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3. LA RIVOLUZIONE ESTETICA

3.2 L’interesse del XVIII secolo nel Gothic Revival

3.2.1. Il Celtic Revival

Gli antiquari della seconda metà del XVIII secolo collegavano la costruzione psicologica dell’esperienza del sublime, alle caratteristiche dello spaventoso e del terrore, perfettamente evocati dal contatto con l’elemento del sovrannaturale. Applicato in poesia, questo schema si tradusse nelle composizioni sepolcrali dei

graveyard poets,151 che a loro volta furono ampiamente influenzati dalla pubblica- zione del primo esempio di poesia ‘antica’ autoctona. Il ruolo del presunto ritrova- mento di un manoscritto di poesia celtica ad opera del letterato scozzese James MacPherson († 1796) fu di indubbio impatto nella riscoperta della poesia primitiva all’interno del panorama culturale inglese coevo.152

Il sentimento di interesse letterario causato dalla pubblicazione dei Fragments of Ancient Poetry collated in the

Highlands of Scotland and translated from Gaelic or Erse Language (1770), che

rappresentarono il primo esempio di produzione poetica capace di fornire al lettore una prova tangibile delle dissertazioni filosofiche sul Sublime, subì un ulteriore processo di estensione ricettiva viste le conseguenti discussioni sull presunzione di autenticità dell’opera (Omberg 1976: 26).

Alla tradizione culturale inglese settecentesca fu possibile avvicinarsi i temi e alle immagini letterarie antico nordiche, grazie alla capacità di MacPherson di recuperare le forme poetiche celtiche, ancora viste come distensioni della cultura germanica, in modo più o meno affidabile ma estremamente originale, e di renderle apprezzabili dal pubblico del XVIII secolo. In questo modo, le antiquities norrene, pur descritte in aperto contrasto con la cultura autoctona celtica, divennero patrimonio della popo- lazione inglese in grado di leggere, anche per merito della possibilità di fruire di nuove immagini mitiche e leggendarie, reperibili e conosciute dagli antiquari inglesi, che vi potevano fare riferimento in modo scientifico, diversamente dagli elementi forniti dalla cultura celtica antica. Sebbene la maggior parte degli antiquari avesse

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Poetica che ebbe origine, durante il XVIII secolo, dallo sviluppo di un gusto letterario e una sensibilità patetica nei confronti della morte, del sonno e della notte, con la presenza di spunti di compiacimento macabro. Lo stesso Thomas Gray, accomunato dalle immagini e dalle riflessioni sulla fugacità dell’esistenza espresse nella Elegy written in a Country Churchyard (1751), fu associato alla poetica della ‘scuola sepolcrale’.

152 Il poeta scozzese James MacPherson poteva essere accostato solo in parte a questo tipo di poetica, giacchè l’intento delle proprie opere consisteva nella nobilitazione della poesia bardica rispetto al canone classico dell’epica mediterranea. Pur recuperando alcune delle tematiche sepolcrali, coma la visione di spettri, di tombe in rovina, di lugubri paesaggi nottuni delle Highlands, l’autore collaborava alla costruzione dell’ambientazione epica che verrà sviluppata in seguito dai poeti preromantici.

consapevolezza della differenza tra Celti (e relativa tradizione) e cultura germanica, il termine gotico era ancora utilizzato in letteratura nella denotazione di caratteristiche generalmente di origine non romana (Kliger 1952: 84-5), arrivando spesso ad estendersi alla definizione di civiltà celtica.153

Il XVIII secolo sviluppò a questo proposito un interesse culturale nei confronti dell’eredità druidica inglese, per cui fu possibile operare a una serie di similitudini all’interno del processo di translatio culturale che si era già sviluppata, nel secolo precedente, a partire dalla tradizione classica verso l’illuminismo gotico.

All’interno del cambiamento etico-culturale caratteristico della società inglese del XVIII secolo, l’idea di un’innata elevazione morale dei druidi (considerati alla stregua dei Greci per quanto riguardava la saggezza e l’affezione alla libertà) emerse all’interno della cultura illuminista come la traduzione in territorio inglese delle caratteristiche dei popoli nordici. Inoltre, registrate le conseguenze della Rivoluzione Francese, l’interpretazione riguardo la caratteristica autonomia celtica si risolse attorno all’idealizzazione della civiltà precristiana inglese, unicamente corrotta dall’egemonia delle tradizioni mediterranee (Kliger 1952: 86).

A questo proposito, l’opera dell’antiquario inglese William Stukeley († 1765)

Stonehenge (1740) rivelava in Inghilterra la presenza di un cristianesimo indigeno di

qualità superiore e più autentico rispetto a quello imposto dalle missioni del VI secolo, che veniva praticato dai druidi ben prima della dominazione romana: l’autore concludeva che il druidismo poteva, infatti, rappresentare una religione autoctona di stampo cristiano antecedentemente costituita rispetto al Papato (Kliger 1952: 87).

Nel saggio di Omberg (1976: 26-8), i poems redatti da MacPherson potevano essere definiti come elementi strumentali al risveglio di interesse del canone lette- rario inglese nei confronti del patrimonio culturale antico scandinavo. Nello speci- fico, l’opera dell’autore scozzese funse da ispirazione sia nella redazione delle Norse

Odes di Thomas Gray, sia per la più ampia opera traduttiva di Thomas Percy, Five Pieces of Runic Poetry, simboli tardo ottocenteschi dell’avvenuto revival goticista in

campo letterario.154

L'opera di MacPherson adattò sapientemente numerosi stereotipi e temi della cultura tardo settecentesca, come l'esaltazione della virtù guerriera cavalleresca e il mito della bontà originaria dell'uomo (rintracciabile in Rousseu), rispetto alla tradizione celtica e, per estensione, gotica. Inoltre, la novità dell'opera consisteva nella narrazione di una società primitiva, di una natura selvaggia, verso le quali il mondo moderno poteva guardare con malinconia, esaltata da un linguaggio figurati- vo spettrale, ereditato dalla poesia sepolcrale e dal sentimentalismo europeo. Nonostante la realtà leggendaria creata da MacPherson avesse come referente il mondo celtico, infatti, non mancava nella sua opera un continuo e critico riferimento

153 Per esempio, Alexander Pope, nel Temple of Fame, confonde esplicitamente i Goti dagli Sciti e la tradizione mitologica nordica da quella druidica (Kliger 1952: 85). 154 Cfr, Cap.4.

alla controparte scandinava. I poemi ossianici rappresentarono uno dei primi esempi di descrizione delle tradizioni culturali, letterarie e religiosi di quei popoli che i moderni definivano ‘vichinghi’, sottolineandone la profonda diversità, ancora stereo- tipata dall’erudito settecentesco, rispetto alla coeva cultura celtica.

La pubblicazione dell’opera di MacPherson scatenò, inoltre, un'immediata disputa sulle affermazioni letterarie e politiche dello stesso autore, che sosteneva che l'origine scozzese del materiale di cui era in possesso, causando un profondo osteggiamento da parte degli storici irlandesi.

L’anno successivo, MacPherson sostenne di essere entrato in possesso di un ulteriore manoscritto di poesia epica, sempre ad opera del bardo Ossian, che trattava delle avventure dell’eroe Fingall, e che venne pubblicato con il titolo The Works of

Ossian nel 1765. I presunti poemi originali furono, anche in questo caso, tradotti in

prosa poetica, ovvero, attraverso frasi semplici e brevi, che pur fornendo alle opere uno stile epico, mancava di una narrazione unitaria. Nella fattispecie, l’opera che fu maggiormente capace di fornire informazioni, gran parte delle quali scorrette, sulla tradizione religiosa scandinava fu Temora, an Ancient Epic Poem in Eight Books:

Together with Several Other Poems Composed by Ossian, the Son of Fingal, Translated from the Gaelic Language, by James MacPherson (1763). In questo caso,

l’autore sembrava voler deliberatamente mal rappresentare le informazioni codificate dall’opera di Mallet: la mancanza di una reale disposizione tirannica di Fingal, viene descritta e sottolineata in contrasto con la ferocia e la violenza delle rappresentazioni riguardanti i guerrieri scandinavi; suggerite all’autore scozzese dalla descrizione della natura guerrafondaia nella Introduction di Mallet (Omberg 1976: 29). Le popolazioni scandinave venivano, inoltre, connotate di una sostanziale mancanza di civilizzazione, socialità ed educazione, a differenza della condizione culturale del contemporaneo popolo britannico.

In linea generale, dunque, il programma di riscoperta culturale nei confronti della poesia antica ebbe origine dalla produzione letteraria, originale o meno, della Scozia: considerando l’estrema fama raggiunta da questo tipo di opere anche oltre i confini nazionali, sottolineare un legame di familiarità con i frammenti poetici divenne una prerogativa patriottica, oltre che letteraria. Anche per queste ragioni, l'autore scoz- zese Hugh Blair († 1800) sosteneva l'autenticità dell’opera di MacPherson, soprat- tutto nell’opera a carattere difensivo A Critical Dissertation on the Poems of Ossian (1763).155 Inizialmente, l’autore si soffermava sulla descrizione delle popolazioni scandinave come nemiche dei Celti scozzesi; concludendo che sebbene i Goti, termine con cui universalmente venivano definite le diverse etnie provenienti dalla Scandinavia, possedessero le caratteristiche marziali e feroci descritte dall’opera, non mancavano di figure istruite al pari dei bardi, gli scaldi, in grado di fornire un continuo paragone culturale con la tradizione celtica e indigena inglese (Omberg

155 Il saggio, a partire dal 1765, fu incluso in ogni edizione delle presunte opere di Ossian come garanzia di credibilità.

1976: 31). La naturale competizione che scaturì tra poesia scandinava antica e le composizioni poetiche di Ossian, portò Blair a tradurre una vasta porzione del poema epico di Ragnar, in modo tale da fornire al pubblico inglese un esempio di poesia antico nordica con l’intenzione di sottolinearne l’inferiorità rispetto al genio autoctono inglese. Le due culture, germanica e celtica, che fino alle pubblicazioni di Percy risultavano appartenere al gruppo etnico gotico, erano dunque formalmente diverse sotto la prospettiva della composizione poetica.

A questo punto, coerentemente alla divisione culturale delle tradizioni di riferimento, è possibile concludere che Blair si discostasse dal dogma illuminista che vedeva l’uguaglianza di società diverse allo stato di Natura: di fatti, la produzione culturale celtica tramandata da Ossian e redatta da MacPherson rappresentava un sentimentalismo ben diverso dalla poesia scaldica ad essa coeva (Rix 2009: 208).

Allo stesso modo, Lord Kames negli Sketches of the History of Man (1774), oltre a sostenere la teoria antropologica che giustificava le differenze razziali sulla base dei diversi ambienti geografici, argomentava che la forza e il vigore della poesia scandinava era strettamente dipendente dalle caratteristiche marziali delle popola- zioni che la redigevano. Persino la figura degli scaldi venne investita, grazie anche alla prefazione al Five Pieces di Percy, di un ruolo funzionale all’assetto militare della società: essi dovevano seguire il re anche in battaglia, in modo tale da poter tramandare le relative gesta eroiche ai posteri (Omnberg 1976: 120).