ODIERNA
Giuseppe PorroLa diplomazia può essere intesa come lo strumento per conseguire, attraverso metodi pacifici, un determinato risul-tato in campo internazionale, che sia in linea e conforme con una politica estera precedentemente determinata. Come è stato rilevato 1 essa può consi-stere nel dare esecuzione ad una poli-tica estera che permetta la realizzazio-ne, attraverso mezzi pacifici, di obiettivi nazionali che si vogliono conseguire in campo internazionale.
Numerosi autori si sono impegnati nel dare una definizione a tale termine: per Paul Fauchille, ad esempio, la diploma-zia può considerarsi come scienza e come arte. Come scienza essa si prefigge come obiettivo, quello di conoscere lo stato delle relazioni giuridiche e politi-che dei vari stati, dei loro interessi, del-le loro tradizioni storiche, deldel-le clausodel-le contenute nei trattati. Come arte, ha vece l'obiettivo di gestire i negoziati in-ternazionali: ciò implica una capacità di coordinamento, di direzione, di abilità nel saper seguire ed indirizzare con co-noscenza i negoziati politici2.
Per Philippe Cahier, la diplomazia è la maniera di condurre i negoziati esterni di un soggetto di diritto internazionale, attraverso metodi pacifici e soprattutto attraverso negoziazioni3.
Per Harold Nicolson, diplomazia è la gestione delle relazioni internazionali at-traverso negoziati; il metodo atat-traverso cui la gestione delle relazioni internazio-nali è gestita attraverso negoziati e attra-verso l'invio di ambasciatori ed inviati4. Per Ernest Satow, la diplomazia è l'im-piego di intelligenza e di tatto nella con-dotta delle relazioni ufficiali tra i gover-ni di stati indipendenti e che qualche volta viene estesa alle relazioni che esse hanno con stati assoggettabili; è cioè la condotta degli affari, svolta dagli stati attraverso l'impiego di mezzi pacifici5. Evidentemente non si esauriscono in queste le citazioni sull'argomento; inte-ressante è ad esempio la definizione nel termine diplomazia data dalla scuola sovietica.
^el trattato di diritto internazionale pub-blico, edito dall'Accademia delle Scienze dell'URSS, sotto la direzione di
Koro-v'n, è scritto che « la diplomazia è in-dubbiamente legata all'attività interna-zionale degli stati e la sua attività riflette
gli interessi della classe che ha la supre-mazia economica all'interno della socie-tà nazionale; essa dunque opera in rela-zione agli interessi della classe domi-nante ». Di conseguenza, si legge nel trattato, mentre la diplomazia sovietica si rifà alle tesi Leniniste sulla possibilità di una pacifica convivenza tra stati a struttura sociale differente, quella degli stati imperialisti non è altro che la di-plomazia dettata dall'interesse dei mo-nopoli, il cui unico scopo è quello di occupare e di sfruttare territori stranieri per i propri fini ed interessi.
Se il termine diplomazia è dunque usato oggi comunemente per indicare l'aspetto con il quale i soggetti di diritto interna-zionale, gli Stati, cercano di conseguire pacificamente un determinato risultato in campo internazionale, è certo che la evoluzione interna della società interna-zionale, in particolare in relazione ai soggetti che la compongono, ha fatto si che, rispetto al passato più o meno re-cente, essa assumesse nuovi e diversi aspetti. Pur rimanendo infatti immutata la tradizionale sua funzione, che è quel-la di garantire una requel-lazione tra gli stati sovrani della Comunità internazionale, essa assume nuovi aspetti perché nuove sono le esigenze richieste dall'attuale comunità internazionale. Le relazioni in-terstatuali, infatti, si svolgono non solo attraverso gli organi tipici degli stati, istituzionalmente preposti a ciò, e cioè il ministro degli esteri e per la parte di esecuzione i diplomatici, bensì anche attraverso nuove forme di organizzazio-ne che implicano diverse modalità di negoziazione.
Si pensi infatti, come l'accrescersi del-l'interscambio internazionale, la forma-zione di colossi economici con dirama-zioni in ogni continente — le multina-zionali — abbiano inciso sull'andamen-to delle relazioni internazionali.
Sarebbe non realistico non riconoscere che molti degli eventi internazionali di questi ultimi anni, sono ampiamente il frutto, od in ogni caso ne sono stati ampiamente condizionati, dall'atteggia-mento delle grosse holding internazio-nali. L'esempio degli eventi legati alla crisi petrolifera paiono la conferma più autorevole di ciò. Lungo ed interessante, ma certamente già ampiamente discusso, sarebbe soffermarsi su questo aspetto.
Altro però è il punto che si vuole qui brevemente trattare: ed è quello del ruolo che le organizzazioni internazio-nali assumono nell'ambito delle rela-zioni fra gli stati, nella loro funzione cioè di svolgere, a livello internazionale, attività che, prima del loro sorgere, era-no di competenza esclusiva degli organi statali nazionali.
Quando si parla di un ruolo attivo delle organizzazioni internazionali nel-l'ambito delle relazioni diplomatiche odierne, si intende soprattutto il ruolo che esse svolgono, attraverso varie for-me di attività, e che for-meglio si avranno occasione di illustrare fra breve, nel perseguire, in nome di interessi colletti-vi di più popoli, scopi comuni ed in relazione a molteplici campi, quali quel-lo economico, quelquel-lo sociale, quelquel-lo politico.
Nell'odierna struttura internazionale, in-fatti, appare evidente che di fronte a determinati gravi problemi che interes-sano collettivamente e globalmente la società internazionale nel suo insieme, e quindi singolarmente ognuno dei sog-getti — stati che la compongono, la ri-sposta tradizionale fornita dalla diplo-mazia classica (relazioni bilaterali e multilaterali fra i governi) appare ina-deguata.
Si pensi ad esempio al problema del sottosviluppo. Come sarebbe possibile affrontare questo drammatico nodo della scena internazionale senza affiancare ai contatti bilaterali tra stati sviluppati e sottosviluppati, azioni collettive di più stati coordinati da un ente internazio-nale (si pensi all'azione delle varie agen-zie specializzate dell'ONU, quali la FAO, la BIRD, l'AIS, ecc.)?
Ancora più evidente appare, nell'am-bito dei problemi monetari e commer-ciali internazionali, la necessità di affi-dare ad un ente internazionale il diffi-cile compito di codificare regole comuni a più stati, di rendere operanti e di dar vita a meccanismi tali da consentire un incremento costante ed una facilitazione nell'interscambio commerciale mondiale, e quindi consentire benefici effetti per la comunità internazionale nel suo in-sieme (si pensi al ruolo del Fondo Mo-netario Internazionale, del GATT).
Molti altri esempi, si possono fare per dimostrare la necessità odierna, nell'am-bito delle relazioni diplomatiche inter-nazionali, delle organizzazioni interna-zionali: basterà ancora citare il campo delle comunicazioni, della sanità, dei trasporti, ove più che mai è stato neces-sario dar vita ad una fitta rete di inter-relazioni tra i vari stati, e che possono essere gestiti e coordinati solo da un ente internazionale specificatamente de-signato per i singoli settori.
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È evidente che la necessità di regolare, nell'ambito della comunità internazio-nale, in maniera collettiva i problemi comuni di natura giuridica economica e tecnica, non è fenomeno manifestatosi solo nel presente o nel recente passato. Se infatti oggi si può dire che la multi-lateralità è una delle caratteristiche sa-lienti della diplomazia attuale, non si può non ricordare come anche nel pas-sato essa trovava già forme di manife-stazione.
Senza voler addentrarci in un discorso di natura storica, è sufficiente ricordare che nel passato la diplomazia multila-terale si manifestava soprattutto nei pe-riodi seguenti ad un conflitto bellico, allorquando i belligeranti dovevano ri-correre ad un congresso per discutere le modalità e le condizioni della pace. Le relazioni tra gli stati assumevano, in quell'occasione, un aspetto collettivo; la diplomazia assumeva pertanto eccezio-nalmente, un aspetto multilaterale. Un aspetto di ciò può essere il trattato di Westfalia del 1648; ancora più signifi-cativo, come esempio, il congresso di Vienna del 1815, riunito come è noto per porre fine alle guerre napoleoniche. Ma è con la creazione della Santa Al-leanza che la diplomazia multilaterale si istituzionalizza, per divenire, seppur ov-viamente in maniera graduale ed alter-na, elemento costante delle relazioni internazionali. L'art. 6° del trattato di Parigi del 20 novembre 1815, firmato da Gran Bretagna, Austria, Prussia e Rus-sia, puntualizza i capisaldi di cosa si debba intendere con il concetto di mul-tilateralità. Esso recita: « come obiet-tivo di garantire e facilitare l'esecuzione del presente trattato e di consolidare le
relazioni reciproche che uniscono i no-stri quattro stati sovrani, per la prospe-rità della comunità internazionale inte-ra, le parti contraenti stabiliscono di procedere con continuità, sia sotto gli auspici diretti dei rispettivi sovrani, sia sotto gli auspici dei rispettivi ministri, a riunioni con lo scopo di approfondire i reciproci interessi comuni e per l'esame di azioni comuni che, in caso di neces-sità, saranno considerati più confacenti per il benessere e la prosperità dei po-poli e per la salvaguardia della pace in Europa »6.
Lo sviluppo industriale dell'800, con la creazione di reti ferroviarie internazio-nali, di nuovi strumenti di comunica-zioni tra gli stati, di strade, di prote-zione dei marchi industriali, ecc., porta alla necessità della creazione delle pri-me unioni amministrative internazionali, i cosidetti Bureaux, cioè ad associazioni cui possono aderire tutti gli stati ed a carattere permanente, sorte con lo sco-po di dar vita ad una cooperazione fra i membri nei diversi settori di loro in-teresse (difesa, trasporti, igiene, comu-nicazioni, difesa dei prodotti indu-striali).
Tra i primi, sono da ricordare, nella metà del secolo XIX, l'Unione interna-zionale d'igiene di Parigi, l'Unione per la protezione della proprietà industriali e delle opere letterarie ed artistiche di Berna, l'Unione delle telecomunicazioni di Berna, l'Unione postale di Berna, l'Unione per la pubblicazione delle ta-riffe doganali e delle statistiche commer-ciali di Bruxelles, l'Unione idrografica internazionale di Monaco, ecc.
Il cammino verso una maggiore multi-lateralizzazione dei rapporti internazio-nali, si intensifica nel secolo XX attra-verso l'utilizzo, sempre più evidente, delle cosiddette conferenze multilaterali, con la partecipazione dei capi di Stato, diretti protagonisti dell'andamento dei negoziati. Le riunioni del Cairo, di Teheran, di Mosca e di Yalta, che po-sero le basi della futura composizione del mondo nel dopoguerra, e che videro la partecipazione delle principali nazio-ni alleate contro il nazi-fascismo, ne sono l'esempio più significativo.
Ma è certamente negli anni seguenti il secondo conflitto mondiale, che l'orga-nizzazione internazionale assume una
di-mensione di una rilevanza notevole. Dalla fine della seconda guerra mon-diale in poi vi è stato infatti, « un salto qualitativo nell'interesse per i pro-blemi dell'organizzazione internaziona-le »7. A cominciare dall'FMI, dal GATT dalla FAO e dagli organi delle Nazioni Unite stesse, c'è stata una proliferazione di agenzie come I'UNESCO, l'OMS, l'OMM, e piti recentemente I'UNCTAD,
I'UNIDO, oltre a numerosi organismi del-la famiglia delle Nazioni Unite come l'OIL, ecc.
Questa e molte altre organizzazioni in-ternazionali (si pensi al livello euro-peo alla CECA ed alla CEE), costitui-scono un aspetto assai rilevante nella vita della comunità internazionale del dopoguerra; molti dei problemi della comunità internazionale, finora affron-tati singolarmente dagli saffron-tati, e nell'am-bito degli accordi temporali, vengono ora affrontati multilateralmente nell'am-bito degli enti internazionali: gli inte-ressi dei singoli stati devono misurarsi, nell'ambito delle attività degli enti in-ternazionali, con l'interesse collettivo della comunità internazionale stessa.
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È il principio della cooperazione uni-versale che è a fondamento dell'attività degli enti internazionali. E il principio della cooperazione universale è dettato non già e non solo da considerazioni di ordine ideale, bensì' da concrete neces-sità che derivano dalla sempre più stretta indipendenza tra tutti gli stati mondiali.
Da questa necessità trae origine l'atti-vità diplomatica degli enti internazio-nali. Tale attività non sostituisce evi-dentemente, l'attività internazionale in campo diplomatico, degli stati; si affian-ca ad essi per svolgere, attraverso varie modalità d'azione e con l'uso di agenzie ed istituti appositi, un'azione concreta di negoziati a livello internazionale. Una diplomazia nuova che si affianca a quel-la tradizionale degli stati.
Evidentemente occorre però rilevare co-me la diplomazia delle organizzazioni internazionali, si differenzia sotto un profilo generale, dalla diplomazia tradi-zionale. Se infatti gli strumenti usati dalle organizzazioni internazionali nello
Ai tempi de! congresso di Vienna.
stipulare accordi con Stati non facenti parte dell'organizzazione stessa, sono quelli tradizionali impegnati nelle rela-zioni interstatuali (trattati, convenrela-zioni, scambi di note e lettere ecc.), le moda-lità con cui si svolgono i negoziati al-l'interno degli enti internazionali, si differenziano dalla prassi diplomatica tradizionale del negoziati (segretezza) per assumere più le caratteristiche del dibattito parlamentare; le discussioni, infatti, sono pubbliche e, all'interno del-l'ente, possono costituirsi tra gli stati maggioranze e minoranze.
L'espressione diplomazia parlamentare esprime assai bene il tipo di negoziato che avviene all'interno degli stati che compongono un ente internazionale. Essa caratterizza le negoziazioni e di-scussioni che avvengono in organismi internazionali. Si può definire con il termine di diplomazia parlamentare, quel tipo particolare di negoziato mul-tilaterale contraddistinto da quattro aspetti: il primo è l'esistenza di un'or-ganizzazione permanente che inerisca un campo d'azione più ampio di quello che è l'oggetto della controversia imme-diata (in altre parole deve trattarsi di un qualcosa di più che una tradizionale conferenza di stati convocata con il compito specifico di derimere una
de-terminata questione); il secondo è con-nesso con la possibilità di poter svolge-re un dibattito pubblico, cui possono assistere i rappresentanti dei mezzi di comunicazione di massa (giornali, radio, televisione); il terzo è l'esistenza di un regolamento interno che fissi le regole entro cui deve svolgersi il dibattito; infine, quarto aspetto, la possibilità di dar vita ad una decisione finale, gene-ralmente con una formula di risoluzione e presa con un voto maggioritario8. L'esempio delle Nazioni Unite, che riconosce a ciascun membro dell'assem-blea generale, un voto, e in cui le deci-sioni dell'assemblea generale nelle que-stioni di fondamentale importanza sono prese a maggioranza dei membri pre-senti e votanti, è assai significativo di cosa si debba intendere con il termine di diplomazia parlamentare, anche se, come è noto il diritto di veto delle cin-que grandi potenze al Consiglio di sicu-rezza, pone alcune potenze in posizione di arbitro in relazione alle decisioni da adottare.
L'attività diplomatica delle organizza-zioni internazionali, si può esplicare in diverse direzioni. Innanzitutto nei con-fronti dei propri membri. Tale prero-gativa deriva all'organizzazione gene-ralmente dallo statuto stesso, nel quale
sono anche indicati gli organi dell'ente che hanno capacità giuridica a stipulare tali accordi.
Vari possono essere gli accordi che l'ente esplica nei confronti degli stessi membri. In particolare occorrerà ricor-dare quelli relativi agli accordi di sede, per la definizione degli aspetti connessi all'apertura di sedi dell'ente, o di una sua agenzia, nonché per la definizione dello status dei funzionari che in essa lavoreranno. Tra l'ente ed i membri possono intercorrere accordi in rela-zione alla concessione di prestiti, aiuti finanziari. Evidentemente essi potranno essere concessi a determinate condizio-ni, previste appunto dallo statuto del-l'ente stesso (tra i casi più recenti si può ricordare a questo proposito la recente concessione del prestito del FMI all'Italia (Fondo monetario inter-nazionale) e condizionato ad una let-tera ad intenti a carattere economico e monetario che il Governo si impegnava a rispettare nel prossimo futuro). Que-sto ed altri esempi analoghi, che hanno suscitato enormi ripercussioni nel di-battito politico italiano ed internazio-nale, è la prova più evidente della rile-vanza sulla scena internazionale ed interna degli atti degli enti interna-zionali.
Di notevole interesse, anche se non im-mediatamente rilevanti sulle relazioni internazionali, gli accordi che gli enti possono stipulare fra di loro. In parti-colare occorre ricordare quelli tra le Nazioni Unite e gli istituti specializzati operanti nel suo ambito. Generalmente, tali accordi, al di là dei singoli aspetti tecnici, sono stipulati per giungere ad un coordinamento tra l'azione svolta dalla segreteria generale dell'ONU e quella svolta dagli istituti specializzati. Anche per altri enti si prospetta la pos-sibilità di stipulare vicendevolmente degli accordi che, spesso, come nel caso delle recenti e tuttora in corso trattative tra CEE e COMECON, possono assumere rilevanze fondamentali sulla scena delle relazioni internazionali.
Discorso a parte, ma che esula dai fini del presente lavoro, meriterebbe poi la trattazione dei cosiddetti atti unilaterali degli enti internazionali.
Infine, ma non certo in ordine d'impor-tanza, occorre parlare dell'azione che gli
enti svolgono, sulla scena delle relazioni internazionali, nei riguardi degli stati terzi, cioè non facenti parte dell'ente stesso. Essi possono riguardare diversi aspetti connessi all'attività dell'ente (problemi di sede, di funzionari) e si esplicano attraverso l'uso dei normali strumenti impiegati nelle relazioni inter-statuali.
Significativa può essere la ripercussio-ne, sulla scena internazionale, dell'ac-cettazione, nell'ente di determinati stati (si pensi all'accettazione nell'ONU, in qualità di osservatori dei rappresentanti dell'organizzazione della Palestina libera OLP); anche questo è certamente un modo importante di influire sulla scena diplomatica internazionale.
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Ma vi è un altro campo in cui si pro-spettano interessanti novità in tema di relazioni esterne degli enti internazio-nali. Finora si è messo in rilievo come gli enti internazionali possono svolgere, in favore della comunità internazionale, tutta una serie di attività esterna — di rapporti diplomatici — che esigono ac-cordi non solo piti bilaterali, tra stato e stato, ma che comportano decisioni assunte collettivamente da più soggetti internazionali, e che appunto solo l'ente internazionale è in grado di svolgere. Si vuole ora sottolineare un altro aspet-to connesso alla funzione degli enti in-ternazionali nel campo delle relazioni tra i membri della comunità internazio-nale: esso è quello relativo ai rapporti che già oggi, in special modo nella CEE, avvengono non già solo reciproca-mente tra i governi degli stati membri con gli organi comunitari, bensì' anche tra enti interni territoriali degli stati membri. Nell'ambito della CEE, infatti, già ora si assiste alla formazione di rap-porti più o meno organici e stabiliti, tra enti locali territoriali degli stati membri, quali le Regioni italiane, e organi comu-nitari, nonché a rapporti diretti tra enti locali delle diverse nazioni membri della CEE stessa.
Si può configurare in questi rapporti una sorta di rapporti internazionali? In tal caso quale configurazione giuridica, oltre che politica, essi potrebbero assu-mere?
L'argomento, va da se, può offrire in-numerevoli spunti di discussione. Con-viene però, data la novità della que-stione e l'ancora relativa indetermina-tezza del quadro politico e normativo entro cui si muove chi si avventura su tale terreno, attenersi ai dati odierni della questione, piuttosto che ipotiz-zare soluzioni future per altro assai in-certe.
Occorre innanzitutto, nel parlare di questo tipo di rapporti, spiegare esatta-mente in che cosa consistono e come si siano originati. Si fa qui di seguito spe-cifico riferimento alla situazione italia-na, in quanto, per ognuno dei nove stati membri della CEE, occorrerebbe fare un discorso diverso, essendo infatti diverse le articolazioni degli enti locali europei. Le Regioni italiane, nell'emanare nor-me giuridiche nelle materie rientranti in quelle previste dall'art. 117 della nostra Costituzione, esprimono una scel-ta politica che può avere ripercussioni esterne. Si pone dunque il problema se sia ipotizzabile una dimensione inter-nazionale dell'Ente regione. Come è noto, la Corte costituzionale, con la sen-tenza numero 170 del 1975, richiama-ta anche recentemente da una circolare della presidenza del consiglio dei Mi-nistri ai Presidenti delle Giunte e dei