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L’insolvenza e la crisi: la bancarotta ‘extra-fallimentare’

Nel documento Il dolo nella bancarotta (pagine 132-150)

L’estensione della bancarotta ai soggetti diversi dall’imprenditore e alle procedure concorsuali diverse dal fallimento

2. L’insolvenza e la crisi: la bancarotta ‘extra-fallimentare’

L’aver precedentemente affrontato il tema del ruolo della sentenza dichiarativa di fallimento, lungi dal costituire l’epilogo delle questioni generali della bancarotta, rappresenta invece il punto di partenza di ulteriori riflessioni, rivolte alla sistematiz- zazione delle fattispecie criminose attivate dalle altre procedure concorsuali, le quali si legano a presupposti distinti e dimostrano di assolvere a funzioni del tutto diverse rispetto al fallimento, al quale sono del tutto irriducibili.

Tuttavia, l’assetto della tutela è essenzialmente fondato su norme penali in bian- co e rinvii a catena che tendono ad annullare i significativi differenziali intercorrenti tra le varie procedure, producendo un sistema a buon diritto definito come «disar- monico e sgangherato»74.

71 Cass. pen., Sez. V, 25 gennaio 2012, n. 17708, in DeJure. 72 Cass. pen., Sez. V, 3 giugno 2005, n. 44279, in DeJure.

73 Sul tema cfr. G. Flora, Appunti su giustizia penale e scienza del diritto penale, in Giust. pen., 2011, II,

252, laddove si osserva che la scienza penale deve vivere anche l’‘umanità’ del diritto penale per svolge- re la sua finalità interpretativo-ricostruttiva delle norme e del sistema, in ciò assistita dalle «strutture ra- zionali della dogmatica costituzionalmente orientata» le quali debbono ergersi a limite, appunto, della politica criminale. Ancora, sulla medesima questione, cfr. F. Giunta, Quale diritto penale? Note cursorie

sul sistema delle garanzie tra crisi e rifondazione, in Giust. pen., 2015, II, 125 ss.

74 Così F. Giunta, A. Scarcella, Riflessi penali della nuova disciplina del fallimento e delle procedure concorsuali, a cura di A. Nigro, M. Sandulli, vol. II, Torino 2006, 1221. Sul tema cfr. anche P. Sandulli, Rapporti tra decozione e reati fallimentari, in Diritto penale fallimentare. Problemi attuali, a cura di N.

Pisani, Torino 2010, 85 ss.; N. Gianesini, Il rischio penale nella gestione della crisi d’impresa, Torino 2016, 33 ss. e 45 ss.

2.1 – L’emersione dell’insolvenza nella liquidazione coatta amministrativa e nell’amministrazione straordinaria

Affrontando il tema della bancarotta ‘extra-fallimentare’ nell’ottica, ancora una vol- ta, di un progressivo allontanamento dal presupposto delle fattispecie di base (ossia l’insolvenza), merita anzitutto far cenno all’estensione della responsabilità per ban- carotta ai casi di liquidazione coatta amministrativa (art. 237 l.f.), la quale si centra comunque sull’accertamento giudiziale dell’insolvenza, sia esso antecedente o av- venuto nel corso della procedura (artt. 195 e 202 l.f.). La discrasia si spiega facil- mente avendo riguardo alla ratio della liquidazione coatta, la cui vocazione si rin- traccia nell’intervento preventivo rispetto all’esplosione della crisi economica; peral- tro, ciò spiega anche il motivo dell’estensione della bancarotta ai casi di insolvenza, cui si connette il nucleo più autentico del disvalore penale75.

Se la disciplina prevista dalla legge fallimentare appare del tutto chiara, il complessivo funzionamento della procedura è complicato dal fatto che essa ha un ruolo sussidiario rispetto alle leggi speciali che ne regolano ipotesi particolari, ri- spetto alle quali si assiste ad una eterointegrazione a cascata delle disposizioni pe- nali (ad esempio, si prenda il testo unico bancario: art. 80). Spicca, in questo con- testo, la procedura di ‘risoluzione’ bancaria predisposta dai d.lgs. 18 novembre 2015, nn. 180 e 181, attuativi della direttiva europea 2014/59/UE (Bank recovery

and resolution directive), nella quale, attraverso l’impulso della Banca d’Italia, si

persegue la continuità dell’operatività essenziale dell’istituto di credito, risanan- done la parte migliore e liquidando la restante; i costi della crisi sono ripartiti all’interno della banca, soprattutto tra azionisti e creditori, anche mediante la ridu- zione del valore delle azioni e delle obbligazioni o la loro conversione in capitale; a ciò, infine, si associa l’amministrativizzazione della procedura, affidata ad auto- rità indipendenti. Com’è intuibile, la disciplina in esame sposta assai lontano il ba- ricentro rispetto alla soddisfazione paritetica dei crediti, difettando dei minimi re- quisiti di ‘concorsualità’ e polarizzandosi invece sul mantenimento delle funzioni strategiche dell’istituto di credito76.

Quanto all’amministrazione straordinaria, circa le cui peculiarità si è già in parte detto77, è lo stesso d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270 a dettare un’apposita disciplina pena-

listica, risolvendo molte delle incongruenze emerse in seno alla previgente legisla- zione del 1979: anche in questo caso, nondimeno, si equipara la dichiarazione di in- solvenza alla sentenza fallimentare, legittimando l’applicazione, tra gli altri, dei de-

75 N. Pisani, Crisi di impresa, cit., 175.

76 Amplius cfr. M. Paglierini, G. Sciascia, Prevenzione e gestione armonizzata delle crisi bancarie nell’Unione europea. Uno sguardo d’insieme, in Le soc., 2015, 986 ss.; B. Inzitari, BRRD, bail in, riso- luzione della banca in dissesto, condivisione concorsuale delle perdite, in Dir. fall., 2016, 629 ss.; A.

Magliari, L’attuazione della direttiva sul risanamento e la risoluzione degli enti creditizi

nell’ordinamento italiano: profili pubblicistici, in L’unione bancaria europea, a cura di M. P. Chiti, V.

Santoro, Pisa 2016, 385 ss.; M. Porzio, La banca insolvente, ivi, 407 ss.

dell’amministratore di fatto71 ovvero ad una posizione di completo disinteresse e di-

stacco rispetto all’operato dei gestori72.

La questione dei soggetti qualificati di fatto nei reati fallimentari, in una prospet- tiva più ampia, mette davanti allo specchio il diritto penale che si fa politica crimina- le73, rivelando una duplice sfaccettatura del tipo criminoso ‘vivente’ dei delitti di

bancarotta. Da un lato, la responsabilità da posizione continua, con la sua valenza generalpreventiva, a costituire un riferimento sicuro nell’ambito di un diritto a più riprese definito ‘speciale’ o ‘particolare’, che stenta ad allinearsi non tanto alla Co- stituzione, quanto agli stessi principî espressi nel codice penale. Dall’altro lato, la valorizzazione delle figure di fatto si afferma, nonostante gli scogli formali, in forza della natura intrinsecamente fraudolenta di chi frappone tra sé e i terzi la c.d. ‘testa di legno’, immutando la stessa apparenza della realtà gestionale dell’impresa e, così, traendo in qualche modo in inganno i terzi che si trovano ad esserne gli interlocutori economici. In breve: la fraudolenza, nel delitto della figura di fatto, finisce col sup- plire al deficit di formalizzazione della qualifica soggettiva, costituendo un titolo an- cor più gravido di responsabilità.

2. L’insolvenza e la crisi: la bancarotta ‘extra-fallimentare’

L’aver precedentemente affrontato il tema del ruolo della sentenza dichiarativa di fallimento, lungi dal costituire l’epilogo delle questioni generali della bancarotta, rappresenta invece il punto di partenza di ulteriori riflessioni, rivolte alla sistematiz- zazione delle fattispecie criminose attivate dalle altre procedure concorsuali, le quali si legano a presupposti distinti e dimostrano di assolvere a funzioni del tutto diverse rispetto al fallimento, al quale sono del tutto irriducibili.

Tuttavia, l’assetto della tutela è essenzialmente fondato su norme penali in bian- co e rinvii a catena che tendono ad annullare i significativi differenziali intercorrenti tra le varie procedure, producendo un sistema a buon diritto definito come «disar- monico e sgangherato»74.

71 Cass. pen., Sez. V, 25 gennaio 2012, n. 17708, in DeJure. 72 Cass. pen., Sez. V, 3 giugno 2005, n. 44279, in DeJure.

73 Sul tema cfr. G. Flora, Appunti su giustizia penale e scienza del diritto penale, in Giust. pen., 2011, II,

252, laddove si osserva che la scienza penale deve vivere anche l’‘umanità’ del diritto penale per svolge- re la sua finalità interpretativo-ricostruttiva delle norme e del sistema, in ciò assistita dalle «strutture ra- zionali della dogmatica costituzionalmente orientata» le quali debbono ergersi a limite, appunto, della politica criminale. Ancora, sulla medesima questione, cfr. F. Giunta, Quale diritto penale? Note cursorie

sul sistema delle garanzie tra crisi e rifondazione, in Giust. pen., 2015, II, 125 ss.

74 Così F. Giunta, A. Scarcella, Riflessi penali della nuova disciplina del fallimento e delle procedure concorsuali, a cura di A. Nigro, M. Sandulli, vol. II, Torino 2006, 1221. Sul tema cfr. anche P. Sandulli, Rapporti tra decozione e reati fallimentari, in Diritto penale fallimentare. Problemi attuali, a cura di N.

Pisani, Torino 2010, 85 ss.; N. Gianesini, Il rischio penale nella gestione della crisi d’impresa, Torino 2016, 33 ss. e 45 ss.

2.1 – L’emersione dell’insolvenza nella liquidazione coatta amministrativa e nell’amministrazione straordinaria

Affrontando il tema della bancarotta ‘extra-fallimentare’ nell’ottica, ancora una vol- ta, di un progressivo allontanamento dal presupposto delle fattispecie di base (ossia l’insolvenza), merita anzitutto far cenno all’estensione della responsabilità per ban- carotta ai casi di liquidazione coatta amministrativa (art. 237 l.f.), la quale si centra comunque sull’accertamento giudiziale dell’insolvenza, sia esso antecedente o av- venuto nel corso della procedura (artt. 195 e 202 l.f.). La discrasia si spiega facil- mente avendo riguardo alla ratio della liquidazione coatta, la cui vocazione si rin- traccia nell’intervento preventivo rispetto all’esplosione della crisi economica; peral- tro, ciò spiega anche il motivo dell’estensione della bancarotta ai casi di insolvenza, cui si connette il nucleo più autentico del disvalore penale75.

Se la disciplina prevista dalla legge fallimentare appare del tutto chiara, il complessivo funzionamento della procedura è complicato dal fatto che essa ha un ruolo sussidiario rispetto alle leggi speciali che ne regolano ipotesi particolari, ri- spetto alle quali si assiste ad una eterointegrazione a cascata delle disposizioni pe- nali (ad esempio, si prenda il testo unico bancario: art. 80). Spicca, in questo con- testo, la procedura di ‘risoluzione’ bancaria predisposta dai d.lgs. 18 novembre 2015, nn. 180 e 181, attuativi della direttiva europea 2014/59/UE (Bank recovery

and resolution directive), nella quale, attraverso l’impulso della Banca d’Italia, si

persegue la continuità dell’operatività essenziale dell’istituto di credito, risanan- done la parte migliore e liquidando la restante; i costi della crisi sono ripartiti all’interno della banca, soprattutto tra azionisti e creditori, anche mediante la ridu- zione del valore delle azioni e delle obbligazioni o la loro conversione in capitale; a ciò, infine, si associa l’amministrativizzazione della procedura, affidata ad auto- rità indipendenti. Com’è intuibile, la disciplina in esame sposta assai lontano il ba- ricentro rispetto alla soddisfazione paritetica dei crediti, difettando dei minimi re- quisiti di ‘concorsualità’ e polarizzandosi invece sul mantenimento delle funzioni strategiche dell’istituto di credito76.

Quanto all’amministrazione straordinaria, circa le cui peculiarità si è già in parte detto77, è lo stesso d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270 a dettare un’apposita disciplina pena-

listica, risolvendo molte delle incongruenze emerse in seno alla previgente legisla- zione del 1979: anche in questo caso, nondimeno, si equipara la dichiarazione di in- solvenza alla sentenza fallimentare, legittimando l’applicazione, tra gli altri, dei de-

75 N. Pisani, Crisi di impresa, cit., 175.

76 Amplius cfr. M. Paglierini, G. Sciascia, Prevenzione e gestione armonizzata delle crisi bancarie nell’Unione europea. Uno sguardo d’insieme, in Le soc., 2015, 986 ss.; B. Inzitari, BRRD, bail in, riso- luzione della banca in dissesto, condivisione concorsuale delle perdite, in Dir. fall., 2016, 629 ss.; A.

Magliari, L’attuazione della direttiva sul risanamento e la risoluzione degli enti creditizi

nell’ordinamento italiano: profili pubblicistici, in L’unione bancaria europea, a cura di M. P. Chiti, V.

Santoro, Pisa 2016, 385 ss.; M. Porzio, La banca insolvente, ivi, 407 ss.

litti di bancarotta propria e impropria (art. 95)78. In considerazione della finalità del-

la procedura, la mera equiparazione lascia insoddisfatti per due ragioni. In primo luogo, si è detto che è l’emissione della dichiarazione fallimentare (quale condizione obiettiva) ad attribuire ai fatti di bancarotta un ‘bisogno’ di pena, diversamente dal suo presupposto – l’insolvenza, appunto – che vale a costituirne la meritevolezza. In secondo luogo, la prescritta applicazione delle norme penali si scontra col fatto che tale ‘bisogno’ di pena può in concreto essere insussistente, attesa la finalità riorga- nizzativa e di ‘salvataggio’: si pensi, ad esempio, al caso in cui siano state poste in essere operazioni non liquidatorie in violazione della par condicio, rispetto alle quali sarebbe certamente ipotizzabile la bancarotta preferenziale, che non sarebbe peraltro impedita dall’art. 217-bis in ragione della limitazione della sua efficacia alle altre procedure concorsuali.

2.2 – La bancarotta nel concordato preventivo

Mano a mano che ci si allontana dalla prospettiva liquidatoria, come si è visto, si cominciano ad avvertire le più significative aporie della legislazione penal- fallimentare, che non potranno che essere acuite dall’eventuale adozione del c.d. co- dice della crisi. Aporie che si sono già sommariamente descritte con riferimento alle estensioni soggettive e alle procedure ‘speciali’, ma che sono chiaramente presenti anche nell’ambito del concordato preventivo, che col fallimento divide attualmente un ruolo di primario rilievo nell’ambito del diritto dell’insolvenza.

Con il d.l. 27 giugno 2015, n. 83 (convertito con modificazioni nella legge 6 agosto 2015, n. 132), si è proceduto proprio alla rivisitazione delle regole in materia di concordato preventivo, incentivando la continuità aziendale (mediante l’inserimento di soglie minime a carico dei concordati liquidatori) e nuove forme di finanziamento rivolte alla preservazione dell’azienda (art. 182-quinquies l.f.), ope- rando altresì un restyling degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis79,

nonché modificando l’art. 236, con l’introduzione di un terzo comma che estende l’applicazione dei delitti di bancarotta anche ai casi di accordo di ristrutturazione dei debiti con intermediari finanziari o di convenzione di moratoria.

La norma di riferimento in campo penale è rappresentata proprio dall’art. 236. In primo luogo, la norma prefata punisce la condotta dell’imprenditore che si attri- buisce attività inesistenti per accedere al concordato o per ottenere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o il consenso alla convenzione di mora- toria, ovvero di chi abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti per adulte- rare la formazione delle maggioranze dei creditori (comma 1). In secondo luogo, dispone l’estensione delle disposizioni penali ai casi di concordato preventivo (comma 2). In terzo luogo, compie la medesima operazione, pur con alcune limi-

78 Amplius cfr. G. Fauceglia, Brevi riflessioni sul rapporto tra sentenza dichiarativa di fallimento e provvedimenti di ammissione all’amministrazione straordinaria, in Il fall., 2014, 284 ss.

79 In tema cfr. F. Di Marzio, voce Ristrutturazione dei debiti, in Enc. dir., Annali VI, Milano 2013, 808

ss.; L. Stanghellini, Il concordato preventivo con continuità aziendale, in Il fall., 2013, 1222 ss.; G. Benvenuto, Le modifiche apportate alla procedura di concordato quale espressione dell’ottimismo della

volontà, ne Il fallimentarista, 6 ottobre 2015.

tazioni, con riferimento agli accordi di ristrutturazione ed alle convenzioni di mo- ratoria (comma 3).

La previsione incriminatrice del comma 1 esula dal campo di indagine di questo studio, non costituendo una fattispecie di bancarotta bensì un illecito posto a presidio della regolarità della procedura, concettualmente vicino alla falsità ideologica e al tentativo tipizzato di truffa processuale (ferma la difficoltà di ritenere il provvedimento del giudice un atto dispositivo patrimoniale)80. Peraltro, in ragione

della formulazione della norma, che espressamente si riferisce all’imprenditore, tanto la dottrina quanto la giurisprudenza ritengono che essa non possa applicarsi né agli amministratori né ai liquidatori, nonostante che essi possano ovviamente compiere le condotte descritte all’art. 236: si tratterebbe, a tutta evidenza, di una chiara analogia in malam partem81, la quale di fatto conduce alla sostanziale

desuetudine della norma esaminata.

Assai significative, per converso, sono le disposizioni dei commi 2 e 3 dell’art. 236. In particolare, mediante numerosi rinvii, il comma 2 prevede l’applicabilità al concordato preventivo degli artt. 223 e 224 (e, a cascata, degli artt. 216 e 217 a loro volta richiamati), dell’art. 227, degli artt. 228 e 229 (con riguardo al commissario) e degli artt. 232 e 233 (con riferimento ai creditori).

Nonostante la farraginosità della norma, appare chiaro che il perno attorno a cui ruota l’intera disciplina è costituito dall’equiparazione del decreto di omologazione del concordato alla sentenza fallimentare; circostanza, quest’ultima, da sempre rite- nuta problematica82, e oggi resa ancor più stridente dalla riforma recata sulle norme

in tema di concordato nel segno della continuità. Alla cui rilevanza, a ben vedere, si ispira anche l’art. 236, commi 2 e 3, atteso che, non richiamandola espressamente, esclude la punibilità dell’imprenditore individuale che acceda al concordato preven- tivo: la ratio della disciplina si lega all’idea che ove l’imprenditore venisse attinto dalla sanzione penale la continuità, ammessa in sede civile, sarebbe di fatto negata in sede penale, confermando le osservazioni già svolte in ordine ai presupposti del ruolo condizionante dei provvedimenti giurisdizionali relativi alle procedure concor- suali e al fondante – ma si potrebbe dire genetico – legame della bancarotta rispetto all’insolvenza.

La problematica equiparazione del concordato al fallimento è appunto resa evidente dal diverso presupposto che ne legittima l’accesso, individuato dall’art. 160 nello «stato di crisi» (comma 1), specificando che «per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza» (comma 3). Non occorre molto sforzo per comprendere che la norma appena evocata disegna un più ampio sovra-insieme rispetto all’insolvenza –

80 In giurisprudenza cfr. Cass. pen., Sez. V, 26 gennaio 2000, n. 3736, in CED, rv. 215721.

81 Sul tema cfr. S. Vinciguerra, Concordato preventivo, amministrazione controllata e responsabilità penale (riflessioni sull’art. 236, comma 1° l.f.), in Riv. it. dir. proc. pen., 1972, 872; N. Mazzacuva, Sub art. 236, in A. Rossi, N. Mazzacuva, Disposizioni penali, parte del Commentario Scialoja - Branca. Legge fallimentare, a cura di F. Galgano, vol. III, Bologna-Roma 1997, 81 ss. In giurisprudenza cfr.

Cass. pen., Sez. V, 2 giugno 1989, n. 14773, in CED, rv. 182422.

82 G. Ferri, Sulla interpretazione dell’art. 236, secondo comma, della legge fallimentare, in Riv. it. dir. pen., 1952, 732 ss.

litti di bancarotta propria e impropria (art. 95)78. In considerazione della finalità del-

la procedura, la mera equiparazione lascia insoddisfatti per due ragioni. In primo luogo, si è detto che è l’emissione della dichiarazione fallimentare (quale condizione obiettiva) ad attribuire ai fatti di bancarotta un ‘bisogno’ di pena, diversamente dal suo presupposto – l’insolvenza, appunto – che vale a costituirne la meritevolezza. In secondo luogo, la prescritta applicazione delle norme penali si scontra col fatto che tale ‘bisogno’ di pena può in concreto essere insussistente, attesa la finalità riorga- nizzativa e di ‘salvataggio’: si pensi, ad esempio, al caso in cui siano state poste in essere operazioni non liquidatorie in violazione della par condicio, rispetto alle quali sarebbe certamente ipotizzabile la bancarotta preferenziale, che non sarebbe peraltro impedita dall’art. 217-bis in ragione della limitazione della sua efficacia alle altre procedure concorsuali.

2.2 – La bancarotta nel concordato preventivo

Mano a mano che ci si allontana dalla prospettiva liquidatoria, come si è visto, si cominciano ad avvertire le più significative aporie della legislazione penal- fallimentare, che non potranno che essere acuite dall’eventuale adozione del c.d. co- dice della crisi. Aporie che si sono già sommariamente descritte con riferimento alle estensioni soggettive e alle procedure ‘speciali’, ma che sono chiaramente presenti anche nell’ambito del concordato preventivo, che col fallimento divide attualmente un ruolo di primario rilievo nell’ambito del diritto dell’insolvenza.

Con il d.l. 27 giugno 2015, n. 83 (convertito con modificazioni nella legge 6 agosto 2015, n. 132), si è proceduto proprio alla rivisitazione delle regole in materia di concordato preventivo, incentivando la continuità aziendale (mediante l’inserimento di soglie minime a carico dei concordati liquidatori) e nuove forme di finanziamento rivolte alla preservazione dell’azienda (art. 182-quinquies l.f.), ope- rando altresì un restyling degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis79,

nonché modificando l’art. 236, con l’introduzione di un terzo comma che estende l’applicazione dei delitti di bancarotta anche ai casi di accordo di ristrutturazione dei debiti con intermediari finanziari o di convenzione di moratoria.

La norma di riferimento in campo penale è rappresentata proprio dall’art. 236. In primo luogo, la norma prefata punisce la condotta dell’imprenditore che si attri- buisce attività inesistenti per accedere al concordato o per ottenere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o il consenso alla convenzione di mora- toria, ovvero di chi abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti per adulte- rare la formazione delle maggioranze dei creditori (comma 1). In secondo luogo, dispone l’estensione delle disposizioni penali ai casi di concordato preventivo (comma 2). In terzo luogo, compie la medesima operazione, pur con alcune limi-

78 Amplius cfr. G. Fauceglia, Brevi riflessioni sul rapporto tra sentenza dichiarativa di fallimento e provvedimenti di ammissione all’amministrazione straordinaria, in Il fall., 2014, 284 ss.

79 In tema cfr. F. Di Marzio, voce Ristrutturazione dei debiti, in Enc. dir., Annali VI, Milano 2013, 808

ss.; L. Stanghellini, Il concordato preventivo con continuità aziendale, in Il fall., 2013, 1222 ss.; G. Benvenuto, Le modifiche apportate alla procedura di concordato quale espressione dell’ottimismo della

volontà, ne Il fallimentarista, 6 ottobre 2015.

tazioni, con riferimento agli accordi di ristrutturazione ed alle convenzioni di mo- ratoria (comma 3).

La previsione incriminatrice del comma 1 esula dal campo di indagine di questo studio, non costituendo una fattispecie di bancarotta bensì un illecito posto a presidio della regolarità della procedura, concettualmente vicino alla falsità ideologica e al tentativo tipizzato di truffa processuale (ferma la difficoltà di ritenere il provvedimento del giudice un atto dispositivo patrimoniale)80. Peraltro, in ragione

Nel documento Il dolo nella bancarotta (pagine 132-150)