Bruno Cerrato
Si dice che il vino fa parlare. Parliamo allora di « Vinincontri », la manifesta-zione promossa dalla Regione Piemonte e organizzata dal Samia S.p.A. nei gior-ni dal 30 aprile all'8 maggio u.s. sotto la volta del palazzo a vela di Torino, Per offrire ai produttori e viticoltori pie-montesi la possibilità di ampi e nuovi contatti con i consumatori italiani e stranieri.
Il bilancio non è tale da suscitare en-tusiasmi, ma certamente più che suffi-ciente per dar vita a concrete speranze. E vero che i visitatori non sono stati tantissimi e che forse il flusso di ope-ratori economici è stato limitato da una insufficiente opera di diffusione e pro-mozione, ma è doveroso ricordare che l'iniziativa era al suo battesimo e si
conosce quali siano le difficoltà di lan-cio di rassegne finalizzate non tanto alla vendita quanto ad accrescere le cono-scenze del consumatore circa i diversi tipi di prodotti esposti.
Nei nove giorni di apertura, il pubblico non ha infatti soltanto imparato a di-stinguere i vini attraverso le degusta-zioni possibili in tutti gli stands, ma ha potuto rendersi conto dell'importanza economica del settore per l'intera re-gione, che ha investiti nella coltura vinicola quasi 98 mila ha di terreno, con una produzione annua di uva oscil-lante tra i 6 e i 7 milioni di quintali. Ha altresì' appreso che ad oltre 24 mi-la ha ammonta mi-la superficie vitata iscrit-ta agli Albi dei vigneti dei vini a doc, con una produzione di oltre 800 mila
ettolitri di vino ripartiti in 36 denomi-nazioni che hanno acquisito la qualifica comunitaria di VQPRD. Tale produzione rappresenta il 18,7% del totale regio-nale, pari a 4.411.155 (di cui 53% di Barbera, 12% di Dolcetto, 7 % di Frei-sa, 4,5% di Asti spumante, 2 % di Mo-scato naturale di Asti, 2 % di Cortese). Altre scoperte: in Piemonte operano una ventina di complessi enologici con più di trentacinque dipendenti e alcuni di questi sono delle vere e proprie mul-tinazionali; le cantine sociali sono 73 e la loro funzionalità è in costante ri-presa; l'export va bene e concrete sono le possibilità di un'ulteriore espansione in pressoché tutti i mercati del mondo. Nel 1976 le vendite all'estero hanno in-fatti reso 126 miliardi, di cui 49 miliardi
I vini a DOC del Piemonte
Denominazione Riconoscimento Denominazione Riconoscimento 1 Asti s p u m a n t e
2 Barbaresco 3 Barbera d'Alba 4 Barbera d'Asti 5 Barbera del Monferrato 6 Barolo
7 Boca
8 Brachetto d'Acqui
9 Caluso p a s s i t o - Caluso passito liquoroso 10 C a r e m a
11 Colli tortonesi - C o r t e s e 12 Colli tortonesi - Barbera 13 Dolcetto d'Acqui 14 Dolcetto d'Alba 15 Dolcetto d'Asti 16 Dolcetto di Dogliani
17 Dolcetto delle Langhe monregalesl 18 Dolcetto di Diano d'Alba
DPR 9 luglio 1967 19 Dolcetto d'Ovada DPR 23 aprile 1966 20 Erbaluce di Caluso DPR 27 maggio 1970 21 Fara
DPR 9 gennaio 1970 22 Freisa d'Asti DPR 9 gennaio 1970 23 Freisa di Chieri DPR 23 aprile 1966 24 Gattinara
DPR 18 luglio 1969 25 Gavi o C o r t e s e di Gavi DPR 13 agosto 1969 26 G h e m m e
DPR 9 luglio 1967 27 Grignolino d'Asti
DPR 9 luglio 1967 28 Grignolino del Monferrato c a s a l e s e DPR 9 ottobre 1973 29 Lessona
DPR 9 ottobre 1973 30 Malvasia di Casorzo
DPR 1 s e t t e m b r e 1972 31 Malvasia di Castelnuovo Don Bosco DPR 6 luglio 1974 32 Moscato d'Asti s p u m a n t e o m o s c a t o d'Asti DPR 10 giugno 1974 33 Moscato naturale d'Asti
DPR 26 giugno 1974 34 Nebbiolo d'Alba DPR 6 luglio 1974 35 Rubino di Cantavenna DPR 3 maggio 1974 36 Sizzano DPR 1 DPR 9 DPR 13 DPR 1 DPR 20 DPR 9 DPR 26 DPR 18 DPR 29 DPR 26 DPR 3 DPR 21 DPR 20 DPR 9 DPR 9 DPR 27 DPR 9 DPR 18 s e t t e m b r e 1972 luglio 1967 agosto 1969 s e t t e m b r e 1972 s e t t e m b r e 1973 luglio 1967 giugno 1974 s e t t e m b r e 1969 maggio 1973 giugno 1974 dicembre 1976 agosto 1968 s e t t e m b r e 1973 luglio 1967 luglio 1967 maggio 1970 gennaio 1970 luglio 1969
dai 1.760.000 hi della provincia di Asti, 37 dai 1.278.000 hi di Alessandria, 25 dai 693.000 di Cuneo. Quanto ai sin-goli vini, il fatturato complessivo del Barbera è stato di 57 miliardi, 21 quello del Dolcetto, 12 quello del Moscato. In altre parole, in ogni stand si tavoli, bicchieri per assaggi e bottiglie dalla foggia più diversa, ma anche dati, noti-zie, informazioni e suggerimenti per acquisti azzeccati nell'apposita sezione a ciò riservata.
In quest'opera di valorizzazione dei vini più tipici e prestigiosi della terra pie-montese, non poteva certamente mancare il contributo delle Camere di commer-cio, che da sempre hanno destinato non pochi mezzi per la dimostrazione della loro qualità e la promozione del consu-mo. In uno stand sobrio ma elegante, che ha funto un po' da guida per la visita dell'intera rassegna, l'Unione re-gionale degli istituti camerali del Pie-monte ha esposto in apposite vetrinette una bottiglia di ciascuno dei 36 vini
V Q P R D con accanto il bicchiere più adatto ad assicurarne una perfetta de-gustazione, mentre un cartello ne sot-tolineava le principali caratteristiche e il più indicato abbinamento gastrono-mico e una cartina poneva in evidenza le zone di produzione.
A cura degli esperti delle Camere di commercio, per ciascun vino sono state inoltre preparate delle schede illustranti
CALUSO PASSITO LIQUOROSO
denominazione di origine controllata D.P.R. 9 luglio 1967
CARATTERISTICHE DEL VINO
Sopore
Grad.ne alcool, minima: Invecchiamento : Come conaervario s Come eervlrlo : Con quali cibi 1
dal giallo oro all'ambrato scuro delicato caratteristico dolce, armonico plano e vellutato 16- vol.%
minimo 5 anni dalla data In cui il prodotto risulta finito In ambienti non illuminati, al ri-paro da sbalzi di temperatura 1ff" - 20*
dessert
DISCIPLINA DI PRODUZIONE
Vitigno: Erbaluce 95-100%; Bonarda 0-5% Resa massima di uva: q.li 120 ad ettaro Resa massims dell'uva appassita In vino: 35% Le uve devono essere prodotte In Provincia di Torino: Ch-iuso, Agllè. Azeglio, Balro, Barone. Bollengo. Borgomesino, Burolo. Candla C.se. Caravlno, Cossano C.se, Cucegllo. Ivrea. Maglione. Mazzè, Mercenasco. Montalenghe. Orlo C.se, Romano C.se, Palazzo C.ee, Parella. Perosa. Plverone. Scarmagno. Settimo Rottero, S. Giorgio C.se. S. Martino C.se. Strambino. Vestlgnà, Vialfrè. Vlllareggla. Visone: In Provlncls di Vercelli: Moncrlvello, Roppolo. Vlverone, Zi-mone.
A u t dell'Union* dello
Canoro di Commercio. Indurrlo. Altalenato e Agricolture del Piemonte
Esempio di scheda
redatta dall'Unione regionale delle Camere di commercio del Piemonte per ciascuno dei 36 vini a DOC.
i caratteri organolettici, le modalità di invecchiamento, i terreni più adatti alla crescita del vitigno, le rese di uva e del prodotto. La completezza di tale docu-mentazione ha incontrato ampio succes-so nei visitatori, come dimostra il fatto che è stata distribuita in oltre 50 mila copie. È la riprova che il vino, quando c'è la sicurezza che è buono, non solo fa parlare ma anche leggere. È s o p r a t
-tutto la riprova che, se ben sorretto da serie campagne propagandistiche, il pro-dotto vinicolo piemontese, s o p r a t t u t t o
quello ad origine controllata, può tro-vare spazi di penetrazione illimitati sia nell'area comunitaria che nell'Efta, ne; gli Stati Uniti e , perché no, negli s t e s s i
(trailibri)
PRESENTATI DAGLI AUTORI
EDWARD S. SHAW, Intensificazione dei processi finanziari nello sviluppo economico - Voi. di 16 X 24 cm, pp. XXX-293 - Cariplo, Milano, 1977.
La tesi di fondo di questo libro è che il setto-re finanziario 'di un'economia assume grande rilevanza per lo sviluppo: esso può aiutare la economia ad uscire da una situazione dinami-ca repressa e ad intraprendere un processo di crescita accelerata. D'altro lato, quando è di-storto, il settore finanziario può arrestare ed annullare gli impulsi allo sviluppo.
Il settore finanziario è un insieme di mercati relativi ad attività e servizi finanziari che pos-siede propri sotto-settori, tra i quali il siste-ma monetario, i quali utilizzano input di fat-tori produttivi in base a specifiche tecnologie. Esiste una sovrastruttura di autorità per la re-golamentazione dotata di uno schema di politi-che e di un apparato di strumenti di controllo: sono inevitabili legami con i settori finanziari esteri. Questo settore è unico nel suo genere per la misura in cui i suoi mercati, prezzi, isti-tuzioni e politiche influenzano tutti gli altri. La moneta è il solo bene che viene scambiato con tutti gli altri ed i tassi di interesse sono i prezzi relativi che hanno la rilevanza più dif-fusa per le decisioni economiche.
Numerose economie decentralizzate con bassi livelli di reddito e di ricchezza prò capite sono state spinte a volte ad adottare una strategia di sviluppo dalla quale è derivata una finanza • superficiale » (shallow finance). Mediante di-storsioni dei prezzi finanziari, inclusi i saggi di interesse ed i tassi di cambio, e tramite al-tri mezzi, tale strategia ha ridotto il saggio reale di crescita e la dimensione reale del si-stema finanziario rispetto alle grandezze non finanziarie e ciò ha sempre bloccato o grave-mente ritardato il processo di sviluppo. In tutti i casi, invece, in cui è stata adottata una nuova strategia mirante, tra l'altro, ad « intensificare » I processi finanziari — una strategia di libe-ralizzazione finanziaria — lo sviluppo ha ripreso ritmo. La liberalizzazione, quindi, conta per lo sviluppo economico. Tuttavia, non vogliamo so-stenere che sia importante soltanto la libera-lizzazione finanziaria. Al contrario, essa deve accompagnarsi a provvedimenti che si esten-dano al di là del settore finanziario.
Questo tema è escluso dalle teorie e dalla Prassi tradizionali dello sviluppo. Una certa teo-ria dello sviluppo sembra essere stata conce-pita per un mondo caratterizzato da un'econo-mia di baratto. In altri modelli si suppone che |a finanza si evolva passivamente e che la sua intensificazione sia un sottoprodotto della cre-scita accelerata delle variabili « reali ». Esiste una dottrina che classifica l'intensificazione fi-nanziaria tra gli ostacoli allo sviluppo e racco-manda la repressione finanziaria. Il Piano, che costituisce la fonte principale degli orienta-menti per la realizzazione dello sviluppo, nor-malmente presta scarsa attenzione ai processi finanziari. Istituzioni internazionali, come la Ban-ca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazio-nale, suggeriscono direttive specifiche ed esau-rienti per la politica economica nei suoi aspetti '"terni, con riferimento al bilancio statale e nei suoi aspetti internazionali, con riguardo alla Mancia dei pagamenti, ma in genere concedono
poco spazio alle finalità ed alle tecniche dell'in-tensificazione finanziaria.
Il primo passo per chiarire la funzione di svi-luppo della finanza consiste nel distinguere i valori ed i tassi di rendimento delle attività finanziarie in termini reali dalle loro controparti in termini nominali, cioè nel depurare l'analisi dall'illusione monetaria. Dove è in atto la stra-tegia di repressione finanziaria, gli aggregati relativi alla moneta, o ai titoli pubblici ed ai fondi fiduciari crescono normalmente ad un tas-so elevato se espressi in termini nominali. Allo stesso tempo, questi aggregati, se deflazionati mediante un qualsiasi indice generale dei prezzi interni, mostrano una crescita meno rapida o diminuiscono. La finanza nominale imbocca un sentiero di crescita elevato, la finanza reale uno basso. In questo caso la finanza nel senso reale è superficiale, in parte perché viene tas-sata dall'inflazione.
M. DEAGLIO, L'economia in ce[Jpi - Voi. di
14 x 21 cm, 148 pp. - Etas libri, Milano, 1977 - L. 4500.
Concludevo la Relazione letta all'Assemblea dei partecipanti della Banca d'Italia il 31 maggio 1961 affermando: « I mutamenti in atto nel mer-cato monetario e finanziario stanno ad attestare il progresso del nostro Paese verso ordinamenti più evoluti e più corrispondenti alla posizione che esso va assumendo di paese in posizione avanzata fra quelli più dinamici; ancorché, sot-to quel profilo, la nostra economia sia corsa in avanti più celermente delle istituzioni nelle quali essa si inquadra >. Questa dichiarazione veniva resa in un momento nel quale il processo di sviluppo si compiva in un'economia aperta alle sollecitazioni del mercato internazionale in condizioni di soddisfacente stabilità monetaria. Le classi dirigenti non avvertirono in tempo la esigenza di adeguare l'ordinamento giuridico alle esigenze della difesa delle condizioni ne-cessarie affinché operi un'economia aperta: par-titi, sindacati, imprenditori cooperarono incon-sciamente alla diffusione di rigidità che avreb-bero mutato profondamente i connotati della so-cietà italiana trasformandola in soso-cietà assisten-ziale. Il compiersi di questo processo è descrit-to lucidamente in quesdescrit-to saggio del Prof. Deaglio. • Il principio di ugualitarismo, permea gran par-te dei modelli moderni di società assispar-tenziale (...). La tendenza all'ugualitarismo, scontrandosi con la diversità delle situazioni umane, impone delle ' disuguaglianze compensative ' a favore di persone o categorie di persone che si riten-gono essere in condizione speciale. Si crea cosi tutto un insieme di casi particolari che possono non assumere aspetti monetari, ma che riman-gono pur sempre da classificarsi come privi-legi ». Il gonfiarsi della fiumana di leggi e leg-gine succedutesi dopo il 1963 ha soddisfatto il principio di assistere persone o categorie di persone in posizioni speciali, ma ha allontanato la società italiana dal modello di società aperta propria dell'area occidentale.
La descritta evoluzione limitava la capacità del-l'economia italiana di mantenere il grado di interdipendenza con il resto dell'economia mon-diale necessario per imprimere al processo di sviluppo il ritmo desiderato. Secondo l'autore i fattori interni di espansione possono esplicare
funzioni di coadiuvanti dello sviluppo ma non possono da soli essere il propellente di uno sviluppo dell'intensità ambita in Italia e all'este-ro. Il conflitto fra il grado di Interdipendenza della nostra economia con quelle del resto del mondo e l'irrigidimento delle strutture si mani-festava nell'alternanza di espansione-recessione-espansione non sincrona con la congiuntura mon-diale. La rigidità del sistema rendeva le mano-vre monetarie di sempre più incerto successo; diveniva più evidente che per ridurre l'inflazio-ne occorreva accettare più disoccupaziol'inflazio-ne e per ridurre la disoccupazione occorreva accet-tare più inflazione.
Quanto più s'innestavano nel sistema econo-mico rigidità, tanto più diveniva evidente l'im-possibilità di un suo governo mediante il ri-corso agli strumenti della politica keynesiana. Ad un governo dell'economia mediante una po-litica economica che avviene dall'alto senza che I governanti guardino in faccia i governati come se essi fossero tutti intercambiabili, se-guiva quello di provvedimenti specifici volta a volta orientati alla difesa del Mezzogiorno, dei giovani, delle donne, dei piccoli imprendi-tori, degli artigiani. Il controllo dei grandi ag-gregati economici nazionali cedeva il passo alle interferenze nelle libertà individuali dei singoli e delle imprese. All'obiettivo dello sviluppo in termini quantitativi si sostituiva quello concet-tualmente di difficile determinazione dell'incre-mento della qualità della vita; ma alla diminu-zione della mobilità sociale in tutto l'Occiden-te, si accompagnava l'arresto del processo di riduzione dei divari nei livelli di vita; ciò si esprimeva nella crescente • corporativizzazione » della società.
Il saggio del Prof. Deaglio offre una guida ai sentieri lungo i quali hanno camminato i muta-menti avvenuti nella società italiana. Conclude affermando una visione schematizzata delle gran-di scelte gran-di fronte alle quali l'Italia è posta; manifesta i motivi della preferenza per la con-tinuità di appartenenza ad una società aperta nella quale si accordi precedenza agli investi-menti produttivi e si consegua questo obiettivo senza ricorrere a limitazioni amministrative del livello dei consumi, facendo leva piuttosto sul rilancio del risparmio privato. « Le distinzioni tra i due tipi di società (quella aperta e quella assistenziale), conclude Deaglio, possono in molti casi essere sottili, e non pregiudicare una convergenza di consensi dei fautori dei due tipi di modelli su una vasta gamma di provvedimenti specifici; non per questo, però, si tratta di di-stinzioni meno significative o meno importanti. Si tratta infatti di differenti valori, di differenti filosofie che in qualche modo verranno a per-meare di sé la società italiana ».
(dalla prefazione di GUIDO CARLI)
G. ROTA, Passato e futuro dell'inflazione in
Italia - Voi. di 12 x 21 cm, 86 pp. - Centro
di ricerca e documentazione, Luigi Einaudi, Torino, 1976 - L. 3000.
I margini di errore nella previsione dell'infla-zione sono molto più ampi di quelli per le va-riazioni quantitative dei fattori produttivi, della produttività e delle risorse disponibili. Il
mo-tivo è ovvio: I fenomeni reali hanno dei limiti . fisici • nell'aumento e nella diminuzione; li-miti che non si Incontrano — quanto meno, co-si stretti — per I fenomeni nominali. (...) Il mas-simo della variabilità è raggiunto proprio dal tasso d'Inflazione.
Si può ugualmente tentare di prevedere l'evo-luzione futura dell'inflazione sulla base di fatti oggettivi. Questa previsione ha metodi, natura ed affidabilità diversi a seconda che sia riferita ad un orizzonte di medio termine (alcuni anni), o di breve termine (un anno o meno). Per una previsione di medio termine quelle che contano sono le evoluzioni del fenomeni che hanno influenza sull'Inflazione: come dire che occorre individuare i cambiamenti in corso nel modello economico, sociale e politico. Alcuni tra i fenomeni più rilevanti sono stati esami-nati nei capitoli precedenti, e si sono indivi-duate le loro tendenze. A questo punto, però, ci si trova davanti a un dilemma fondamentale: nei prossimi anni saranno confermate le recenti tendenze evolutive, oppure esse subiranno un capovolgimento? Per usare una similitudine, al-la roulette dell'infal-lazione usciranno i numeri . in calore • o 1 numeri « in ritardo »? Cerchia-mo di rispondere, vedendo quali potrebbero es-sere I due scenari a medio termine per l'infla-zione italiana nelle due ipotesi di prosecul'infla-zione e di capovolgimento delle tendenze e quale è la loro rispettiva attendibilità.
Non sembra che le tendenze In atto possano proseguire ancora per molto tempo. Per quanto riguarda le variazioni redistrlbutive tra le voci di costo, non è possibile che le imposte indi-rette nette seguitino a essere cosi grandemen-te sacrificagrandemen-te, sia per le disastrose condizioni del bilancio statale, sia per il fatto che la loro moderazione ha clamorosamente mancato l'obiet-tivo di contenere l'Inflazione; e forse si è essa stessa trasformata in un fattore inflazionista, in quanto contribuisce a far emettere moneta per le esigenze del Tesoro. Dunque, è estremamen-te probabile che tra breve la pressione tributa-ria indiretta riprenda a salire. Ma questo fatto potrebbe non aggravare l'inflazione italiana, vi-sta la particolare situazione di partenza. Un'altra tendenza che potrebbe continuare, ma che si vorrà capovolgere nell'interesse dell'in-tero paese, è quella al rincaro relativo alle im-portazioni. È ormai chiaro che una redistribu-zione a favore dell'estero viene pagata, alla lunga, da tutte le categorie nazionali: le immu-nità come quella che I lavoratori dipendenti si sono finora assicurati, grazie alle rivendicazioni ed all'attuale meccanismo della scala mobile, non possono reggere per molto. Pertanto, è mol-to probabile che a tempi brevi si trovi un ac-cordo sociale quanto meno per sostituire una parte delle importazioni con produzioni nazio-nali; e per espandere le esportazioni sulla base di una migliore competitività.
Pure il meccanismo redistributivo costantemente e gravemente a sfavore dei redditi da capitale, ed in minor misura dei redditi misti, ed a fa-vore dei redditi da lavoro dipendente non può reggere a lungo termine. I perché sono pa-recchi; ma il più importante è forse il seguente. Se è vero che il singolo lavoratore già regolar-mente assunto può spingere le rivendicazioni oltre i limiti delle compatibilità, dato che il suo singolo posto è protetto dalle leggi in vi-gore e che la sua remunerazione è protetta dalla scala mobile contro l'inflazione che essa stessa contribuisce a generale; è anche verer che al-meno una parte dei potenziali investitori pos-sono non investire come prima, o comunque non creare nuovi posti di lavoro. Questo
com-portamento genera, nel giro di alcuni anni, una notevole massa di persone senza lavoro. Ma al-lora la lotta di classe non è più tra lavoro e capitale, bensì tra il lavoro superprotetto, da una parte, e il lavoro marginale o i disoccupati, dall'altra parte. A questo punto diventa social-mente e politicasocial-mente difficile che la situazione non sia in qualche modo sbloccata. E l'unico modo compatibile con il pluralismo è quello di arrestare la redistribuzione in corso. L'altra so-luzione è quella di tipo autoritario; ma in que-sto caso non ha più senso prevedere l'infla-zione secondo i meccanismi di mercato. Ancor più in generale, è lo stesso tasso d'infla-zione che non può mantenersi per molto tempo su livelli vicini o superiori al 20% annuo, nel-l'attuale situazione italiana. Infatti questa in-flazione, unita ad una crisi di economicità delle