La ‘pregiudizialità fallimentare’: il ruolo e le vicende della sentenza dichiarativa
1. La posizione della dottrina sulla struttura delle fattispecie pre-fallimentar
Alla riflessione sul bene giuridico è opportuno far seguire l’indagine sull’offensività dei delitti di bancarotta, muovendo, anzitutto, dalla modalità di tutela desumibile dalle norme; in questo senso, al netto delle specificità derivanti dalla tipicità dei sin- goli illeciti, la qualificazione da assegnare alla sentenza dichiarativa di fallimento costituisce un imprescindibile fulcro. Si tratta, com’è ben noto, del tema più battuto del diritto penal-fallimentare, non di rado investito dell’arduo compito di far soprav- vivere le fattispecie di bancarotta al costituzionalismo penale. Tante e tali aspettative impongono oggi di anteporne l’esame ad ulteriori considerazioni di dettaglio, essen- do oramai parte integrante dei concetti generali e fondanti del diritto della crisi d’impresa: il ruolo della dichiarazione di fallimento, infatti, orienta l’assetto delle fattispecie incriminatrici, la loro portata, finanche la loro finalità. Pertanto, per pro- vare a delineare una proposta ricostruttiva non può prescindersi da una ricognizione di quanto già elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza1.
1.1 – Le tesi della bancarotta ‘condizionata’ alla dichiarazione fallimentare
Un primo e maggioritario orientamento afferma che la sentenza dichiarativa costitui- sce una condizione obiettiva di punibilità, ovverosia che la centralità offensiva dei
1 Per una panoramica dei diversi orientamenti dottrinali e giurisprudenziali cfr. D. Fondaroli, La collo- cazione della sentenza dichiarativa di fallimento nella struttura dell’illecito penale, in I reati nel falli- mento e nelle procedure concorsuali, a cura di E. Carletti, parte di Giurisprudenza sistematica di diritto penale, diretto da F. Bricola, V. Zagrebelsky, Torino 1990, 202 ss.; G. L. Perdonò, Fatti di bancarotta e declaratoria di fallimento: dal problematico inquadramento dogmatico ad una proposta de iure con-
dendo, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2004, 447 ss.; G. Cocco, Nota introduttiva agli artt. 216-237, in
Commentario breve alle leggi penali complementari, a cura di F. Palazzo, C. E. Paliero, Padova 20072,
1141 ss. e 1151 ss.; G. Casaroli, Disposizioni penali, in Commentario breve alla legge fallimentare, a cura di A. Maffei Alberti, Padova 20136, 1408 ss.; M. Zanchetti, Diritto penale fallimentare, Diritto pe- nale. Parte speciale, a cura di D. Pulitanò, vol. II, Torino 2013, 361 ss.; Al. Rossi, Illeciti penali nelle procedure concorsuali, parte di Trattato di diritto penale, diretto da C. F. Grosso, T. Padovani, A. Pa-
gliaro, Milano 2014, 100 ss.; A. Alessandri, Profili penali delle procedure concorsuali. Uno sguardo
d’insieme, Milano 2016, 13 ss.; E. Reccia, La sentenza dichiarativa di fallimento nella bancarotta pre- fallimentare. Spunti di riflessione, Torino 2018, 37 ss.
La bancarotta è oggi ferma alla concettualizzazione delle prime codificazioni, ancora sospese tra il fallimento-reato e il fallimento-insolvenza, e certamente ispira- te alla vicenda del debito insoluto, non certo dell’impresa complessivamente intesa. Manca del tutto, salve rarissime eccezioni (si pensi all’art. 217-bis), la prospettiva policentrica di cui si è provato a dar conto, e che nel diritto contemporaneo costitui- sce riferimento assolutamente ineludibile, cui la fissità della legislazione non può più fare da schermo.
Capitolo II
La ‘pregiudizialità fallimentare’: il ruolo e le vicende della
sentenza dichiarativa
1. La posizione della dottrina sulla struttura delle fattispecie pre-fallimentari
Alla riflessione sul bene giuridico è opportuno far seguire l’indagine sull’offensività dei delitti di bancarotta, muovendo, anzitutto, dalla modalità di tutela desumibile dalle norme; in questo senso, al netto delle specificità derivanti dalla tipicità dei sin- goli illeciti, la qualificazione da assegnare alla sentenza dichiarativa di fallimento costituisce un imprescindibile fulcro. Si tratta, com’è ben noto, del tema più battuto del diritto penal-fallimentare, non di rado investito dell’arduo compito di far soprav- vivere le fattispecie di bancarotta al costituzionalismo penale. Tante e tali aspettative impongono oggi di anteporne l’esame ad ulteriori considerazioni di dettaglio, essen- do oramai parte integrante dei concetti generali e fondanti del diritto della crisi d’impresa: il ruolo della dichiarazione di fallimento, infatti, orienta l’assetto delle fattispecie incriminatrici, la loro portata, finanche la loro finalità. Pertanto, per pro- vare a delineare una proposta ricostruttiva non può prescindersi da una ricognizione di quanto già elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza1.
1.1 – Le tesi della bancarotta ‘condizionata’ alla dichiarazione fallimentare
Un primo e maggioritario orientamento afferma che la sentenza dichiarativa costitui- sce una condizione obiettiva di punibilità, ovverosia che la centralità offensiva dei
1 Per una panoramica dei diversi orientamenti dottrinali e giurisprudenziali cfr. D. Fondaroli, La collo- cazione della sentenza dichiarativa di fallimento nella struttura dell’illecito penale, in I reati nel falli- mento e nelle procedure concorsuali, a cura di E. Carletti, parte di Giurisprudenza sistematica di diritto penale, diretto da F. Bricola, V. Zagrebelsky, Torino 1990, 202 ss.; G. L. Perdonò, Fatti di bancarotta e declaratoria di fallimento: dal problematico inquadramento dogmatico ad una proposta de iure con-
dendo, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2004, 447 ss.; G. Cocco, Nota introduttiva agli artt. 216-237, in
Commentario breve alle leggi penali complementari, a cura di F. Palazzo, C. E. Paliero, Padova 20072,
1141 ss. e 1151 ss.; G. Casaroli, Disposizioni penali, in Commentario breve alla legge fallimentare, a cura di A. Maffei Alberti, Padova 20136, 1408 ss.; M. Zanchetti, Diritto penale fallimentare, Diritto pe- nale. Parte speciale, a cura di D. Pulitanò, vol. II, Torino 2013, 361 ss.; Al. Rossi, Illeciti penali nelle procedure concorsuali, parte di Trattato di diritto penale, diretto da C. F. Grosso, T. Padovani, A. Pa-
gliaro, Milano 2014, 100 ss.; A. Alessandri, Profili penali delle procedure concorsuali. Uno sguardo
d’insieme, Milano 2016, 13 ss.; E. Reccia, La sentenza dichiarativa di fallimento nella bancarotta pre- fallimentare. Spunti di riflessione, Torino 2018, 37 ss.
delitti di bancarotta sia da assegnare alla condotta tipicizzata nel singolo illecito. In seno alla corrente indicata si distinguono poi due diverse posizioni, caratterizzate dalla diversa considerazione che assegnano al fattore condizionante: si allude, com’è noto, alla divisione che separa chi assume che si tratti di una condizione estrinseca e chi, invece, ritiene che si tratti di una condizione di punibilità intrinseca, ovverosia partecipe del disvalore del fatto2.
Il disallineamento tra reato e punibilità costituisce forse il principale leit motiv nello studio dei delitti di bancarotta, nell’ambito dei quali la domanda circa la ‘ne-
2 Sul tema delle condizioni obiettive di punibilità, oltre ai fondamentali contributi di P. Nuvolone, Il diritto penale del fallimento, cit., 13 ss. e 132 ss., e di C. Pedrazzi, Incostituzionali le fattispecie di bancarotta?, cit., 898 ss., si vedano G. Musotto, Le condizioni di punibilità nella teoria generale del reato, Palermo 1936, in part. 67 ss.; F. Alimena, Le condizioni di punibilità, Milano 1938, in part. 17 ss.;
G. Escobedo, Le condizioni obiettive di punibilità, in Giust. pen., 1940, II, 795 ss.; A. Di Lorenzo, Le
condizioni di punibilità nella sistematica del reato, in Riv. it. dir. pen., 1955, 432 ss.; B. Petrocelli, Reato e punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1960, 669 ss.; P. Curatola, voce Condizioni obiettive di punibilità, in Enc. dir., vol. VIII, Milano 1961, 807 ss.; U. Giuliani Balestrino, Il problema giuridico delle condizioni obiettive di punibilità, Padova 1966, 39 ss., 99 ss. e 153 ss.; F. Bricola, voce Punibilità (condizioni obiettive di), in Noviss. Dig. it., vol. XIV, Torino 1967, 588 ss.; F. Ramacci, Le condizioni obiettive di punibilità, Napoli 1971, 230 ss.; G. Neppi Modona, Concezione realistica del reato e condizioni obiettive di punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1971, 184 ss.; L. Durigato, Osservazioni sull’art. 44 del codice penale, in Ind. pen., 1980, 417 ss.; R. Zanotti, Riflessioni in margine alla concezione processuale delle condizioni di punibilità, in Arch. pen., 1984, 82 ss.; E. Antonini, La funzione delle condizioni obiettive di punibilità. Applicazioni in tema di rapporti tra incesto e violenza carnale presunta, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984, 1278 ss.; L. Stortoni, Profili costituzionali della non punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984, 625 ss.; U. Giuliani Balestrino, Le condizioni obiettive di punibilità sono istituti sostanziali o processuali?, in Arch. pen., 1986, 3 ss.; G. Neppi Modona, voce Condizioni obiettive di punibilità, in Enc. giur., vol. VII, Roma 1988, 1 ss.; F. Bellini, Le condizioni obiettive di punibilità, Torino 1988, 39 ss.; F. Angioni, Condizioni di punibilità e principio di colpevolezza, in Riv. it. dir. proc. pen., 1989, 1440 ss.; L. Durigato, Ancora un interrogativo sulle condizioni obiettive di punibilità, in Ind. pen., 1989, 733 ss.; M. Romano, “Meritevolezza di pena”, “bisogno di pena” e teoria del reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, 39 ss.; P. Veneziani, Spunto per una teoria del reato condizionato, Padova 1992, in part. 19 ss.; V. D’Ascola, Punti fermi e aspetti problematici delle condizioni obiettive di punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1993, 652 ss. ed in part.
666 ss.; R. Zanotti, voce Punibilità (condizione obiettive di), in Dig. disc. pen., vol. X, Torino 1995, 534 ss.; V. Mormando, L’evoluzione storico-dommatica delle condizioni obiettive di punibilità, in Riv. it.
dir. proc. pen., 1996, 610 ss.; M. Donini, Le condizioni obiettive di punibilità, in St. iuris, 1997, 592 ss.;
A. di Martino, La sequenza infranta, cit., 169 ss.; G. Licci, Criteri di imputazione normativa nel codice
Rocco, in Giur. it., 2003, 1507 ss. e 1744 ss.; P. P. Emanuele, Controversie dottrinali e distorsioni giurisprudenziali in tema di condizioni obiettive di punibilità, in Ind. pen., 2004, 1139 ss.; V. D’Ascola, Reato e pena nell’analisi delle condizioni obiettive di punibilità, Napoli 2004, in part. 220 ss.; D. Spuri, Alcune osservazioni sulla natura giuridica delle condizioni di punibilità, in Cass. pen., 2013, 1172 ss. In
relazione alla specifica questione posta dalla dichiarazione di fallimento, si vedano inoltre F. Alimena,
La dichiarazione di fallimento come condizione di punibilità del reato di bancarotta, in Riv. it. dir. pen.,
1939, 47 ss.; G. Beretta, Attuale atteggiamento della giurisprudenza sulla natura giuridica della
sentenza dichiarativa di fallimento nel quadro dei reati pre-fallimentari, in Ind. pen., 1972, 292 ss.; G.
De Simone, Sentenza dichiarativa di fallimento, condizioni obiettive di punibilità e nullum crimen sine culpa, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, 1145 ss.; G. L. Perdonò, Fatti di bancarotta e declaratoria di
fallimento, cit., 454 ss. e 463 ss.; M. Zanchetti, Incostituzionali le fattispecie di bancarotta?, cit., 111
ss.; G. Cocco, voce Punibilità nella teoria del reato, in Dig. disc. pen., Agg. IX, Torino 2016, 516 ss.; G. De Francesco, Punibilità, Torino 2016, in part. 11 ss.; M. Ronco, Le condizioni oggettive di
punibilità, ora in Id., Scritti patavini, vol. I, Torino 2017, 413 ss.; L. Cornacchia, La punibilità sub
condicione, in Leg. pen., 12 dicembre 2017.
cessità’ (o il ‘bisogno’) della punizione del fatto è resa assai stringente dal profondo collegamento che la storia ha disegnato tra gli illeciti in esame e la procedura falli- mentare. Naturalmente, tale intima connessione potrebbe indurre – e ha concreta- mente indotto la giurisprudenza per quasi sessant’anni – a qualificare la sentenza di- chiarativa come un elemento essenziale del fatto di reato: indicativo, cioè, non tanto del ‘bisogno’, quanto della ‘meritevolezza di pena’ del fatto3.
Prima di addentrarsi nella qualificazione della sentenza dichiarativa, occorre dunque provare ad abbozzare uno schema di giudizio utile a ripartire l’area dell’illecito da quella delle condizioni della sua punizione. Ferma l’inattendibilità di un giudizio fondato sulla mera formulazione dell’enunciato normativo4, un primo
criterio indiziante è quello dell’eliminazione mentale dell’accadimento, allo scopo di saggiarne la necessità ai fini del giudizio di illiceità-offensività5; un secondo criterio,
invece, si polarizza sulle differenti rationes della ‘meritevolezza’ e del ‘bisogno’ di pena, rispettivamente ancorate ai principî (anche costituzionali) della teoria del reato ovvero a istanze politico-criminali ispirate a canoni di mera opportunità o di conve- nienza nel bilanciamento con altri interessi, anche di marca extrapenale (o, secondo una diversa proposta, al «principio di sussidiarietà esterna»6); l’ultimo criterio, infi-
ne, richiede che la condizione costituisca un accadimento disgiunto dall’azione ma- teriale tipica nella sua veste di fattore finalistico rispetto ad un determinato esito causale7, e che, pertanto, non rappresenti una porzione del divieto del quale l’agente
deve rispondere8, in quanto non rientrante nella sua sfera di competenza o derivante
dal rischio che ha azionato9. Naturalmente – ma sul punto si tornerà compiutamente
nel paragrafo seguente – la teorizzazione delle condizioni obiettive intrinseche mette alla frusta il ragionamento sin qui condotto, essendo strutturalmente tese alla qualifi- cazione e all’approfondimento dell’offesa tipica del reato.
Scendendo nel dettaglio, la teoria del fallimento come condizione obiettiva estrinseca afferma che le fattispecie pre-fallimentari previste dall’art. 216 l.f. non possano classificarsi quali reati nei quali la declaratoria civile costituisce l’evento naturalistico, in ragione del confronto con l’espressione testuale delle previsioni dell’art. 223, comma 2, l.f. e della causazione del dissesto autonomamente incri- minata all’art. 224, n. 2. In questo senso, il fallimento è visto in chiave puramente condizionante, recuperandosi la dimensione lesiva dell’illecito mediante l’arricchimento interpretativo in chiave offensiva delle modalità della condotta ti- pizzate nei delitti di bancarotta10.
3 M. Romano, “Meritevolezza di pena”, cit., 42.
4 In questo senso, per tutti, G. Neppi Modona, Concezione realistica del reato, cit., 201. 5 F. Bricola, voce Punibilità (condizioni obiettive di), cit., 597.
6 G. Cocco, Riflessioni su punibilità, sussidiarietà e teoria del reato. Tra nuovi e vecchi istituti, in Studi in onore di Mauro Ronco, a cura di E. M. Ambrosetti, Torino 2017, 262 ss.
7 A. Pagliaro, Il fatto di reato, Palermo 1960, ora in Id., Il diritto penale tra norma e società. Scritti 1956 - 2008, vol. I, Milano 2009, 441 ss.; G. De Francesco, Punibilità, cit., 19.
8 M. Romano, sub art. 44, in Id., Commentario sistematico del codice penale, vol. I3, Milano 2004, 477. 9 M. Donini, Teoria del reato, cit., 408; L. Cornacchia, La punibilità sub condicione, cit., 17 e 20. 10 Così, per tutti, G. Delitala, Contributo, cit., 437 ss.; C. Pedrazzi, Sub art. 216, cit., 11 ss.; F.
Mantovani, Responsabilità oggettiva espressa e responsabilità oggettiva occulta, in Riv. it. dir. proc.
delitti di bancarotta sia da assegnare alla condotta tipicizzata nel singolo illecito. In seno alla corrente indicata si distinguono poi due diverse posizioni, caratterizzate dalla diversa considerazione che assegnano al fattore condizionante: si allude, com’è noto, alla divisione che separa chi assume che si tratti di una condizione estrinseca e chi, invece, ritiene che si tratti di una condizione di punibilità intrinseca, ovverosia partecipe del disvalore del fatto2.
Il disallineamento tra reato e punibilità costituisce forse il principale leit motiv nello studio dei delitti di bancarotta, nell’ambito dei quali la domanda circa la ‘ne-
2 Sul tema delle condizioni obiettive di punibilità, oltre ai fondamentali contributi di P. Nuvolone, Il diritto penale del fallimento, cit., 13 ss. e 132 ss., e di C. Pedrazzi, Incostituzionali le fattispecie di bancarotta?, cit., 898 ss., si vedano G. Musotto, Le condizioni di punibilità nella teoria generale del reato, Palermo 1936, in part. 67 ss.; F. Alimena, Le condizioni di punibilità, Milano 1938, in part. 17 ss.;
G. Escobedo, Le condizioni obiettive di punibilità, in Giust. pen., 1940, II, 795 ss.; A. Di Lorenzo, Le
condizioni di punibilità nella sistematica del reato, in Riv. it. dir. pen., 1955, 432 ss.; B. Petrocelli, Reato e punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1960, 669 ss.; P. Curatola, voce Condizioni obiettive di punibilità, in Enc. dir., vol. VIII, Milano 1961, 807 ss.; U. Giuliani Balestrino, Il problema giuridico delle condizioni obiettive di punibilità, Padova 1966, 39 ss., 99 ss. e 153 ss.; F. Bricola, voce Punibilità (condizioni obiettive di), in Noviss. Dig. it., vol. XIV, Torino 1967, 588 ss.; F. Ramacci, Le condizioni obiettive di punibilità, Napoli 1971, 230 ss.; G. Neppi Modona, Concezione realistica del reato e condizioni obiettive di punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1971, 184 ss.; L. Durigato, Osservazioni sull’art. 44 del codice penale, in Ind. pen., 1980, 417 ss.; R. Zanotti, Riflessioni in margine alla concezione processuale delle condizioni di punibilità, in Arch. pen., 1984, 82 ss.; E. Antonini, La funzione delle condizioni obiettive di punibilità. Applicazioni in tema di rapporti tra incesto e violenza carnale presunta, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984, 1278 ss.; L. Stortoni, Profili costituzionali della non punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1984, 625 ss.; U. Giuliani Balestrino, Le condizioni obiettive di punibilità sono istituti sostanziali o processuali?, in Arch. pen., 1986, 3 ss.; G. Neppi Modona, voce Condizioni obiettive di punibilità, in Enc. giur., vol. VII, Roma 1988, 1 ss.; F. Bellini, Le condizioni obiettive di punibilità, Torino 1988, 39 ss.; F. Angioni, Condizioni di punibilità e principio di colpevolezza, in Riv. it. dir. proc. pen., 1989, 1440 ss.; L. Durigato, Ancora un interrogativo sulle condizioni obiettive di punibilità, in Ind. pen., 1989, 733 ss.; M. Romano, “Meritevolezza di pena”, “bisogno di pena” e teoria del reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, 39 ss.; P. Veneziani, Spunto per una teoria del reato condizionato, Padova 1992, in part. 19 ss.; V. D’Ascola, Punti fermi e aspetti problematici delle condizioni obiettive di punibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1993, 652 ss. ed in part.
666 ss.; R. Zanotti, voce Punibilità (condizione obiettive di), in Dig. disc. pen., vol. X, Torino 1995, 534 ss.; V. Mormando, L’evoluzione storico-dommatica delle condizioni obiettive di punibilità, in Riv. it.
dir. proc. pen., 1996, 610 ss.; M. Donini, Le condizioni obiettive di punibilità, in St. iuris, 1997, 592 ss.;
A. di Martino, La sequenza infranta, cit., 169 ss.; G. Licci, Criteri di imputazione normativa nel codice
Rocco, in Giur. it., 2003, 1507 ss. e 1744 ss.; P. P. Emanuele, Controversie dottrinali e distorsioni giurisprudenziali in tema di condizioni obiettive di punibilità, in Ind. pen., 2004, 1139 ss.; V. D’Ascola, Reato e pena nell’analisi delle condizioni obiettive di punibilità, Napoli 2004, in part. 220 ss.; D. Spuri, Alcune osservazioni sulla natura giuridica delle condizioni di punibilità, in Cass. pen., 2013, 1172 ss. In
relazione alla specifica questione posta dalla dichiarazione di fallimento, si vedano inoltre F. Alimena,
La dichiarazione di fallimento come condizione di punibilità del reato di bancarotta, in Riv. it. dir. pen.,
1939, 47 ss.; G. Beretta, Attuale atteggiamento della giurisprudenza sulla natura giuridica della
sentenza dichiarativa di fallimento nel quadro dei reati pre-fallimentari, in Ind. pen., 1972, 292 ss.; G.
De Simone, Sentenza dichiarativa di fallimento, condizioni obiettive di punibilità e nullum crimen sine culpa, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, 1145 ss.; G. L. Perdonò, Fatti di bancarotta e declaratoria di
fallimento, cit., 454 ss. e 463 ss.; M. Zanchetti, Incostituzionali le fattispecie di bancarotta?, cit., 111
ss.; G. Cocco, voce Punibilità nella teoria del reato, in Dig. disc. pen., Agg. IX, Torino 2016, 516 ss.; G. De Francesco, Punibilità, Torino 2016, in part. 11 ss.; M. Ronco, Le condizioni oggettive di
punibilità, ora in Id., Scritti patavini, vol. I, Torino 2017, 413 ss.; L. Cornacchia, La punibilità sub
condicione, in Leg. pen., 12 dicembre 2017.
cessità’ (o il ‘bisogno’) della punizione del fatto è resa assai stringente dal profondo collegamento che la storia ha disegnato tra gli illeciti in esame e la procedura falli- mentare. Naturalmente, tale intima connessione potrebbe indurre – e ha concreta- mente indotto la giurisprudenza per quasi sessant’anni – a qualificare la sentenza di- chiarativa come un elemento essenziale del fatto di reato: indicativo, cioè, non tanto del ‘bisogno’, quanto della ‘meritevolezza di pena’ del fatto3.
Prima di addentrarsi nella qualificazione della sentenza dichiarativa, occorre dunque provare ad abbozzare uno schema di giudizio utile a ripartire l’area dell’illecito da quella delle condizioni della sua punizione. Ferma l’inattendibilità di un giudizio fondato sulla mera formulazione dell’enunciato normativo4, un primo
criterio indiziante è quello dell’eliminazione mentale dell’accadimento, allo scopo di saggiarne la necessità ai fini del giudizio di illiceità-offensività5; un secondo criterio,
invece, si polarizza sulle differenti rationes della ‘meritevolezza’ e del ‘bisogno’ di pena, rispettivamente ancorate ai principî (anche costituzionali) della teoria del reato ovvero a istanze politico-criminali ispirate a canoni di mera opportunità o di conve- nienza nel bilanciamento con altri interessi, anche di marca extrapenale (o, secondo una diversa proposta, al «principio di sussidiarietà esterna»6); l’ultimo criterio, infi-
ne, richiede che la condizione costituisca un accadimento disgiunto dall’azione ma- teriale tipica nella sua veste di fattore finalistico rispetto ad un determinato esito causale7, e che, pertanto, non rappresenti una porzione del divieto del quale l’agente
deve rispondere8, in quanto non rientrante nella sua sfera di competenza o derivante
dal rischio che ha azionato9. Naturalmente – ma sul punto si tornerà compiutamente
nel paragrafo seguente – la teorizzazione delle condizioni obiettive intrinseche mette alla frusta il ragionamento sin qui condotto, essendo strutturalmente tese alla qualifi- cazione e all’approfondimento dell’offesa tipica del reato.
Scendendo nel dettaglio, la teoria del fallimento come condizione obiettiva estrinseca afferma che le fattispecie pre-fallimentari previste dall’art. 216 l.f. non possano classificarsi quali reati nei quali la declaratoria civile costituisce l’evento naturalistico, in ragione del confronto con l’espressione testuale delle previsioni dell’art. 223, comma 2, l.f. e della causazione del dissesto autonomamente incri- minata all’art. 224, n. 2. In questo senso, il fallimento è visto in chiave puramente condizionante, recuperandosi la dimensione lesiva dell’illecito mediante l’arricchimento interpretativo in chiave offensiva delle modalità della condotta ti- pizzate nei delitti di bancarotta10.
3 M. Romano, “Meritevolezza di pena”, cit., 42.
4 In questo senso, per tutti, G. Neppi Modona, Concezione realistica del reato, cit., 201. 5 F. Bricola, voce Punibilità (condizioni obiettive di), cit., 597.
6 G. Cocco, Riflessioni su punibilità, sussidiarietà e teoria del reato. Tra nuovi e vecchi istituti, in Studi