2. IL RUOLO DELLE ANTIQUITIES NEI GUSTI DEL XVIII SECOLO
2.2. La rivalutazione storica del Medioevo
2.2.1. Il sentimento di consapevolezza borghese: verso la diffusione della disciplina.
Lo studio delle antichità locali rappresentava un’attività inerente alla costruzione di uno status sociale da parte di chi vi si misurava e sin da subito si poneva in com- petizione con la pratica aristocratica del Grand Tour,89 esercizio di superiorità culturale in voga nel XVIII secolo (Newman 1987: 42). Possedere le risorse economiche per dedicarsi a questo tipo di viaggio di studio era sinonimo di benessere e istruzione, e la successiva adozione della retorica del ‘bene comune’ conferiva una reputazione in linea con lo stereotipo del gentleman. Col passare degli anni, infatti, ciò che era stato considerato un inutile detrito del passato assumeva un valore evocativo e diventava l’oggetto tangibile del possibile contatto fisico con un’epoca aurea perduta, specialmente nella temperie culturale degli ultimi anni del XVIII che si andava declinando verso l’ethos sentimentale. Lo studio delle antichità entrò a far parte della serie di caratteristiche applicabili all’istruzione élitaria, assumendo un valore estetico che prescindeva dalle analisi scientifiche (Sweet 2004: 33). La risco- perta del paesaggio rurale e l’esplorazione geografica della nazione veicolata dalla letteratura topografica, anticiparono un sentimento di proprietà nei confronti degli scenari e della antichità caratteristiche del Paese. Le rovine archeologiche acqui- sirono un valore economico inestimabile e la loro preservazione divenne un interes- se, oltre che pubblico, specifico dei proprietari terrieri.
In primo luogo, ne conseguì la diffusione, incrementata dal Grand Tour, del genere della letteratura di viaggio, le cui opere illustravano l’esperienza dell’autore che solitamente si trovava a descrivere un ambiente, un popolo e una cultura diversi da quella di provenienza. La letteratura odeporica che si sviluppò nel XVIII secolo tendeva a mantenere una certa qualità oggettiva all’interno delle opere prodotte, che non si risolveva (almeno inizialmente) attorno alle emozioni che scaturivano rispetto all’incontro con realtà inconsuete per chi le descriveva; ma cercava di restare coerente con lo Zeitgeist antropocentrico, razionale e cosmopolita votato alla ricerca scientifica. Gli studiosi dell’epoca sfruttarono la curiosità di un crescente numero di viaggiatori amatoriali, provvedendo a redigere manuali tascabili che includessero
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Con Grand Tour si intendeva solitamente un lungo viaggio nell'Europa continentale effettuato dai ricchi giovani dell’aristocrazia europea a partire dal XVII secolo e destinato a perfezionare la loro educazione. Le comuni destinazioni del viaggio erano l'Italia e la Francia, che rappresentavano il vertice dello stile classico e dell’erudizione moderna, così i giovani britannici raggiungevano quei Paesi per liberarsi del proprio provincialismo, adottando comportamenti cosmopoliti sulla falsa riga francese, atteggiamento molto in voga soprattutto nell’aristocrazia della Gran Bretagna.
informazioni di viaggio utili non solo agli amanti del campo, ma anche a coloro che, lontani da qualsiasi intento antiquario o patriottico, si trovavano a dover impiegare il tempo a disposizione nelle città di passaggio durante i propri tours locali, evidenziando il carattere intrattenitivo - piuttosto che la funzione educativa - delle opere secondarie.90 Le antichità locali divennero a tutti gli effetti parte dell’e- sperienza culturale comune indipendentemente dall’estrazione sociale degli utenti.
Un tema ricorrente della letteratura topografica del XVIII secolo promuoveva la superiorità dello studio delle antichità locali rispetto alle rovine archeologiche classiche, incrementando il numero dei viaggi entro i confini nazionali (Sweet 2004: 36). William Camden, a questo proposito, divenne una sorta di simbolo nazionale per gli antiquari moderni, il cui debito nei suoi riguardi era definito dall’erudito William Nicolson († 1727) «that of the poets of ancient Greece to Homer» (1714: 5). Grazie a questo spirito e agli obiettivi di un programma patriottico che si imperniava sulla stretta relazione tra ricerca storiografica e costruzione di un’identità comunitaria, gli antiquari si fecero carico della registrazione e della preservazione dei monumenti storici locali, prevenendone la scomparsa e divulgando alle generazioni successive il ruolo rivelatore di queste opere rispetto alla narrazione storiografica canonica.
È stato in precedenza notato, come il ricorso alle associazioni rinforzasse la coesione tra antiquari connazionali e non che, malgrado le divisioni politiche, sottintendevano alla volontà di una riscrittura storica del Paese. Si andò costituendo un forte senso di appartenenza all’interno delle contee del Paese tra le élite terriere, soprattutto nella celebrazione di una continuità storica con il periodo anglosassone, a cui veniva ascritta l’origine della proprietà privata. La disciplina antiquaria divenne un campo sempre maggiormente neutrale dal punto di vista dell’appartenenza sociale, riuscendo a fornire un linguaggio entro il quale era possibile comunicare e a scambiarsi informazioni tra persone di diversa provenienza culturale. Funzionali alla riuscita di queste analisi, divennero proprio le reti di connessioni e i complessi sistemi di scambio culturale tra corrispondenti stranieri. Inoltre, a partire dal XVII secolo l’attenzione ai documenti storici legali e giuridici rappresentò uno dei punti di forza dell’antiquariato inglese: l’eredità culturale dei luminari della tradizione della
Common Law, quali Sir Robert Cotton, Henry Spelman e Sir John Selden, influenzò
profondamente il secolo successivo nello sviluppo della branca degli studi sulle antichità costituzionali sia inglesi che scozzesi,91 tradotto nell’incremento di interesse verso l’origine della proprietà privata, la cui comprensione fu cruciale nella definizione della società inglese del XVIII secolo.
90 All’inizio del XIX secolo le edizioni antiquarie venivano utilizzate come bibliografia di riferimento di opere più composite, affrontando rispettivamente campi di studio settoriali come la botanica, la paesaggistica e l’archeologia.
91 Ad esempio, l’edizione del 1759 ad opera del giurista William Blackstone († 1780) della Magna Charta, fu un importante manifesto di letteratura antiquaria da cui si sviluppò un considerevole dibattito politico-costituzionale per l’epoca.
Le associazioni culturali sottoforma di società scientifiche si radicarono, quindi, sul territorio, proponendosi di collezionare materiale a sufficienza per dibattere sulla costituzione della nazione. La disciplina antiquaria divenne un progetto collaborativo che dipendeva dalla comunicazione reciproca di informazioni e scoperte scientifiche con il fine di recuperare la conoscenza del passato medioevale: la Società degli Antiquari di Londra, nata nel XVI secolo ma istituzionalizzata solo nel Settecento; la
Royal Society, fondata nel 1662; e le numerose associazioni di provincia, facevano
parte di un processo di vicendevole scambio di informazione non solo in Inghilterra ma in tutto il Continente.92 Si instaurò, a questo proposito, una sorta di competizione tra le accademie più influenti di alcune nazioni, tra cui Francia e Svezia, che portò allo sviluppo di un sentimento di rivalsa da parte della Gran Bretagna nei confronti degli ambienti élitari propri dei regimi assolutisti (Sweet 2004: 84).
Nell’Inghilterra del XVIII secolo, la più influente delle associazioni culturali restò la Society of Antiquaries, che ebbe il merito di delineare sia l’identità culturale della popolazione benestante metropolitana che vi apparteneva, sia la più ampia immagine nazionale. Nonostante la scarsità del numero di opere prodotte, il merito della società risiedeva nell’ispirazione di un’influenza antiquaria su larga scala, che portò alla costituzione di grandi opere come la libreria cottoniana. La Società, in seguito all’in- corporazione da parte della Royal Society, beneficiò del patrocinio regale, che le forniva una sorta di identità pubblica oltre che una pragmatica assistenza nella pubblicazione di manuali. Alla fine del XVIII secolo, la Società degli Antiquari includeva alcune delle figure più importanti del panorama politico, ecclesiastico e culturale inglese e, a causa dell’incremento del numero di associati, spesso di estra- zione sociale diversa, finì con il frazionarsi, minando alla propria caratteristica fondante: la ricerca e il reciproco dibattito su un terreno comune. Dal 1840, la Società perse le sue credenziali antiquarie per diventare uno dei tanti club per gentiluomini. Allo stesso tempo, il graduale abbandono della visione della storia come mezzo di progresso ad uso dei moderni e lo sviluppo del carattere intrattenitivo della narrazione storiografica, collimava in questo periodo con le aspettative e il gusto di un pubblico a maggioranza femminile (Sweet 2004: 71).93
Nel momento in cui i dettami dell’editoria assicuravano che l’informazione anti- quaria fosse fruibile da un pubblico tanto maschile quanto femminile, il contributo della donna nella circolazione di materiale letterario all’interno della società diventò di notevole importanza.94 Per gli editori dell’epoca, la materia antiquaria divenne un
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Gli studiosi inglesi operanti nel campo anglosassone e antico nordico beneficiarono ampiamente delle connessioni provenienti dalla controparte scandinava.
93 Il carattere intrattenitivo della disciplina fu un utile modo di legittimare la redazione e la vendita di opere altrimenti ascrivibili all’attività amatoriale di coloro che, in precedenza, non godevano di parti-colare considerazione né dall’intelligentsia scientifica, né dalla società.
94 Le donne contribuivano alla produzione di estratti, compilazioni e traduzioni dei manoscritti antichi.
soggetto potenzialmente redditizio dal punto di vista commerciale, e fu anche grazie alle speculazioni sul genere che il consumo della materia oltrepassò i confini degli amatori, dei proprietari terrieri interessati agli studi sulla proprietà privata e dei professionisti, arrivando a un pubblico composito di estrazione borghese.95
A sostegno di ciò - nonostante gli esiti delle ricerche antiquarie rilevassero tratti tipicamente maschili della Englishness come il coraggio in battaglia e il vigore nella persecuzione della libertà individuale - una delle personalità antiquarie di maggiore impatto in questo periodo fu Elizabeth Elstob († 1756),96, sorella di William Elstob († 1715)97
. Elizabeth Elstob si impose nel suddetto campo di studio attraverso la scelta di utilizzare l’inglese, a discapito del latino, come veicolo di comprensione e pubblicazione dei testi antichi. Nello specifico, l’autrice completò la redazione di due opere riguardo al passato anglosassone inglese: la prima, pubblicata nel 1709 con il titolo An English-Saxon Homily on the Birthday of St. Gregory; e la seconda, pubblicata nel 1715 con il titolo The Rudiments of Grammar for the English-Saxon
Tongue. Entrambe contrastavano la tradizionale pratica di pubblicare le opere erudite
in latino, preferendo la stesura in volgare e fornendo, in questo modo, gli stessi strumenti di comprensione degli ambienti èlitari a un pubblico che avesse minori disponibilità, economiche o di genere, di avvicinarvisi. La scelta espressiva di Elizabeth Elstob rivelava un patriottismo di matrice leggermente diversa rispetto a quello in atto nel XVIII secolo: l’utilizzo del termine English Saxon, al posto di ciò che altri definivano Anglo-Saxon, Saxon oppure Old English, era da ricondurre alla figura a cui l’autrice dedicò la sua seconda opera, la principessa Sophia Dorothea di Hannover († 1726) (Niles 2015: 161). In questo modo, la Elstob sottolineava la composizione linguistica di origine germanica della lingua inglese moderna, attra- verso l’esaltazione della continuità della linea sassone nella discendenza monarchica inglese, il cui emblema veniva rappresentato dalla principessa Sophia Dorothea.
In modo non dissimile, la disciplina antiquaria si focalizzò in Scozia sulla riscoperta del linguaggio celtico e sull’eredità letteraria legata alle figure dei bardi. Tal entusiasmo fu ricollegato alla necessità di un’emergente gentry di stabilire la propria antichità e appartenenza alla società del regno di Giorgio III. Di fatto, in
95 La Britannia di Camden, ad esempio, venne resa disponibile attraverso la sua riscrittura in capitoli e sintesi, commercializzati in serie dai giornali locali. Un esempio di questo procedimento fu l’inse-rimento della Magna Britannia, una sintesi dell’opera di Camden, a cura di Thomas Cox († 1734), come supplemento al British Observator nel 1733 (Sweet 2004: 311).
96 Le donne venivano escluse per innumerevoli motivi: in primo luogo erano svantaggiate dalla loro stessa istruzione. L’abilità nel leggere in latino e un certo grado di familiarità con le fonti classiche era un requisito fondamentale, inoltre lo studio di documenti giuridici, legali e cronachistici non era con-gruente alla formazione femminile consuetudinaria. Lo stereotipo delle femminili preoccupazioni domestiche non ne faceva il soggetto più adatto per scrivere di storia nazionale.
97 William Elstob si occupò, inoltre, dell’edizione del 1701 del Sermo Lupi ad Anglos di Wulfstan con una traduzione latina a fronte, successivamente incorporata nel Thesaurus di Hickes.
questo periodo, le pratiche antiquarie dipendevano dalla ricezione e dal supporto attivo della nobiltà del Paese, ma è necessario sottolineare che l’altra grande spinta alla base della diffusione di questi studi fu ad opera delle classi professionali e artigiane, piccolo borghesi che lottavano all’interno del sistema gerarchico per raggiungere e consolidare posizioni socialmente più elevate.
In conclusione, la Società degli Antiquari rese accessibile la conoscenza del passato anglosassone della nazione, ampliando la partecipazione alla materia e raggruppando tutte quelle persone che furono incoraggiate dalla moda e dagli scambi culturali a interessarsi all’antiquariato locale. Non rappresentando un dominio strettamente legato alle classi sociali più abbienti proprio grazie alla focalizzazione su argomenti pragmatici, locali e di impatto comune, l’interesse antiquario divenne rappresentativo del benessere della borgehsia commerciale in fase di sviluppo .
Con la consapevolezza dell’estrema eterogeneità del pubblico per cui stavano scrivendo, gli storici locali iniziarono a prendere le distanze dallo stereotipo dell’antiquario pedante e, anche dal punto di vista editoriale, tentarono di rendere lo studio delle antichità meno settoriale in favore di uno stile più narrativo, rifuggendo l’utilizzo delle lunghe note esplicative e delle appendici, e fornendo traduzioni dei documenti in latino. Secondo, p.es, William Hutton († 1815), membro della Società degli Antiquari Scozzese, la tradizionale enfasi sull’osservazione antiquaria dettagliata e minuziosa, che era recepita come «a meer dull description, like a burnt cinder, is dead matter» (1802: 325), doveva essere abbandonata in favore di un linguaggio meno formale (Sweet, 2004: 313).
Il successo di questo tipo di pubblicazioni indicava quanto il gusto per la materia antiquaria si fosse diffuso a prescindere dalle barriere sociali esclusive, raggiungendo il pubblico diversificato delle classi medie.