“L’arte dello sceneggiatore è concepire sequenze di episodi che costruiscono su- spense e catene di eventi. La maggior parte del mio lavoro (come architetto) è
montaggio…montaggio narrativo”102.
Questa affermazione di Rem Koolhaas, il quale agli inizi della sua carriera pro- fessionale, per un breve periodo, fu regista e sceneggiatore103, rileva come la sua
visione dell’architettura sia stata necessariamente influenzata da modelli cinemato- grafici e come la particolarità attribuibile alla narrazione cinematografica consista nel fatto di concatenare una serie di eventi narrativi.
Attraverso il suo sguardo decostruito, il cinema costituisce uno dispositivo narra- tivo molto specifico, in quanto opera una concatenazione di immagini, di significati
e significanti, di elementi e di segni, di tracce e frammenti, di scene e pause e si iscrive in un tessuto articolato attraverso cui viene definito il testo: “questa concate- nazione fa sì che ogni elemento si costituisca a partire dalla traccia presente in esso degli altri elementi della catena e del sistema. Ora tale concatenazione, tale tessuto, è il testo, che non si produce se non nella trasformazione in un altro testo”104.
Allo stesso tempo, in un suo recentissimo libro dal titolo I racconti del progetto, Vit-
torio Gregotti sottolinea come la narrazione cinematografica proponga: “alcuni aspetti specifici che derivano, oltre che dalle possibilità delle scene e sequenze visuali, dal ritmo percettivo a scatti, figlio del principio del montaggio, come ele- mento strutturale della narrazione. È un principio che si trasmette come sistema
102 R. Koolhaas, 2014. Architecture against Architecture: Radical Criticism within the Society of the Spectacle”, “AD
Architecture and film”, n. 112.
103 Si veda R. Koolhaas, in V. Trione, 2014. Il cinema degli architetti, IULM, Milano e Immagini contempora- nee: Rem Koollhaas e DS+R, in C. Molinari, 2018. Architettura in sequenza. Progettare lo spazio dell’esperienza,
Quodlibet, Macerata, pp. 49-53.
104 D. Persico, 2016. Decostruire lo sguardo, op. cit., p. 93.
S. M. Ėjzenštejn, Decostruzione e framing di un disegno di David Burliuk (da: S. M. Ėjzenštejn, Montage and Architecture, “Assemblage”, 10, 1989,
p. 115) L. Moholy-Nagy, Vision, 1947
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Cinema di r
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organizzativo anche nel progetto di architettura”105. La concatenazione di elementi
conduce quindi all’organizzazione della trama, ossia alla messa a sistema dei segni e dei significati raccolti in funzione di una determinata strategia narrativa e di una preventiva intenzionalità. In questo senso, la narrazione cinematografica, a partire dalla decostruzione dello sguardo e del racconto in una serie di scene e blocchi narrativi, procede innanzitutto attraverso la scelta di uno o più sguardi, più punti di vista, poi per addizione di scene, per accumulazione di segni e si attua attraverso le tecniche della postproduzione.
La decostruzione dello sguardo e del racconto avviene specialmente attraverso la tecnica del decoupagé, ossia la principale tecnica di segmentazione filmica che costi-
tuisce il “grado 0 della postproduzione cinematografica”. Raccontare vuol dire selezionare
spazi e inquadrature e organizzare tempi.
Decoupagè è un termine francese traducibile in “suddivisione” o “ritaglio” usato
per indicare la frammentazione cui, scena dopo scena, il cinema sottopone lo spazio. L’area generale di una scena è tagliata in una serie di spazi successivi, cioè di inquadrature, singoli fotogrammi e poi ricomposta. In questa fase, l’operazione fondamentale consiste nella scelta dell’inquadratura e nel ritaglio dello spazio. Attraverso tale tecnica il regista individua nella sceneggiatura le singole scene da effettuare, le numera, ed indica a margine il tipo di inquadratura che occorrerà, in
funzione della costruzione della trama narrativa.
Allo stesso tempo, il decoupagè può indicare l’operazione attraverso la quale il mon-
tatore, in fase di postproduzione, manipola ulteriormente le singole scene, scom- ponendole, ritagliandole, riordinandole; oppure l’operazione attraverso la quale, a partire da un film già fatto, si intende decomporlo per poi ricomporlo in un nuovo script.
La decostruzione del racconto, infatti, come si è precedentemente detto, può av- venire non solo attraverso la frammentazione e l’alterazione spazio-temporale, ma anche recuperando elementi del passato e/o dell’immaginario collettivo.
In quest’ultimo caso, più che di decoupagè inteso come segmentazione si parla di de- coupagè mentale, che si basa sul riutilizzo di frammenti filmici, in qualità di citazioni
o di inserti, che si presentano come tracce mnestiche, e sulla possibilità di ricom- porli in una fase successiva in un nuovo montaggio che li rievoca, come avveniva nelle sue Histoire(s) du cinéma di Godard.
Attraverso queste diverse declinazioni del decoupagè risulta chiaro che l’atto del rac-
contare106 può variare a seconda di come il regista decida di intrecciare la durata
degli avvenimenti e la successione degli eventi. Di conseguenza, si può dunque decidere se narrare gli avvenimenti seguendo una successione temporale e logica e quindi lineare o se invece manipolare la dinamica dei fatti e renderli intrecciati nel tempo e dello spazio, per poi raggiungere probabilmente lo spannung, ossia il
momento di massima tensione.
È possibile inoltre ritrovarsi, di volta in volta, di fronte a uno o più racconti nello stesso film che vengono articolati come testi paralleli (attraverso il montaggio alternato), oppure come trame intrecciate, oppure con inversioni narrative, realizzate attraverso l’uso del flashback (analessi, retrospezione), ossia una curvatura
all’indietro del tempo e flashforward (prolessi, anticipazione) che invece trasporta in
avanti.
Le modalità del racconto cinematografico mettono in campo una serie di specifi- che tecniche, alcune delle quali - che risultano maggiormente utili nel parallelo con il progetto della rovina - sono di seguito prese in considerazione, attraverso alcuni esempi filmici e alcuni “richiami” architettonici. Nel terzo capitolo poi, a partire da tali tecniche, saranno sistematizzate alcune modalità di postproduzione della rovina attuabili attraverso specifiche azioni, approfondite attraverso riferimenti progettuali.
105 V. Gregotti, 2018, I racconti del progetto, Skira,
Milano, p. 127.
106 Si può operare una distinzione tra la storia rac-
contata e l’atto del raccontare, cioè il discorso: la storia
è cosa viene raccontato, il discorso è il come. S. M. Ėjzenštejn, Rifacimento della scomposizione del
ritratto di M. N. Ermolova di V. A. Serov (fig.23 in Teoria generale del montaggio, Ėjzenštejn)
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