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Il dolo specifico quale ‘selettore’ del tipo

Nel documento Il dolo nella bancarotta (pagine 160-176)

L’efficacia selettiva del dolo della bancarotta fraudolenta

3. Il dolo specifico quale ‘selettore’ del tipo

Si è appena visto che le fattispecie a dolo specifico sembrano caratterizzarsi per una minor capacità selettiva del fatto, che deve necessariamente accompagnarsi al mo- vente tipizzato per giungere ad un sufficiente livello di determinatezza e di univocità di offesa del bene giuridico33. In effetti, anche un loro esame superficiale rivela chia-

ramente alcuni dati di rilievo: a) l’esposizione o il riconoscimento di passività inesi- stenti (art. 216, comma 1, n. 1, secondo periodo) non sono atti che sono soggettiva- mente univoci, poiché possono essere il frutto di un semplice errore, ovvero essere diretti ad ingannare altri soggetti (come, ad esempio, l’Erario); b) le fattispecie do- cumentali possono parimenti essere rette da un movente distinto, come il fine di sot- trarsi alla responsabilità penale (occultando ‘fondi neri’ impiegati per delitti di cor- ruzione, ovvero ancora il fine di ottenere un indebito risparmio d’imposta); c) la condotta di simulazione di titoli di prelazione e il pagamento preferenziale del credi- to non hanno una caratterizzazione certa in punto di oggettività, richiedendo neces- sariamente l’apporto selettivo del dolo specifico, che può peraltro qualificarsi distin- tamente in ragione delle due ipotesi34.

Ciò posto, va tuttavia osservato che il dolo specifico delle fattispecie di banca- rotta non è sempre uguale a se stesso, anche se è sempre connotato dallo scopo di recare pregiudizio ai creditori; al contrario, esso assume un ruolo diverso in ragio-

32 In questi termini P. Nuvolone, Il diritto penale del fallimento, cit., 71 ss.

33 Per tutti, cfr. F. Palazzo, Il principio di determinatezza nel diritto penale, Padova 1979, 332 ss. 34 Analogamente P. Nuvolone, Il diritto penale del fallimento, cit., 72 ss.

ne del singolo titolo di reato coinvolto e dei suoi rapporti con le altre fattispecie incriminatrici. In ogni caso, il dolo specifico, al contempo ‘tipico’ e ‘trascendente’ il fatto, deve avere ad oggetto una finalità non necessariamente implicata nella vo- lizione dell’oggetto del dolo, altrimenti non specificherebbe alcunché: lo scopo, selezionato dal legislatore tra quelli possibili, è un elemento essenziale del reato35,

ed è dunque anche esclusivo – proprio in quanto elettivo – essendo penalmente ir- rilevante di ogni altro movente36.

In questo senso, pertanto, si impone una trattazione separata dei vari illeciti, che ne metta in luce le particolarità ma che mostri ugualmente il fil rouge che avvince le ipotesi in esame. Dalla fattispecie di esposizione o riconoscimento di passività inesi- stenti, perlopiù negletta nella prassi e nella dottrina, si procederà al cuore della trat- tazione con le fattispecie documentali, lette nel loro rapporto di alternatività tra dolo generico e specifico, nonché alla luce della ‘metamorfosi’ che interviene nella forma post-fallimentare. Infine, pur essendo in qualche modo estranea al nucleo centrale della bancarotta fraudolenta – dalla quale si distingue anche per la notevole riduzio- ne del compasso edittale – pare impossibile prescindere da un compiuto esame delle caratteristiche del dolo specifico della bancarotta preferenziale e dal suo raffronto con il principio costituzionale di offensività.

3.1 – Il dolo specifico differenziale della bancarotta ‘da esposizione o riconoscimento di passività inesistenti’

La fattispecie in esame, prevista al secondo periodo dell’art. 216, n. 1, si colloca sul piano delle fattispecie che comportano una diminuzione fittizia della garanzia, posto che la condotta si concreta nel far risultare un patrimonio di entità minore a mezzo della manomissione dei relativi documenti. In questo senso, deve subito distinguersi la simulazione di titoli di prelazione, che dà vita al più lieve delitto di bancarotta preferenziale ex art. 216, comma 3; così come il fatto di chi contrae nuove passività effettive, rilevante non a titolo di bancarotta fraudolenta, ma ai sensi dell’art. 218 l.f. (pur con la precisazione, a livello temporale, che l’insolvenza dell’impresa deve già

35 In questi termini M. Gelardi, Il dolo specifico, Padova 1996, 163 ss.

36 In tema cfr. A. Moro, L’antigiuridicità penale, Palermo 1947, 123 ss.; L. Picotti, Il dolo specifico. Un’indagine sugli “elementi finalistici” delle fattispecie penali, Milano 1993, 520 ss. Sul tema del dolo

specifico, in una più ampia prospettiva, oltre alla manualistica e alle voci enciclopediche già citate, cfr. M. Finzi, Il cosiddetto “dolo specifico”. Volizioni dirette verso un risultato che sta fuori degli atti

esterni di esecuzione di un reato, in Studi in memoria di Arturo Rocco, vol. I, Milano 1952, 383 ss.; C.

Pedrazzi, Il fine dell’azione delittuosa, in Riv. it. dir. pen., 1950, 259 ss.; A. Malinverni, Scopo e

movente nel diritto penale, Torino 1955, 150 ss.; F. Bricola, Considerazioni esegetiche sul dolo specifico del reato di falso in scrittura privata, in Arch. pen., 1960, 63 ss.; N. Mazzacuva, Sciopero o serrata per “coazione alla pubblica autorità”: ovvero a proposito del dolo specifico quale (unico) elemento di disvalore della fattispecie, in Riv. giur. lav., 1983, IV, 177 ss.; L. Picotti, Il dolo specifico,

cit., in part. 471 ss., 533 ss. e 578 ss; M. Gelardi, Il dolo specifico, cit., in part. 147 ss., 255 ss. e 343 ss.; E. Morselli, Condotta ed evento nella teoria del reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1998, 1112 ss.; G. Ruggiero, Gli elementi soggettivi della tipicità. Indagine sui rapporti tra tipicità e antigiuridicità nella

teoria generale del reato, Napoli 2011, 8 ss.; G. Marinucci, Soggettivismo e oggettivismo nel diritto penale. Uno schizzo dogmatico e politico-criminale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2011, 6 ss. e 11 ss.

gnanza al livello delle altre, già abbastanza solide da non richiedere l’esplicitazione del movente tipizzato32.

L’elemento comune dei profili soggettivi della bancarotta fraudolenta è uno, in ogni caso: la volontà diretta all’offesa dell’interesse patrimoniale dei creditori, la quale è fatta palese nei delitti a dolo specifico ed è invece implicitamente sottesa alle fattispecie soggettivamente pregnanti; volontà che deve definirsi ‘di frode’ sia in os- sequio alla rubrica dell’art. 216, sia in ragione del mezzo non violento attuato per il raggiungimento dello scopo.

L’indicazione metodologica che pare chiaramente estrapolabile da queste prime conclusioni è notevolmente significativa ed in controtendenza rispetto ad una certa lettura degli illeciti fallimentari. Si conferma, infatti, che le fattispecie a dolo generi- co, lungi dall’essere caratterizzate per un quid minus rispetto a quelle a dolo specifi- co, costituiscono al contrario le fattispecie più intensamente caratterizzate in termini di offensività e più determinate dal punto di vista soggettivo. Le altre fattispecie rie- scono ad allinearsi unicamente facendo ricorso al movente tipizzato in qualità di se- lettore di fattispecie oggettive soggettivamente equivoche. In questa prospettiva, pertanto, il dolo generico non deve essere certamente oggetto di una svalutazione, bensì valorizzato nella sua componente strettamente psicologica e, soprattutto, nella sua capacità conformatrice del fatto tipico.

3. Il dolo specifico quale ‘selettore’ del tipo

Si è appena visto che le fattispecie a dolo specifico sembrano caratterizzarsi per una minor capacità selettiva del fatto, che deve necessariamente accompagnarsi al mo- vente tipizzato per giungere ad un sufficiente livello di determinatezza e di univocità di offesa del bene giuridico33. In effetti, anche un loro esame superficiale rivela chia-

ramente alcuni dati di rilievo: a) l’esposizione o il riconoscimento di passività inesi- stenti (art. 216, comma 1, n. 1, secondo periodo) non sono atti che sono soggettiva- mente univoci, poiché possono essere il frutto di un semplice errore, ovvero essere diretti ad ingannare altri soggetti (come, ad esempio, l’Erario); b) le fattispecie do- cumentali possono parimenti essere rette da un movente distinto, come il fine di sot- trarsi alla responsabilità penale (occultando ‘fondi neri’ impiegati per delitti di cor- ruzione, ovvero ancora il fine di ottenere un indebito risparmio d’imposta); c) la condotta di simulazione di titoli di prelazione e il pagamento preferenziale del credi- to non hanno una caratterizzazione certa in punto di oggettività, richiedendo neces- sariamente l’apporto selettivo del dolo specifico, che può peraltro qualificarsi distin- tamente in ragione delle due ipotesi34.

Ciò posto, va tuttavia osservato che il dolo specifico delle fattispecie di banca- rotta non è sempre uguale a se stesso, anche se è sempre connotato dallo scopo di recare pregiudizio ai creditori; al contrario, esso assume un ruolo diverso in ragio-

32 In questi termini P. Nuvolone, Il diritto penale del fallimento, cit., 71 ss.

33 Per tutti, cfr. F. Palazzo, Il principio di determinatezza nel diritto penale, Padova 1979, 332 ss. 34 Analogamente P. Nuvolone, Il diritto penale del fallimento, cit., 72 ss.

ne del singolo titolo di reato coinvolto e dei suoi rapporti con le altre fattispecie incriminatrici. In ogni caso, il dolo specifico, al contempo ‘tipico’ e ‘trascendente’ il fatto, deve avere ad oggetto una finalità non necessariamente implicata nella vo- lizione dell’oggetto del dolo, altrimenti non specificherebbe alcunché: lo scopo, selezionato dal legislatore tra quelli possibili, è un elemento essenziale del reato35,

ed è dunque anche esclusivo – proprio in quanto elettivo – essendo penalmente ir- rilevante di ogni altro movente36.

In questo senso, pertanto, si impone una trattazione separata dei vari illeciti, che ne metta in luce le particolarità ma che mostri ugualmente il fil rouge che avvince le ipotesi in esame. Dalla fattispecie di esposizione o riconoscimento di passività inesi- stenti, perlopiù negletta nella prassi e nella dottrina, si procederà al cuore della trat- tazione con le fattispecie documentali, lette nel loro rapporto di alternatività tra dolo generico e specifico, nonché alla luce della ‘metamorfosi’ che interviene nella forma post-fallimentare. Infine, pur essendo in qualche modo estranea al nucleo centrale della bancarotta fraudolenta – dalla quale si distingue anche per la notevole riduzio- ne del compasso edittale – pare impossibile prescindere da un compiuto esame delle caratteristiche del dolo specifico della bancarotta preferenziale e dal suo raffronto con il principio costituzionale di offensività.

3.1 – Il dolo specifico differenziale della bancarotta ‘da esposizione o riconoscimento di passività inesistenti’

La fattispecie in esame, prevista al secondo periodo dell’art. 216, n. 1, si colloca sul piano delle fattispecie che comportano una diminuzione fittizia della garanzia, posto che la condotta si concreta nel far risultare un patrimonio di entità minore a mezzo della manomissione dei relativi documenti. In questo senso, deve subito distinguersi la simulazione di titoli di prelazione, che dà vita al più lieve delitto di bancarotta preferenziale ex art. 216, comma 3; così come il fatto di chi contrae nuove passività effettive, rilevante non a titolo di bancarotta fraudolenta, ma ai sensi dell’art. 218 l.f. (pur con la precisazione, a livello temporale, che l’insolvenza dell’impresa deve già

35 In questi termini M. Gelardi, Il dolo specifico, Padova 1996, 163 ss.

36 In tema cfr. A. Moro, L’antigiuridicità penale, Palermo 1947, 123 ss.; L. Picotti, Il dolo specifico. Un’indagine sugli “elementi finalistici” delle fattispecie penali, Milano 1993, 520 ss. Sul tema del dolo

specifico, in una più ampia prospettiva, oltre alla manualistica e alle voci enciclopediche già citate, cfr. M. Finzi, Il cosiddetto “dolo specifico”. Volizioni dirette verso un risultato che sta fuori degli atti

esterni di esecuzione di un reato, in Studi in memoria di Arturo Rocco, vol. I, Milano 1952, 383 ss.; C.

Pedrazzi, Il fine dell’azione delittuosa, in Riv. it. dir. pen., 1950, 259 ss.; A. Malinverni, Scopo e

movente nel diritto penale, Torino 1955, 150 ss.; F. Bricola, Considerazioni esegetiche sul dolo specifico del reato di falso in scrittura privata, in Arch. pen., 1960, 63 ss.; N. Mazzacuva, Sciopero o serrata per “coazione alla pubblica autorità”: ovvero a proposito del dolo specifico quale (unico) elemento di disvalore della fattispecie, in Riv. giur. lav., 1983, IV, 177 ss.; L. Picotti, Il dolo specifico,

cit., in part. 471 ss., 533 ss. e 578 ss; M. Gelardi, Il dolo specifico, cit., in part. 147 ss., 255 ss. e 343 ss.; E. Morselli, Condotta ed evento nella teoria del reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1998, 1112 ss.; G. Ruggiero, Gli elementi soggettivi della tipicità. Indagine sui rapporti tra tipicità e antigiuridicità nella

teoria generale del reato, Napoli 2011, 8 ss.; G. Marinucci, Soggettivismo e oggettivismo nel diritto penale. Uno schizzo dogmatico e politico-criminale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2011, 6 ss. e 11 ss.

essere manifesta e dissimulata)37. Nondimeno, è innegabile una qualche rilevanza

indiretta dell’indebitamento, anche nell’ambito della bancarotta fraudolenta patri- moniale, posto che esso riduce il margine di libera disponibilità dell’imprenditore e può giungere ad essere strumentale ad una sottrazione di attività. In breve, il para- metro di liceità non è dato dall’indebitamento come tale, ma dalle utilità che l’imprenditore può eventualmente trarre dal credito ottenuto38.

La distinzione accennata non è priva di riverberi sistematici: mentre con la

deminutio prodotta a mezzo delle condotte di bancarotta patrimoniale il soggetto

tende a procurarsi un profitto, nelle ipotesi di diminuzione fittizia previste dal se- condo periodo dell’art. 216, n. 1, l’autore del reato commette un fatto prodromico alla sottrazione di attività con lo scopo di produrre un danno ai creditori, ancoran- do una quota del patrimonio al soddisfacimento degli pseudo-creditori e, pertanto, sottraendola a quelli effettivi39.

Come si è accennato, l’affinità dell’oggetto materiale consente di assimilare l’illecito in esame alle fattispecie documentali piuttosto che a quelle a matrice strettamente patrimoniale e incidenti con una reale diminuzione sul patrimonio del

decoctor40; nondimeno, l’esposizione-riconoscimento di una passività inesistente

differisce chiaramente anche dalle prime, trattandosi di un falso ideologico che non cade sulle scritture contabili41.

L’alternativa tra ‘esposizione’ e ‘riconoscimento’ apre in quest’ultimo caso l’orizzonte sulla possibilità di una collusione con il creditore fittizio in qualità di concorrente nel reato; questi, tuttavia, non deve qualificarsi come coautore necessa- rio, posto che può anche essere in buona fede42. La casistica generalmente ricordata

in dottrina è quella relativa all’iscrizione nel bilancio di una passività anche parzial- mente fittizia, ovvero all’inclusione di un credito insussistente nei documenti pre- sentati al curatore ex art. 86 l.f., ovvero ancora all’acquiescenza rispetto a pretese infondate nei confronti dell’imprenditore medesimo. Nel diritto vivente, peraltro, si afferma comunemente che non è sufficiente una ammissione episodica e priva di tracce, ma è invece necessario che sia posta in essere la simulazione di una situazio- ne giuridica vincolante; peraltro, la stessa giurisprudenza ha ristretto la nozione di ‘passività’ (di per sé comprendente qualunque elemento di contenuto negativo), li- mitandola invece ad un’accezione contabile, per la quale risultano escluse le compo- nenti negative del reddito, anche se fittizie43.

37 V. Napoleoni, Notule rapsodiche sulla bancarotta fraudolenta per manomissione di beni provenienti da reato, in Cass. pen., 1988, 151; G. Casaroli, Qualche riflessione sull’oggetto materiale del delitto di bancarotta, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1991, 405.

38 C. Pedrazzi, Sub art. 216, cit., 65.

39 Analogamente C. Pedrazzi, Reati fallimentari, cit., 125. Contra Al. Rossi, I reati fallimentari, cit., 101

e 114.

40 A Pagliaro, Riflessioni sulla riforma, cit., 858; A. Fiorella, M. Masucci, I delitti di bancarotta, cit.,

893. In giurisprudenza cfr. Cass. pen., Sez. V, 19 giugno 2014, n. 41051, in CED, rv. 260773.

41 P. Nuvolone, Il diritto penale del fallimento, cit., 281. 42 C. Pedrazzi, Sub art. 216, cit., 67.

43 Così Cass. pen., Sez. V, 20 aprile 2007, n. 29336, in CED, rv. 237255. Contra Cass. pen., Sez. V, 26

ottobre 2004, n. 45431, in CED, rv. 230353, nel senso della sussistenza del reato in caso di applicazione di coefficienti di ammortamento superiori a quelli fiscalmente ammessi.

Il difetto di univocità offensiva dell’illecito si palesa soprattutto con riguardo al- le analogie che possono instaurarsi rispetto al delitto di cui alla prima parte dell’art. 220 l.f., laddove si incrimina «il fallito, il quale, fuori dai casi preveduti dall’art. 216, nell’elenco nominativo dei suoi creditori, denuncia creditori inesistenti». Es- sendo quest’ultimo punibile, oltre che per dolo generico, anche a titolo di colpa (comma 2), la distinzione si accentra, al di là dell’efficacia della clausola di riserva, proprio nello scopo tipizzato dall’art. 216, nel quale si racchiude il significativo di- vario di pena che separa le due fattispecie. È infatti evidente la profonda diversità di

ratio che sostiene l’incriminazione, specialmente laddove si abbia riguardo alla pos-

sibilità di concepire l’illecito ex art. 220 in forma colposa, il che ne esclude in radice ogni finalismo offensivo. La strumentalità del comportamento alla soddisfazione del movente tipizzato costituisce un dato sintomatico dello stesso contenuto oggettivo del fatto tipico: l’agente lo pone in essere finalisticamente tendendo alla lesione dell’interesse protetto; il fine non può dunque ridursi ad un dato meramente interio- re, dovendo invece insistere sul fatto, ovviamente a prescindere dalla circostanza che lo scopo venga materialmente conseguito o pienamente soddisfatto44. In questo sen-

so, pertanto, può affermarsi che il dolo specifico della bancarotta da esposizione o riconoscimento di passività inesistenti sembra essere un dolo specifico c.d. differen- ziale, ovverosia introdotto allo scopo di distinguere vari gradi di punibilità rispetto a fatti accostabili sul piano oggettivo e comunque meritevoli di pena.

La polarizzazione del delitto sul movente tipizzato impone di riflettere su come quest’ultimo debba essere letto per restare coerente col principio costituzionale di offensività. La risposta, com’è noto, è stata riscontrata da una dottrina quasi unani- me nell’esigenza di obiettivizzare il fine del dolo specifico, anche se si registra una certa contrapposizione circa le modalità con cui pervenire a questo traguardo. Un primo gruppo di opinioni ritiene necessario richiedere che la condotta sia obiettiva- mente idonea a realizzare il movente tipizzato dalla norma, allo scopo di rendere meno disarmonica la differenziazione delle pene45. Pur non disconoscendo

l’esigenza anzidetta, vi si contrappone un secondo orientamento, il quale ritiene che sia ultroneo colorare di valenze obiettivamente causali il dolo specifico, altrimenti rischiando una possibile sovrapposizione concettuale con il delitto tentato46. In que-

sta prospettiva, il nesso eziologico andrebbe ricostruito in termini rovesciati47, posto

che la ‘causa-movente’ deve essere già compiutamente visibile nell’esecuzione dell’azione da cui dipende la sussistenza del reato, rendendo così coerente anche la determinazione del momento perfezionativo. Sul tema della obiettivizzazione del

44 L. Picotti, Il dolo specifico, cit., 506 ss.

45 L. Stortoni, L’abuso di potere nel diritto penale, Milano 1976, 83 ss. e 265 ss.; G. Fornasari, I criteri di imputazione soggettiva della bancarotta semplice, in Giur. comm., 1988, I, 677; T. Padovani, La frode fiscale. Profili generali, in Responsabilità e processo penale nei reati tributari, a cura di C. F.

Grosso, Milano 19922, 201; F. Mantovani, Diritto penale. Parte generale, cit., 213 ss.

46 Cfr. L. Picotti, Il dolo specifico, cit., 506 ss., il quale osserva che «così si finisce per trasformare o

confondere la finalità dell’agente, espressamente tipizzata come soggettiva, con la tendenza dell’azione, richiesta quale sua qualificazione oggettiva, modellando – senza fondamento giuspositivo – la struttura dei reati a dolo specifico su quella del tentativo».

essere manifesta e dissimulata)37. Nondimeno, è innegabile una qualche rilevanza

indiretta dell’indebitamento, anche nell’ambito della bancarotta fraudolenta patri- moniale, posto che esso riduce il margine di libera disponibilità dell’imprenditore e può giungere ad essere strumentale ad una sottrazione di attività. In breve, il para- metro di liceità non è dato dall’indebitamento come tale, ma dalle utilità che l’imprenditore può eventualmente trarre dal credito ottenuto38.

La distinzione accennata non è priva di riverberi sistematici: mentre con la

deminutio prodotta a mezzo delle condotte di bancarotta patrimoniale il soggetto

tende a procurarsi un profitto, nelle ipotesi di diminuzione fittizia previste dal se- condo periodo dell’art. 216, n. 1, l’autore del reato commette un fatto prodromico alla sottrazione di attività con lo scopo di produrre un danno ai creditori, ancoran- do una quota del patrimonio al soddisfacimento degli pseudo-creditori e, pertanto, sottraendola a quelli effettivi39.

Come si è accennato, l’affinità dell’oggetto materiale consente di assimilare l’illecito in esame alle fattispecie documentali piuttosto che a quelle a matrice strettamente patrimoniale e incidenti con una reale diminuzione sul patrimonio del

decoctor40; nondimeno, l’esposizione-riconoscimento di una passività inesistente

differisce chiaramente anche dalle prime, trattandosi di un falso ideologico che non cade sulle scritture contabili41.

L’alternativa tra ‘esposizione’ e ‘riconoscimento’ apre in quest’ultimo caso l’orizzonte sulla possibilità di una collusione con il creditore fittizio in qualità di concorrente nel reato; questi, tuttavia, non deve qualificarsi come coautore necessa- rio, posto che può anche essere in buona fede42. La casistica generalmente ricordata

in dottrina è quella relativa all’iscrizione nel bilancio di una passività anche parzial- mente fittizia, ovvero all’inclusione di un credito insussistente nei documenti pre- sentati al curatore ex art. 86 l.f., ovvero ancora all’acquiescenza rispetto a pretese

Nel documento Il dolo nella bancarotta (pagine 160-176)