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J. Hejduk, Victims, 1984.

182 183 Capitolo III Architettura, r ovina e postpr oduzione. Intersezioni

compiuta in Inghilterra, grazie soprattutto al drammaturgo Ben Jonson.

Attraverso l’utilizzo di tale forma narrativa, Hejduk immagina e riproduce delle strutture architettoniche che incarnano un personaggio, realizzate in base alla co- struzione di relazioni che generano con gli altri elementi più che da una specifica identità e che rappresentano la correlazione problematica tra l’essere umano e i simboli che dovrebbe rappresentare. Tutti i progetti legati alle masques che Hejduk

realizza intervengono in luoghi legati ad una forte memoria collettiva ma in stato di abbandono. L’architetto statunitense utilizza lo strumento del progetto per far rivivere le figure che abitavano il luogo mettendole in relazione con i cittadini contemporanei e proiettando così il sito verso il suo futuro, descrivendo una sorta di città variabile e incrementale47.

Le strutture architettoniche sono state sviluppate da Hejduk mediante piccoli schizzi di sagome o prospettive. Di particolare interesse per queste argomentazio- ni, risulta il fatto che uno dei disegni mostra le strutture allineate in una griglia e numerate in ordine sequenziale, quasi a costituire una sorta di racconto da met- tere in sequenza, o meglio uno storyboard. Le costruzioni infatti sono tutti ogget-

ti autonomi configurati come personaggi di un film o di una rappresentazione teatrale; ognuna di esse ha un nome che indica il ruolo del singolo oggetto nella 47 cfr. M. Fabrizi, 2015. “A Growing, Incremental

Place – Incremental Time: “Victims”, a Project by John Hejduk (1984)”, in Socks. http://socks-studio. com/2015/11/01/a-growing-incremental-place-incremental- time-victims-a-project-by-john-hejduk-1984/.

costruzione del progetto. Hejduk articola la narrativa del progetto come una pièce

teatrale-filmica, e, allo stesso tempo, il progetto è la narrativa. Le maschere sono rappresentate tramite testo e disegni, e costituiscono un compendio di simboli, storia e performance, con lo scopo di condurre chi guarda il progetto ad una più profonda comprensione del ruolo del cittadino nella creazione di una comunità. La pianta di Victims è una vera e propria mappa di segni. Si leggono una serie di

“scarabocchi” e sovrapposizioni di linee, come se fosse un disegno di Paul Klee, in cui il campo visivo galleggia dietro e davanti alle figure. I movimenti di questo disegno bidimensionale sono tali che sembrano muoversi in tre dimensioni, dando la percezione che la pagina decolli. Il sito viene re-interpretato tra i livelli e gli strati del tempo, tra disegni e testo, tra segni e nuove narrazioni48.

Tali argomentazioni conducono a pensare che sia possibile operare un paralleli- smo tra architettura e narratività in cui, come afferma Paul Ricoer, “l’architettura sarebbe per lo spazio ciò che il racconto è per il tempo, vale a dire un’operazione “configurante”; un parallelismo tra costruire, vale a dire edificare nello spazio e raccontare, cioè intrecciare nel tempo”49. Per Ricoer, infatti, l’architettura della

città deve essere costruita come qualcosa “in cui il tempo raccontato e lo spazio costruito non si lasciano pensare separatamente”50. Se l’architettura dimentica il

proprio apparato narrativo, lo distacca dal proprio ruolo51, si riduce a semplice

corpo che, terminata la propria fisiologica vitalità, non è difeso da nessuno se non, appunto, per mere ragioni economiche.

In questa ottica, il progetto può configurarsi come una “narrazione”, o meglio come “organizzazione della trama narrativa”. Tenendo tuttavia presente che il rac- conto per gli architetti non è “quella descrizione interpretativa di un fatto imma- ginato e compiuto, ma quella dell’organizzazione complessiva del progetto che trasforma in un insieme di forme di senso coerenti i materiali offerti dall’espe- rienza stessa, conquista un inizio e una fine creativamente fondato che propone un’architettura altra, capace di affrontare in modo specifico, necessario e compiuto

la pluralità instabile delle immagini, silenzi, spazi, memorie ed usi, le schegge di esperienze che la circondano nel tempo”52.

“Narrazione”, dunque, per indicare l’ordine possibile delle percezioni spaziali, del- le sequenze in un racconto come in una composizione filmica. Lo sviluppo line- are, la ripetizione, la variazione, la gerarchia tra le parti, le sequenze, il sistema di dialettica tra la memoria e il tempo, sono tutti elementi da organizzare all’interno del racconto. Secondo Gregotti: “la narrazione cinematografica dell’architettura propone

alcuni aspetti specifici che derivano, oltre che dalle possibilità della sequenza visua- le, dal ritmo percettivo a scatti, figlio del principio del montaggio, come elemento strutturale della narrazione. È un principio che si trasmette come sistema organiz-

48 “Site is place occupied by something; that something is architecture. The architecture is the layers of an ecological and historical consciousness. Intertwined ghosts of memory haunt each layer of the site. Architecture rises from these layers, considering present, past and future. Architecture is the sites mo- bility and layered, like twisted folds of time, images, and memory. No site is ever empty. Site is defined by the mark of the human being: a building or the boundary defined by the eye. If sight is the old En- glish for seen, and if what is to see is to “follow with the eyes, then this site can be one in real time or that which is “beheld in the imagination or in a dream.”. And site is defined by what is permitted there, and by what is permitted to be seen. Or by what is let alone there. Or by what the sight is allowed to leave behind”. Introduzione a: J. Hejduk, 1986. Victims.

Architectural Association, London, p. II.

49 cfr. P. Ricoeur, 2008. “Architettura e narratività”, in Leggere la città, F. Riva (ed.), Città aperta, Troina.

50 P. Ricoeur, 2008. Ibidem, p. 102.

51 Si veda: R. Venturi, D. S. Brown, S. Izenour,

Imparare da Las Vegas. Il simbolismo dimenticato della forma architettonica, M. Orazi (ed.), 2010. Quodlibet,

Macerata, in cui si affronta il problema della capacità e volontà narrativa dell’architettura.

52 V. Gregotti, 2018. I racconti del progetto, Skira,

Milano, p. 12. L. Niero, Collage:

184 185 Capitolo III Architettura, r ovina e postpr oduzione. Intersezioni 53 V. Gregotti, 2018. Ibidem, p. 127.

54 G. Corbellini, 2016. Lo spazio dicibile. Architettura e narrativa, LetteraVentidue, Siracusa, p. 26.

55 T. Matteini, 2009. Paesaggi del tempo. Documenti archeologici e rovine artificiali nel disegno di giardini e paesaggi,

Alinea, Firenze, pp. 129-132.

56 R. Bocchi, 2010. “Le strutture narrative e il proget- to di paesaggio”, pp. 41-50, in C. Olmi (ed.), Il Parco dell’Ariosto e del Boiardo. Progetti di luoghi come esercizi di fantasia, Quodlibet, Macerata, pp. 41-42.

57 R. Bocchi. 2010. Ibidem, p. 42.

zativo anche nel progetto di architettura”53. Tale tipo di narrazione implica, dun-

que, una lettura interpretativa dell’opera che si configura attraverso un racconto nuovo e plurimo. Questi esempi e queste argomentazioni fanno emergere come il progettista sia coinvolto “in un continuo processo di interpretazione dei contenuti narrativi sovrapposti allo spazio e alle sue caratteristiche tridimensionali”54, specie

nel caso di un progetto legato alle rovine.