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Le basi sociologiche della definizione di Genere

Soggetto e Genere

4.1 Le basi sociologiche della definizione di Genere

Nel 1949 nel rivoluzionario testo Il secondo sesso, Simone de Beauvoir scrive “Donne non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l'aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell‟uomo; è l'insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna”.507

Questa celebre affermazione aprì la strada, molti anni prima del femminismo storicamente e politicamente inteso, all‟introduzione del discorso culturale e intellettuale rispetto alla questione del

determinismo biologico di genere. Si definisce qui genere in maniera impropria

poiché il termine così indicato entra nel discorso scientifico solamente nel 1975 grazie al testo di Gayle Rubin The traffic in women nel quale viene definito “insieme delle disposizioni (comportamenti, rapporti) sulla base delle quali ogni società trasforma il fattore biologico della differenza sessuale in prodotto dell‟attività umana e in divisione dei compiti spettanti ad ogni sesso”.508

La costruzione e la delineazione di un‟identità di genere, così come la questione sulla differenziazione di genere, sono concetti relativamente nuovi rispetto al panorama sociologico; nel pensiero dei classici, ed in generale nella sociologia classica, le differenze tra uomo e donna sono per lo più considerate come forma di differenziazione in accordo con il determinismo biologico, di derivazione

507 de Beauvoir S., (1984) Il secondo sesso, Il Saggiatore, Milano

508 Rubyn G., (1975) The traffic in women: notes on the Political Economy of Sex, in Toward an Anthropology of Women, Monthly Review Press, New York

darwiniana, per il quale le peculiarità psichiche, intellettuali e comportamentali riflettono tout court le differenze immutabili di tipo naturale. Dal punto di vista sociologico il XIX secolo è caratterizzato in maniera rilevante dalla corrente del

Positivismo introdotto da August Comte e dal suo rigido determinismo scientifico.

Il paradigma positivista, fondato su un‟ingenua fede nei confronti dei metodi delle scienze naturali rifiuta ogni tipo di spiegazione metafisica e si definisce come “studio della realtà sociale mediante gli apparati concettuali, le tecniche di osservazione e misurazione, gli strumenti d‟analisi matematica, i procedimenti d‟inferenza delle scienze naturali”.509

Il passaggio dalla base concettuale alla prassi empirica positivista è da riferire a Durkheim e al suo fatto sociale: “La nostra definizione (positivista) comprenderà quindi tutto l‟oggetto da definire se diremo che è un fatto sociale ogni modo di fare, più o meno fissato, capace di esercitare sull‟individuo una coercizione esterna - oppure un modo di fare che è generale nell‟estensione di una società data, pur avendo esistenza propria, indipendente dalle sue manifestazioni individuali”.510 Rispetto alla figura femminile, il positivismo opera un percorso di naturalizzazione della donna rispetto all‟uomo sulla base della biologia positiva per la quale il sesso femminile viene definito “come necessariamente costitutivo, comparativamente all‟altro, in un continuo stato d‟infanzia che l‟allontana maggiormente, sotto gli aspetti più importanti, dal tipo ideale della razza.”511

Spencer, sulla scia evoluzionista, sostiene la necessaria corrispondenza tra qualità fisiche ed intellettive, sostenendo che se così non fosse “solo in questo caso la natura (avrebbe) dimenticato di adattare facoltà speciali a funzioni speciali”;512

nell‟ottica spenceriana la natura intellettiva della donna è dunque considerata inferiore perché la determinazione biologica prevede che altre e ben diverse siano le funzioni delegate alle stesse: la maternità e le funzioni naturali. Infatti, sostiene Spencer, “la sola forza mentale normalmente femminile è quella compatibile con la produzione e l‟allevamento

509

Corbetta P., (2003) La ricerca sociale: metodologia e tecnica, Il Mulino, Bologna p. 20

510 Durkheim E., (1895) Le regole del metodo sociologico, tr.it. (1963) Edizioni di Comunità,

Milano p. 33

511 Comte A., (1967) Corso di filosofia positiva, UTET, Torino, vol.1, p. 351 512

del debito numero di figli sani. […] Una potenza mentale straordinaria, se fosse generale tra le donne di una società, condurrebbe alla scomparsa di questa”.513

Lo stesso Comte sostiene, rispetto alle “chimeriche declamazioni rivoluzionarie sulla pretesa uguaglianza dei due sessi”514 la presenza di “differenze radicali, insieme fisiche e morali” che definiscono “l‟inevitabile subordinazione della donna all‟uomo”.515

Sulla base di queste aprioristiche diversità biologiche Comte nel Sistema di politica positiva riconosce, parallelamente, una sorta di superiorità sociale in senso stretto alla figura femminile, detentrice del ruolo socializzatore derivante dalla sua capacità di “far prevalere la socialità sulla personalità”.516

Nonostante l‟indiscussa inferiorità mentale, a causa della quale le donne vengono ritenute da Comte come “radicalmente inadatte ad ogni governo, anche domestico, sia a causa di una minore razionalità, sia per la mobile irritabilità di un carattere più imperfetto”,517

il sociologo incentra la sua considerazione rispetto alle qualità femminili in tutti quegli ambiti relativi all‟affettività; è grazie alla preponderanza del cuore che la donna, fautrice della realizzazione di una socialità universale, si definisce come detentrice della funzione educativa e raggiunge il suo massimo nella figura di madre e moglie all‟interno della sacralità della famiglia. La famiglia assume nel pensiero di Comte e Spencer un‟importanza rilevante essendo una formazione sociale diretta all‟interno della quale si ritrova una “speciale sintesi tra solidarietà e subordinazione”.518

L‟organismo sociale dovrebbe assumere, per Comte, i tratti della famiglia che appare essere la forma più ordinata grazie “ad un insieme di differenze naturali così grandemente incontestabili”.519

Sul concetto di solidarietà non può mancare di riferirsi a Durkheim il quale, sulla scia di Spencer, intravede nell‟evoluzione sociale una necessaria implicazione di un processo di differenziazione.520 La solidarietà, alla base della coesione sociale, in Durkheim ha uno stretto rapporto con la diversità, e la differenziazione si

513 Ivi, p. 172 514

Comte A., (1967) Corso di filosofia positiva, UTET, Torino, vol.1 p. 350

515 Ibidem

516 Comte A., (1929) Système de politique positive, Au siège de la Société Positiviste, Paris, vol.1

p. 210

517

Comte A., (1967) Corso di filosofia positiva, UTET, Torino, vol.1 p. 365

518 Toscano M.A., (2006) Introduzione alla sociologia, FrancoAngeli, Milano p. 116 519 Comte A., (1967) Corso di filosofia positiva, UTET, Torino, vol.1 p. 366

520 Toscano M.A., (2011) Prove di società: come uscire dallo stile pubblico “all'italiana”,

riferisce in particolare al lavoro, elemento che si riflette anche nelle considerazioni rispetto alla figura femminile e al suo rapporto con quella maschile. Sono proprio le dissomiglianze tra i due sessi, sostiene il sociologo, a favorire la solidarietà, poiché è proprio grazie ad esse che “l‟uomo e la donna […] si ricercano con passione”. Essi vengono considerati in maniera interdipendente perché “presi separatamente non sono che le parti differenti del medesimo tutto concreto che ricostituiscono con la loro unione”.521

All‟interno del legame coniugale è proprio la differenziazione e la divisione organica e funzionale dei compiti a garantire la solidarietà e dunque l‟ordine. Ma questa differenziazione per Durkheim ha un‟origine di tipo sociale piuttosto che naturale e implica una differenziazione funzionale a cui corrispondono, nel tempo, comportamenti differenti; nel 1893 scrive: “la dolcezza che oggi è uno degli attributi distintivi della donna, non pare esserle stata propria nei tempi più antichi”.522 Dalle società primitive alla società moderna, rileva Durkheim, il legame coniugale e familiare ha subìto un processo di normazione che ha generato una nuova divisione funzionale tra i sessi e che ha condotto a nuove forme di differenziazione, tanto che “presso i popoli civili la donna conduce un‟esistenza del tutto diversa rispetto a quella dell‟uomo. Si potrebbe dire che le due grandi funzioni della vita psichica si sono quasi dissociate e che uno dei due sessi ha accaparrato le funzioni affettive e l‟altro le funzioni intellettuali”.523

Toscano sottolinea come la figura femminile intesa in termini di funzione affettiva si rifletta nella visione nel ruolo della madre, che è anche madre sociologica, e quanto ciò sia propedeutico alla forma della solidarietà meccanica524 nonché come il positivismo durkheimiano, “collocando la differenza tra i sessi nelle leggi dell‟evoluzione universale, positivizzi i sessi”.525

La volontà di assegnare scientificamente una funzione specifica alla figura femminile ha il compito ultimo di attribuirle un valore in termini di memoria comunitaria, che si concretizza nella famiglia considerata come forma eterna di comunità: “Vi è dunque nella società durkheimiana […] il nostos della

521 Durkheim E., (1962) La divisione del lavoro sociale, Edizioni di Comunità, Milano p. 79 522

Ivi, p. 81

523 Ivi, p. 82

524 Toscano M.A., (2011) Prove di società: come uscire dallo stile pubblico “all'italiana”,

Donzelli Editore, Roma p. 36

525

comunità, che si attua nella donna”.526

Durkheim può essere infatti considerato un punto di contatto tra le teorie organiciste e quelle struttural-funzionaliste; egli, riferendosi al pensiero di Tönnies527 sulla Gesellschaft e sulla Gemeinschaft, teorizza una differenziazione tra società e comunità sostenendo la prima essere caratterizzata da relazioni di tipo impersonale e la seconda da relazioni di tipo personale; entrambe poi vivono di una differente natura rispetto alla solidarietà: quella meccanica della comunità si alimenta a partire dalla semplice appartenenza al gruppo, mentre quella organica, tipica della società moderna, assume una natura più complessa che non è naturalmente determinata dalla mera coesistenza di individualità diverse. Da questa contrapposizione di società e comunità deriva in Durkheim la differente attribuzione di ruoli associati ai sessi: la donna è il centro della comunità poiché questa si connatura su relazioni di tipo espressivo- personali, mentre l‟uomo appartiene alla società che vive di relazioni strumentali- impersonali.528

Nel pensiero di Durkheim la comunità e la famiglia, dunque, possiedono una connessione profonda: ne Le regole del metodo sociologico la famiglia viene definita come una “società parziale riconoscibile in base al segno esterno di essere formata da individui uniti da vincoli giuridici”; ne consegue che essa rappresenti una istituzione sociale collettivamente accettata avente un valore morale. Tale definizione ben si inserisce nel profilo delle società organiche all‟interno delle quali l‟influenza statale ed istituzionale sostituisce il legame di tipo affettivo con quello riguardante il diritto di famiglia529 che “disciplinando le diverse funzioni familiari e il modo in cui esse si distribuiscono esprime quella solidarietà particolare che unisce i membri della famiglia”.530

In tal modo la famiglia vive di una natura coesiva di tipo morale all‟interno della quale anche l‟amore “movimento spontaneo della sensibilità privata”531

, si connota in termini di dovere.

526 Ibidem 527

Cfr. Töennies, F., (1963) Community and society, Harper & Row, New York

528 Cfr. Lombardi L., (2005) Società, culture e differenze di genere: percorsi migratori e stati di salute, FrancoAngeli, Milano p. 36

529

Il Diritto di famiglia stabilisce le norme per l‟unione matrimoniale, per la filiazione legittima, per le dinamiche del divorzio e regola i doveri e i diritti dei coniugi.

530 Milano M., (2010) La famiglia nel pensiero dei sociologi classici, FrancoAngeli, Milano p. 81 531

Anche nel pensiero parsonsiano ritroviamo la questione della divisione dei compiti tra i sessi anche se in un‟accezione sistemica antievoluzionista.532

Nel paradigma funzionalista la famiglia viene considerata in termini di sottosistema inserito nel più ampio sistema societario, che vive e si realizza mediante l‟accordo funzionale delle sue parti. L‟ordine familiare si mantiene grazie all‟assolvimento della funzione integrativo-espressiva legata alla naturale riproduzione femminile, e quella adattivo-strumentale legata alla dominazione produttiva maschile. Capecchi sostiene che la svalutazione funzionale femminile in Parsons sia da far riferire alla progressiva sovra-valutazione della sfera economica tipica del periodo industriale,533 infatti la considerazione della donna in quanto madre e moglie in Parsons viene “vista come soggetta a forti tensioni derivanti dalla forte enfasi sui valori collegati al sistema occupazionale di cui il marito-padre era l‟attore privilegiato”534

il quale, ha il compito di assolvere ad una funzione strumentale verso l‟esterno, volta al mantenimento economico della famiglia. Il ruolo maschile viene descritto come “di confine, o di interpenetrazione, tra il sistema professionale e il sistema familiare in quanto dal reddito che egli ricava dipende il livello economico, il prestigio sociale e lo stile di vita del gruppo familiare”.535

Nell‟ottica di Parsons la famiglia si inserisce all‟interno del più generale schema AGIL, assolvendo alla funzione legata alla conservazione del modello latente e fungendo da agente di “socializzazione primaria dei figli, affinché essi possano diventare membri della società nella quale sono stati generati”.536

A livello di costruzione di genere, se così si può dire, le differenti funzioni legate ai soggetti coinvolti all‟interno della famiglia nucleare determinano l‟assimilazione dei ruoli- comportamenti. La costruzione identitaria di genere da parte del bambino deriva da una risposta alla richiesta paterna di conformità e adeguatezza al ruolo strumentale attuato mediante i processi di identificazione e produzione conseguenti ai bisogni-disposizioni; da parte della bambina la produzione di beni-

532

Infatti Parsons non considera la famiglia nucleare come una produzione di stampo moderno, riscontrandone le caratteristiche anche in forme più primitive in termini di raggruppamenti parentali. Cfr. Parsons T., (1981) Il sistema sociale, Edizioni di Comunità, Milano

533 Cfr. Capecchi V., (1983) Prima e dopo il diploma: percorsi maschili e femminili, Il Mulino,

Bologna

534 Sciortino G., (1998) Talcott Parsons: la cultura della società, Mondadori, Milano p. 179 535 Milano M., (2010) La famiglia nel pensiero dei sociologi classici, FrancoAngeli, Milano p. 130 536

disposizioni deriva dalla produzione di gratificazioni affettive, derivanti dal ruolo espressivo da parte della madre.537 Per lo struttural-funzionalismo dunque, ad una differenza di natura biologico-sessuale, corrisponde una naturale differenza attitudinale. Il processo di identificazione parsonsiano ricorda in parte quello proposto da Freud in Tre saggi sulla teoria sessuale del 1905; nella sua teoria sull‟identità di genere, che è in realtà una teoria sull‟identità sessuale, la differenziazione rispetto all‟assimilazione dei comportamenti di genere deriva di fondo da una peculiarità di carattere biologico: la presenza/assenza del pene. La svalutazione della figura materna, considerata come mancante dell‟organo genitale maschile, e la conseguente identificazione e auto-svalutazione, deriva nella bambina da quello che lo psicoanalista definisce invidia del pene: “essa lo ha visto, sa di non averlo, e vuole averlo” ma, sottolinea Freud, la bambina riconosce “come un fatto la propria evirazione e con ciò la superiorità del maschio e la sua conseguente inferiorità”.538

La teoria freudiana, dunque, pone come fattore determinante la figura maschile ammettendone una superiorità data in virtù di un fattore biologico immutabile. In contrapposizione alla teoria di Freud moltissime studiose di stampo femminista e non hanno formulato teorie della definizione di genere tentando di spostare il focus prevalentemente sulla figura femminile; a questo filone appartiene Nancy Chodorow che nel suo testo The

reproduction of mothering del 1978 “riprendendo la teoria delle relazioni

oggettuali539 e focalizzando l‟attenzione sul rapporto preedipico, indica nei processi di cura e nella funzione materna lo spazio in cui viene prodotta la differenza di genere, sottolineando l‟importanza del processo separazione/individuazione”.540

È in rapporto alla madre che l‟identità maschile e femminile di delinea e in particolare nei maschi la costruzione della propria identità di genere avviene attraverso un processo di differenziazione duplice: come individuo e come genere sessuale altro rispetto alla figura materna; nelle femmine la differenziazione di genere è assente e questo produce l‟impossibilità

537 Cfr. Toscano M., (2006) Introduzione alla sociologia, FrancoAngeli, Milano p. 475 538 Freud S., (1979) Sessualità femminile, in Opere, Boringhieri, Torino p. 67

539

Cfr. Hughes J.M., (1991) La psicoanalisi e la teoria delle relazioni oggettuali. Melanie Klein,

W. R. D. Fairbairn e D. W. Winnicott, Astrolabio Ubaldini, Roma

540 Schimmenti V., (2005) Donne e professione: percorsi della femminilità contemporanea,

di costruirsi come identità autonoma e separata, poiché percepita come troppo simile a quella materna. La centralità della figura materna nel processo di costruzione di genere, pensiero che viene condiviso da molte studiose come Luisa Muraro541 e Luce Irigaray,542 non si ferma solamente al rapporto con i figli ma anche in rapporto all‟identità della donna/madre: “Le donne non sono, ma fanno le madri poiché non si limitano a generare i propri figli, ma dell'allevamento e della cura di essi fanno il loro mestiere”.543 Seppur interessante dal punto di vista generale, la teoria della Chodorow è incorsa in numerose critiche, in particolare da parte di quelle pensatrici e studiose che rifiutano l‟identificazione femminile nel mero ruolo materno.

Per tornare ai classici le teorie del conflitto, riferibili soprattutto a Marx e Engels, pongono il tema del matrimonio in una differente visione d‟insieme. Ne La teoria

sociologica contemporanea544 Wallace e Wolf riferiscono la teoria del conflitto in particolare a tre assunti: gli individui possiedono un certo numero di interessi, comuni a tutte le società, che intendono realizzare; affinché si possa parlare di conflitto è necessario che il concetto di potere venga posto come centrale della natura stessa della struttura e delle relazioni sociali e alla base della lotta interna per la sua conquista; i valori e le idee non sono, nell‟ottica conflittuale, degli strumenti bensì delle vere e proprie armi. Le teorie del conflitto rispetto al rapporto tra i sessi si incentrano principalmente sul tema del matrimonio. In particolare Marx ed Engels lo riferiscono alla proprietà ed al capitalismo; nello specifico la proprietà privata viene esercitata dalla classe dominante borghese all‟interno della famiglia attraverso il controllo diretto della donna-moglie, considerata alla stregua di strumento di produzione. Infatti, il controllo sulla moglie ha lo scopo ultimo di assicurare ai figli legittimi la trasmissione della

541 Cfr. Muraro L., (1991) L‟ordine simbolico della madre, Editori Riuniti, Roma

542 La Irigaray sostiene la necessità, per un‟etica della differenza sessuale, di un linguaggio

femminile che non sia fallogocentrico ma incentrato sull‟importanza del rapporto orizzontale tra le donne e di quello verticale con la madre, e pone come centrale l‟elemento della relazionalità riconoscendo importanza alla sensibilità, a scapito della ragione. La madre è colei che può, e deve, trasmettere alle figlie la controcultura femminile. Cfr. Irigaray L., (1985) Etica della differenza

sessuale, Feltrinelli, Milano

543 Cfr. Chodorow N.J., (1978) The reproduction of mothering, University of California Press,

Berkeley

544 Wallace R.A., Wolf A., (1985) La teoria sociologica contemporanea, Il Mulino, Bologna pp.

proprietà privata. I due filosofi riscontrano nella natura dei rapporti uomo-donna un elemento per valutare il grado di civiltà della società, confermando quanto quella capitalista sia fortemente incentrata su una dinamica di oppressione. Il

modo di produzione capitalista si applica anche al rapporto tra i sessi; generando

oppressione produce inevitabilmente conflitto che nella famiglia, come nella società, deve condurre alla fine delle diseguaglianze attraverso la rivoluzione comunista. Della famiglia i due autori si erano già occupati in precedenza ne

L‟ideologia tedesca del 1845, definendola un rapporto determinato dalla

subordinazione conseguente al cambiamento della natura dei rapporti sociali, determinati dall‟aumento demografico e di bisogni tipici della loro società.

Ne L‟origine della famiglia: della proprietà privata e dello stato del 1884 Engels analizza la natura della famiglia monogamica, sottolineando come questa si istituzionalizzi in termini di proprietà privata: la moglie viene considerata dal marito-borghese un bene, alla stregua di ogni altro possedimento materiale. Questa realtà è la diretta conseguenza del passaggio da una società pre-industriale, nella quale l‟uomo, protagonista delle guerre e delle conquiste territoriali, deteneva uno status all‟interno del clan-gruppo, ad una società industriale nella quale il potere dello status si trasforma in potere di proprietà sulle terre, sugli schiavi e conseguentemente anche sulle donne. “La moderna famiglia singola è fondata sulla schiavitù domestica della donna, aperta o mascherata, e la società moderna è una massa composta nella sua struttura molecolare da un complesso di famiglie singole”.545

Per Engels questo percorso di evoluzione della famiglia segna il passaggio ad una condizione di subordinazione e alla nascita del patriarcato; il processo che ha portato alla famiglia monogamica è per l‟autore un processo storico che ha determinato l‟evoluzione da una struttura di tipo matriarcale ad una di tipo patriarcale. Originariamente la mancanza di regole sulla sessualità che determinava l‟impossibilità di stabilire la paternità della prole, generava percorsi di discendenza legati alla figura femminile; in questo modo la donna assumeva un potere che nelle società civili viene attribuito all‟ereditarietà maschile. Sul potere femminile connaturato alla procreazione si è occupato anche

545 Engels F., (1981) L‟origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato, Editori Riuniti,