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Islam e Occidente: un confronto socio-culturale

Genere e Islam

5.2 Islam e Occidente: un confronto socio-culturale

697 Ivi, p. 20

698 La preghiera nell‟Islam si divide in due tipologie: quella obbligatoria ṣalāt, e quella volontaria duʿāʾ.

Rispetto alla preghiera obbligatoria vi è una penta partizione giornaliera con rispettiva attribuzione del numero di rak‟àh, ossia le unità di preghiera formata da una serie di precisi movimenti del corpo previsti dalla Legge islamica e dall‟uso: Al-Fajr (la preghiera dell‟alba): due rak‟àh; Al-Dhuhr (la preghiera del mezzogiorno): quattro rak‟àh; Al-„Asr (la preghiera del pomeriggio): quattro rak‟àh; Al-Maghrib (la preghiera del tramonto): tre rak‟àh; Al-„Ishà‟ (la preghiera della sera): quattro rak‟àh. Ogni preghiera ha delle specifiche caratteristiche da rispettare: La preghiera dell‟alba deve essere terminata tra il momento in cui appare all‟orizzonte il primo raggio di luce solare e il momento in cui il disco solare è totalmente visibile. La preghiera del mezzogiorno deve essere compresa tra il momento in cui un oggetto verticale non generi alcuna sua ombra e il momento in cui tale ombra diviene lunga esattamente come l‟oggetto che la proietta. Il periodo d‟elezione della preghiera del pomeriggio comincia dal momento finale della preghiera precedente e la parte finale del giorno, quando la luminosità del cielo diminuisce, col disco solare però ancora perfettamente scorgibile. La ṣalāt al-maghrib comincia da quando il sole è del tutto scomparso all‟orizzonte e la fine della residua luminosità solare (shafàq). La preghiera della notte infine crea qualche discussione ma, in linea di massima, è valida se si realizza fra la scomparsa del suddetto

shafāq e l‟inizio del primo raggio solare del nuovo giorno. Cfr. Amini I., Hame Bayad Bedanad, Al

Qalam Publishing Company, India tr it. (a cura di) “Islam Shi‟ita”, Tutti devono sapere, cap. 9

699 Nasr S.H., (1989) Ideali e realtà dell‟Islam, Rusconi, Milano p. 23 700

Dopo aver tracciato questa panoramica, per quanto ridotta rispetto alle possibili considerazioni e analisi, in questo paragrafo verrà trattato il rapporto, sia dal punto di vista socio-culturale che politico, tra Islam e occidente, anche attraverso una comparazione con le politiche europee. Nel panorama contemporaneo il rapporto tra Islam e occidente rappresenta uno dei temi caldi della politica mondiale; dopo l‟11 settembre la questione islamica, sebbene già esistente,701 giunge alla ribalta dell‟opinione pubblica mondiale successivamente all‟atto terroristico delle Twin Towers. Dal punto di vista dell‟assetto internazionale “l‟11 settembre è stato da molti considerato un evento spartiacque a partire dal quale nuove forme di conflittualità avrebbero segnato lo scenario internazionale”;702 come fa notare Maniscalco, per quanto l‟azione terroristica dell‟11 settembre abbia presentato, dal punto di vista politico e sociale, aspetti di novità rispetto alla tradizionale natura del conflitto, essa “non ha inaugurato una fase del tutto inaspettata”. Le tensioni tra mondo arabo e occidente esistevano già in precedenza, almeno sul piano politico; dal punto di vista culturale le differenze sono oggi tanto reali quanto lo erano prima; ciò che è mutato nell‟ultimo decennio è principalmente la questione sociale. Nell‟ultima decade l‟Islam, nella sua generalità più totale, ha assunto agli occhi dei cittadini euroamericani il ruolo del nuovo

nemico. La figura del nemico assume una funzione particolarmente importante nella

sociologia del conflitto e non solo perché come sostiene Simmel lo schema amico/nemico possiede un‟importanza rilevante nel processo di identificazione delle società moderne. Il nemico possiede una valenza sociale molto alta perché viene associato alla dimensione soggettiva del conflitto “cioè all‟insieme dei valori, schemi cognitivi, percezioni, rappresentazioni, narrazioni e miti”.703

La figura del nemico è un dispositivo che concorre a “scaricare” la tensione soggettiva e collettiva in termini di paura su un elemento reale, antagonistico e a “giustificare” “il ricorso alla violenza da parte di una collettività contro un‟altra, il superamento di certe remore, di certi limiti

701 Si pensi alla fine dell‟invasione sovietica in Afghanistan che ha segnato la vittoria dei mujaheddin e

inaugurato il ciclo di al-Quaeda, all‟insediamento americano in Arabia Saudita in seguito alla Guerra del Golfo del 1990-91 e all‟attentato del 1993 alle Twin Towers, Cfr. Maniscalco M.L., (2010) La pace nel

vicinato. La cooperazione militare europea nei Balcani: un punto di vista italiano, FrancoAngeli, Milano

p. 69

702 Ivi, p. 68 703

che sono inerenti alla natura sociale dell‟uomo”.704

La costruzione sociale del nemico porta con sé la difesa dei valori propri di una determinata società e assume, in taluni casi, i contorni di una vera e propria contrapposizione in termini culturali; non è un caso che proprio rispetto alla dicotomia Islam/occidente non si limiti a questioni politiche o meramente inerenti al conflitto bellico ma sfoci, in maniera forse anche più massiccia sul piano sociale, in forme di rifiuto e di de-valorizzazione di questioni più intimamente legate al soggetto come: la religione, le tradizioni, il comportamento e in ultima analisi anche rispetto al rapporto intersoggettivo di genere. Come sottolinea Maniscalco “da un punto di vista psicologico possiamo considerare il nemico come un prodotto realizzato attraverso un transfert negativo della propria ombra, delle proprie paure, dei propri contrasti interiori che vengono oggettivati”705

; questo potrebbe spiegare perché il discorso sull‟Islam venga spesso sviluppato in termini di “esportazione della democrazia”, modernizzazione, liberazione dall‟oppressione; si configurerebbe cioè come desiderio di impedire un possibile ritorno al passato con la conseguente perdita delle conquiste sociali così faticosamente guadagnate dall‟occidente nell‟ultimo secolo. La questione relativa al nemico si amplifica nel momento in cui si inserisce nella contemporanea società globalizzata, in cui i confini territoriali rimangono una questione politica legata alla natura dello Stato Moderno ed in cui verosimilmente esiste una reale e concreta compresenza etnica all‟interno dello stesso territorio. La contrapposizione tra Islam e occidente possiede una natura differente rispetto alle tradizionali contrapposizioni nemico/amico riferibili ad esempio al periodo della seconda guerra mondiale, in cui il nemico era l‟occupante temporaneo, o rispetto al periodo del Blocco Sovietico. Il grandissimo impatto sociale scaturito dall‟11 settembre, e dopo numerosi attacchi terroristici in molte capitali europee, è conseguenza diretta del fatto che improvvisamente il vicino musulmano diviene il nemico, o per dirla come Simmel il

nemico interno. In Simmel il nemico interno è lo straniero, “colui il quale mostra e

possiede elementi propri differenti, ma che sono già interni al sistema di cui fa parte, è un elemento del sistema stesso”;706

lo straniero assume una connotazione ambigua

704

Ibidem

705 Ivi, p. 201

706 Corradi C., Pacelli D., Santambrogio A., (2010) Simmel e la cultura moderna. Interpretare i fenomeni sociali, Volume 2, Morlacchi Editore, Perugia p. 209

poiché è contemporaneamente vicino e lontano, in termini di intersoggettività cioè “il soggetto vicino è lontano, mentre l‟essere straniero significa che il soggetto lontano è vicino”.707

Accanto però ad una costruzione della propria identità come collettività occidentale rispetto alla diversità ritenuta pericolosa, esistono anche corrispettive costruzioni e visioni dell‟occidente da parte del mondo arabo: “Gharb708

, la parola araba

che traduce Occidente, indica anche il logo dell‟oscurità e dell‟incomprensibile, che mette sempre paura. Gharb è il territorio di ciò che è strano, straniero (gharib)”.709 Ossia tutto ciò che appare incomprensibile e fa paura.

Nondimeno la contrapposizione si può valutare anche attraverso un‟ulteriore dicotomia: modernità e tradizione. La riflessione sociologica è stata per lungo tempo caratterizzata dall‟ipotesi dell‟esistenza di una modernità universale; basti pensare a Parsons o a Bell e alla visione di un modello societario e di sviluppo indifferenziato. Se per l‟occidente, o per una parte, la comune evoluzione economica ha portato a forme similari di organizzazione sociale, questo non è stato possibile per il mondo musulmano, dove “più che altrove, la diversificazione dei regimi e delle pratiche politiche […] merita di essere interpretata diversamente”.710 La modernità occidentale “ricava la sua identità e la sua singolarità dal rapporto con un contesto storico e con un fine condiviso e soprattutto con una cultura comune […]e la politica occidentale cessa di essere singolare per diventare, a sua volta, plurale. Questo piano di comparazioni permette di accedere alla conoscenza delle modernità reali, effettivamente messe in opera in ogni storia occidentale riconducibile a un gioco singolare e di separare ciò che appartiene alla modernità politica occidentale in generale, dalle modernità occidentali particolari”.711 Il mondo musulmano contemporaneo deriva di contro da una differente storia dell‟ordine politico, per certi versi addirittura opposta: se la modernità in Europa si è sviluppata attraverso un lento percorso di superamento dell‟ordine imperiale a beneficio di democratizzazione, nel mondo musulmano la sfera politica si è gradualmente definita in funzione della volontà di creare un impero legato ad una nuova fede universale. La

707

Simmel G., (1998) Sociologia, Edizioni di Comunità, Torino p. 280

708 In Arabo Gharb è il luogo dove il sole tramonta e dove l‟oscurità incombe

709 Mernissi F., (2002) Islam e democrazia. La paura della modernità, Giunti, Firenze p. 33 710 Badie B., (1990) I due stati. Società e potere in Islam e Occidente, Marietti, Genova p.3 711

volontà di costituirsi come Stati autonomi, retti dalla propria cultura, è infatti successiva al lento processo di decolonizzazione; ad esempio paesi come l‟Egitto, che in epoca coloniale aveva sperimentato le politiche del divide et impera, riprendendo l'organizzazione ottomana dei millet per dividere le popolazioni delle colonie in base all'appartenenza etnica e religiosa, desideravano costruirsi come Paesi territorialmente sovrani e con popolazioni composte da cittadini uguali tra loro712 allargandone la concezione fino a cercare di realizzare concretamente l‟idea di un panarabismo che però si infranse contro una realtà costituita da differenti ideologie e numerosi nazionalismi. Il passaggio all‟ordine imperiale assume un significato nuovo in termini di sfida: “vincere un ordine politico tradizionalmente atomizzato e regolato dall‟equilibrio tra tribù; superare il carattere fortemente comunitario delle formazioni sociali che rendeva ancora più difficile che non nel mondo occidentale individuare i rapporti sociali e politici”.713 Esiste inoltre una questione di fondo che differenzia notevolmente il mondo arabo dal mondo occidentale: la richiesta di attivare un processo di sviluppo non tiene conto del differente rapporto che intercorre tra razionalità e tradizione nell‟Islam. Il concetto di giustizia è legato con un doppio filo ai Testi Sacri e, se una sua ridefinizione è possibile, questa rimane avulsa ad una volontà propriamente umana in quanto considerata esclusività della volontà divina: “se è possibile creare un diritto nuovo, esso non è il prodotto dell‟iniziativa umana, ma deriva semplicemente dalla capacità dell‟uomo di affinare il suo sapere teologico o, al limite, dall‟idea che l‟interpretazione della Rivelazione può modificarsi a seconda delle circostanze”.714

In realtà da un punto di vista non religioso, forme differenti di governo, come la democrazia, hanno difficoltà ad instaurarsi nei paesi arabi perché “soffrono di una mancanza di accesso ai più importanti traguardi dei secoli recenti, in particolar modo la tolleranza, come principio e pratica”;715

in particolare ci si riferisce all‟umanesimo secolare che ha permesso lo sviluppo della società accidentalmente intesa. Nel mondo arabo mancano quelle idee umaniste come la libertà di pensiero, la sovranità dell‟individuo e la libertà d‟azione alle

712

Cfr. Badran M., (2011) Dal femminismo islamico al femminismo olistico musulmano in Jura Gentium. Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale

713 Badie B., (1990) I due stati. Società e potere in Islam e Occidente, Marietti, Genova p. 33 714 Ivi, pp. 41-42

715

quali tutt‟oggi il mondo arabo, ancora troppo vicino al periodo della colonizzazione, contrappone una volontà di tradizione anti-secolare: “I nazionalisti sono prigionieri di una situazione storica che inevitabilmente fa della modernità una scelta perdente. Possono costruire una modernità richiamandosi al patrimonio umanistico colonizzatore occidentale a rischio di perdere l‟unità”.716

Inoltre Lewis mostra come il termine bid‟a, che nel mondo arabo significa innovazione, possieda una connotazione negativa sottintendendo l‟imitazione dell‟infedele.717

Alla luce di quanto appena esposto, pensare ad un processo di modernizzazione dell‟Islam in termini occidentali risulta improprio e per certi versi anche olistico. Questo non significa però che una modernizzazione in sé sia impossibile; lo è se consideriamo la modernità seguendo ad esempio il pensiero di Ortega y Gasset per cui “modernità significa vita senza valori sacri”,718

mentre non lo è se si segue il pensiero di Badie per il quale “la modernizzazione non coincide più con l‟imitazione dell‟Occidente”.719

É dunque necessario pensare in maniera differente. Attivare dall‟esterno un processo di sviluppo all‟interno di una realtà che possiede delle lacune storico-politiche, significa imporre una ri-socializzazione priva di interiorizzazione di valori, ma solo mediante applicazione delle norme. Come sottolinea Mernissi, esiste l‟idea di una modernizzazione nel mondo musulmano ma questa differisce da quella occidentale; anche in passato “i musulmani non pensavano al fenomeno della modernità in termini di rottura del passato, bensì in termini di una relazione rinnovata con il passato. Non pensavano al fenomeno della modernità in termini di progresso, ma in termini di rinascita – quindi, dopo tutto, in termini di magia e mito. Nella maggior parte dei casi l‟approccio dei musulmani, l‟approccio degli intellettuali politici e religiosi, era proprio l‟opposto dei principi sottintesi da una corretta comprensione del pensiero illuminista”.720

Il discorso sulla modernizzazione è ovviamente molto ampio e difficoltoso perché presenta al proprio interno delle contraddizioni che attraversano tutti gli ambiti della

716

Ibidem

717 Cfr. Lewis B., (1984) Comment l‟Islam a découvert l‟Europe, La Découverte, Paris p. 229 718 Ortega y Gasset J., (1979) Una interpretazione della storia universale, SugarCo, Milano p. 142. 719 Badie B., (1990) I due stati. Società e potere in Islam e Occidente, Marietti Genova p. 73 720

vita; la questione è ovviamente anche economica. Esiste nell‟epoca contemporanea una profonda differenza rispetto al rapporto che l‟individuo vive con la “monetarizzazione” della propria soggettività: l‟individuo occidentale è ormai un homo oeconomicus721

,

anche se rispetto a questo concetto Gramsci si scaglia fortemente sostenendo la necessità di considerare questa accezione sempre in relazione ad una specifica forma sociale poiché “non può esistere l‟homo oeconomicus generico, ma può astrarsi il tipo di ognuno degli agenti o protagonisti dell‟attività economica che si sono succeduto nella storia: il capitalista, il lavoratore, lo schiavo, il padrone dello schiavo, il barone feudale, il servo della gleba”.722

Essere un homo oeconomicus significa valutare razionalmente in base al calcolo costo/profitto il raggiungimento di un obiettivo volto alla massimizzazione del proprio benessere; nel caso dell‟Islam l‟individuo è prima di tutto un mu‟min ossia un credente che valuta il proprio benessere in termini di rispetto e fedeltà alla volontà divina. Tra le due realtà esiste anche una differente considerazione del concetto della proprietà privata. Tralasciando le considerazioni relative al pensiero di Marx ed Engels già precedentemente trattate, si può affermare che nel panorama contemporaneo delle società industrializzate e globalizzate la proprietà privata viene valutata anche in termini di libertà individuale ed economica; questa visione è soggetta ovviamente a critiche alimentate dalle numerose crisi economiche contemporanee e dalla consapevolezza che forme capitalistiche di assetto economico hanno generato, e continuano a farlo, forme accese di diseguaglianza sociale. “Benché l‟Islam si opponga alla proprietà privata incondizionata che fornisce ai capitalisti una libertà assoluta e una proprietà illimitata e illegittima, riconoscendo, nel contempo, un valore fondamentale alla società, esso respinge tuttavia la soppressione della proprietà privata, la quale sottrarrebbe al singolo la sua libertà e la sua indipendenza. Contrariamente ai sistemi economici che rimettono nelle mani del governo la sussistenza del popolo e nei quali il

721 Astratta semplificazione della complessa realtà umana, enunciata per la prima volta da J.S. Mill, che

pone come soggetto dell‟attività economica un individuo astratto, del cui agire nella complessa realtà sociale si colgono solo le motivazioni economiche, legate alla massimizzazione della ricchezza. Questa categoria della teoria economica, usata in particolar modo in microeconomia come premessa dell‟analisi deduttiva, si pone come universale, in quanto le scelte rilevanti dell‟homo oeconomicus non sono condizionate dall‟ambiente in cui si trova, è razionale nel senso che il suo comportamento, volto a raggiungere dati obiettivi con i minimi mezzi, rispetta criteri di coerenza interna a partire da certi assiomi. Cfr. Enciclopedia delle scienze sociali, Treccani

singolo sia sacrificato per la comunità – poiché esso non è che una persona – e che il popolo sia ridotto a essere schiavo del governo allo scopo di potersi nutrire”.723

Contrariamente alla considerazione della proprietà privata propria del contesto storico del capitalismo, l‟Islam sostiene che essa abbia una spiegazione più che altro legata alla natura stessa dell‟uomo: “Se il dominio della proprietà privata ha assunto proporzioni vaste e illimitate, ciò è avvenuto perché esiste una profonda relazione fra la proprietà e gli istinti dell‟uomo. L‟essere umano, in forza della sua natura, cerca di possedere ciò che soddisfa i suoi bisogni, poiché egli non si considera completamente libero se non quando il proprio benessere non è stato assicurato”.724

Nell‟Islam il potere economico non è un mezzo attraverso cui l‟uomo agisce sull‟uomo, ma un altro elemento soggetto alle leggi islamiche che sono figlie della rivelazione divina: “Si tratta di leggi che non sono state promulgate nell‟interesse di una classe particolare né ispirate da passioni umane. Si tratta di leggi che Dio, Signore degli uomini, ha stabilito per tutti e nell‟interesse di tutti. Nessuna ingiustizia può dunque esistere. Nell‟Islam, colui che è degno di governare non è il candidato di alcuna categoria sociale particolare. Egli è considerato come un semplice membro della nazione, e non può in alcun caso promulgare leggi in favore di una certa classe e a detrimento delle altre. Il potere che egli detiene serve all‟applicazione dei precetti divini ed egli non può assolutamente abusarne. Un tale legislatore non è altro che l‟esecutore delle leggi divine, e solo lui potrà far regnare l‟indipendenza e la libertà dei suoi simili nella società”.725

Nella logica islamica la questione economica ha una valenza collettiva, socialmente fondamentale, ed è volta a perseguire l‟equilibrio economico fra le diverse classi, impedendo l‟accumulazione delle ricchezze, mediante l‟applicazione di imposte come la zakat726 e la khums, con cui si riduce ogni anno una parte dei capitali e dei vantaggi dei ricchi.

723

Mujtaba Musawi Lari S., (2002) L‟Islam e la Civilizzazione Occidentale, Fondazione per la Diffusione della Cultura Islamica nel Mondo, Qum, Repubblica Islamica dell‟IRAN tr.it. Negri M.,

“Islam Shi‟ita”, cap. 17 724 Ibidem

725

Ibidem

726 La zakah purifica la proprietà delle persone fornite di mezzi materiali e la depura delle parti che non le

appartengono più, parti che devono essere distribuite fra i legittimi beneficiari. Capitale purificato e giusto possesso sono i requisiti principali di una prosperità durevole e delle transazioni oneste. La zakah non solo purifica la proprietà del contribuente, ma purifica anche il suo cuore dall'egoismo e dall'amore