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3. LA RIVOLUZIONE ESTETICA

3.1. Il passaggio da classicismo a goticismo

3.1.1 Il culto settecentesco del Sublime e del Primitivo

Fino a questo momento, ci si è soffermati sulle possibili ragioni per cui la poetica del XVIII secolo tendeva a evidenziare impulsi contrari allo sviluppo delle idee estetiche neoclassiche: il crescente interesse nell’emozione alla base della costruzione della nuova struttura estetica e poetica, unito alla prominenza del ruolo dell’immagina- zione come reazione all’atteggiamento razionalistico caratteristico del secolo, divennero gli elementi rappresentativi del progresso di una nuova forma mentis.

Secondo l’opera di Omberg (1976: 62-6), contrariamente alle spinte cosmopolite che ambivano a una sorta di livellamento culturale all’insegna dell’eurocentrismo di matrice classica, il XVIII secolo vide lo sviluppo di una tendenza estetica che si poneva in aperto contrasto rispetto al canone tradizionale, e che veniva definita contemporaneamente tanto dagli storici, quanto da filosofi e artisti.131 Il nuovo orientamento estetico previde anche lo sviluppo di un atteggiamento di sperimen- tazione nella composizione lirica per cui il declino del distico eroico come forma metrica dominante, fu sostituito dall’ascesa della strofa, in particolare spenseriana. Gli esperimenti poetici erano di fatto funzionali all’introduzione in poesia dei nuovi temi e delle nuove immagini legate al mondo norreno: in una struttura estremamente rigida e composta non era coerente inserire la simbologia e le figure retoriche utilizzate dalla poesia scaldica e dalla tradizione antico nordica in generale.

Il XVIII secolo vide l’espressione di una serie di nuove idee e immagini che, una volta preparato il terreno per l’accettazione da parte del pubblico lettore, divennero rappresentative del gusto contemporaneo. Per esempio, il nuovo grande tema del Sublime che fu sviluppato dai letterati nel corso del secolo, venne investito di una distintiva funzione nel processo di cambiamento del canone estetico inglese: a tal proposito, le descrizioni di grandi e terribili passioni che scaturivano dal contatto con esperienze estreme e, spesso, legate alla Natura, collaboravano al distaccamento del-

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Quasi contemporaneamente alla teoria sul Sublime fornita da Edmund Burke nel 1757, i poeti Edward Young (1759) e Joseph Warton (1756) sostenevano il primato dell’immaginazione nella composizione poetica (diversamente dal neoclassicismo per cui era fondamentale il rispetto degli stilemi e delle regole). Inoltre, letterarti coevi, come Richard Hurd e Thomas Warton, sostenevano la superiorità delle risorse gotiche (o non classiche), nella ricerca di materiale poetico che si distaccasse dall’ormai decadente letteratura canonica.

la cultura inglese dal canone di bellezza, proporzione e perfezione neoclassica in favore degli elementi tradizionalmente associati con atteggiamenti e caratteri riscontrati nella letteratura nordica antica. Una caratteristica importante del Sublime fu la possibilità di essere esteso a emozioni come il terrore, che scaturivano dall’in- contro dell’uomo con elementi oscuri e sconosciuti.

Nel The Grounds of Criticism in Poetry (1704), ancora John Dennis argomentava, non soltanto l’importanza del ruolo del sentimento del terrore nella complessa percezione del Sublime, ma anche, che esso fosse prinicipalmente prodotto dal contatto dell’uomo con l’elemento del Sovrannaturale, e dunque, anche dalla religione (Omberg 1976: 63).

In collaborazione alla contemporanea ricezione delle teorie di Burke, l’esperienza del Sublime, legata ad ambientazioni oscure, poco conoscibili o comprensibili dal raziocinio umano, divenne la condizione ideale per stimolare la creatività e l’originalità poetica. In questa temperie culturale, i valori gotici rientrarono nel dominio del Sublime, soprattutto a partire dalla rivalutazione del romanzo ‘gotico’ e cavalleresco come risorsa legittima di ispirazione poetica ad opera, p.es, di Hurd (1762). Uno degli argomenti dell’autore a sostegno che alcuni caratteri romanzeschi fossero una fonte di ispirazione lirica, si affidava alla auctoritas di autori inglesi - quali Shakespeare e Milton - che utilizzarono alcuni elementi goticheggianti (come il ricorso alla magia, a incantesimi e alle creature leggendarie di elfi, spiriti e mostri) nella stesura delle proprie opere, fino a sostenere apertamente la superiorità del

Gothic rispetto al canone classico.132 Nonostante l’entusiasmo di Dennis nel sostegno del ruolo della religione come mezzo di esperienza del Sublime, la classe poetica della prima metà del XVIII secolo tendeva a concentrarsi, piuttosto che sulla qualità del sovrannaturale, sulle caratteristiche delle società umane e sul rapporto tra indivi- duo e Natura (Omberg 1976: 66). Tra il canone augusteo e la poetica preromantica, il poeta contemporaneo si trovava a dover decidere se utilizzare le immagini del sovrannaturale nell’acquisizione di maggiore carica immaginativa, oppure seguire le prerogative del pensiero scetticista, civilizzato e moderato di origine borghese, gra- dualmente sovrastato dal primitivismo scozzese, che sosteneva l’adozione della semplicità e del genio locale a discapito del rigido background normativo.

Questo problema fu ampiamente affrontato da Omberg (1976: 67-76), secondo cui la ‘macchina’ del sovrannaturale era in grado di attrarre gran parte dei poeti settecen- teschi, che la utilizzarono nella composizione di parafrasi ai testi antichi, nel tentati- vo di fornire originalità alle poesie, ed era molto spesso associata alle figure leggen- darie e alle ambientazioni caratteristiche della mitologia nordica antica. L’assunzione di elementi magici e straordinari veniva solitamente utilizzata in stretta correlazione

132 Omberg (1976: 65) riporta un estratto delle Letters on Chivalry and Romance di Richard Hurd, per cui: «The facies of our modern bards are not only more gallant, but, on a change of the scene, more sublime, more terrible, more alarming, than those of the classical fablers. In a word, you will find that the manners they paint, and the superstitions they adopt, are the more poetical for being Gothic.».

a temi marziali e militari, al fine di elaborare e veicolare una continua atmosfera di terrore. La concentrazione da parte dei poeti moderni sulla combinazione tra il tema dell’eroismo dei popoli nordici e l’elemento sovrannaturale fu dovuta alla diffusione delle opere di Temple,133 Percy, Gray e MacPherson; i quali, oltre ad insistere sui temi caratteristici della mitologia norrena, ebbero il merito di ampliare i confini della ricezione riguardo alle traduzioni inglesi (redatte dagli esempi in latino operati dai secoli precedenti) dei testi che appartenevano alla letteratura antico islandese.

All’interesse moderno per il terrore sovrannaturale, al quale è possibile reagire solo attraverso un comportamento eroico, il XVIII secolo aggiunse una sorta di predi lezione nei confronti dei racconti che trattavano di descrizioni macabre, sanguinarie e in diretta relazione con la morte, riscontrabili nel coevo Gothic romance, a sostegno del desiderio di escapismo dalla realtà borghese, meccanicistica e pragmatica della quotidianità settecentesca (Omberg 1976: 76).

L’adozione di una struttura letteraria che trasmettesse un pathos più marcato rispetto alle emozioni trasmesse dal novel,134 come la poesia, fu strumentalizzata dagli autori moderni in modo proporzionale alla necessità di evadere dall’alienazione del mondo moderno. Alla luce di ciò, è comprensibile come l’eroe nordico di mag- giore interesse per il pubblico inglese del XVIII secolo fosse Ragnarr Loðbrók (dall’an. «calzoni villosi»),135

che riassumeva nel proprio personaggio le caratte- ristiche del sovrannaturale, del terrificante e dell’eroismo davanti alla morte (Omberg 1976: 79-80). L’associazione tra forza, libertà personale e romanzo cavalleresco, che confluì, nell’immaginario inglese settecentesco, nel termine universale ‘gotico’, assunse un ruolo fondamentale nella percezione della tradizione culturale scandinava e nell’idealizzazione del passato nordico inglese da parte della società moderna.

Un necessario chiarimento sul tema dello sviluppo del gusto primitivista nel panorama culturale del XVIII secolo, ha origine dalla distinzione, ad opera dell’in- tellettuale Arthur O. Lovejoy (1935: I) tra primitivismo cronologico e culturale.136

Secondo l’autore, il primitivismo cronologico rilevava il punto di vista essen- zialmente storico per cui lo stato di Natura rappresentava la fase di semplicità e genuinità dell’uomo, e che sviluppava i temi corollari all’impossibilità, per una società civilizzata e progredita, di non degenerare se troppo distaccata dalla condizio-

133 È stato già sottolineato come le strofe in latino di Temple illustrassero la qualità eroica del perso-naggio antico nordico Ragnarr Loðbrók, che riassumeva la forza d’animo dell’uomo nordico che non temeva la morte perché aveva vissuto secondo rigidi principi etici e morali.

134 Il genere del novel nasce, infatti, in questo periodo e viene definito come il ‘genere della borghesia’, in cui il protagonista, in linea con un sistema di valori moderato e pragmatico, riesce sempre ad ottenere ciò che vuole.

135 Si trattava di una figura semileggendaria del re che avrebbe regnato su Svezia e Danimarca durante la seconda metà del IX secolo, al quale vengono accreditate le politiche espansionistiche che videro l’incremento delle spedizioni vichinghe.

136 In Prolegomena to the History of Primitivism, in Primitivism and Related Ideas in Antiquity, Vol.1 di A Documentary History of Primitivism and Related Ideas, ed. Lovejoy e Boas, Baltimora.

ne di Natura (Omberg 1976: 108). In modo leggermente diverso, il primitivismo culturale nasceva dalla percezione emotiva e nostalgica rispetto alle epoche passate della contemporanea società umana, alle quali l’individuo moderno ambiva in seguito alla disillusione e all’insoddisfazione percepite in un momento storico troppo sofisticato e urbano.

A fronte di ciò, il XVIII secolo tradusse quest’ultimo all’interno della propria poetica, sia come un sentimento di nostalgia verso la vita rurale e semplice legata alla Natura, sia come la continua ricerca di spinte emozionali legate alla sopravvivenza fisica e morale in ambienti antagonisti. Inoltre, in concomitanza alle teorie ambientali sulla costruzione dell’identità di una nazione, i popoli del Nord, che provenivano da aree climatiche difficili, rappresentarono il correlativo di questo secondo esito di primitivismo culturale, che implicò da un lato, l’associazione di una serie di caratteristiche virili alle società che ne derivavano, dall’altro, una generalizzata per- cezione di spontaneità e originalità delle produzioni testuali (Omberg 1976: 108-9).

L’associazione delle qualità nordiche alla percezione identitaria inglese fu funzio- nale al periodo storico di continue guerre che viveva l’Inghilterra,137

per cui la società soffriva, probabilmente, anche della preoccupazione riguardo alla difesa dei confini nazionali, nei confronti della quale l’ascendente classe egemone borghese rispose in letteratura con la costruzione dell’origine mitica, e unica, della Englishness (Omberg 1976: 112).138 In modo più specifico, la spontaneità e l’approccio semplice alla vita quotidiana (un’altra qualità caratteristica delle società primitive), fu associata ad una naturale inclinazione alla composizione poetica da parte della ricezione del XVIII secolo. Gli stereotipi identitari delle élite commerciali dell’epoca manifestavano una crescente adesione all’identificazione con certi caratteri esemplari riconoscibili nelle culture più antiche della Scandinavia intimamente legate alla storia medioevale inglese. In particolare, si riconoscevano a quelle culture i tratti di un primitivismo particolarmente interessante alla riflessione antiquaria ed estetica settecentesca, come la convinzione dell’innato talento poetico promosso come ‘genio originale’ alla base della società moderna.139

A sostegno della convinzione che la mancanza di regole e convenzioni stilistiche, per lo meno classiche, fosse particolarmente funzionale all’espressione poetica, Hugh

137 La seconda metà del XVIII secolo vide la lotta di supremazia Francia e Inghilterra nella Guerra dei Sette Anni (1756-63), oltre che la Guerra d’Indipendenza Americana (1775-83), e la Guerra contro Napoleone (1793-1815).

138 L’espansione manifatturiera e commerciale dell’Inghilterra durante la prima metà del secolo, diede contemporaneamente adito sia alla discussione filosofica sugli effetti corruttivi dello sviluppo economico (e quindi del benessere materiale sulla morale della popolazione), sia alla difesa del pro-gresso commerciale attraverso le moderne teorie liberiste, frazionando ulteriormente l’opinione pub-blica del Paese, che già si trovava ad affrontare il continuo paragone tra passato e presente nazionale.

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L’interesse nel primitivismo culturale si concentrava attorno a questioni di gusto, vista la funzione propagandistica all’interno del processo borghese di costruzione identitaria, piuttosto che sulla reale convinzione di una presunta superiorità delle società primitive su quelle moderne.

Blair sosteneva nel Critical Dissertation (1763) che «[…] that state of human nature shoots wild and free, though unfit for other improvements, certainly encourages the high exertions of fancy and passion […]» (Omberg 1976: 118) Nello specifico, la tradizione goticista combinava gli elementi di interesse precedentemente trattati dalla tradizione antiquaria, che confluirono nel XVIII secolo nell’idealizzazione di un passato nazionale eroico per via degli insediamenti vichinghi del Nord in Inghilterra.

La testimonianza della superiorità della civiltà arcaica inglese rispetto alla decadenza della tradizione classica, oltre che ad alcuni tratti di quella moderna, fu conseguente alla scoperta e alla diffusione delle reliquies letterarie, ricche di spontaneità ed elementi immaginifici, che si facevano portavoce di un periodo aulico in cui il genio poetico locale non era ancora stato sottomesso dalle convenzioni testuali del canone classico (Omberg 1976: 123).