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Il fenomeno di consolidamento del settore bancario italiano

Capitolo 6: Le maggiori operazioni di Mergers & Acquisitions del settore bancario

6.2 Il fenomeno di consolidamento del settore bancario italiano

Dalle analisi effettuate da alcuni autori, come Messori (2002) e Resti (1999), emerge che non sono tanto le operazioni di M&A ad aumentare il livello di efficienza della banca, ma è determinante la forma societaria che si ottiene dall’operazione. Inoltre il grado di effi- cienza aumenta anche a seguito dello sfruttamento della costituzione del mercato unico ed europeo.

Si parta dal presupposto che le banche italiane negli anni novanta subiscono una forte cor- rente di mutamento sistemico che, come descritto nel Capitolo 1, nasce dall’emanazione della Legge Amato del 1992 in materia di privatizzazione delle banche10. Soltanto attra-

verso questa prima fase il numero di banche diminuisce, basti guardare la Tabella 5.4. Ciò che si osserva inoltre è un rapido aumento delle acquisizioni, appunto perché data la tra- sformazione in S.p.A., le banche diventano un investimento attrattivo, dato che la banca è una vera e propria impresa che opera secondo obiettivi imprenditoriali, e può scegliere an- che di effetture operazioni di finanza straordinaria, come le operazioni di M&A.

10 Si vuole ricordare che il processo di cessione delle partecipazioni statali ha inizio nel 1993 e termina nel

Anche in questa sede è importante rimarcare come l’ambiente passi da uno stato di stabilità ad uno di cambiamento in cui, pertanto, le banche si trovano a dover modificare la propria struttura e la propria strategia in funzione delle “nuove regole del gioco”. Infatti si assiste alla crisi del modello struttura-condotta-performance (Bain 1956) e al passaggio al mo- dello ambiente-strategia-struttura (Porter 1981); il primo ritenuto troppo rigido poiché adatto ad un sistema statico e volto alla stabilità, in cui la dirigenza bancaria non può che eseguire le procedure e i dettami legislativi, mentre con il modello di Porter, le banche possono esprimere a meglio la loro caretteristica imprenditoriale.

I motivi che spingono le banche italiane verso il consolidamento, secondo Di Salvo (2002) sono pressochè simili a quelli che sono stati precedentemente descritti, ma hanno al proprio interno degli aspetti che descrivono la particolare tipicità del nostro sistema bancario. Le motivazioni vengono così classificate dall’autore in tre macro gruppi:

1. motivazioni strategico- territoriali: sono legate alla strategia che prevede un au- mento dimensionale per linee esterne, con il conseguente sfruttamento delle econo- mie di scala, ma non solo, comprendono anche le strategie atte al mantenimento del proprio business locale, con anche espansione verso quelli nuovi;

2. motivazioni strategico- operative: in questo caso si prevede lo sfruttamento della diversificazione con una conseguente diminuzione del rischio e un aumento della redditività;

3. motivazioni legate alle situazioni di crisi: le fusioni e le acquisizioni vengono spesso utilizzate come ultima chance per uscire da una crisi con finalità di salvatag- gio.

Le varie motivazioni qui sopra descritte dipendono, secondo Di Salvo (2002) dal ruolo che ha la banca coinvolta nell’operazione di M&A, ovvero se essa è attiva o passiva: per esem- pio se una banca piccola, come può essere una BCC, sceglie di procedere con una fusione o un’acquiszione per difendere il proprio potere di mercato (motivazione strategico-terri- toriale) avrà un ruolo passivo; viceversa se la motivazione per esempio è quella di aumen- tare la propria competitività sfruttando i vantaggi derivanti dalla diversificazione, in questo caso essa avrà un ruolo attivo nella fase di M&A. Secondo Giorgino e Porzio (1997) le motivazioni strategico- territoriali sono preponderanti in Italia, dato che il sistema bancario è ricco di banche piccole.

Tornando al fenomeno del consolidamento, per quanto riguarda il caso italiano, non si as- siste a M&A di tipo cross-border, infatti le banche italiane sviluppano un processo di con- centrazione “domestico”. Secondo alcuni autori, come Berger e Hamman (1989) e Dermine

(1999), questo tipo di fenomeno potrebbe minare l’ambiente competitivo nazionale di un paese, tramutandolo in uno oligopolista.

Se si osservano i dati della Tabella 5.2 il numero delle banche dal 1990 al 2005 è drastica- mente diminuito di 450 unità, ciò significa che l’aumento della concentrazione delle banche sposta la linea dell’offerta e conseguentemente si modifica anche il prezzo di equilibrio in ambito concorrenziale. Il tema è quello del rapporto tra il potere del mercato concorrenziale e quello della concentrazione delle banche, tuttavia si uscirebbe dal tema che qui si vuol analizzare, pertanto si fa riferimento per ulteriori dettagli ai due autori qui citati.

L’aumento della concentrazione ha come caratteristica principale, non solo una diminu- zione del numero delle banche, ma anche un aumento dimensionale delle stesse, come visto in precedenza, il chè porta al paradigma “Too Big to Fail”.

Messori (2002) sostiene come sia possibile che a causa delle sempre maggiori dimensioni delle banche e del numero sempre più crescente di fusioni e acquisizioni, la crisi o il rischio del singolo possa trasmettersi a livello sistemico. Non è vero che una banca di grandi di- mensioni abbia necessariamente alti livelli di efficienza e che non sia soggetta a un certo

anno n°banche n°fusioni n°acquisizioni Totale M&A

1990 1156 19 4 23 1991 1108 33 5 38 1992 1073 20 1 21 1993 1037 38 6 44 1994 994 42 10 52 1995 970 47 19 66 1996 937 37 19 56 1997 935 24 18 42 1998 921 27 23 50 1999 876 36 28 64 2000 841 33 25 58 2001 807 31 14 45 2002 785 18 15 33 2003 741 20 13 33 2004 725 10 11 21 2005 706 4 11 15

Tabella 6.1: Panorama delle banche italiane durante il processo di concentrazione Fonte:Banca d’Italia

livello di rischio, infatti secondo l’autore è da considerare importante anche quest’aspetto del fenomeno del consolidamento del settore bancario italiano.

Secondo Resti (1999) è altresì importante ricordare come tra le diverse aree geografiche italiane vi sia una grossa differenza per quanto riguarda non solo il numero delle operazioni di fusione e di acquisizione, ma anche rispetto ai livelli di efficienza pre e post operazione. Dalla sua ricerca emerge un netto distacco tra i punteggi di efficienza tra le banche del Nord-Est, le migliori a livello di performance sia prima che dopo l’operazione di M&A, e quelli invece registrati dalle regioni del Sud e delle isole, risultati i peggiori del campione analizzato. Per quanto riguarda le altre aree, Centro e Nord-Ovest, si collocano nel mezzo rispetto ai risultati delle due aree prima citate.

Si osserva inoltre come le migliori performance post operazione siano quelle delle banche che sono vicine, sia dal punto di vista geografico, sia dal punto di vista dimensionale: infatti Resti (1999) evidenzia come data l’unione di due banche dimensionalmente simili si creino vantaggi per quanto riguarda la strutturazione della nuova organizzazione. Questo con- ferma i risultati emersi dallo studio di Vander Vennet (1996) su campione europeo e quelli di Comana (1995) su campione italiano; sono contraddetti invece i risultati di De Young (1997) su campione statunitense, confermando in realtà quanto detto in precedenza per quanto riguarda le ricerche su dati appartenenti al menrcato bancario statunitense.

È importante anche ricordare come a seguito del fenomeno del consolidamento, si abbia avuto un miglioramento complessivo dell’efficienza del mercato bancario italiano in gene- rale, sia per quanto riguarda la qualità dei servizi offerti, sia per quanto riguarda la molte- plicità degli stessi (Di Salvo (2002)). Si evidenzia un leggero aumento delle efficienze di costo (1,7% nel primo anno successivo all’operazione di fusione/ acquisizione), e un mi- glioramento più considerevole, nel caso della crescita delle economie di scala (5% nel primo anno successivo alla operazione di fusione/ acquisizione). Questi dati sono spiega- bili, secondo Di Salvo (2002), dal fatto che dimensionalmente, le banche italiane, rispetto ad altre europee, sono più piccole e numerose; pertanto è facile che esse nel processo di consolidamento aumentino le proprie dimensioni in misura ancora rilevante per lo sfrutta- mento delle economie di scala.