Soggetto Attore o Relazionalità?
3.1 Società del rischio e Individualizzazione: U Beck
Ulrich Beck può essere considerato, insieme ad autori quali ad esempio Giddens, Bauman, Lash, uno studioso di quel versante della sociologia che si interessa al dibattito tra modernità e postmodernità, e che intravede un ritorno, seppur di diversa natura, della modernità329; non è un caso che le analisi portate avanti relativamente alla questione, abbiano condotto a coniare termini quali: modernità
radicalizzata, modernità liquida, società del rischio. Nel 1994 Beck collabora alla
stesura de La modernizzazione riflessiva all‟interno della quale presenta la sua distinzione tra modernizzazione semplice e modernizzazione riflessiva. La prima si definisce, secondo il sociologo, in relazione al suo carattere statale e nazionale, alla presenza di strutture collettive con un ordine condiviso e al dominio del modello salariale come forma lavorativa cardine; inoltre nella prima modernità Beck individua ancora l‟esistenza di una chiara distinzione tra natura e società umana e il loro rapporto di dipendenza.330 Industrializzazione e razionalizzazione sono i noumeni della prima modernità, il cui soggetto è un attore sociologicamente definibile in termini di percorsi organizzati e definiti.331 La seconda, definita anche modernizzazione della modernità, viene considerata da Beck non come cancellazione e ricostruzione del passato, ma come una nuova
329
In realtà solo Bauman parla di seconda modernità mentre Giddens e Beck preferiscono riferirsi ad una nuova fase della modernità.
330 Cfr. Le teorie della Scuola di Francoforte circa la critica alla società occidentale, in particolare
Marcuse H., (1955) Eros e Civiltà, tr.it. (1964) Einaudi, Torino
331
modernità “in cui le passate strutture sociali subiscono un processo di sconfinamento, di modernizzazione”.332
La modernizzazione riflessiva consiste nella ridefinizione e nella trasformazione profonda ed imprevista di molti elementi cardine della società, quali: la struttura economica e sociale, la politica degli stati- nazione e lo stesso assetto industriale. I profondi cambiamenti della realtà circostante presuppongono, da parte degli individui, una completa trasformazione dei codici interpretativi: “Modernizzazione non significa una crescita lineare della razionalità e del controllo. […] Le pratiche e le radicate certezze, introdotte il più delle volte con la società industriale o da queste imposte, perdono i loro pilastri istituzionali. Questo in primo luogo significa insicurezza, una “insicurezza creata” (Giddens). Dalla modernizzazione riflessiva tale insicurezza viene appunto
prodotta, non smantellata o superata”.333 Per Beck il concetto di riflessività assume, nel contesto della modernizzazione, un significato duplice: da una parte la “consapevolezza circa la minaccia della stessa società industriale, auto-generata da una modernizzazione miope rispetto ai pericoli che produce e, in secondo luogo, di riflessione specifica intorno a questo fenomeno”.334
Il passaggio dalla prima alla seconda modernità, sostiene l‟autore, si compie non in maniera rivoluzionaria ma piuttosto come evento impolitico, sotto gli occhi delle istituzioni stesse che ha sì i caratteri di un sovvertimento, ma che parte e si sviluppa a partire dagli effetti collaterali.335
Il pensiero di Beck, dunque, si focalizza sulla proposta di una nuova forma di modernità e si sviluppa lungo tre concetti fondamentali: la riflessività, l‟individualizzazione e il rischio.
Il tema della riflessività era già stato preso in considerazione da Giddens come elemento caratterizzante la postmodernità e in particolare rispetto al postmodernismo, il quale “riguarda aspetti di riflessione estetica sulla natura della modernità”.336
Alla postmodernità Giddens sostituisce la categoria interpretativa
332 Corradi C., Pacelli D., Santambrogio S., (2010) Simmel e la cultura moderna - Vol. II,
Morlacchi Editore, Perugia; Cfr. Beck U., (2000) La società del rischio, Carocci, Roma parte terza
333
Beck U., Lash S., Giddens A., (1999) Modernizzazione riflessiva. Politica. Tradizione ed
estetica nell‟ordine sociale della modernità, Asterios, Trieste p. 24
334 Toscano M. A., (2006) Introduzione alla sociologia, FrancoAngeli, Milano p. 399
335 Cfr. Beck U., (2001) Libertà o capitalismo. Varcare la soglia della modernità, Carocci, Roma 336
della modernità radicalizzata ritenendo, a tal proposito, “che non siamo nella condizione di un allontanamento dello sviluppo sociale dalla modernità a favore del rafforzamento di un nuovo ordine postmoderno. […] Al contrario la modernità non è mai stata superata e il processo cui assistiamo svela il dispiegarsi di una fase radicale della stessa modernità”.337 La visione di Giddens, dunque, si attesta in quel filone di pensiero che rifiuta la contemporaneità come rottura rispetto al passato: egli non considera il postmoderno come dissoluzione della modernità tanto da sostenere l‟esistenza “da un lato (del diffondersi) estensionale delle istituzioni moderne, universalizzate tramite i processi di globalizzazione. Dall‟altro […] vi sono i processi di mutamento intenzionale, che potremmo definire di radicalizzazione della modernità”.338 In contrapposizione ad una
postmodernità fondamentalmente estetica “incapace di garantire una griglia teorica realmente comprensiva”339
il sociologo inglese propone una seconda modernità riflessiva, una modernità cioè “che inizia a comprendere se stessa”,340
il cui carattere riflessivo è in sintesi un processo di auto legittimazione, in cui “il pensiero e l‟azione si infrangono costantemente l‟uno sull‟altro”.341
La modernità, dunque, dopo aver preso coscienza del proprio processo di autodistruzione e assoggettamento, soprattutto in ambito istituzionale, prende se stessa come oggetto di studio e di riflessione. Giddens, così come Beck e Lash, analizza tanto il mutamento sociale quanto quello individuale, assumendo la riflessività come elemento in grado di fornire un focus interpretativo adeguato ad entrambe. Giddens parla di progetto riflessivo del sé spiegando che “oggi siamo portati a decidere chi siamo e ciò che vogliamo essere, a costo di cambiare di conseguenza. Il “sé” diventa un progetto riflessivo. Per scoprire ciò che noi siamo, ci interroghiamo su quello che vogliamo essere o ci sforziamo di diventarlo”.342
Nella stessa posizione si colloca la biografia autoriflessiva di Beck, considerata come quel processo attraverso cui l‟individuo, consapevole dei rischi della
337 Toscano M. A., (2006) Introduzione alla sociologia, FrancoAngeli, Milano p. 397
338 Beck U., Lash S., Giddens A., (1999) Modernizzazione riflessiva. Politica, tradizione ed estetica nell‟ordine sociale della modernità, Asterios, Trieste p. 102
339
Toscano M. A., (2006) Introduzione alla sociologia, FrancoAngeli, Milano p. 398
340 Beck U., Lash S., Giddens A., (1999) Modernizzazione riflessiva. Politica, tradizione ed estetica nell‟ordine sociale della modernità, Asterios, Trieste p. 53
341 Ivi, p. 48 342
condizione globalizzata, si difende dall‟individualizzazione imperante nella postmodernità, “che priva il soggetto del sostegno e delle indicazioni a livello comportamentale delle strutture sociali tradizionali, la classe sociale e la famiglia”.343
Mentre Giddens preferisce utilizzare il termine riflessività
istituzionale e riferirsi alla dimensione della tradizione, Beck riferisce il suo
concetto di riflessività alle condizioni proprie della seconda modernità. Il sociologo tedesco prende in analisi il ruolo della sociologia rispetto al passaggio dalla prima alla seconda modernità, identificato appunto con la modernità riflessiva, sottolineando come le teorie sociologiche relative a quest‟ultima si differenzino ad esempio dal funzionalismo o dal marxismo, poiché analizzano una realtà differente da quella della prima modernità. Nella modernità riflessiva la natura collettiva della classe come elemento di analisi sociale scompare, per essere sostituita con quella individuale; la differenziazione sociale, elemento fondamentale dell‟identità nella prima modernità, diviene impedimento e la razionalità assume una connotazione tanto descrittiva quanto normativa.344 “Le teorie della modernità classica tendono a identificare società industriale e società moderna, mentre, per le teorie della modernizzazione riflessiva, quest‟identificazione non è concepibile. Vi è, infatti, una dimensione di
contromodernità, ovvero di fenomeni determinati dalla modernizzazione stessa
che però sono altamente destabilizzanti (ad esempio totalitarismi, tecnologie genetiche, ecc.), di cui si deve tener conto”.345
Esistono dunque delle differenze che le società contemporanee devono prendere in analisi per comprendere in pieno la condizione della modernità riflessiva; devono, in primo luogo, confrontarsi con un progressivo processo di democratizzazione riflessiva346 riferito non solo al rapporto di potere degli individui con le istituzioni di riferimento, ma anche all‟agire all‟interno di altre sfere quali, ad esempio, la famiglia e il lavoro; in secondo luogo devono confrontarsi con il fenomeno della
343 Cfr. Beck U., Beck-Gernsheim E., (2002) Individualization: Institutionalized Individualism and its Social and Political Consequences. Sage, London
344 Cfr. Giacomantonio F., (2006) U. Beck, A. Giddens, S. Lash, (1994) Reflexive Modernization,
Polity Press, Cambridge, tr.it. Modernizzazione riflessiva in Jura Gentium. Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale
345 Ibidem
politicizzazione della razionalizzazione,347 termine con il quale Beck “intende, invece, la condizione per cui sfera politica ed economica sono nella società attuale doppiamente permeabili. […] da una parte i processi di razionalizzazione non sono più interpretabili come immanenti solo all'economia, dall'altra, le regole stesse della razionalizzazione diventano oggetto di conflitti e decisioni”.348
In terzo luogo la modernità riflessiva deve fare i conti con quella che il sociologo definisce individualizzazione, ossia con quella propensione dell‟individuo a rivolgere lo sguardo verso se stesso in mancanza di riferimenti esterni capaci di orientarne le scelte. Tale processo, sostiene Beck, si traduce in un processo di riflessione autoreferenziale che, a differenza delle dinamiche identitarie della prima modernità, tende a creare soggettività differenti, che possono essere definite
sospese. Nella società contemporanea “trionfano la contingenza, la varietà,
l‟ambivalenza e l‟indocilità che dissolvono i vari sistemi di regole ed ordine sociale”349
e che producono “identità riflessive” pluralizzate, le cui sfere di vite
autonomizzate si traducono nella possibilità di vivere contemporaneamente un
numero quasi infinito di vite parallele. Ma, come sottolinea Bauman, l‟individualizzazione è tutt‟altro che assimilabile al concetto di libertà decisionale: l‟individualizzazione infatti è un destino e non una scelta; “c‟è un abisso crescente tra l‟individualità come destino e l‟individualità come capacità pratica di autoaffermazione. […] Il punto cruciale è che colmare tale abisso non rientra in questa capacità”;350
lo stesso Beck delinea il suo personale concetto di individualizzazione a partire dalla netta distinzione tra “l‟individuo con risorse ed energie proprie e l‟individuo meramente “individualizzato”, vale a dire un essere umano che non ha altra scelta se non agire come se fosse arrivato allo stadio dell‟individualizzazione”.351
In linea più generale tale processo si riflette sulla costruzione di nuove forme di vita, diverse da quelle dell‟epoca industriale, “nelle quali i singoli devono fabbricare, portare in scena e rammendare da sé le proprie
347 Cfr. Beck U., (2000) La società del rischio. Verso una seconda modernità, Carocci, Roma 348 Giacomantonio F., (2006) U. Beck, A. Giddens, S. Lash, (1994) Reflexive Modernization,
Polity Press, Cambridge, tr.it. Modernizzazione riflessiva in Jura Gentium. Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale
349 Paroni P., (2006) Sotto assedio? Incertezze e insicurezze della vita quotidiana in Giovani
Sociologi 2005, Associazione Italiana di Sociologia p. 152
350 Bauman Z., (2002) La società individualizzata, Il Mulino, Bologna p. 64 351
biografie”. 352
Si assiste in tal modo ad una sorta di privatizzazione del pubblico che, a partire dagli anni Sessanta, ha visto l‟individuo affrancarsi “dai grandi gruppi di appartenenza che servivano da copione alla sua vita stereotipata: la classe di appartenenza (borghese, operaia, capitalista), il credo religioso, la propria fede politica”353
per giungere ad una condizione in cui “gli interessi e le preoccupazioni degli individui in quanto tali riempiono lo spazio pubblico, proclamandosene i soli legittimi occupanti ed escludendo ogni altra cosa dal discorso pubblico”.354
Il pubblico diviene privato; le grandi questioni collettive, il senso d‟appartenenza ad un gruppo e lo stesso interesse pubblico “vengono degradati a curiosità sulla vita privata di figure pubbliche”;355
viene cioè a formarsi per certi versi l‟arte dell‟esibizione pubblica e del culto dell‟intimo, in una sorta di percorso voyeuristico che finisce col ridurre i temi pubblici a questioni pressoché incomprensibili. Il processo di individualizzazione però si muove attraverso la dicotomia individuo/società in maniera vicendevole; la modernità riflessiva è infatti caratterizzata da un individualismo istituzionalizzato che vede le istituzioni far riferimento sempre più al singolo e sempre meno alla collettività, e da un progressivo ed immutabile processo di focalizzazione sull‟individuo stesso; osserva infatti Beck: “Le istituzioni diventano irreali, contraddittorie e individuo-dipendenti sia nei loro programmi che nelle loro basi”.356
Ma c‟è da fare una precisazione rispetto al pensiero di Beck sull‟individualizzazione: egli non considera il fenomeno come caratteristico solamente della modernità riflessiva, in realtà egli sostiene che tutta la storia è costellata di fasi in cui l‟individualizzazione ha avuto un ruolo importante,357
ciò
352
Beck U., (2001) L‟era dell‟e, Asterios, Torino p. 120
353 Tanoni I., (2011) Oltre la serratura. Lo sguardo sociologico e i dilemmi della società moderna e contemporanea, Libreria Universitaria Edizioni, Padova p. 160
354
Bauman Z., (2002) La società individualizzata, Il Mulino, Bologna p. 67
355 Ibidem
356 Beck U., (2001) L‟era dell‟e, Asterios, Torino p. 123
357 Ci riferiamo ad esempio all‟ellenismo e alla sua influenza sulla tradizione cristiana o
all‟umanesimo rinascimentale. Ancora di più alla Riforma protestante e alla figura di Lutero come esemplificazione dell‟uomo moderno che “all‟universalismo dei suoi precetti religiosi aggiunge l‟elemento prettamente moderno dell‟individualità come autenticità”. Cfr. Ferrara A., (1999)
Autenticità riflessiva. Il progetto della modernità dopo la svolta linguistica, Feltrinelli, Milano.
che differenzia questa ultima fase è che essa “non si limita ad investire singoli aspetti dell‟identità culturale o dell‟assetto sociale, ma comprende contemporaneamente gran parte delle strutture sociali da cui traggono la spinta i processi di formazione dell‟identità individuale”.358
Gli ultimi trenta anni sono caratterizzati, secondo Beck, dalla fine della società tradizionale dei grandi gruppi359 e dalla fine della funzione mediatrice delle istituzioni tra individuo e società, ma questo non significa che l‟individualizzazione sia, in toto, autoaffermazione dell‟individuo a discapito della società: “l‟identificazione dell‟individualizzazione con l‟atteggiamento impolitico, l‟indifferenza e l‟egoismo è del tutto falsa e fuorviante”.360
L‟individualizzazione di Beck è un concetto duplice che si costituisce non solo del processo di autoaffermazione ma anche di “appagamento personale e premura nei confronti dell‟altro (che) non si escludono, anzi, si includono, coincidono, si rafforzano e si arricchiscono reciprocamente”;361
non si esclude dunque, dal suo pensiero, l‟idea di appartenenza collettiva o di solidarietà, come si tenderebbe a pensare rispetto alla seconda modernità: “la sua tesi è piuttosto che la complessità sociale, con la sua spinta individualizzante, induce anche a sviluppare […] identità per le quali la nozione di solidarietà si riformula su basi più astratte”.362
In accordo con il concetto di solidarietà, il sociologo introduce il concetto di sub-
politica per analizzare il modo in cui l‟individualizzazione si concretizza sul piano
politico; concetto sviluppato perlopiù nella prima fase del suo pensiero si traduce nell‟opinione secondo cui durante la seconda modernità si assiste alla “dislocazione di fatto di gran parte dei processi decisionali politicamente rilevanti dalle loro tradizionali sedi deputate (parlamenti e governi) ad istanze ritenute comunemente non politiche come la scienza, la tecnica, l‟economia o l‟apparato liberale e borghese del XVII e XVIII secolo nonché al liberalismo, in cui gli individui iniziarono a considerarsi come titolari di diritti da tutelare contro gli abusi del potere statale.
358 Privitera W., (2004) Tecnica, individuo e società. Cinque lezioni sulla teoria di Ulrich Beck,
Rubbettino, Soveria Mannelli p. 67
359 Cfr. Beck U., (2003) La società cosmopolita. Prospettiva dell‟epoca postnazionale, Il Mulino,
Bologna
360 Beck U., Lash S., Giddens A., (1999) Modernizzazione riflessiva. Politica, tradizione ed estetica nell‟ordine sociale della modernità, Asterios, Trieste
361 Ibidem
362 Privitera W., (2004) Tecnica, individuo e società. Cinque lezioni sulla teoria di Ulrich Beck,
amministrativo”.363
Pur non avendo una valenza democratica, i soggetti e le realtà sub-politiche influenzano la società in maniera rilevante spesso sottovalutando le dirette conseguenze; pur essendo, spesso, di natura impolitica dal punto di vista degli intenti, scelte e posizioni di tipo tecnologico ed economico finiscono per assumere un potere politico di alto livello.364 La capacità di contrastare il potere sub-politico, sostiene Beck, è, anche in questo caso, non attribuibile alle istituzioni o alle dirette realtà politiche, ma piuttosto da ricercare nei soggetti e nelle realtà già presenti nello stesso panorama della sub-politica. Organizzazioni non governative, gruppi di cittadini, individui singoli e dunque i soggetti individualizzati, rappresentano per il sociologo l‟alternativa in grado di “maturare nuove forme di solidarietà e di controllo democratico”.365
Ritorna dunque la considerazione dell‟autore per il processo di individualizzazione che, quando non si declina in forme di frammentazione sociale, possiede un valore universalistico in grado di produrre politicamente “forme di solidarietà sociale e di impegno politico nuovo, orientato non più a difendere interessi di gruppi sociali particolari, bensì interessi generali”.366
L‟individualizzazione, la sub-politica, lo strapotere dell‟economia e della tecnica sono solo alcuni dei tratti distintivi della società contemporanea che Beck sostiene essere una società del rischio. Lo stesso carattere riflessivo della seconda modernità, è una diretta conseguenza della presenza del rischio come caratteristica del tempo: “La società del rischio si connota come riflessiva. Se la prima modernizzazione, quella classica, ha portato al passaggio dalla società preindustriale a quella industriale, la nuova modernizzazione segna il passaggio da una società industriale ad una società che attraverso il discorso sui rischi, riflette su se stessa e orienta le proprie pratiche in modo critico”.367
È indubbio che il rischio non possa essere considerato un fattore esclusivo della seconda modernità, ma nella premodernità “si trattava di rischi personali, non
363 Ivi, p. 69
364 La posizione di Beck rispetto alla sub-politica potrebbe essere associato, almeno nella visione
generale, al concetto di élite di non governo teorizzata da Michels.
365 Privitera W., (2004) Tecnica, individuo e società. Cinque lezioni sulla teoria di Ulrich Beck,
Rubbettino, Soveria Mannelli p. 70
366 Ibidem 367
globali come quelli che incombono sull‟umanità con la fissione dell‟atomo o con lo stoccaggio di scorie radioattive”.368
Quella che appare profondamente diversa è la natura stessa del rischio: i cosiddetti nuovi rischi,369 quelli cioè generati, secondo Beck, dall‟eccesso di industrialismo “si distinguono in modo essenziale da quelli apparentemente simili del Medioevo per il loro carattere totale (che investe uomini, animali e piante) e per la modernità delle loro cause. Sono i rischi della modernizzazione. Sono un prodotto tutto compreso dell‟industrializzazione, che nel corso del suo sviluppo comporta necessariamente un loro aggravamento. […] Nella società del rischio le conseguenze sconosciute e non volute assurgono al ruolo di forza dominante nella storia e nella società”.370
Inoltre i nuovi rischi possiedono caratteristiche moderne del tutto nuove rispetto al passato: sono
invisibili e globali. “Essi si sottraggono alla percezione, e sono localizzati nella
sfera delle formule fisiche e chimiche” inoltre “non sono delimitati né spazialmente né temporalmente né socialmente. Essi non sono cioè né circoscrivibili in uno specifico contesto geografico, per cui il loro impatto coinvolge l‟intero pianeta, né limitabili ad effetti identificabili nel tempo […], né infine personalizzabili, ovvero attribuibili ad una particolare categoria di soggetti”.371 Inoltre i rischi della società contemporanea sono direttamente ricollegabili all‟attività umana, ma sfuggono al controllo delle istituzioni; in tal modo, senza una realtà politica in grado di fronteggiare concretamente l‟emergenza, “i rischi suggeriscono solamente cosa non si dovrebbe fare, non cosa si dovrebbe fare”;372
producono cioè quella che Beck definisce trappola del
rischio. “Nella misura in cui i rischi divengono lo sfondo onnicomprensivo per
percepire il mondo, l‟allarme che essi provocano crea un‟atmosfera di impotenza e paralisi. Sia non far nulla che pretendere troppo sono cose che trasformano il mondo in una serie di rischi incontrollabili. […] Dentro confini e tempi diversi, indifferenza e agitazione allarmata spesso si alternano in modo imprevisto e
368 Ivi, p. 27
369 Per approfondimenti circa la nozione di assetto globale del rischio e della sicurezza cfr.
Maniscalco M.L., (2008) La pace in rivolta, FrancoAngeli, Milano
370 Beck U., (2000) La società del rischio, Carocci, Roma pp. 28-29
371 Ferrero Camoletto R., (2002) Il gusto del rischio. Usi estremi del corpo nella società dei consumi in Studi di Sociologia XL, pp. 19-36
372
radicale”.373
Il rischio si sottrae al calcolo razionale, viene cioè a mancare la
capacità di contrastarne il potere, perché vengono a mancare le conoscenze teoriche a tal punto che perfino il primato tecnico-scientifico entra in crisi per far posto all‟intervento politico della “prima ora”.
I nuovi rischi sono così radicalizzati da incidere in maniera determinante non solo sull‟assetto della società, ma anche sull‟individuo stesso; l‟individualizzazione infatti accentua gli effetti sociali del rischio a tal punto che realtà come la