La Philosophy for children
2.4. Il fondamentale ruolo del docente: guida e facilitatore
In un contesto educativo di questo tipo insegnante ed allievi imparano a muoversi lungo percorsi d'indagine problematici ed autoriflessivi, facendo leva su domande sempre aperte e su strutture concettuali complesse — che richiamano i "macroconcetti" moriniani — studiando di non approdare mai a definizioni univoche e precise, alla costruzione di quadri di riferimento e di "sistemi" compiuti, nella consapevolezza della necessaria incompiutezza di ogni autentico processo d'indagine e della necessità di una continua procedura di verifica e falsificazione di ipotesi, asserzioni, punti di vista. L'insegnante è parte attiva del lavoro comunitario, fungendo da "facilitatore" del processo di ricerca con riflessioni, domande, interventi
cui scopo non è quello di indirizzare il processo in questione su binari precostituiti, ma di garantirgli spessore, profondità, direzionalità e valore educativi.104
Fondamentale, di conseguenza, diviene la figura dell'insegnante o di chi voglia portare avanti questo tipo di progetto educativo. Il ruolo del docente, come è stato affermato in precedenza, dovrebbe essere proprio di un facilitatore della comunicazione che operi nella direzione del promuovere e del sollecitare domande e risposte nei bambini, creando situazioni didattiche in cui la filosofia si configuri come modalità di interazione del gruppo classe, in un confronto continuo e fluido che aiuti a sviluppare fiducia nelle proprie idee e in quelle degli altri, forte consapevolezza di sé, controllo e gestione delle emozioni e che infine insegni ad accettare la valutazione degli altri come occasione di ricerca. Nel ruolo di facilitatore, il docente non viene percepito come detentore della conoscenza che elargisce la stessa dall’alto ma come parte integrante della comunità che ricerca.
A questo proposito, infatti, Mancini afferma:
Il suo ruolo non si esaurisce nella semplice azione di coordinamento delle dinamiche o nello sterile tentativo di mediare le riflessioni cedendo la parola agli interventi. Egli deve possedere una visione d'insieme del problema che si sta affrontando o che si intende affrontare al fine di consentire alla discussione un respiro di autentica ricerca non soffocando l'iniziativa dei bambini con banali ammonimenti o con inconsapevoli, e per questo deleterie, spiegazioni che bloccherebbero qualsiasi possibilità di sviluppo del dialogo.105
Le attività dialogico-filosofiche dovrebbero, dunque, essere concepite con l'obiettivo di accogliere le domande spontanee dei bambini e dei ragazzi e
104 Striano, M., "Per un’educazione al pensiero complesso", in Bollettino SFI, n.159, p. 7.
socializzarle, in maniera tale che non rimangano pensieri isolati e chiusi nella mente dei singoli soggetti ma possano essere condivisi con gli altri con l'ausilio della supervisione e della guida dell'insegnante
L'insegnante-facilitatore ha dunque il ruolo di seguire l'evolversi del processo e favorire il dialogo tra i partecipanti, puntando alla creazione ed allo sviluppo di occasioni di apprendimento cooperativo, opportunità e contesti che consentano di effettuare operazioni di problem solving, creazione di situazioni di ragionamento, di ricerca, accrescere le abilità di pensiero e di riflessione. È dunque fondamentale «il modo in cui l'insegnante interagisce verbalmente con gli allievi e il suo comportamento di risposta tenuto nei loro confronti, ancor più di quanto possano fare le domande che pone, condizionano in modo significativo negli allievi lo sviluppo del concetto di sé, le attitudini verso l'apprendimento, le performance e le interazioni all'interno del gruppo classe»106
Portare gli studenti ad intraprendere una discussione filosofica, secondo l’opinione di Lipman, è un’arte. E come ogni arte la conoscenza ne è il prerequisito, il docente, infatti, dovrebbe avere la capacità di comprendere quando è opportuno intervenire nelle discussioni e quando, invece, non lo è. Ci sono volte in cui la miglior cosa che si possa fare consiste nel guidare la discussione non dicendo nulla, lasciando che le cose accadano.
Infatti obiettivo centrale della discussione è dare il più ampio spazio possibile all'interazione tra studenti.
L'insegnante come facilitatore:
-segue il processo della ricerca con follow up questions;
-incoraggia gli allievi a fornire buone ragioni per le loro posizioni;
-incoraggia gli allievi ad identificare assunzioni implicite;
-incoraggia gli allievi ad esplicitare implicazioni e conseguenze dalle loro posizioni;
-discute la possibilità della presenza di ulteriori alternative e diversi punti di vista;
-fornisce possibili contro-esempi sotto forma di domanda;
-elabora domande che contribuiscono allo sviluppo e all'ampliamento della discussione;
-chiede definizioni appropriate e chiarificazioni circa il modo in cui le parole e i concetti sono stati usati;
-fa domande per testare la coerenza dei punti di vista presentati; -riassume le domande ed il processo discorsivo107
Il docente, inoltre, secondo Lipman, dovrebbe incoraggiare il dialogo filosofico, carpire punti di vista ed opinioni, aiutare gli studenti ad esprimersi, spiegando e soffermandosi su alcuni aspetti ove necessario, interpretare, ricercare la consistenza, richiedere definizioni, ricercare i presupposti, indicare le fallacie, chiedere motivazioni, richiedere spiegazioni, esaminare diverse alternative, orchestrare la discussione. Molteplici sono le modalità suggerite per far questo da Lipman; fondamentale è che si individui la strategia più adatta per catturare l’attenzione degli studenti, stimolandola e indirizzandola. Una delle vie per far questo è cominciare col proporre la lettura di un racconto, creando il clima adatto affinché la situazione divenga interessante e coinvolgente. A seguito della lettura sarebbe consigliabile chiedere ai bambini
che cosa li abbia più interessati, appuntando sulla lavagna le loro idee. Questa sequenza di punti individuati diviene il riferimento su cui orientare tutta la discussione. Successivamente il docente chiede di far sì che i partecipanti esprimano il proprio punto di vista, aiutandoli poi ad argomentare. È di relativa importanza chiudere la discussione con un consenso o col disaccordo generale. È importante, invece, che i bambini si allenino ad intraprendere questo tipo di discussioni poiché i diversi contributi di volta in volta andranno a sommarsi a quelli successivi, incrementando comprensione e conoscenza. Perché si possa realizzare effettivamente un buon dialogo, una buona discussione filosofica, è necessario che gli si dia ampio spazio, programmando le attività incentrate sulla discussione con una certa frequenza, affinché non ci si limiti ad eventi episodici. È necessario, infatti, promuovere le occasioni di dibattito, mirando ad obiettivi da raggiungere con gradualità. È importante che si faccia qualche piccolo progresso rispetto alle situazioni di partenza, progressi che riguardino la comprensione, la formulazione di un problema. In quest'ottica acquisisce rilievo ciascuno degli interventi dei partecipanti, in quanto in grado di contribuire ad abbattere pregiudizi, rivedere presupposti originari, incrementare conoscenze.
A questo proposito Lipman afferma:
La conversazione si basa sull’esistenza di una collaborazione razionale tra chi conversa, tra individui uguali e liberi. La direzione che prenderà la conversazione sarà determinata non tanto da principi di coerenza quanto piuttosto dalle necessità emergenti dalla conversazione stessa, come uno scrittore che, giunto a metà di un libro, inizia a percepire come sia il libro stesso a imporgli ciò che deve essere scritto. L’autore può, comunque, inserire elementi di sorpresa, proprio come chi prende parte a una conversazione può introdurre rivelazioni che sorprendono o allietano gli altri.
In effetti, una conversazione è così spontanea che, durante il suo svolgimento, intendiamo noi stessi secondo modalità di cui in precedenza non eravamo capaci. 108
A questo proposito Luigina Mortari afferma:
Una strategia essenziale per sottoporre al vaglio critico della coscienza quei pensieri che, proprio in quanto congelati nel loro senso, divengono pregiudizi e che come tali tacitamente svolgono spesso la funzione di idee-guida, e di questi portare all’evidenza della coscienza le implicazioni performative, è il metodo socratico, che nella figura metaforica del tafano mostra tutto il valore etico di una paziente riflessione analitica sulle idee che quotidianamente usiamo. Per sviluppare negli studenti la disposizione alla disamina critica dei prodotti e dei modi del proprio pensare, l’insegnante che adotta uno stile socratico dovrebbe, ogni qualvolta sembra di essere arrivati ad una conclusione valida e attendibile, intervenire con una riflessione sulla qualità del pensare attivato intesa a sollevare perplessità anche laddove l’argomentazione risulti funzionare. La pratica del sollevare perplessità svolge la funzione di tenere viva la disposizione interrogante del pensare.109
All’interno del testo di Rene Saran e Barbara Neisser, dal titolo Enquiring minds. Socratic dialogue in education,110 vengono evidenziati i compiti e le
caratteristiche che la figura del facilitatore dovrebbe avere, in questo caso all’interno dei dialoghi basati sul metodo socratico cui si faceva riferimento precedentemente. In particolare, secondo le indicazioni fornite nel testo, quello che viene definito come facilitatore socratico dovrebbe innanzitutto esercitare
108 Lipman, M., Educare al pensiero, op. cit., p.104.
109 Mortari, L., “Per una filosofia dell’esperienza del pensare”, in Frauenfelder, E.et al., op. cit.,
p.306.
la propria autorità solo per quel che riguarda i procedimenti e non i contenuti, non dovrebbe, inoltre, proporre proprie teorie o soluzioni ai problemi ma, in quanto moderatore del gruppo di dialogo, dovrebbe rimanere il più possibile neutrale, assicurandosi che a tutti i partecipanti venga data la possibilità di offrire il proprio contributo alla discussione. Un altro importante compito del facilitatore dovrebbe essere quello di mirare alla chiarezza ed alla trasparenza. Ciò non sta a significare che le idee poco nitide o formulate in maniera incompleta non debbano essere espresse. Lo sforzo del gruppo, infatti, dovrebbe essere quello di procedere pian piano verso la chiarificazione di ciò che è stato detto, tentando di comprendere i presupposti e le conseguenze della discussione avvenuta. Ulteriore compito del facilitatore è quello di supportare il gruppo nel suo tentativo di raggiungere una sorta di consenso ben ragionato.