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Cap 9: Export, la scelta della PM

9.1 Il contributo delle esportazioni alle performance delle PM

Nella letteratura del commercio internazionale e di strategic management, troviamo diversi studi su, e come, l’internazionalizzazione influenza la performance aziendale. Due dei più comuni obiettivi attribuiti all’espansione internazionale delle PMI, riguardano la crescita e la redditività dell’impresa (Oviatt e McDougall, 1994, 1996)156. Il contributo dell’esportazione alla crescita delle imprese sembra piuttosto “semplice” (Lu e Beamish, 2006). Esportando verso nuovi clienti e verso nuovi mercati geografici, l’impresa amplia la sua base di consumatori e può potenzialmente raggiungere un livello di vendite più elevato. A sua volta, maggiori volumi di vendita forniscono la possibilità di ampliare il volume produttivo e di espandere la propria capacità produttiva

154 Polese F., Un’analisi relazionale dei processi di internazionalizzazione delle imprese minori. Il ruolo

del temporary manager, “Sinergie Italian Journal of Management” 2004, n. 63, p. 120-142

155

Wright M., Ucbasaran D., Internationalization of Small and Medium-sized Enterprises (SMEs) and International Entrepreneurship: A Critique and Policy Implications, “Rgional Studies” 2007, Vol. 41, Issue 7, p. 1013-1030

156 Lu J., Beamish P., SME internationalization and performance: Growth vs profitability, “Journal of

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per soddisfare le richieste del mercato. Ampliando il mercato e creando lo spazio per l’espansione, l’esportazione è considerato un percorso essenziale per la crescita dell’impresa (Lu e Beamish, 2006). Inoltre, i maggiori volumi di vendita e di produzione raggiunti, permettono alle imprese di realizzare economie di scala e aumentare la produttività del lavoro e l’efficienza della gestione (Kogut, 1985; Grant, Jammine e Thomas, 1988). Tale curva di esperienza economica porta una notevole riduzione dei costi e contribuisce direttamente alla redditività dell’impresa. Inoltre, la presenza su più mercati esteri, può portare vantaggi legati all’aumento del potere di mercato, e utili derivanti dalla diversificazione dei ricavi (Ramaswamy, 1992). Infine, l’esportazione contribuisce alla crescita costante e alla redditività in maniera indiretta, attraverso l’opportunità di sviluppare nuove conoscenze sui diversi mercati (Lu e Beamish, 2006)157. Questo apprendimento attraverso l’esperienza di esportazione, potrebbe aiutare le imprese a sviluppare capacità per perseguire le strategie di espansione internazionale più facilmente, in modo da fare da trampolino di lancio per un’ulteriore crescita. Ciononostante molti studi abbiano trovato una relazione positiva tra l’attività di esportazione e le performance aziendali, altri (Westhead et al., 2001; Bloodgood et al., 1996; McDougall e Oviatt, 1996) hanno o smentito tale relazione o, basandosi su variabili diverse (contesto geografico e di settore, strategia specifica dell’impresa, tempistica, ecc..) ed elementi trasversali, non garantiscono una relazione causale tra essi158. Manca cioè un framework teorico condiviso, che dovrebbe guidare i lavori di ricerca. Gli approcci teorici adottati fin’ora in ambito del rapporto export-

performance, sono riconducibili ai seguenti tre159:

Il paradigma “struttura-condotta-performance” (derivante dagli studi di Industrial

Organization), secondo il quale la performance delle esportazioni è determinata

dall’intensità della competizione nei mercati esteri obiettivo dell’impresa, e dalla strategia da quest’ultima realizzata;

Il paradigma “resource-based view”, secondo il quale la performance delle esportazioni dipende dalle risorse e dalle competenze possedute dall’impresa: queste

157 Lu J., Beamish P., SME internationalization and performance: Growth vs profitability, “Journal of

International Entrepreneurship” 2006, Vol. 4, Issue 1, p. 27-48

158

Wright M., Ucbasaran D., Internationalization of Small and Medium-sized Enterprises (SMEs) and International Entrepreneurship: A Critique and Policy Implications, “Rgional Studies” 2007, Vol. 41, Issue 7, p. 1013-1030

159 Silvestrelli S., Pascucci F., Aspetti metodologici critici nelle ricerche di export marketing: dalla

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costituiscono l’origine della competitività aziendale, se sono difficilmente imitabili o sostituibili dalle imprese concorrenti;

L’approccio relazionale, che enfatizza la rilevanza delle relazioni dell’azienda con i soggetti economici del paese estero (e talvolta anche con quelli del paese di origine).

9.1.1 Determinanti esterne ed interne

L’individuazione e l’analisi dei principali fattori che determinano la performance della strategia di marketing internazionale dell’impresa, costituisce un problema, che da tempo attira l’attenzione dei manager aziendali e degli studiosi. Ampia ed approfondita è la letteratura su questo argomento, che non può essere trattato in modo esaustivo in questa sede. Può essere tuttavia utile asserire che i risultati economici e competitivi dell’impresa sui mercati esteri sono determinati dall’interazione di numerosi fattori, i quali possono essere distinti nel modo seguente160:

a) Fattori esterni (influenzano la strategia di internazionalizzazione e le scelte di

marketing internazionale sul mercato estero) suddivisi in due gruppi:

1. fattori collegati al Sistema-Paese estero di destinazione: le normative, la struttura politico-economica, il mercato di consumo, il sistema distributivo, le strategie di marketing delle imprese concorrenti, i valori socio-culturali;

2. fattori relativi al Sistema-Paese di origine dell’impresa: la politica scientifico- tecnologica, la struttura economica-imprenditoriale, gli incentivi pubblici (nazionali o regionali), i servizi alla internazionalizzazione per le imprese, i vantaggi di localizzazione, i valori socio-culturali.

b) Fattori interni, suddivisi in due gruppi:

1. risorse aziendali: le conoscenze tecnologiche, la struttura produttiva, la struttura economico-finanziaria, l’esperienza dell’impresa nell’attività all’estero, la dimensione operativa aziendale, le caratteristiche culturali-professionali del capitale umano;

2. variabili psico-sociali e organizzative: la cultura organizzativa, la propensione all’internazionalizzazione dell’imprenditore e dei manager, le aspettative manageriali relative ai costi, ai profitti e ai rischi, le aspirazioni dei dirigenti in maggiore o minore sintonia con gli obiettivi aziendali, la visione imprenditoriale dell’attività economica.

160 Silvestrelli S., Pascucci F., Aspetti metodologici critici nelle ricerche di export marketing: dalla

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Gli studiosi di management sono principalmente concentrati sulle determinanti interne. Al riguardo, la teoria del grado superiore (the Upper Echelon Theory) elaborata da Hambrick e Mason (1984), evidenzia come le caratteristiche dei manager influenzano le decisioni degli stessi, e di conseguenza, le azioni che intraprendono. La crescente importanza di questi fattori interni per sostenere lo sviluppo internazionale delle PMI, offre quindi interessanti idee di ricerca. La struttura organizzativa, l’insieme delle caratteristiche della gestione, del comportamento imprenditoriale e del capitale umano, rappresentano alcuni degli elementi più rilevanti strettamente legati alla performance internazionale delle imprese161. La letteratura, offre poi un vasto quadro teorico in cui i vari approcci concordano nel suggerire il ruolo centrale e l’influenza giocata dalla proprietà della famiglia in questo processo. In particolare, a livello di piccole e medie imprese, il capitale umano, principalmente in merito al proprietario, è la principale fonte di vantaggio competitivo (Mason e Pauluzzo, 2009). In queste imprese, infatti, il proprietario non solo investe nell’attività d’impresa, ma agisce anche come principale, se non esclusivo decisore e manager aziendale (Glancey, 1998; Miesenböck, 1988; Prince e Van Dijken, 1998; Reid, 1981; Westhead, Ucbasaran, e Wright, 2002). I numerosi contributi riscontrati su questa materia evidenziano diversi aspetti del ruolo imprenditoriale, quali la strategia seguita (Baird, Lyles e Orris, 1994), gli atteggiamenti (Bijmolt e Zwart, 1994; Ogbuehi e Longfellow, 1994), le responsabilità (Dhanaraj e Beamish, 2003), e le esperienze internazionali (Qian, 2002; Reuber e Fischer, 1997), così come altri elementi del capitale umano (Andersson, 2000; Bilkey e Tesar, 1977; Cavusgil, 1993; Herrmann e Datta, 2002; Manolova, Pennello, Edelman e Greene, 2002; McAuley, 1999; Moini, 1995; Trevino e Grosse, 2002; Leonidou e Kaleka, 1998; Leonidou, Katsikeas e Percy, 1998)162.