André Habib nella sua tesi dottorale dal titolo Le temps décomposé: cinéma et imaginaire de la ruine156 dimostra come cinema e rovina siano connessi attraverso il particolare
rapporto che entrambi instaurano con la dimensione temporale. Il tempo “puro” della rovina157 e il tempo cinematografico presentano delle caratteristiche comuni.
Non si tratta di un tempo lineare e consequenziale, ma di un tempo discontinuo, sovrapposto, stratificato, arrestato, tagliato o dilatato: si tratta di un tempo “de- composto”, un tempo “in movimento”. Il tempo cinematografico - come il tempo della rovina - scrive Deleuze158: “non è solo ciò che scorre e fluisce, ma è soprat-
tutto ciò che resta e coesiste”. Uno dei principali aspetti che lega la specificità del dispositivo filmico al concetto di rovina è, dunque, la “capacità di manipolare e percepire la dimensione temporale nello spazio”159.
La rovina è “tempo spazializzato” mentre il cinema è “tempo filmato”.
D’altronde, come si è detto in precedenza, una delle principali caratteristiche delle rovine consiste proprio nella capacità di far “collassare le temporalità”, il che ne implica la definizione di luoghi del “ri-orientamento temporale”160. A tal proposi-
to, di grande interesse risulta il fatto che, secondo George Simmel, tale concezio- ne della rovina si ponga proprio come una conseguenza delle nuove prospettive aperte dalle scoperte e dalle invenzioni dell’inizio del XX secolo, prima fra tutte la nascita del cinema, strumento che ha implementato la capacità dell’uomo di visualizzare e rimodulare la temporalità.
Come la rovina, anche il cinema è un luogo di ri-orientamento temporale, o me- glio il luogo delle specifiche tecniche che operano la manipolazione del tempo. Queste operazioni sono rese possibili attraverso le tecniche cinematografiche, in particolare le tecniche del montaggio, utilizzate in fase di postproduzione. Infatti, come scrive Deleuze: “il montaggio è quell’operazione che fa leva sulle immagi- ni-movimento per liberarne il tutto, l’idea, cioè l’immagine del tempo”161. Il mon-
156 cfr. A. Habib, 2008. Le temps décomposé: cinéma et imaginaire de la ruine. Université de Montréal,
Département de Littérature comparée Faculté des Arts et sciences, option littérature et cinéma. Montréal, Canada.
157 cfr. M. Augé, 2004. Rovine e Macerie. Il senso del tempo, Bollati Boringhieri, Torino [ed. originale: Le temps en ruines, Éditions Galilée, coll. “Lignes fictives”,
Paris 2003].
158 G. Deleuze, 1990. Pourparlers, Paris, Minuit, p.
105: “[Le cinéma] conserve à contre-temps, parce que le temps cinématographique n’est pas ce qui coule, mais ce qui dure et coexiste”.
159 A. Habib, 2008. op. cit., p. 29.
160 G. Simmel, 1919. “Die Ruine”, in Philosophische Kultur. Gesammelte Essays, Klinkhardt, Leipzig, p. 135.
161 G. Deleuze, 2016. L’immagine-movimento. Cinema 1,
Einaudi editore, Torino, p. 39. [ed. originale: G. De- leuze, 1983. L’image-mouvement. Cinéma 1, Les Èditions
de Minuit, Paris].
In-motion. Manipolare il tempo
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Cinema di r
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taggio e la postproduzione sono qui dunque guardati attraverso le loro caratteristi- che spaziali, tese a generare il movimento liberando il tempo.
Il dispositivo filmico consente di operare una manipolazione del tempo nel suo fluire determinando una costante re-invenzione dello spazio, così come la rovina costituisce una forma del tempo, o meglio un “non finito” figurativo capace di ispirare nuove virtualità.
La rovina in movimento, di cui si è parlato nel primo capitolo162, può dunque essere
qui intesa come “dispositivo cinetico”, una sorta di “pellicola in movimento”. In cui con “dispositivo”, in questo caso, si vuole richiamare la definizione fornita da Deleuze quando scrive che un dispositivo: “è innanzitutto una matassa, un insieme multilineare, composto di linee di natura diversa. Queste linee nel dispo- sitivo non delimitano né circoscrivono sistemi di per sé omogenei, ma seguono direzioni, tracciano processi in perenne disequilibrio; talvolta si avvicinano, tal- volta si allontano le une dalle altre. Ogni linea è spezzata, soggetta a variazioni di direzione, biforcante e biforcuta, soggetta a derivazioni. […] Non hanno affatto contorni definiti una volta per tutte, ma sono catene di variabili”. E poi continua: “sciogliere la matassa delle linee di un dispositivo significa ogni volta tracciare una carta, cartografare, misurare terre sconosciute; e questo è ciò che Foucault chiama ‘la ricerca sul campo’. Bisogna disporsi su quelle linee che non soltanto formano un dispositivo, ma l’attraversano e lo spostano da nord a sud, da est a ovest o in diagonale”163.
Questa definizione può ben far comprendere un’interpretazione di rovina come dispositivo cinetico e progettuale che si presenta attraverso il costante “cambia- mento nella durata”, cambiamento legato al tempo, all’identità e alla forma, come luogo di tutti i possibili nuovi “movimenti”, come un “non finito” in continuo divenire che decompone e trasforma la dimensione spazio-temporale.
In questa ottica, diviene chiaro il possibile parallelo con le modalità di decomporre il tempo e lo spazio, attraverso le immagini-movimento, operate dal cinema. Per Bruno Munari il cinema è in primo luogo “una tecnica per modificare la
dimensione temporale”164. Il dispositivo filmico viaggia nel tempo, sa rendere
presente il passato, può anticipare il futuro, può lasciare il presente, arrestarlo, farvi ritorno e farlo ripartire. Il cinema racconta, plasma, rimodella e manipola la dimensione temporale: è una vera e propria “macchina del tempo” - come la rovina - o meglio “è quella macchina capace di far “affondare” le forme “umane”, psicologiche, selettive, nel grande magma della materia-flusso, o di far emergere le forze pure del tempo”165.
In realtà, lo strumento filmico nasce, tra la fine dell’ ‘800 e i primi anni del ‘900, con il preciso obiettivo di “registrare il movimento”, come è dimostrato dal primo 162 Si veda il Capitolo I: “Rovine. Intepretazioni”,
con particolare riferimento al paragrafo “Movimenti. La rovina in movimento”.
163 G. Deleuze, 2017. Che cos’è un dispositivo?, Crono-
pio, Napoli, pp. 11-12. [ed. originale: G. Deleuze. 1989. Qu’est-ce qu’un dispositif? Èditions du Seuil, Paris]
164 V. Trione, 2014. Il cinema degli architetti, op. cit., p.
34.
165 cfr. J-L. Godard, 1998. Le cinéma est fait puor penser l’impensable, op. cit..
film proiettato nel 1896 dai fratelli Lumière: quel ben noto treno che entrando “in movimento” nella stazione Saint Lazare di Parigi segna la nascita del cinema “terro-
rizzando gli spettatori presenti!”. Tuttavia, subito diviene chiara la capacità del ci- nema di dar vita ad una dimensione spazio-temporale “parallela” che, pian piano, ha modificato profondamente il modo di percepire, fruire e progettare la realtà. Per Schefer, infatti, ciò che il cinema introduce nell’immagine, non è solo il mo- vimento, ma principalmente il tempo, anzi “il movimento sarebbe nato come un incidente di registrazione del tempo […] e questo accenno di tempo cambierà radi- calmente la durata del mondo”166.
A tal proposito, sembra necessario accennare al fatto che nella contrapposizione elaborata da Bergson tra il tempo inteso come durata nella coscienza e il tempo mi- surabile della matematica e degli orologi, a cui si rifà Deleuze, il tempo cinemato- grafico si presenti come l’esempio tipico del falso movimento: esso, infatti, procede con due dati complementari, delle sezioni istantanee che si chiamano “immagini” e un “movimento” o tempo impersonale, uniforme e astratto, che è nella macchina da presa e con cui si fanno “sfilare” le immagini. Il cinema dunque ricostruisce il movimento a partire da delle sezioni immobili.
Deleuze rileva una questione di fondamentale importanza, ossia che: “il cinema procede con fotogrammi, cioè con sezioni immobili, 24 immagini al secondo. Tut- tavia quanto ci mostra non è il fotogramma, bensì un’immagine intermedia alla quale il movimento non si aggiunge e non si addiziona: il movimento appartiene all’immagine intermedia come dato immediato. Insomma il cinema non ci dà un’immagine alla quale aggiungerebbe movimento, ci dà immediatamente un’im- magine-movimento”167.
È chiaro dunque che il tempo e il movimento costituiscano gli strumenti specifici del cinema. Un movimento che si distingue dallo “spostamento”, poiché lo spo- stamento è qualcosa che si lega esclusivamente allo spazio, mentre il movimento
è legato appunto al tempo. Un movimento che cambia nel tempo, il quale viene
“decomposto” nelle immagini-movimento.
L’immagine in movimento del cinema è stata e resta un eccezionale strumento di conoscenza e ricerca per l’indagine dell’architettura e della città. I registi pensano attraverso immagini-movimento e immagini-tempo invece che con concetti e il loro sguardo predispone percorsi che giustificano l’analogia con lo sguardo dell’ar- chitetto quando immagina e progetta percorsi, sequenze, articolazioni spaziali e formali. Per Le Corbusier, ad esempio, il cinema costituisce uno straordinario stru- mento per esaminare “la sequenza in movimento, enfatizzando l’azione dinamica di attraversamento dello spazio nel tempo”168.
166 cfr. J. L. Schefer, 1997. Du monde et du mouvement des images, coll. «Essais», Cahiers du cinéma, Paris.
167 G. Deleuze, 2016. L’immagine-movimento. Cinema 1, op. cit., p. 6.
168 cfr. Le Corbusier in V. Trione 2014. Il cinema degli architetti, op. cit., pp. 129-135.
E. Muybridge, Scomposizione sequenziale del moto nelle foto di movimento, 1878
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Attraverso lo strumento filmico e le sue tecniche si rende dunque possibile una modulazione spazio-temporale grazie alla quale il tempo assume il potere di dila- tarsi o concentrarsi e il movimento assume il potere di rallentare o accelerare. “È il movimento stesso che si decompone e ricompone. Si decompone secondo gli elementi tra i quali gioca in un insieme: quelli che restano fissi, quelli ai quali è attribuito il movimento, quelli che fanno o subiscono tale movimento semplice o divisibile… Ma si ricompone anche in un grande, complesso movimento indivisi- bile secondo il tutto di cui esprime il cambiamento”169.
La capacità di manipolare il tempo e lo spazio attraverso il movimento, propria del cinema, costituisce uno strumento di grande interesse per indagare la rovina architettonica, in quanto consente di intenderla dispositivo cinetico del tempo architettonico, come dispositivo spaziale che, attraverso l’azione progettuale, è pos- sibile ri-attraversare ed esperire nel tempo e nello spazio.