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Il dialogo socratico

4.4. Dal metodo socratico di Leonard Nelson alle pratiche dialogiche

Nel dialogo socratico si parte dalla convinzione che attraverso il confronto con gli altri, lo scambio di pensieri e riflessioni si possano affrontare ed approfondire questioni di notevole interesse, senza incorrere in asserzioni definitive e dogmatiche.

Attitudini dogmatiche e pose relativiste qui non sono di aiuto. La capacità invece di stare in una verità provvisoria, di camminare su un filo, sottile ma percorribile, è una delle sue condizioni. Chi ha fretta di arrivare, chi ha paura di sostare nel dubbio, farà molto fatica a viaggiare in questo modo. Un percorso che richiede molta pazienza, calma, disponibilità alla messa in discussione e che spesso si impara cammin facendo. Si tenga presente che non si parte senza essere davvero interessati a ciò che si cerca, senza essere disposti a esaminarlo fin dove i nostri sforzi congiunti con quelli del gruppo saranno in grado di pervenire. 202

Secondo le tesi di Dordoni fondamentale è il ruolo dell'esempio all'interno del dialogo socratico, in quanto funge da riferimento per la discussione, per orientarsi e non perdere di vista il tema preso in considerazione. L'esempio, il rimando all'esperienza è un tratto essenziale della ricerca in atto.

Dall'analisi dell'esempio è possibile far emergere le diverse opinioni a riguardo di una tematica, interrogarsi sulle varie opzioni per procedere nella ricerca. Secondo R. Saran e B. Neisser il metodo socratico può essere facilmente trasposto in differenti contesti scolastici, declinandolo, senza stravolgerne

completamente il senso originario, a seconda delle diverse esigenze. Sulla scorta delle indicazioni di Nelson, secondo cui l'obiettivo di fondo del metodo socratico è quello non di insegnare la filosofia ma quello di insegnare a filosofare, Saran e Neisser, nel testo intitolato Enquiring minds. Socratic dialogue in education,203 forniscono indicazioni sulle modalità attraverso le

quali strutturare e articolare un'attività centrata sul dialogo socratico. Presupposto essenziale per l'introduzione del metodo socratico in un contesto scolastico è che quest'ultimo sia aperto e fortemente motivato al suo utilizzo. Perché il dialogo socratico si sviluppi al meglio è importante creare un clima adatto e che l'insegnante/facilitatore costituisca il punto di riferimento per il gruppo e per l'avanzamento della ricerca. Questioni etiche e problematiche di vario tipo possono essere indagate attraverso l'uso di un esempio concreto, preso in prestito dall'esperienza quotidiana dei partecipanti, in maniera tale che le riflessioni filosofiche che emergeranno potranno successivamente fungere da guida per le azioni e la condotta individuale.

La conduzione del dialogo socratico può articolarsi in quattro fasi.

Nella prima fase vi è la scelta dell'argomento, l'indicazione dei tempi, l'organizzazione del report di scrittura, l'esplicitazione degli elementi meta- dialogici. Nella seconda fase vi è la scelta dell'esempio, la sua definizione e descrizione. Subito dopo si prendono in considerazione le domande fatte presenti dai partecipanti (cercando di darne chiarificazione) e si annotano gli elementi importanti della discussione. Durante la terza fase ci si concentra sull'analisi dell'esempio: i partecipanti pongono domande, esprimono opinioni e giudizi, analizzando il problema da differenti prospettive. I partecipanti indagano le ragioni delle azioni e dei comportamenti dei protagonisti dell'esempio, individuano i punti su cui è possibile giungere ad un accordo ed il facilitatore registra il consenso del gruppo. Nel corso della quarta ed ultima

203 Saran, R., Neisser, B., Enquiring minds. Socratic dialogue in education, Trenthan Books, 2004,

fase vi è lo sforzo, a partire dall'esempio concreto, di astrazione, vi è l'indagine sui problemi posti, si chiariscono i punti più oscuri o che generano dubbi ed opinioni contrastanti.

Perché l'attività incentrata sul dialogo socratico funzioni al meglio, dunque, è necessario, come affermato in precedenza, che vi sia pazienza, empatia e disciplina e che si faccia attività meta-dialogica, al fine di riflettere ad un livello differente sui propri comportamenti, sulle proprie argomentazioni e sui risultati raggiunti.

A questo proposito C. Calliero afferma:

Le attività di dialogo filosofico credo possano essere particolarmente proficue. Per un doppio motivo: perché con l'approccio dialogico agiscono proprio nell'ambito sociale, e perché colgono l'essenza filosofica della curiosità spontanea dei bambini accompagnandola, senza forzarla, verso il suo naturale compimento intellettuale. […] L'aspetto dialogico-sociale del filosofare tra bambini/ragazzi permette anche, in qualche modo di mitigare quella inclinazione “tormentosa” che abbiamo rilevato quando la speculazione, nel giovane, diviene un'attività chiusa in se stessa, non condivisa.204

Nello specifico Calliero e Galvagno evidenziano come l'attività dialogica, centrata sull'apertura, sull'interazione, sulla ricerca, richieda che «i dialoganti non si accontentino della soluzione più immediata, non abbiano fretta di cristallizzare la questione in una risposta conclusiva, ma siano disposti a tollerare la sospensione della domanda, a permanere in uno stato di dubbio, di incertezza conoscitiva.»205

204 Calliero, C., Galvagno, A., Abitare la domanda, op.cit., pp.50-51. 205 Ibidem, p.121.

Gli studiosi, inoltre, suggeriscono alcune modalità di porre in essere attività centrate sul dialogo. Una prima modalità è quella in cui è la scuola che deve fornire un orientamento prestabilito entro cui sviluppare il confronto dialogico. In questa maniera è possibile che i dubbi e le incertezze s'inseriscano in un contesto più comprensibile e rassicurante. Nonostante, però, ci si possa porre l'obiettivo di non inquadrare l'attività in schemi eccessivamente fissi e rigidi, ci potrebbe essere il rischio che l'orientamento e le linee da seguire, stabilite anticipatamente, possano costituire un vincolo strutturale e quindi incidere negativamente sulla possibilità di porre questioni. Una seconda modalità potrebbe essere quella di eliminare qualsiasi tipo di pregiudizio, prediligendo un orientamento neutro, comune a tutti. Questo modello fa sì che i bambini siano aperti a tante possibilità e possano interrogarsi sulla strada da percorrere per giungere alla verità. In questo caso, infatti, il percorso prefigurato è quello che sa, pian piano, di poter arrivare ad una conclusione certa. Questa concezione lineare e progressiva della conoscenza, però, secondo gli autori, potrebbe risultare non condivisibile da tutti e per questa ragione anch'essa vincolante. La terza modalità suggerita propone la messa in atto di un dialogo aperto; l'unico criterio regolativo è quello interno all'argomentazione, ciascuno può sostenere la sua posizione. Non vi sono, infatti, risposte sbagliate, tutte sono ugualmente accettabili. I vantaggi di questo modello sono sicuramente la valorizzazione della creatività e l'atteggiamento di comprensione verso qualsiasi possibile opinione. Le perplessità, in questo caso, invece, riguardano il fatto che questo modello possa dare l'idea che non esista nessuna verità e che renda l'incertezza ed il dubbio una costante del pensiero e dell'argomentazione. Il quarto modello proposto rimanda alle teorie sulla complessità ed alle tesi di Morin riguardo alla conoscenza.

Secondo quest'ottica lo sguardo dell'uomo non è mai esaustivo e capace di comprendere le cose in maniera definitiva. Grazie a questo atteggiamento si rimane sempre nell'ambito del possibile, senza avere la pretesa di poter

imporre verità incontrovertibili. Afferma, infatti, Morin: «L'incertezza è inseparabile dal vivere. [...] È necessario che tutti coloro che hanno il compito di insegnare si muovano verso gli avamposti dell'incertezza del nostro tempo.»

206

L'obiettivo, però, della proposta di Morin è quello non di abbandonare i bambini all'incertezza ma quello di fare in modo che imparino a gestirla e ad inserirla in un più ampio contesto.

Per immaginare un'ipotesi che possa essere in qualche modo risolutiva gli autori affermano che anziché proporre ai bambini ed ai ragazzi ideali regolativi evanescenti e fluidi sarebbe preferibile prospettare loro la necessità di costruirsi una propria visione del mondo, certo non cristallizzata e limitante ma capace di adattarsi a cambiamenti sempre nuovi.

Anche Luigina Mortari, a questo proposito, nel suo saggio dal titolo Per una filosofia dell'esperienza del pensare, afferma:

Praticare la disamina socratica significa interrogare costantemente la nostra vita cognitiva per identificare la ringhiera dei pensieri da cui si pensa e, una volta individuata la qualità dei presupposti a partire dai quali elaboriamo il significato dell’esperienza, avere il coraggio e la pazienza di mettere in discussione il proprio bagaglio di idee, impegnandosi a non accettare come evidente alcuna teoria o convinzione consolidata fino a quando non sia stata sottoposta al vaglio scrupoloso dell’analisi critica. A ciascuno spetta il compito di sottoporsi ad una continua auto- analisi per far luce sulle zone di anonimità della sua coscienza, per indagare la genesi dei suoi apprendimenti e la storia delle mappe di idee che strutturano i tessuti della mente. Solo attraverso questo impegno di auto-problematizzazione, di riflessione disincantata sulle idee e sui sentimenti che orientano l’agire, il soggetto pensante può

206 Morin., E., Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l'educazione, Raffaello Cortina Editore,

pervenire ad una più autentica comprensione della sua esperienza, ponendo così le premesse per impostare la propria esistenza alla luce di criteri consapevolmente assunti.207

Di grande importanza è dunque pianificare attività di confronto e dialogo per la promozione di un pensiero critico che sappia guardare e considerare il mondo in ottica complessa e che non ceda all'omologazione, creando, invece, la possibilità dello sviluppo, nei bambini, di una propria visione delle cose.

A questo proposito Pina Montesarchio afferma che la pratica filosofica, esercitata sin dall'infanzia, rappresenta una valida esperienza in cui la riflessione non ha per oggetto un pensare imposto e preconfezionato, oltre che interessato alla ricerca dell'oggettività, ma è un esercizio di riflessione libero che si alimenta del dubbio e della scoperta. La filosofia diviene esperienza del pensare, non un puro ed astratto esercizio del pensare ma inseparabile dall'atto stesso della comunicazione, dalla situazione concreta e costituisce l'incipit del pensiero riflessivo. La problematizzazione filosofica, partendo dalla situazione concreta, costringe ogni ragionamento ad un confronto. Ella, infatti, afferma:

Si tratta di assumere la filosofia non in una logica di mera aggiunzione di “materie”, bensì come metodo, per più alti sguardi conoscitivi e nuove interazioni. Si tratta di assumere il dialogo come spazio aperto in cui si confrontano e si negoziano le diverse prospettive interpretative della realtà, si co-costruisce conoscenza:

• Elevare all’ordine di un problema ciò che risulta ovvio per il pensiero del senso comune.

• Smontare le impalcature che sorreggono il nostro quotidiano per svelarne i punti di crisi.

• Avviare i bambini e i ragazzi a pensare in profondità, a prendere posizione autonoma e motivata nei confronti delle questioni considerate.

• Vivere insieme ai bambini il lavoro di confronto con idee e pensieri, lo sforzo di individuare con chiarezza i problemi, di delimitare le questioni, di stabilire connessioni, di creare ipotesi alternative non arbitrarie, di ricercare soluzioni.

• Vivere la parola e/o gesto dell’altro come fonte di ispirazione dei propri pensieri. • Saper ammirare il punto di vista dell’altro, quantunque l’altro non sia il mio compagno di banco.

Il pensiero, attraverso il ragionare insieme, si fa capacità di scegliere, di esporsi, di sostenere le ragioni di chi è lontano da noi come stile di vita, come modo di sentire le cose. Qualcosa di più di un semplice modo di pensare: esso è bensì un modo di essere all’altezza delle sfide che porta con sé lo stare insieme.208

208 Montesarchio, P., "La filosofia come pratica educativa nella scuola primaria", in Community,