• Non ci sono risultati.

4. LA RICEZIONE CULTURALE NORRENA IN INGHILTERRA

4.1. Il progetto culturale di Thomas Percy

4.1.1. L’impatto delle Northern Antiquities

Negli ultimi decenni del XVIII secolo, fu gradualmente possibile rilevare lo sviluppo della convinzione che vedeva la poesia norrena come «fons et origo» (Clunies Ross 1998: 42) della cultura letteraria europea, così come della politica, delle leggi e delle società moderne, per cui la strumentalizzazione estetica delle informazioni antiquarie trasmesse dai secoli precedenti si dimostrò funzionale. Questa forma mentis fu adottata soprattutto a partire dalla ricezione della traduzione in inglese delle opere di Mallet a cura di Percy dal titolo Northern Antiquities: or a Description of the

Manners, Customs, Religion and Laws of the Ancient Danes including those of our own Saxon Ancestors (1770).199 Il lavoro rappresentava il più vasto assemblaggio di materiale norreno mai pubblicato in lingua inglese, includendo, oltre ad alcuni esempi di ‘poesia runica’ (scil. Runic Poetry) precedentemente inseriti nelle Five

Pieces, la versione latina dell’Edda in prosa (1746) a cura di Göransson.200 La deci- sione di aggiungere nel suo secondo volume la versione latina edita dallo studioso scandinavo contribuiva a fornire all’opera, oltre che la qualità di accuratezza ri- cercata dall’autore, la possibilità di integrare l’opera di Mallet, pensata per il pub-

197 La versione latina dell’Edda di Snorri ebbe un’influenza profonda nella ricezione inglese delle antichità scandinave.

198 Era pratica comune di autori inglesi (come Sheringham) e scandinavi (come Worm), la redazione in caratteri runici, come vezzo estetico alle proprie edizioni, di alcune parti di manoscritti antico islandesi redatti in latino (Rix 2009: 220).

199

La decisione di Percy di tradurre il lavoro di Mallet aveva avuto origine soprattutto dalla volontà di fornire al pubblico una prima introduzione delle usanze, della mitologia e della letteratura antico nordica, in linea con la moda settecentesca di apprezzare le caratteristiche legate alle culture primitive (Omberg 1976: 47).

200

Secondo Clunies Ross (1998: 78), considerevoli parti della prima traduzione dell’Edda di Snorri, a cura di Resen (1665), vennero utilizzate sia da Mallet che da Percy. La ricezione moderna ebbe, così, a disposizione un’ulteriore fonte bibliografica appartenente alla generazione del secolo precedente. Cfr, Cap. 1.1.2.

blico francese. Inoltre, non essendo soddisfatto delle informazioni veicolate da Mal- let, Percy aggiunse una serie di note esplicative e di correzioni al testo (Wawn 2000: 26). La lunga prefazione, che rappresentava il contributo editoriale più ampio di Percy, era principalmente votata alla correzione dell’associazione etnica tra Goti e Celti definita dall’antiquario svizzero. L’opinione di Mallet venne analizzata e cri- ticata sulla base dei documenti che testimoniavano la totale diversità dei due gruppi etnici per quanto concerneva la religione, le tradizioni e la lingua (Omberg 1976: 50). Infine, l’opera procurava al pubblico inglese settecentesco un’ampia quantità di letteratura antico islandese tradotta, un’antologia sulla storia della Danimarca,201

e una serie di rimandi bibliografici alla tradizione precedente, valorizzandone le pos- sibilità di fruizione da parte di un uditorio vasto ed eterogeneo. La pubblicazione dei titoli dei testi e degli autori, cruciali alla comprensione dell’influenza scandinava nella società inglese contemporanea e allo sviluppo di una competenza filologica, rappresentò lo strumento con cui, nella successiva epoca vittoriana, il popolo inglese ricollegava la propria identità all’eredità vichinga (Wawn 2000: 27). Le argomen- tazioni di Mallet e Percy, oltre a risultare strumentali alla convalida di una nuova gerarchia di valori applicati in questo secolo tanto alla politica, quanto alla sociale, influirono considerevolmente anche nella diffusione della poesia nordica antica all’interno della cultura britannica di fine secolo (Clunies Ross: 1998: 42).

L’introduzione di elementi scandinavi nella poesia inglese rappresentava, infatti, la risposta erudita alla necessità di nuove risorse poetiche e culturali anche nel processo di definizione della nuova ‘identità borghese’ (Omberg 1976: 46): nello specifico, la letteratura norrena forniva una serie di temi e immagini di grande ispirazione poetica, che fu sviluppata dal nuovo apparato letterario anche in con- comitanza del relativo apprezzamento della mitologia, al fine di sottolineare la profonda differenza culturale della classe sociale recentemente costituita rispetto all’aristocrazia, pur mantenendo la volontà di trovare una convalida gotica al processo di costruzione dell’identità nazionale.

Seguendo l’ordine degli argomenti trattati da Mallet, Percy apriva la propria opera con la descrizione della mitologia norrena a partire dal leggendario arrivo di Odino e degli Asi in Scandinavia dall’Asia Minore202 (Northern Antiquities, I, 88-9). Inoltre, trattando delle credenze antico nordiche, Percy affrontava un topos ricorrente nella definizione dell’eroe nordico da parte del pubblico inglese. Nella fattispecie, il desiderio che rendeva […] all the inhabitants of the North of Europe intrepid, and

201 Nella fattispecie, il manoscritto presentava due capitoli sulla storia antica della nazione, quattro sulla religione e sulle tradizioni culturali, e uno sulla politica (Wawn 2000: 26).

202 Sulla base del resoconto di Snorri Sturluson (Faulkes: 1982: 3-6) Odino e la sua popolazione, a seguito della disfatta degli Sciti ad opera delle legioni imperiali romane, migrarono nel Nord Europa e si stanziarono in Scandinavia. Secondo Mallet e Percy, alle tribù locali si presentarono come divinità grazie a qualità ‘civili’ più evolute, motivo da cui ebbe origine la narrazione leggendaria dell’importazione della poesia e della scrittura runica, cfr, Cap. 2.3.1.

which made them not only to defy, but even seek with ardor the most cruel deaths

(Northern Antiquities, I: 120), dipendeva dalla forte convinzione religiosa dell’immortalità dell’anima, per cui in precise condizioni di morte,203

ovvero per coloro che morivano gloriosamente, era possibile avere accesso al Valhöll (dall’an. «sala dei morti in battaglia» una sorta di paradiso degli eroi).204

Un altro dei principali temi affrontati nell’opera di Mallet, e dunque riproposti nella traduzione di Percy, riguardava la seconda qualità distintiva del carattere nordico, ovvero la tradizionale attitudine alla libertà individuale, già preceden- temente presentata nella prefazione dell’opera come pilastro alla base delle istituzioni germaniche che risultavano, a questo proposito, «a form of government dictated by good sense and liberty» (Northern Antiquities, I: li).

Mallet e Percy rilevarono che se in epoca romana fu attuata una politica di repressione dello spirito germanico nelle aree europee conquistate dall’Impero; nell’Europa Settentrionale, in cui la tradizione culturale mediterranea si sviluppò solo a partire dalle prime missioni evangelizzatrici del X secolo, i valori legati all’e- sercizio dell’autonomia personale erano ancora estremamente radicati nella morale della società nordica. Anche per questo motivo, secondo Omberg (1976: 53), la di- struzione dell’Impero romano ad opera delle tribù germaniche assunse un valore simbolico rispetto all’oppressione subita dalle popolazioni che furono obbligate a migrare dalle proprie terre d’origine: secondo lo stereotipo settecentesco, i Goti, per- seguitati dai romani all’epoca di Odino, si riversarono in Europa e collaborarono, oltre che alla creazione di nuove istanze ideologiche, anche al processo di disfaci- mento dell’Impero. Uno dei motivi per cui il carattere nordico era strettamente legato al valore della libertà alla base delle ideologie democratiche, veniva ricollegato, sulla base delle teorie climatiche di Montesquieu,205 alle possibili conseguenze della vita in un contesto ambientale difficile. Lo stereotipo dell’assenza di passione e di una innata rigidità morale nella definizione etnica dei popoli nordici, veicolava l’immagine di un popolo fortemente indipendente e autonomo, poco inclini a tollerare l’applicazione arbitraria di regole e sistemi istituzionali rigidi. Secondo entrambi gli autori, che tramandavano, in un certo senso, il successo del mito goticista nella cultura inglese del XVII secolo, la pratica costituzionale più significativa stabilita all’interno della tradizione scandinava era la possibilità di eleggere i propri re e capi militari attraverso organi assembleari democratici.

Nello specifico, Percy definiva l’Islanda come la zona che meglio interpretava la tradizione nordica e la descriveva come una società che insisteva sull’attenta

203

Cfr, Cap. 2.3.1.

204 Secondo la tradizione, i guerrieri che morivano in modo eroico venivano scortati dalle vachirie Valhöll an., ovvero la stanza dei banchetti di Odino, in cui venivano accolti dal Dio, o Bragi, una divinità che rappresentava la poesia. I guerrieri del Valhalla assisteranno Odino nel Ragnarök, lo scontro finale contro i giganti cui conseguirà la fine del mondo.

distribuzione di potere atta a scongiurare minacce autocratiche o tiranniche (Northern Antiquities: I, 172-82); rendendo possibile al lettore l’individuazione di un

continuum tra la tradizione germanica, originata dalla diffusione delle popolazioni

gotiche in Europa, e la cultura inglese moderna.

Alle teorie sull’influsso del clima sul carattere dei popoli nordici, si aggiunse il collegamento con ipotetici elementi riconducibili allo stoicismo degli eroi da cui derivava, secondo Percy, lo stereotipo di una relativa insensibilità nei confronti delle passioni e delle pulsioni emotive. Nella fattispecie l’autore sosteneva nel capitolo XII delle Northern Antiquities:

«[…] We may conclude that love held no violent domination among them. It is besides well known, that the inhabitants of the North are not very quick sensibility. The ideas and modes of thinking the Scandinavians were in this respect very different from those of the Asiatics and more southern nations, who by a contrast as remarkable as it is common, have ever felt for the female sex the warm passion of love, devoid of any esteem. […] we find the reverse of all this among the northern nations, who did not so much consider the other sex as made for their pleasure, as to be their equals and companions, whose esteem, as valuable as their other favours, could only be obtained by constant attentions, by generous services and by a proper exertcion of virtue and courage. […]»

Anche per questo motivo, dunque, nelle società scandinave la donna, se non era tendenzialmente trattata in modo paritetico agli uomini, godeva di una particolare rispettabilità a causa delle presunte qualità profetiche che possedeva. La presenza di figure femminili dotate di una sovrannaturale capacità oracolare, testimoniata dai poemi epici antico islandesi, era anche stata attestata, p.es, anche dal capitolo VIII della Germania di Tacito, riutilizzata dagli antiquari settecenteschi nell’idealiz- zazione del ruolo femminile all’interno delle società germaniche. È importante sottolineare che, in alcun modo, alle società germaniche apparteneva la caratteristica di venerare le donne, alcune delle quali possedevano qualità legate alla magia, in linea con le credenze di numerose società tribali e primitive. Ad ogni modo, il Settecento sembrò rivalutare la posizione sociale della donna germanica nel collega- mento a una possibile origine topos medioevale dell’idealizzazione della donna, che conobbe un’ampia fama in ambito cortese e cavalleresco, a sostegno di cui furono addotti (da entrambi gli autori) alcuni estratti che descrivevano l’attitudine cavalleresca già presente nei comportamenti di alcuni eroi nordici: p.es, Percy faceva menzione della liberazione di Ϸóra, tenuta prigioniera da un serpente per merito di Ragnarr Loðbrók 206 e della narrazione leggendaria riguardo l’unificazione della Nor- vegia, avvenuta per opera di Harald Hárfagri (dall’an. «Halard Bellachioma») nel

206 Alla fine della Bósa saga ok Herrauðs, redatta attorno al XIV secolo, si fa menzione dell’impresa dell’eroe Ragnar che liberò la figlia di Herraður imprigionata da un serpente e la sposò.

tentativo di sposare Gyda (Northern Antiquities: XII, 321-28) (Omberg 1976: 55).207 A questo proposito Percy (Northern Antiquities: XII, 314-315) sosteneva che:

«Yet I believe the observation is so well gronde that one may vanture to assert, that it is this fame people who have contributed to diffuse through all Europe that spirit of equity, of moderation, and generosity shewn by the stronger to the weaker sex, which is at this day the distingushing characteristic of European manners; nay that we even owe to them that spirit of gallantry which was so little known to the Greeks and Romans, how polite soever in other respects.»

La teoria, ampiamente dibattuta (e di grande interesse all’interno del panorama culturale moderno), che affermava l’origine nordica della tradizione medioevale cavalleresca inglese, dunque, acquisì autorità e valore scientifico anche sulla base della diffusione letteraria dell’opera di Percy. Il pubblico aveva a disposizione per la prima volta una vasta quantità di materiale letterario antico nordico che, seppur tradotto, si dimostrava capace di fornire una convalida quanto più oggettiva al progetto di allontanamento della tradizione culturale inglese dalla matrice classica, strumentalizzato nel processo di costruzione dell’identità borghese. Anche a fronte di ciò, l’immagine cruenta dell’eroe scandinavo veicolata da MacPherson voleva essere modificata da Percy attraverso la descrizione dell’attitudine poetica insita nella tradizione nordica, nonostante la selezione dei poemi epici inclusa nelle proprie opere, la maggior parte dei quali descriveva scene di guerra e di disprezzo della morte, tendesse a rinforzarne l’immagine di ferocia e violenza.208

Relativamente al tema dell’eroismo caratteristico della tradizione scandinava, inoltre, Percy descriveva il ruolo centrale della composizione poetica ad opera degli scaldi. Nella sezione Sequel of the Customs, Arts and Sciences of the Ancient

Scandinavians, Percy ambiva a rilevare l’influenza scaldica nell’ispirazione di atti

eroici alle generazioni successive; un ruolo memoriale da cui conseguiva una posizione di elevato prestigio all’interno della società: attraverso la composizione poetica encomiastica, tramandata oralmente, lo scaldo commemorava le gesta eroiche del proprio mecenate o signore, conferendo gloria e onore al suo nome e dunque alla sua progenie che, a sua volta, si doveva comportare di conseguenza. Inoltre, l’abilità poetica era considerata una capacità legata al sovrannaturale e al divino, per cui era credenza comune che attraverso gli scaldi potesse essere possibile il contatto con realtà ontologiche diverse, come il regno dei morti e la conoscenza del futuro (Omberg 1976: 55). Nel resoconto delle qualità poetiche possedute dagli scaldi, Percy descriveva, sulla base di un implicito paragone con il canone poetico classico, la capacità di rendere inalterate le immagini legate alla spontaneità e al

207 Secondo il ricorrente mito tramandato dai poemi scaldici Hraldskvædi e Glymdrápa, l’unificazione della Norvegia era legata alla storia d’amore tra il monarca e la principessa del regno confinante.

208 Allo stesso modo, le liriche di Gray accentuavano l’elemento sovrannaturale e sanguinario conte-nuto nelle fonti latine, cooperando a completare l’associazione, alla fine del 1760, tra poesia nordica e Sublime (Omberg 1976: 46).

vigore della Natura, malgrado l’utilizzo di regole e stilemi artistici molto complessi: nella fattispecie, l’autore diffuse la consapevolezza di affrontare testi poetici che utilizzavano un linguaggio figurativo altamente influenzato dalla tradizione degli enigmi e delle perifrasi, che si distaccava esplicitamente dalla prosa e dall’incasel- lamento in norme, per ambire alla resa aulica dei contenuti che voleva trasmettere.

In linea con la convinzione che la poesia appartenesse alla cerchia di attività umane che esaltavano e tramandavano le qualità eroiche della tradizione alle origini della società coeva, Percy sosteneva esplicitamente che il genere poetico poteva esprimersi al meglio proprio nelle società tribali le quali, non dimostrando alcuna presunzione erudita, traducevano in modo quanto più diretto la rappresentazione degli elementi e dei contenuti culturali precedentemente trasmessi dalla tradizione orale. L’entusiasmo settecentesco alla base della rivalutazione della poesia arcaica fu, dunque, definito e diffuso dalle spiegazioni di Percy che, attraverso la traduzione del lavoro di Mallet (oltre a ridefinire in modo chiaro il cambiamento di gusto in atto nella società inglese coeva attraverso il paragone scandinavo), riuscì a fornire un’ine- sauribile fucina di nuove immagini poetiche, che convalidavano in modo oggettivo lo slittamento culturale inglese dalla matrice mediterranea a quella nordica.

L’opera di Percy venne recepita con favore dal pubblico inglese e dalla critica coeva, sebbene nel 1770 entrambi avessero già affrontato la descrizione della tradi- zione culturale norrena e della poetica del Sublime. In modo particolare, l’autore che promosse l’adozione del sistema poetico in riferimento all’esperienza del sublime e alla nostalgia delle società primitive fu Thomas Gray.