa, pur non riferendosi direttamente al concetto di genere, bensì a quello di sesso e ruoli sessuali, in Machio e Femmina: uno studio dei

sessi in un mondo che cambia, sottolinea come in tutte le società la definizione di

maschile e femminile venga posta come base per la distribuzione dei compiti e per l‟organizzazione sociale; mostra inoltre quanto questa definizione sia in realtà strettamente connessa con la cultura di riferimento, che determina una differente

608

attribuzione di specifiche caratteristiche al corpo sessuato, cambiando da società a società. Rintracciare le differenze di genere nelle differenze tra culture è particolarmente interessante se si mette al centro il tema del corpo: “Il nostro corpo costituisce un soggetto complesso e difficile da trattare”609

e ancor più complesso risulta “spiegare più chiaramente in che modo la conoscenza del nostro sesso e i rapporti con l‟altro siano basati sulle differenze e sulle somiglianze dei corpi umani”. Il testo della Mead risulta particolarmente importante perché fornisce uno studio dettagliato delle metodologie attraverso cui una specifica cultura definisce il concetto di genere, mediante l‟uso del corpo e anche perché fornisce una descrizione, nella comparazione con sette culture primitive dei mari del Sud, della società statunitense moderna della metà del XX secolo. “Cosa debbono pensare gli uomini e le donne della loro mascolinità e della loro femminilità in questo ventesimo secolo nel quale tante delle nostre vecchie idee hanno bisogno di essere rinnovate?”610

è la domanda che si pone l‟antropologa: “abbiamo forse addomesticato troppo gli uomini […] Abbiamo forse sviato le donne dalla vicinanza ai loro figli insegnando loro a cercare un‟occupazione? […] Educando le donne come uomini abbiamo commesso qualcosa di disastroso […] o abbiamo fatto un passo avanti nel compito ricorrente di perfezionare la natura umana originale?”.611

A queste domande la Mead risponde con un‟analisi dei poli d‟influenza sociale del suo tempo: “Nelle pellicole cinematografiche, ragazze bellissime […] sono prima umiliate per la loro pretesa di competere con gli uomini poi, solo quando ammettono di aver sbagliato, sono perdonate, amate, giudicate addirittura affascinanti”612

e con un‟astuta analisi dell‟istituzione familiare e del ruolo della paternità: “alla base di quelle tradizioni che ci hanno permesso di conservare la coscienza della nostra umanità, v‟è la famiglia, un tipo di famiglia in cui costantemente gli uomini mantengono e si prendono cura delle donne e dei bambini. In seno alla famiglia, ogni nuova generazione di ragazzi apprende ad essere sostegno adeguato e sovrappone alla mascolinità, implicita nella sua costituzione biologica, la parte di padre,

609

Mead M., (1949) Maschio e Femmina: uno studio dei sessi in un mondo che cambia, Il Saggiatore, Milano

610 Ivi, p. 13 611 Ibidem 612

che ha appreso dalla società”. Queste tradizioni, sulla base delle quali si mantiene stabile il ruolo paterno, hanno il compito di insegnare all‟uomo “a desiderare di provvedere ad altri, e questo comportamento, essendo acquisito, non ha basi solide e può sparire facilmente se le condizioni sociali non continuano ad insegnarlo”, poiché anche “la paternità è un‟invenzione sociale”.613

Inoltre, attraverso la famiglia, la Mead porta avanti la sua personale considerazione rispetto alla definizione di genere in rapporto alla annosa questione del determinismo biologico: “Quando la famiglia è abolita, come succede durante la schiavitù, in periodi di grandi sconvolgimenti sociali, durante le guerre etc., questa delicata linea di trasmissione si spezza. É probabile che in tali periodi i vincoli biologici tra madre e figlio ridiventino i più importanti, mentre vengano violate e falsate le speciali condizioni nelle quali l‟uomo ha conservato le sue tradizioni sociali”.614

Importante nel panorama contemporaneo del costruttivismo è anche la visione della Butler, la cui radicalità risiede nell‟originalità di una visione alternativa, di un nuovo modo di pensare ogni fattore legato al genere: il suo pensiero “non si ferma al dato corporeo e neppure alla materialità ma considera anche queste realtà come costruite e non date per natura”.615

Tale visione deriva da una rilettura ad esempio di Foucault, fortemente incentrato sul corpo ed in particolare sulla sessualità e sul rapporto che intercorre con l‟identità. In L‟uso dei piaceri. Storia della sessualità, si pone l‟intento di indagare le metodologie attraverso cui “gli individui sono portati a riconoscersi come soggetti sessuali”616

e, tralasciando l‟iniziale impostazione incentrata sulle pratiche del potere, si sofferma su quelle tramite cui “gli individui sono spinti a fermare l‟attenzione su se stessi, a decifrarsi, riconoscersi e dichiararsi soggetti di desiderio”.617

In sostanza Foucaulti si interroga sulla costruzione dell‟identità moderna in relazione al corpo sessuato, considerandolo non come costruzione sociale ma come elemento naturalmente dato. Per la Buttler, rappresentante esemplare della dottrina queer 618 - che si

613 Ivi, p. 167 614 Ivi, p. 283 615

Cavarero A., Restaino F., (2002) Le filosofie femministe, Mondadori, Milano p. 67

616 Foucault M., (2008) L‟uso dei piaceri. Storia della sessualità, Feltrinelli, Milano p. 10 617 Ivi, p. 11

618 Cfr. Butler J., (1990) Gender Troubles. Feminism and the Subversion of Identity, Routledge, London

contrappone al presupposto eterosessista dei discorsi sulla differenza - il corpo, la differenza sessuale e il ruolo sono “atti recitati, ripetuti e sedimentati in conformità a codici comportamentali. Non ci sono donna o uomo, ma “recite”, ripetute e obbligate dei codici dominanti, secondo i quali ognuno è ciò che fa”.619 In sostanza l‟essere uomo o donna è una conseguenza della natura regolamentativa e repressiva delle forme di potere istituzionale che definiscono i confini di genere maschile e femminile; inoltre il genere, oggi, non è più da considerare un elemento cardine utile a definire le differenze di ruolo. Nella postmodernità infatti si assiste “all‟emergere di nuove situazioni critiche, individuabili ad esempio nei conflitti generati dall‟incontro fra culture ed etnie diverse, nel cambiamento delle regole interattive attraverso l‟uso di nuove forme di comunicazione, nella precarizzazione dei corsi e dei progetti di vita, nelle nuove modalità di convivere e fare famiglia, nei mutamenti delle identità e delle relazioni di genere”.620

Per la Ruspini la postmodernità assume un carattere di superamento rispetto alla rigidità e alla stereotipizzazione dell‟identità di genere che connotavano la prima modernità; tale situazione di progressiva individualizzazione, per riprendere il pensiero di Beck, “arricchisce complicando, amplia i gradi di libertà dei soggetti, diversifica i corsi di vita, permette contaminazioni, intrecci, interscambi tra culture, generi, generazioni, etnie. In altre parole, la crescente de-standardizzazione dei corsi di vita e delle identità crea sia condizioni di incertezza generalizzata, che inedite possibilità di negoziazione relazionale”.621

Questo implica “una nuova enfasi sull‟auto- determinazione, sull‟autonomia e sulla scelta che si traduce nella conquista di nuovi percorsi di libertà e spazi di sperimentazione, che però non cancellano i solchi profondi tracciati dalle differenze di classe, di appartenenza etnica, di genere”.622

Ne La

trasformazione dell‟intimità Giddens sottolinea come la postmodernità sia caratterizzata

da una liberalizzazione delle scelte soggettive rispetto ad una questione pregnante nella delineazione dell‟identità di genere: quella della sessualità, definita in termini di

sessualità duttile; “vale a dire una sessualità eccentrica, libera dai vincoli della

619 Cavarero A., Restaino F., (2002) Le filosofie femministe, Mondadori, Milano p. 67 620

Inghilleri M., Ruspini E., (2008) Transessualità e scienze sociali, Liguori Editore, Napoli p. 5

621 Ruspini E., (2008) Geografia, genere, postmodernità saggio Scienze della Formazione, Università

Bicocca, Milano p. 4

622 Leccardi C., Ruspini E., (2005) A New Youth? Young People, Generations and Family Life, Ashgate

riproduzione, dalla fallocrazia, dagli stereotipi di genere, fondata sull‟autonomia della persona e non necessariamente orientata alla monogamia e alla stabilità”.623

In questa nuova ottica postmoderna, nella quale il legame interpersonale si pone come anello di congiunzione tra due identità, considerate eguali in termini di possibilità di autodeterminazione identitaria, anche l'intimità si trasforma, assumendo i contorni di una vera e propria esperienza di democrazia, capace di fornire un impatto sovversivo anche sul sistema sociale.

Come sottolinea Foucault, favorevole ad uno sviluppo di una prospettiva costruzionista sulla sessualità, “il processo repressivo della sessualità”,624

che ha portato alla valorizzazione del matrimonio legittimo e alla funzione riprocreativa della sessualità, è direttamente connesso alla formazione di ruoli sessuali appropriati associati al genere, da cui deriva una specifica attribuzione in termini di identità. La postmodernità, ponendo fine a tale “repressione”, scopre una sessualità “rivelata e resa accessibile allo sviluppo di vari stili di vita”,625

comportando il conseguente sgretolamento delle moderne concezioni di mascolinità e femminilità. La sessualità, spiega Giddens, “è diventata qualcosa che ciascuno di noi “ha” o coltiva, piuttosto che una condizione naturale che l‟individuo accetta come un dato di fatto. […] La sessualità funziona come un tratto malleabile dell‟essere, un nesso primario fra il corpo, l‟identità di sé e le regole sociali”.626

Il tema della sessualità, quale elemento incatenante la libera costruzione dell‟identità di genere e soprattutto come mezzo di controllo e coercizione sociale e culturale legato al potere, è uno dei temi di base di quella specifica fase definita

femminismo radicale. Nato negli Stati Uniti nel 1969 grazie al movimento femminile Redstokings, sosteneva la necessità di una revisione totale delle ideologie tradizionali

considerate prodotti della cultura e della supremazia maschile, e una vera e propria liberazione della classe femminile oppressa dalla logica di potere sia sociale che politico-economico maschile. Per il femminismo radicale le radici della subordinazione della donna sono da rintracciare non solo all‟interno dello sfruttamento economico e

623 Giddens A., (1990) La trasformazione dell‟intimità. Sessualità, amore ed erotismo nelle società moderne, Il Mulino, Bologna, p. 55

624 Cfr. Foucault M., (2001) La volontà di sapere. Storia della sessualità I, Feltrinelli, Milano

625 Giddens A., (1990) La trasformazione dell‟intimità. Sessualità, amore ed erotismo nelle società moderne, Il Mulino, Bologna, p. 23

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dell‟esclusione dai diritti civili, ma anche e soprattutto a partire dalla subordinazione sessuale e riproduttiva; cioè a partire da quel pensiero che vede la differenza sessuale e riproduttiva come specchio per definire una differenziazione in termini sociali e culturali, che impone alle donne un ruolo subordinato: dal sesso-ruolo biologico, al genere-ruolo sociale e culturale. Shulamith Firestone ne La dialettica tra i sessi individua il fulcro della supremazia maschile, anche se in un‟ottica nuova, proprio nel fattore della riproduzione; in realtà, sottolinea, il mero atto riproduttivo pone l‟uomo e la donna in un panorama di condivisione paritario, quello che determina la subordinazione è il lavoro di cura legato alla prole, che pone la donna in una condizione