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Capitolo 3: La Data Envelopment Analysis

3.3 Le diverse forme della DEA

3.3.1. Il modello CCR

Il modello DEA con ipotesi di rendimenti di scala costanti è stato proposto per la prima volta da Charnes, Cooper e Rhodes nel 1979. Il modello CCR è oggi il punto di partenza di tutte le trasformazioni che la DEA ha subito in seguito all’evoluzione nell’utilizzo di questo particolare strumento di analisi. Si è detto come la DEA sia in realtà in grado di trasformare un problema di programmazione lineare frazionario, in un problema di programmazione lineare, evitando non solo di incorrere in procedimenti complessi per quanto riguarda il mero calcolo computazionale, ma anche eliminando la possibilità di trovare un insieme di molteplici soluzioni, tutte vere. Inoltre nel paragrafo precedente si è visto come esistano due approcci al modello, quello input e quello output oriented; dal punto di vista della produzione, nel caso input oriented (Charnes, Cooper e Rhodes (1979)), si ha:

max ℎ , + , g. = ∑∑ g EVT T3T ’

[3.1] dove ur è il peso dell'output r, vi è il peso dell'input i, yrj è il valore osservato dell'output r

per la DMU j e xij è il valore osservato dell'input i per la DMU j; i vincoli sono i seguenti:

∑VT T3T ’

∑ g E ’ ≤ 1

ur, vi > 0

[3.2] dove n è il numero delle DMU nell'insieme dei dati.

Il problema equivalente di programmazione lineare sarà: max T3T ’

V T

subordinato a T3T “ V T − g E “ ≤ 0 [3.4] g E ’ = 1 $ T, g = 0 [3.5] In questo modo la DEA produce una misura scalare dell'efficienza relativa per ogni singola DMU; laddove la performance di una DMU sia quella relativamente migliore le viene associato il valore di massima efficienza relativa, ovvero 1, se la DMU risulta inefficiente, le verrà assegnato il valore di minima efficienza relativa, ovvero 0. Per ogni performance intermedia si assegneranno valori compresi tra zero e uno, ordinati in modo crescente al crescere del livello di efficienza.

In altri termini e indicando con (θ*, v*, u*) la soluzione ottima, si otterrà che l’unità

decisionale in j0 risulta CRS-efficiente se valgono le seguenti condizioni: θ* = 1, v* > 0 e u*

> 0; in caso contrario risulta CRS-inefficiente ovvero θ* < 1.

Qualora si volesse utilizzare un approccio output-oriented è possibile invertire il rapporto espresso nella [3.1], mettendo al numeratore gli input e al denominatore gli output; in questo modo si otterrà:

min g E “ [3.6] subordinato a g E “ − T3T “ V T ≤ 0 T3T “ V T = 1 T, g = 0 [3.7]

Tornando però all’unità decisionale j0 che si è presa in analisi nel caso input- oreinted, si è

detto che questa è inefficiente quando θ* < 1. Risulta possibile migliorare il suo livello di

efficienza proiettando j0 sulla frontiera efficiente: innanzitutto è necessario individuare le

DMU che soddisfano il vincolo [3.4] con il segno di uguaglianza; queste saranno il già citato reference set o pear group per la DMU j0 . Esse quindi rientrano in un insieme

descritto nel modo seguente:

= ™/: T∗3T V T

= g∗E / = 1, … , ›

[3.8] Il secondo step prevede l’individuazione dell’insieme di tutte le possibilità produttive, ovvero tutte le DMU che non stanno sulla frontiera efficiente. In questo modo si avranno sia le DMU ritenute efficienti, ed esse saranno contenute nel reference set, mentre quelle non efficienti apparterranno al production possibility set (T), il quale ha delle particolari caratteristiche che sono:

• tutte le coppie osservate (xj, yj) con j =1,…,n appartengono a T;

• se (x, y) appartiene a T, allora anche (tx, ty) appartiene a T per ogni numero scalare t > 0 ( in ipotesi di rendimenti di scala costanti CRS);

• per una data coppia (x, y) in T, ogni coppia (x°, y°. in cui x° ≥ x e y° ≤ y appartiene a T;

• tutte le combinazioni lineari positive delle coppie incluse in T appartengono a T. A questo punto, viste le proprietà di T, esso assume la seguente forma:

q = I+E, 3.|E ≥ • ∙ k, 3 ≤ ∙ k, k ≥ 0K

[3.9] Ricordando che l’obiettivo che si è prefissato è quello del proiettare la DMU j0 sulla

frontiera efficiente, si è di fronte ad un altro problema di programmazione lineare che viene definito problema duale. Infatti il problema primale, ovvero il primo problema di programmazione lineare, è quello definito dalle espressioni [3.3]- [3.5], mentre il problema duale è rappresentato dalla seguente forma basata sulla [3.8] e sulla [3.9]:

$ = # • – a Ÿ T8 V T

+ 7

con i seguenti vincoli: λ E + 7 = • E i = 1, … , m λ 3TT8 = 3 T r = 1, … , s λ , 7, T8 ≥ 0 ∀ i, j, r [3.11] dove • è una variabile reale compresa tra 0 e 1, 7 è il vettore degli eccessi di input, 8è il vettore dei deficit di output e λ è un vettore non negativo di dimensione N×1 che mette in relazione gli input con gli output.

Secono il modello DEA CCR input-oriented, la proiezione della DMU j0 sulla frontiera

efficiente sarà possibile qualora tra il production possibility set (T) vi sia un’altra DMU che, mantenendo lo stesso livello di output, sia in grado di minimizzare il livello di input. Se si considerasse l’approccio output-oriented, allora la DMU dell’insieme di possibilità produttive T, dovrebbe garantire lo stesso livello di input, massimizzando quello degli output.

La soluzione del problema duale [3.10] e [3.11] individua i due vettori, quello degli eccessi di input e quello dei deficit degli output:

7 = •E − •k 8 = k − 3T

[3.12] dove X e Y sono le matrici che racchiudono gli input e gli output di tutte le DMU (X ha dimensione m×n e Y ha dimensione s×n), 7 ≥ 0 e 8 ≥ 0 per ogni soluzione (θ, λ) del problema. Negli esempi prima trattati, si è più volte parlato di eccessi o difetti di input o di output, infatti essi riguardano sia l’efficienza tecnica pura che l’efficienza mista, ovvero per quanto riguarda la percentuale di utilizzo degli input o degli output.

Inoltre si giunge ad una soluzione ottima θ* che in base al teorema di dualità è anche soluzione ottima del problema primale; questo significa che essa è misura di efficienza nel caso di rendimenti di scala costanti (CCR), per la DMU j0.

A questo punto si può utilizzare la soluzione ottima così trovata, per risolvere il problema di programmazione lineare che segue, ovvero quello che massimizza la somma degli

eccessi di input e dei deficit di output, in modo da poter correggere il grado di inefficienza della unità decisionale presa in considerazione:

max ¦ = ∑ 7+ ∑ T8 V T [3.13]

con i seguenti vincoli

7 = •E – •k 8 = k − 3T

k, 7, 8 ≥ 0

[3.14] La misura di efficienza così trovata, θ*, in cui 7*, 8* e k*, è chiamata soluzione di massimo slack, mentre qualora vi sia 7=0 e 8=0 essa è detta di zero-slack. In quest’ultimo caso, significa che l’unità decisionale in esame è collocata sulla frontiera efficiente quindi non è necessario modificare né il quantitativo degli input, né quello degli output.

È immediato intendere che se le condizioni di ottimo sono rispettate, θ*=1, quindi la soluzione è di tipo zero slack e la DMU è CCR efficiente, viceversa essa è inefficiente. Inoltre si ricorda come per avere efficienza pura è necessario che due condizioni vengano rispettate, la prima riguarda l’efficienza “radiale”, ovvero quella che negli esempi precedenti viene definita efficienza tecnica pura, l’altra invece fa riferimento all’efficienza mista, quindi a quel tipo di efficienza che consente di diminuire il livello di input, mantenendo lo stesso livello di output, per quanto riguarda un approccio input oriented, viceversa per un approccio output oriented.