• Non ci sono risultati.

iDOMENICR DEL(©RRIERE

Nel documento Cronache Economiche. N.005-006, Anno 1977 (pagine 87-91)

L'avventura è datata 1907. Parliamone un momento, quasi a commemorazione, a settant'anni giusti di distanza. Quel mattino del 10 giugno, un piccolo corteo di macchine si era mosso dal cor-tile della Concessione francese di Pe-chino, meta Parigi. C'erano due De Dion & Bouton francesi, una Spyker olandese, una curiosa sei cavalli Contai, a tre ruote, ed infine una Itala con a bordo il principe Scipione Borghese, il suo autista e meccanico Ettore Guiz-zardi ed il giornalista Luigi Barzini. Per circa tre quarti del percorso di 16 mila chilometri quelle macchine non avrebbero trovato strade, ma soltanto carovaniere, piste nei deserti e nelle fo-reste, paurosi valichi montani, ponti im-praticabili e guadi perigliosi.

Le notizie del procedere della corsa (patrocinata, senza premi, dal giorna-le francese Le Matin per dirimere, una volta per tutte, la questione se l'auto

A destra:

L'auto Itala della corsa Pechino-Parigi.

S o t t o :

La tavola di Achille Beltrame relativa alla Pechino-Parigi.

avesse potuto competere con i classici, tradizionali mezzi di trasporto) giunge-vano con il contagocce, man mano Bar-zini che era inviato speciale di due giornali, uno italiano ed uno inglese, trovava un centro abitato attrezzato di telegrafo.

Ma già il 7 luglio « La Domenica del Corriere » dedica la copertina a colori all'avvenimento. Su un'impervia mon-tagna, una frotta di cinesi trascina ver-so l'alto la vettura: nel disegno, Bor-ghese e Barzini se ne stanno impettiti ai loro posti, il buon Guizzardi com-pare appena, seminascosto sulla destra; Achille Beltrame non è stato generoso con lui a confinarlo cosi', in secondo piano, quasi non fosse stato un elemen-to indispensabile al successo dell'im-presa...

Successo che, per la Itala, fu pieno ed incontrastato. Parigi era raggiunta il 10 agosto; delle altre vetture, solo le due De Dion & Bouton e la Spyker giungevano a destinazione il 30 agosto. Quella era stata la dimostrazione più sbalorditiva di ciò che l'automobile avrebbe potuto fare, di ciò che avreb-be potuto divenire, per la vita del-l'uomo. Ed era anche stata una prova di eccellenza della meccanica italiana. Non la sola. Nello stesso anno, la Tar-ga Florio veniva vinta, sul siciliano cir-cuito delle Madonie, da Vincenzo Naz-zaro su Fiat, a 58 chilometri all'ora; la Coppa Florio, a Brescia, era appan-naggio di Ferdinando Minoia, su Isotta Fraschini, mentre Alessandro Cagno con-quistava la Coppa della Velocità, su Ita-la e ancora Nazzaro, su Fiat, vinceva 11 Gran Premio dell'Automobile Club di Francia.

La sua auto, una 130 H P è conservata nel museo come vi è conservata la Ita-la 3 5 / 4 5 H P delIta-la Pechino-Parigi. Con-tro una parete c'è pure una ruota, con i raggi in legno rozzamente squadrato: è quella che, sfasciatasi nella steppa, stava per determinare l'abbandono del-la competizione. Ma un mujik, serven-dosi soltanto di un'accetta e dei pochi rudimentali strumenti a sua disposizio-ne, riuscì a ricostruirla. La fotografia del barbuto carradore russo che, con la sua abilità riesce a mutare il corso de-gli eventi, mi è parsa un cimelio ecce-zionale.

I t « H i

In una bacheca scopro poi una pubbli-cazione preziosa e certo non facile da reperire. È datata 1918, si intitola: « Federazione Europea o Lega delle Na-zioni? » e reca le firme di Giovanni Agnelli e di Attilio Cabiati.

Nella prefazione, quest'ultimo, eminen-te professore universitario di scienze economiche, racconta come Agnelli, fin dal 1916, sostenesse con ferma

convin-ln alto:

L'autocarro Fiat 18 BL. noto per le sue prestazioni nella prima guerra mondiale.

Sopra:

zione l'ideale di un'Europa federale co-me unico co-mezzo per dare alle future generazioni la sicurezza (si era in pie-na guerra mondiale) e l'assicurazione « che una distruzione cosi terribile di uomini e di cose non sarà più possi-bile ».

Ancora una scoperta, quella dell'euro-peismo, della multiforme e, per molti aspetti, ignorata personalità del senato-re Giovanni Agnelli, il più celebsenato-re con-dottiero dell'industria italiana, grande e modesto ad un tempo, colui che, senza ripensamenti aveva rifiutato il titolo di conte e che aveva risposto con un secco « schersuma nen » (« non scherziamo ») a chi gli preannunciava che una piazza di Villar Perosa sarebbe stata intito-lata al suo nome.

Ci sarebbe ancora da dire del celebre autocarro Fiat 18 B L che svolse un ruolo insostituibile nel corso della pri-ma guerra mondiale o della curiosa col-lezione di tricicli e quadricicli a motore e di motocicli che spaziano per un arco di tempo che va dal 1819 (triciclo a va-pore di Enrico Pecori) al 1952 (Gilera « Grand Prix »). O della sezione tecni-ca che raduna motori, autotelai e parti staccate dell'autoveicolo. Il visitatore più attento, o più esperto, avrà modo di analizzare i gruppi meccanici e di rilevarne i processi evolutivi realizzati. Anche le fabbriche italiane hanno una loro menzione e ricordano, in simboli-ca sintesi, i fatti salienti dei loro non facili primordi e del loro sviluppo. Un'ultima citazione (ma quante altre citazioni sarebbero necessarie!) per le chiare tavole illustrative, per le stampe di soggetto automobilistico dovute alle migliori firme del principio del secolo, per i manifesti, per le parti staccate (come radiatori, fanali, ruote e volanti) e per quegli accessori curiosi di cui il tempo ed il cambiamento del gusto hanno fatto per sempre giustizia.

Il Museo dell'automobile si prefigge lo scopo di illustrare per il grande pub-blico l'evoluzione di un mezzo di tra-sporto che ha trasformato radicalmente

la civiltà contemporanea e, al contem-po, di offrire, come ha affermato il suo Direttore, Giancarlo Amari, « alla nu-trita schiera di appassionati e studiosi del ramo la viva testimonianza dell'epo-ca passata e la possibilità di compiere opportuni raffronti nel campo dell'evo-luzione tecnica e stilistica ».

La consistenza attuale della raccolta (140 vetture, 4 tricicli e quadricicli a motore, 30 chassis, 4 motociclette, 24 motori e una trentina di modellini) la pongono ai primissimi posti nella gra-duatoria delle similari istituzioni sorte in varie parti del mondo. I musei che possono competere con quello torinese non sono molti e si possono qui citare, solo a titolo di esempio, quello francese di Rochetaillée, quello inglese di Beau-lieu, quello statunitense di Dearborn. Si potrebbero ancora ricordare, per il nostro Paese, musei pubblici ed azien-dali dove l'auto trova una sua auto-revole collocazione: sono il Centro Sto-rico Fiat ed il Museo Vincenzo Lancia a Torino, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica « Leonardo da Vinci » a Milano, il Museo Storico del-la Motorizzazione Militare aldel-la Cecchi-gnola (Roma) e, ultimo recentemente inaugurato ed assai importante, il Mu-seo Storico dell'Alfa Romeo, ad Arese. Alla gente queste iniziative piacciono e ne è la riprova il numero di visitatori

del complesso torinese. Circa centomila all'anno. Le scolaresche affollano spesso gli ampi saloni e vorrei qui anche ri-cordare una recente iniziativa degli As-sessori per la Cultura, per l'Istruzione, per lo Sport e la Gioventù della Città di Torino. Si denomina: « Il museo in piazza » e vede i ragazzi delle ultime classi elementari e delle medie impe-gnati in visite guidate da animatori ed in ricerche in taluni musei cittadini. In questo, i ragazzi assistono ad un fil-mato, eseguono disegni, vengono edotti sull'evoluzione della macchina in rap-porto alla vita di ogni giorno, alla scien-za, al costume.

L'assillo costante della Direzione del museo e del suo Presidente, dott. Ro-dolfo Biscaretti di Ruffia, è quello di far vivere nel modo più completo que-sta importante istituzione. La bibliote-ca e l'annesso archivio storico, tecnico e fotografico annoverano una buona fre-quenza di studiosi e di ricercatori. Con-sulenze tecniche e storiche vengono ri-chieste, con ritmo crescente, da ogni parte del mondo.

Recentemente la biblioteca si è arric-chita della collezione di Giovanni Ca-nestrini: volumi e documenti sono pas-sati da 8 a 12 mila; così, l'archivio fo-tografico ha visto raddoppiare, grazie a questo lascito la sua consistenza che è ora di 20 mila foto.

Un buon successo ha riscontrato il Pre-mio internazionale intitolato al com-pianto studioso e giornalista; verteva sul tema: « 11 contributo italiano al-l'automobile dalle origini fino al 1914 ». È stato questo l'anno, mi si dice, che ha visto chiudersi il periodo più impor-tante per la realizzazione dell'auto: essa ha, già allora, assunto la sua fisiono-mia definitiva; dopo, si tratterà solo più di messe a punto, di miglioramenti di carattere secondario.

In febbraio, un gruppo di appassionati si è recato dal notaio per dar vita al-l'Associazione Amici del Museo del-l'Automobile che si propone finalità esclusivamente culturali e di ricerca, promuovendo interessi per gli avveni-menti del passato mediante manifesta-zioni, conferenze, pubblicamanifesta-zioni, proie-zioni di films e di documentari ed in varie altre forme. Ne è Presidente il dott. Alberto Bersani, Vice Direttore

del-I ' A N F del-I A .

* * #

La serata è quasi tiepida, il sole sta per scomparire dietro al Monviso ed il gri-gio della collina di fronte si sta tingendo di arancione cupo. Accarezzo con le dita le pietre della costruzione, mentre ne scendo lentamente l'ampia rampa di ac-cesso.

La raffinatezza e la quantità delle cose viste è tale che dubito non potrò mai parlarne in modo adeguato, non potrò mai descrivere appieno ciò che ho pro-vato in queste magiche ore.

Nell'accavallarsi di idee e di sensazio-ni, una figura si stacca e viene a darmi coraggio. È Carlo Biscaretti di Ruffia che mi vedo, ossuto e severo, buon com-battente di una buona battaglia. È nel suo ricordo che ho scritto queste pagine, nel ricordo di un uomo che ha dedicato all'automobile tutta la sua vita, dalla prima giovinezza fino agli estremi giorni, e lo documenta una sua pagina incompiuta.

Corridore, nelle prime spericolate com-petizioni di fine secolo, cofondatore e segretario dell'Automobile Club di To-rino, libero professionista, studioso di prospettiva meccanica, funzionario per molti anni della fabbrica Itala, scritto-re e giornalista, oltscritto-re che accurato

co-struttore di modelli ed insuperabile di-segnatore (e molte delle sue policrome tavole vivacizzano le pareti del museo), costruì' in silenzio, pezzo per pezzo, un imperituro monumento alla civiltà del motore.

Qualcuno ha scritto che senza la dedi-zione di Carlo Biscaretti di Ruffia il museo ora non ci sarebbe, ed è proba-bilmente vero. Purtroppo egli mancò ai vivi quattordici mesi prima dell'inaugu-razione. Soleva dire, l'ottantenne ve-gliardo, che non avrebbe visto quel-l'inaugurazione a cui tanto teneva, e fu buon profeta. Ma già era in lui la certezza che le sue fatiche non erano state vane, che il Museo dell'Automo-bile di Torino sarebbe stata una splen-dida ed imperitura realtà.

VININCONTRI,

OSSIA UNA MANIFESTAZIONE

Nel documento Cronache Economiche. N.005-006, Anno 1977 (pagine 87-91)