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Le fonti scandinave: dall’utilizzo scientifico al canone letterario

2. IL RUOLO DELLE ANTIQUITIES NEI GUSTI DEL XVIII SECOLO

2.3. La riscoperta del mondo nordico

2.3.1. Le fonti scandinave: dall’utilizzo scientifico al canone letterario

La conoscenza della mitologia norrena è stata raggiungibile attraverso la messa per iscritto della tradizione culturale orale antico nordica per merito degli eruditi islandesi in epoca medioevale. La gran parte dei testi da cui ebbe origine lo sviluppo letterario inglese in ambito nordico derivava, infatti, dalle pratiche di redazione manoscritta dell’Islanda, un deposito letterario che restò, per ragioni politiche - come le continue colonizzazioni che ne resero il governo estremamente instabile - un territorio geograficamente e culturalmente isolato durante tutto il Medioevo (O’Do- noghue 2007: 101). Per questo motivo, in seguito alla colonizzazione danese dell’i- sola, la maggior parte delle informazioni riguardo al materiale culturale islandese fosse stata oggetto delle analisi degli antiquari danesi, che attraverso la diffusione delle proprie opere in latino, accrebbero la popolarità della cultura autoctona in tutta Europa durante il XVII e XVIII secolo. A fronte di ciò, i testi antico islandesi divennero, in epoca moderna, le testimonianze storico-culturali dell’antica civiltà scandinava,102 specialmente in relazione ai resoconti mitologici, che rappresentavano i documenti autentici della cultura e della religione nordica.

I primi testi volti a fornire informazioni storiche sulle aree scandinave furono le

fornaldarsögur (dall’an. «saghe dei tempi antichi»), proprio a causa delle am-

bientazioni leggendarie destoricizzate caratteristiche di questo sottogenere. Gli stessi Worm e Resen sembravano convinti dell’estrema antichità della letteratura norrena e delle stesse rune, che rappresentavano, secondo gli autori, un esempio scrittorio piut- tosto che un veicolo testuale (O’Donoghue 2007: 102): a tale proposito, la convinzio- ne che le rune fossero utilizzate all’interno delle pratiche mistiche pagane si andò rafforzando grazie alla disponibilità sia delle fonti antiquarie scandinave - che testimoniandone, per esempio, il ritrovamento su vettori di modeste dimensioni, accresceva la convinzione moderna dell’uso delle rune in ambiti ritualistici e oscuri - sia del materiale leggendario antico islandese, che spesso presentava coloro che conoscevano il linguaggio runico come depositari di una conoscenza magica, profetica, o legata al sovrannaturale (O’Donoghue 2007: 103).103 Inoltre, i racconti legati alla loro menzione erano spesso inseriti in contesti magici e ad opera di personaggi leggendari: uno degli esempi più celebrati e analizzati dagli antiquari moderni fu l’episodio, tratto dal poema eddico Hávamál, in cui il dio Odino acquisì la propria saggezza grazie alla discesa al regno dei morti, da cui imparò l’utilizzo

102 Cfr, Cap. 1.1.2. 103

I caratteri runici, datati attorno alla prima metà del I secolo, venivano utilizzati, in realtà, in diversi generi di iscrizioni, la cui funzione poteva essere sia associata a eventi formali, nel caso dei monumenti cristiani, sia a ragioni di utilizzo pratico, come testi ad uso domestico o commerciale.

delle rune (O’Donoghue: 105-6). Oltre a questo, nel poema eddico Sigrdrífumál, che presentava l’incontro tra l’eroe germanico Sigfrido e la valchiria Sigurdrifa (o Brunilde, nella versione antico alto tedesca), fu inserita una lunga trattazione runologica: nella fattispecie, la valchiria istruiva l’eroe sull’utilizzo delle rune nei più disparati ambiti pratici; dalla loro invocazione per garantire la sicurezza di un viaggio per mare, all’uso per aiutare una partoriente, alla spiegazione del legame mitologico tra le rune legate e la bevanda della birra, simbolo dell’ispirazione poetica (O’Donoghue 2007: 107).104

Attorno alla conoscenza delle rune, si andarono sviluppando varie idee legate al misticismo e alle pratiche magiche che dovevano essere praticate all’interno della cultura pagana nordica, che risultarono di estremo interesse nello sviluppo della poetica romantica (O’Donoghue 2007: 109). Rinforzata dalle nuove teorie della filologia indoeuropea,105 la cui fase pionieristica venne approfondita a partire dal XVIII secolo, la convinzione moderna che l’appartenenza etnografica dipendesse strettamente dalla condivisione della lingua rappresentò un punto di svolta all’interno del panorama culturale inglese ed europeo: non soltanto rappresentò la base delle successive teorie razziali, che ebbero nella maggior parte dei casi esiti disastrosi; ma anche della costruzione di una nuova ideologia nazionalistica che definiva, sulla base di una lingua d’origine comune, una macro identità germanica comprensiva di numerose nazioni europee. Questo tipo di identificazione etnica fu sostenuta, oltre che dalle ricerche mediche e scientifiche ottocentesche, dall’impegno dei letterati e artisti locali, i quali, nel XVIII secolo, videro finalmente l’opportunità dell’eman- cipazione culturale inglese dall’imperialismo della tradizione classica.

Secondo il saggio di Wilson (1996: 58), la pubblicazione del Thesaurus di Hickes, che sosteneva la familiarità diretta tra il gruppo linguistico gotico e lo sviluppo dell’Old English, siglò il cambiamento di direzione all’interno della materia antiqua- ria da ciò che veniva recepito come prettamente scandinavo, alla tradizione anglosas- sone alla base della cultura inglese. Gli storici inglesi del XVIII secolo ampliarono la

104 Nella Egils saga, ambientata nel periodo precedente alla conversione dell’Islanda, lo scaldo Egil Skalla-Grímsson fu vittima di un tentativo di avvelenamento proprio attraverso un calice di birra, al quale sopravvisse grazie alla conoscenza delle rune. L’episodio in prosa fu costruito attorno ai versi del poeta (che si suppone essere più antichi della narrativizzazione eddica), che dunque testimoniano una conoscenza della tradizione orale delle rune applicate alla birra rappresentata nel Sigrdrífumál.

105 L'Indoeuropeistica (detta anche linguistica indoeuropea o filologia indoeuropea) è quella branca della linguistica storica e della linguistica comparativa che si occupa della ricostruzione della lingua indoeuropea e delle evoluzioni storiche delle lingue indoeuropee. Ha elaborato e si avvale principal-mente del metodo comparativo che consente, attraverso il confronto tra le lingue note, l'individuazione di corrispondenze strutturali sistematiche, attraverso le quali è possibile elaborare un quadro d'insieme di quella lingua indoeuropea che di per sé non è nota, essendo una lingua preistorica che quindi non ha lasciato testimonianze dirette. Insieme all'archeologia e alla storia, l'indoeuropeistica cerca anche di ri-costruire, sempre per via induttiva, i caratteri del popolo indoeuropeo che parlò tale lingua, e il suo successivo smembramento che diede origine ai popoli indoeuropei storicamente noti.

propria attenzione dai testi anglosassoni che in questo periodo divennero maggior- mente disponibili, proprio a causa di un incremento di interesse sulle speculazioni politiche sviluppatesi anche in territorio francese, alle analisi scientifiche sulle aree germanofone, anche grazie alla rivalutazione storica delle relazioni culturali tra i vichinghi e la Gran Bretagna.

Nel XVIII secolo era possibile identificare, all’interno del pensiero europeo, due teorie distinte, che pure non si escludevano a vicenda, riguardo le origini scandinave dell’Inghilterra: la prima tipicamente tedesca, il cui tema svedese della Scandinavia come womb of nation rappresentava il leitmotif delle discussioni sul linguaggio, sulla storia e sulla religione nordica; e la seconda di matrice anglo-francese,106 che ignorò la produzione antiquaria svedese in favore di quella danese.

Se nella seconda metà del XVII secolo l’influenza di Ole Worm fu fondamentale allo sviluppo dell’interesse degli eruditi inglesi nei confronti della materia nordica, nella seconda metà del secolo successivo, gran parte della consapevolezza storica e culturale dell’Europa settentrionale si basava sull’opera dello storico svizzero, emi- grato in Danimarca, Paul Henry Mallet († 1807). Degli autori che, in questo periodo, si misurarono con la redazione di opere storiche,107 soltanto Edward Gibbon († 1794) nell’opera Decline and Fall of the Roman Empire (1776-88) fece menzione delle fonti scandinave in latino, oltre di quelle anglosassoni, nella trattazione del contesto europeo durante le migrazioni vichinghe.

La conoscenza dell’epoca vichinga rimase, per la maggior parte, una prerogativa delle analisi linguistiche e topografiche fino alla redazione delle opere di Mallet (Wilson 1996: 59). L’antiquario svizzero produsse un resoconto sulle credenze e sulla storia scandinava suddiviso in due volumi intitolati rispettivamente Introduction à

l’histoire de Dannemarc e Monuments de la mythologie et de la poésie des Celtes

(Larrington 2007: 21). 108 La redazione della Introduction à la histoire de Dannemarc (1755) curata da Mallet, seguì la pubblicazione di un’opera altamente critica nei confronti dell’assunzione di un regime assolutistico dichiarato dalla Danimarca nel 1660, e che influenzò l’emergente illuminismo dei filosofi francesi (Wilson 1996: 61). L’opera in questione era An Account of Denmark as it was in the Year 1692, pubblicata da Robert Molesworth († 1725) nel 1694 in Inghilterra e nel 1714 in Francia. L’autore si proponeva di sottolineare, attraverso il tono espressamente anticlericale e per mezzo dell’incoraggiamento alla rivoluzione, l’atteggiamento arbitrario e tirannico del governo danese, ergendolo ad antimodello delle organizza- zioni politiche di stampo illuminista, a seguito del sacrificio delle originarie libertà vichinghe e tribali in favore del potere assoluto.

106 Nel XVII secolo, fu ad opera di Ole Worm che le librerie francesi e inglesi si iniziarono a comporre di testi riguardanti le produzioni norrene.

107

Per esempio, Hume redasse la History of England tra il 1754 e il 1757 e Tobias George Smollett († 1771) pubblicò nel 1757 la History of Britain.

108 Come molti dei suoi contemporanei, l’autore supponeva che l’origine delle popolazioni nordiche e germaniche in generale, fosse celtica.

La seconda opera di Mallet fu Monuments de la Mythologie et de la Poesie des

Celtes, et particulièrement des anciens Scandinaves (1756), nella quale l’autore

ridimensionava la leggendaria idea della Scandinavia, e del Nord in generale, come la patria delle libertà civili. (Wilson 1996: 61). Distaccandosi dalla tradizione letteraria che sosteneva l’analogia tra Geti (elleni) e Goti, Mallet sottolineava, sulla base dell’origine dei Goti da Götland, la priorità del ruolo della Danimarca rispetto alla Svezia nel processo di costruzione delle libertà costituzionali. Nelle proprie opere, Mallet rias- sunse parte della Völuspá, di cui ebbe conoscenza tramite le traduzioni in francese dell’Hávamál, e riprodusse i primi versi del Baldrs draumar precedentemente pubblicati dall’antiquario danese Thomas Bartholin (1689) (Larrington 2007: 22).109