Il dialogo socratico
4.6. Il ruolo dell'insegnante/facilitatore nel dialogo socratico
L'insegnante che intenda gestire in modo corretto e produttivo una discussione filosofica deve possedere le competenze basilari relative:
-alla natura dell'ambito di indagine;
-alle dinamiche dei processi di pensiero che portano alla formazione di concetti ed alla costruzione di conoscenza;
-alle metodologie e agli strumenti didattici più idonei ad una gestione produttiva delle discussioni.
Rispetto a queste competenze, la comunità di ricerca rappresenta: -la sede idonea a porre in luce la natura dialogica del filosofare;
-il luogo privilegiato per favorire lo sviluppo dei processi di pensiero, specie nella loro dimensione argomentativa;
-lo spazio ideale dove gestire nel modo migliore la produttività, la creatività, lo stimolo cognitivo che provengono dal metodo della ricerca e da una pedagogia fondata sull'interazione sociale.218
Nel modello socratico l'insegnante diviene, dunque, egli stesso un co- ricercatore, partecipe dell'indagine svolta dalla comunità, un co-ricercatore con ruolo di mediazione e controllo sulla qualità della ricerca e sulla sua direzione. Nonostante l'insegnante non debba imporre nulla, è importante però che riconosca e ponga in evidenza i momenti cruciali, gli ostacoli di natura epistemologica, gli errori argomentativi che possono influire negativamente
sull'attività. Tanti sono gli interrogativi riguardo al ruolo ed ai compiti dell'insegnante, ossia se quest'ultimo debba collocarsi in una posizione di neutralità, se debba o meno esprimere il suo punto di vista, se sia opportuno stabilisca preventivamente gli argomenti di discussione, se debba valutare o meno gli argomenti e gli interventi. Quanto detto riguarda l'atteggiamento di neutralità dell'insegnante nel corso del dialogo.
È importante distinguere, però, tra neutralità procedurale e neutralità contenutistica. Quest'ultima comporta il fatto di non favorire o privilegiare un' ipotesi a scapito di altre riguardo a certe questioni filosofiche sostanziali, significa evitare di inibire gli studenti nell'affrontare un tema anziché un altro. La neutralità procedurale, invece, pone alla pari il ruolo dell'insegnante e quello dell'alunno. Per favorire il dialogo autentico è necessario evitare di impostare gerarchicamente il rapporto con gli studenti, proponendosi, al contrario, come una guida e un riferimento imprescindibile per gli stessi.
È infatti la sua competenza metodologica e metacognitiva a favorire l'espressione e lo sviluppo dei processi di pensiero dei membri della comunità, specie se si tratta di bambini che ancora non hanno consapevolizzato strategie e procedure per ottimizzare il proprio pensare. In questo secondo caso l'insegnante, o il compagno di ricerca più competente, possono rappresentare modelli cognitivi utilizzabili dal bambino per avvicinare e sperimentare quella «zona di sviluppo prossimo», di cui parla Vygotskij, che gli consente di avanzare in terreni che autonomamente non avrebbe potuto nè scoprire nè affrontare.219
Secondo L.Nelson la figura dell'insegnante/facilitatore è di centrale importanza. Egli ha innanzitutto il compito di esercitare la propria autorità, come si affermava precedentemente, solo in campo procedurale e non contenutistico. Egli non deve, infatti, proporre soluzioni ma in quanto
moderatore della discussione nel gruppo di dialogo deve rimanere il più possibile neutrale, assicurandosi che tutti i partecipanti abbiano l'opportunità di esprimersi ed offrire il proprio contributo. Altro fattore fondamentale è quello relativo alla chiarezza. L'insegnante, infatti, dovrebbe aver cura di mirare sempre alla chiarezza ed alla trasparenza del dialogo. Ciò non significa che le idee poco chiare o le opinioni formulate in maniera incompleta non debbano essere espresse ma è importante che il facilitatore sostenga il gruppo nello sforzo di chiarificare quanto detto. Altro aspetto che il facilitatore è chiamato a curare è quello relativo al raggiungimento del consenso all'interno del gruppo, non si tratta di un consenso superficiale ma una sorta di accordo ragionato.
Per far sì che il dialogo proceda e coinvolga il gruppo è importante dare avvio alla discussione partendo da esempi provenienti da esperienze esemplificative, non troppo complesse ma nel contempo rilevanti ed interessanti per tutti i partecipanti affinché essi si sentano motivati nel portare avanti questo intenso lavoro intellettuale. Il percorso svolto viene registrato dall'insegnante/facilitatore su fogli di carta, per poter successivamente ricostruire il percorso svolto durante il ragionamento. Sicuramente non si tratterà di un percorso lineare ma quasi sicuramente di un percorso fatto a balzi, caratterizzato da rallentamenti e ripensamenti, dall'andatura talvolta reticolare. Pertanto è utile fare delle pause, riflettere di volta in volta su quanto viene detto. Solitamente è questa l'occasione per un meta-discorso, per scandagliare questioni di ordine metodologico o strategico/procedurale.
Utilizzando la metafora del viaggio, infatti, Dordoni afferma che il facilitatore è una guida molto particolare, sostiene ed accompagna i viaggiatori nella direzione in cui li conducono le loro argomentazioni senza interferire troppo e promuovendo chiarezza, sincerità ed attenzione. Il facilitatore deve assicurarsi
che i partecipanti al dialogo si intendano, si accordino sui punti nodali cui si giunge, appuntando su di un foglio il percorso che si sta effettuando.
Favorendo il potenziamento di questo tipo di capacità si dà spazio, secondo Lipman, a quello che è stato definito il pensiero riflessivo: «Il pensiero riflessivo è un pensiero consapevole delle sue assunzioni e delle sue implicazioni e cosciente delle ragioni e delle prove a sostegno di quella o di quell'altra conclusione.»220