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Il codice della proprietà industriale

Nel documento LE INVENZIONI DEL DIPENDENTE (pagine 38-44)

CAPITOLO II LA DISCIPLINA ITALIANA

1. Cornice legislativa

1.3 Il codice della proprietà industriale

In questa sezione sono presentate le disposizioni del codice di proprietà industriale riguardanti le invenzioni del dipendente che costituiscono il testo centrale della disciplina italiana.

Il codice della proprietà industriale30, introdotto con il decreto legislativo 10-2-2005, n. 30, ha riformato la disciplina preesistente sulle invenzioni dei dipendenti. La precedente disciplina si poggiava sugli articoli 23, 24, 25 e 26 della legge invenzioni 1939 e sull’articolo 34 d.p.R. 10 gennaio 1957, n.3, ora abrogati espressamente dall’articolo 246 del c.p.i..

Il codice riprende, seppur con significative differenze, la triplice delineazione prevista agli articoli 23 e 24 della legge invenzioni31. Durante i lavori preparatori, la prima bozza redatta dalla Commissione incaricata

26 ADINOLFI A., op. cit., p. 281.

27ADINOLFI A., op. cit., p. 288.

28 CAMPANELLA P., Prestazione di fatto e contratto di lavoro art. 2126, in Il codice civile - commentario diretto da F.D. Busnelli, Giuffrè, Milano, 2012, p. 204.

29 Cfr. § 2.1 Il rapporto subordinato.

30 D’ora in poi c.p.i..

39 semplificava la materia e prevedeva un’unica fattispecie al posto dell’invenzione di servizio e di azienda32. L’ipotesi prevista era di invenzione realizzata nell’esecuzione o adempimento di contratto o di rapporto di lavoro; i diritti patrimoniali sarebbero stati attribuiti al datore di lavoro, mentre al lavoratore inventore sarebbero stati attribuiti il diritto morale ad essere riconosciuto come autore e un equo premio, calcolato in base al vantaggio relativo la brevettazione, alla mansione e alla retribuzione percepita del lavoratore.

Tale impostazione fu criticata in dottrina da Vanzetti33 in quanto ritenuta fuori delega e conseguentemente incostituzionale. Altre critiche furono rivolte all’obbligo di corrispondere l’equo premio anche nel caso di dipendente assunto per inventare: da parte di Confindustria e del Collegio Consulenti P.I. esso fu ritenuto in contrasto con l’obiettivo di accrescere la competitività delle imprese italiane e sempre da Confindustria e in dottrina da Sena34 fu considerato disincentivante per la localizzazione di centri di ricerca stranieri in Italia35.

Abbandonata quindi questa impostazione, al primo comma fu prevista la fattispecie della cosiddetta invenzione di servizio, al secondo la fattispecie dell’invenzione d’azienda e al terzo la fattispecie di invenzione occasionale. I primi due commi prevedono l’attribuzione immediata e diretta36

dei diritti patrimoniali derivanti dall’invenzione al datore di lavoro; viene sempre fatto salvo il diritto dell’inventore ad essere riconosciuto come autore. Entrambe le fattispecie richiedono che il dipendente sia stato adibito allo svolgimento di attività inventiva37. Come già anticipato precedentemente, elementi di discrimine tra le due fattispecie sono la previsione nell’oggetto di contratto delle mansioni di ricerca inventiva e di una specifica e congrua retribuzione per tale attività come elementi propri della prima fattispecie38.

32 GUIDI E., Commento a art. 64 Decreto legislativo 10 febbraio 2005, n.30, in Commentario breve

alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, Ubertazzi L.C. ( a cura di), Cedam, Padova,

2012, p.316. Per un’analisi più approfondita di tale ipotesi, si veda il capitolo IV §3.2.2.

33 Citato in GUIDI E., op. cit., p.316.

34 Citato in GUIDI E., op. cit., p.316.

35 GUIDI E., op. cit., p.316.

36

GUIDI E., op. cit., p.318.

37 MANSANI L., Commento art. 64, in Codice della proprietà industriale, Vanzetti A. (a cura di), Giuffrè, Milano, 2013, p. 787.

40 Sotto la disciplina precedentemente vigente, vi erano differenti posizioni dottrinali e giurisprudenziali sull’identificazione degli elementi di distinzione delle due fattispecie.39 In dottrina si è criticato il legislatore per l’occasione mancata, perché non è intervenuto su questo aspetto critico sul quale giurisprudenza e dottrina non sono pacifici, lasciando ancora quindi il compito all’interprete di definire gli elementi distintivi delle due fattispecie.

La fattispecie dell’invenzione di servizio non prevede alcuna retribuzione aggiuntiva al contrario di ciò che dispone la fattispecie dell’invenzione d’azienda. In questo caso al secondo comma era previsto che, in caso di ottenimento del brevetto relativo l’invenzione, il dipendente avesse diritto a un equo premio40

. L’articolo 23 comma 2 della legge invenzioni prevedeva il solo criterio dell’importanza dell’invenzione e in giurisprudenza si era mostrata la tendenza41

a utilizzare la cosiddetta formula tedesca42 per la quantificazione dell’equo premio. Nel testo originario dell’articolo 64 comma 2 c.p.i.43

, il legislatore specificava che il criterio dell’importanza era da ricondurre alla protezione conferita dal brevetto all’invenzione slegando quindi la quantificazione dell’equo premio dal valore tecnico intrinseco del trovato44. Inoltre aggiungeva i criteri delle mansioni svolte,

39 Citiamo in questa sede solo alcuni profili sulla questione, rinviando in particolare al paragrafo 3 del capitolo III l’analisi approfondita. Vanzetti e Di Cataldo (in VANZETTI A-DI CATALDO V., op.

cit., p. 241) tracciavano la posizione giurisprudenziale prevalente propensa ad ampliare

l’applicazione della fattispecie delle invenzioni d’azienda rispetto a quella delle invenzioni di servizio. Come anche parte minoritaria della dottrina (PELLACANI G., Tutela del lavoro, cit, p.41), la giurisprudenza maggioritaria (ad esempio: Cass., sez. lav., 24 gennaio 2006, in Giur. ann. dir.

ind., XXXV, 2006, p. 4941; Cass., sez. lav., 6 novembre 2000, in Riv. it. dir. lav., 2001, p. 680)

individua nella sola mancanza della previsione di una specifica retribuzione per l’attività inventiva nel contratto di lavoro la caratteristica di distinzione tra le due fattispecie.

In posizione contraria, cioè nel ritenere la previsione dell’attività inventiva nel contratto di lavoro come unica distinzione tra le due fattispecie, la dottrina prevalente (sostenuto in GUIDI E.,

op. cit., p.316, citando tra gli altri VANZETTI-CATALDO,op. cit., 419; GALLI C., Problemi in tema

di invenzioni dei dipendenti, in Riv. dir. ind., parte 1, 1997, p. 22).

40 Tale disposizione è stata modificata dal decreto legge n. 131/2010, di cui si tratterà più avanti.

41

Tra le altre: Cass,. sez. lav., 6 novembre 2000, in Riv. it. dir. lav., 2001, p. 680; Trib. Palermo, 7 febbraio 2007, in Giur. ann. dir. ind.,, XXXVII, 2008, p. 435.

42 Con “formula tedesca” si intende il metodo dell’ordinamento tedesco per la determinazione del premio. Per un’analisi della stessa si veda il paragrafo 1.5 del IV capitolo. Brevemente, la formula è EP=V x P (vedi MANSANI.L, Commento, cit., p. 794) dove l’equo premio (EP) è uguale al valore economico (V) di un fattore proporzionale (P) calcolato in base a tre fattori: posizione del problema e conseguentemente l’iniziativa tenuta dal dipendente nell’individuazione del problema tecnico, l’iniziativa del dipendente per la soluzione del problema tecnico e le mansioni svolte e la posizione occupata dal dipendente.

43 Prima della modifica portata dal decreto legislativo 2010, n.131.

44 SARTI D., Il codice della proprietà industriale: impianto sistematico e “criticità” (prima parte), in Studium Iuris, I, 2007, p. 21

41 della retribuzione percepita e del contributo ricevuto dall’organizzazione del datore di lavoro.

Il terzo comma dell’articolo 64 individua la fattispecie residuale 45

dell’invenzione occasionale. Il c.p.i. riprende la disposizione già previgente: non devono ricorrere i requisiti propri della prima e della seconda fattispecie e l’invenzione deve rientrare nel campo di attività del datore di lavoro. A quest’ultimo è riconosciuto un diritto d’opzione per l’uso dell’invenzione o l’acquisto del brevetto. Il c.p.i. sostituisce il termine “prelazione” con il termine “opzione”, confermando la lettura data dalla dottrina maggioritaria che riteneva improprio il termine prelazione, individuando invece un diritto d’opzione

ex-lege46.

Il quarto e il quinto comma riprendono l’impianto della disciplina anteriore con alcune importanti modifiche. La competenza sull’an debeatur è assegnata al giudice ordinario47. Il c.p.i. assegna, innovando, tale competenza alle Sezioni specializzate in materia industriale e non più, come previsto dalla normativa previgente, al Giudice del lavoro. Per quanto riguarda il quantum debeatur, in caso di disaccordo tra le parti, l’articolo affida a un collegio di arbitratori48

la competenza alla determinazione dell’equo compenso. Il collegio è composto di tre membri, due nominati da ciascuna delle parti e il terzo nominato dai due arbitratori. Modificando la vecchia disciplina, il quarto comma prevede che, in caso di disaccordo sul terzo arbitratore, tale nomina sia affidata al Presidente della sezione specializzata competente e non più al Presidente del tribunale del luogo. In caso di determinazione del quantum manifestamente iniqua o erronea, tale competenza è del giudice. Il quinto comma prevede la possibilità di adire il collegio in pendenza di giudizio sull’an debeatur: l’esecutività della decisione presa dal collegio sarà quindi subordinata all’esito del giudizio di accertamento del tribunale.

45 In MANSANI.L, Commento, cit., p. 799, si sostiene come sia «infrequente nella pratica» che l’invenzione sia creata nelle condizione previste per questa fattispecie.

46

GUIDI E., op. cit., p.324. Cfr. capitolo III §5.4.

47 Cfr. capitolo IV §3.

48 Sulla natura di tale arbitraggio e sul presunto profilo di incostituzionalità si veda il paragrafo 3 del IV capitolo.

42 Il sesto e ultimo comma, riprendendo quanto già contenuto nell’articolo 26 della legge invenzioni, prevede la presunzione che l’invenzione, per la quale sia stato chiesto un brevetto entro un anno dal momento in cui il lavoratore ha lasciato l’impresa privata o l’amministrazione pubblica, sia stata realizzata in costanza del rapporto di subordinazione e quindi le fattispecie previste ai commi 1,2 e 3 siano applicabili49.

1.3.1 Il decreto legislativo n. 131 del 2010

Il decreto legislativo delegato 13-8-2010, n. 131 (cosiddetto “Decreto correttivo al c.p.i”) interviene sull’articolo 64, modificando in maniera significativa il secondo comma dello stesso. La legge delega 23-7-2009, indicava espressamente la delega per una modifica dell’articolo 65 ma nulla diceva e autorizzava riguardo l’articolo 64. La relazione ministeriale giustifica l’intervento su quest’articolo scrivendo che «si interviene su una carenza del testo previgente» quando invece l’intervento va a modificare un principio «avallato da cinquant’anni di giurisprudenza costante della Suprema Corte»50

. La dottrina ha fatto notare la possibilità d’incostituzionalità della norma, proprio per la mancanza di delega51.

L’intervento più rilevante è l’ampliamento dell’applicabilità 52

della fattispecie dell’invenzione d’azienda anche ai casi di utilizzo dell’invenzione in regime di segretezza, prescindendo quindi dall’ottenimento del brevetto. Tale intervento, già auspicato da Pellacani53, è stato accolto in maniera diversa in dottrina54.

49 Cfr. capitolo II §2.1.1.

50

MANSANI L., Invenzioni dei dipendenti e comunione: modifiche discutibili che complicano le

cose, in Il diritto industriale, fasc. 6, 2010, p. 527. 51 MANSANI L.,Invenzioni, cit., p. 527.

52 Per l’analisi dell’ambito di applicazione in base all’ottenimento del brevetto, la brevettabilità o meno dell’invenzione si veda il paragrafo 2.3 di questo capitolo.

53

PELLACANI G., Tutela del lavoro, cit, p.41.

54 Negativamente da Mansani (MANSANI L., Invenzioni, cit., p. 527); positivamente da Galli

(GALLI C.,Codice della proprietà industriale: la riforma 2010, IPSOA gruppo Wolters Kluwer,

43 Il decreto correttivo restaura il criterio dell’importanza dell’invenzione, eliminando il riferimento all’importanza conferita dalla protezione. La modifica è da considerarsi necessaria per coerenza sistematica rispetto all’introduzione dell’insorgenza del diritto all’equo premio in caso di utilizzo in regime di segretezza; rimane da capire se il legislatore intendesse anche riferire l’elemento di calcolo al valore astratto dell’invenzione e non più al vantaggio economico derivante dall’utilizzo dell’invenzione in esclusiva, così come indicato nel testo originario del c.p.i.. In dottrina, Mansani55 indica come preferibile riferirsi all’importanza conferita dall’utilizzazione esclusiva e ritenere la modifica come dovuta e semplice eliminazione di contraddizione terminologica, sia per ragioni di calcolo, evitando quindi di dover determinare il valore dell’invenzione in astratto, sia per ridurre il rischio di dichiarazioni di incostituzionalità della riforma56.

La riforma introduce anche il riferimento agli aventi causa del datore di lavoro, specificando che in caso di cessione del diritto al brevetto, della domanda di brevetto, o del brevetto il diritto all’equo premio sia fatto salvo.

Alla fine del secondo comma è stata aggiunga la possibilità di chiedere un esame anticipato della domanda per il rilascio del brevetto. Tale facoltà è riconosciuta all’organizzazione del datore di lavoro. Mansani57

è molto critico su questa disposizione. L’Autore indica due imprecisioni terminologiche: in primo luogo, la norma si riferisce all’ «acquisizione del brevetto», quando nel codice tale terminologia non appare mai, e ci si deve riferire quindi al procedimento di concessione del titolo. In secondo luogo, la riforma indica l’organizzazione del datore di lavoro invece di individuare più semplicemente e più correttamente il datore di lavoro quale titolare di tale facoltà. Al di là di tali imprecisioni terminologiche, viene criticata la scarsa rilevanza pratica della norma: normalmente il datore di lavoro non avrà interesse ad anticipare i tempi per il riconoscimento del diritto all’equo premio.

Al comma tre nel riferimento ai brevetti all’estero, il legislatore ha sostituito il termine “acquistare” con il termine “acquisire”. La relazione ministeriale spiega che tale modifica è stata apportata al fine di indicare

55 MANSANI L.,Invenzioni, cit., p. 527. 56 A causa della mancanza di delega.

44 correttamente la procedura di deposito all’estero della domanda di brevetto. Nuovamente critico sull’intervento legislativo è Mansani58

. Il cambiamento terminologico parrebbe introdurre, secondo l’Autore, una disciplina particolare per i brevetti concessi all’estero. A fianco di vari problemi pratici, sorgerebbero quesiti di costituzionalità per un regime differenziato senza alcuna giustificazione. La miglior soluzione prospettata da Mansani sarebbe di ritenere l’intervento legislativo una «infelice scelta terminologica che lascia inalterata la portata della disposizione»59.

Il decreto correttivo ha inserito all’articolo 6 c.p.i. il comma 1-bis. La norma rimanda alla disciplina della comunione del codice civile e il comma introdotto cerca di ovviare ad alcuni problemi circa «l’irreperibilità o alla mancanza di interesse da parte di uno degli aventi diritto»60. Tale modifica solleva però altri quesiti, permettendo che ciascuno degli aventi diritto possa compiere quelle azioni che prima richiedevano la maggioranza dei contitolari ex art. 1105 codice civile61,62.

Nel documento LE INVENZIONI DEL DIPENDENTE (pagine 38-44)