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PRESENTAZIONE DEL CONTESTO GENERALE

12. Diritto a esprimersi liberamente e organizzars

2.10 IL LAVORO MINORILE NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

L’analisi fatta nei precedenti paragrafi ci porta ora a trovare il nesso logico tra sfruttamento minorile ed economia globale. Non è ovvio infatti, che la relazione tra questi due fenomeni sia automatica dato che il lavoro minorile nei paesi del Terzo Mondo esisteva in modo diffuso ben prima dell’apertura delle loro frontiere al commercio internazionale e probabilmente continuerebbe ad esistere tutt’oggi a prescindere dall’avvento della globalizzazione. È necessario quindi svolgere un’indagine più approfondita e cercare le relazioni che nascono per spiegare come il lavoro minorile ha avuto una sempre maggiore attenzione da parte dei governi e delle organizzazioni internazionali e sovrannazionali.

Per cominciare è utile capire il momento in cui la figura del bambino viene riconosciuta come persona avente dei diritti e bisognosa di protezione. Questo avviene agli inizi del ‘900, precisamente nel 1924 quando la Società delle Nazioni Unite a seguito delle pressioni subite dalla comunità internazionale approva la Dichiarazione di Ginevra sui Diritti del Fanciullo, per evitare il ripetersi delle atroci conseguenze che la Prima Guerra Mondiale aveva portato, soprattutto per i bambini. Essa afferma cinque principi fondamentali per la vita del bambino:

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Nesi G., Nogler L., Pertile M., Child Labour in a Globalized World: A Legal Analysis of ILO Action, Ashgate Pub Co, 2008, pp.234-244

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“1. Al fanciullo si devono dare i mezzi necessari al suo normale sviluppo, sia materiale che spirituale.

2. Il fanciullo che ha fame deve essere nutrito; il fanciullo malato deve essere curato; il fanciullo il cui sviluppo è arretrato deve essere aiutato; il minore delinquente deve essere recuperato; l'orfano ed il trovatello devono essere ospitati e soccorsi.

3. Il fanciullo deve essere il primo a ricevere assistenza in tempo di miseria.

4. Il fanciullo deve essere messo in condizioni di guadagnarsi da vivere e deve essere protetto contro ogni forma di sfruttamento.

5. Il fanciullo deve essere allevato nella consapevolezza che i suoi talenti vanno messi al servizio degli altri uomini.”

Nei decenni successivi altre forme di regolamentazione dei diritti del bambino vengono sviluppate come la Convenzione dei Diritti del Fanciullo del 1989 (Convention on the Right of the Child – CRC), analizzata in questo Capitolo.

Contemporaneamente, nel 1948 con l’avvento della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, nasce una nuova categoria di diritti umani che accompagnano i già esistenti diritti civili e politici nati dopo la Rivoluzione francese, che viene definita dei diritti economici, sociali e culturali e va a ricoprire la sfera dei diritti del lavoro e di istruzione. È così che il tema della tutela del minore si interseca con i diritti sociali, cominciando a sensibilizzare l’opinione pubblica, ma anche gli industriali del tempo sul tema dello sfruttamento minorile. La scintilla che si è innescata e ha dato il via alla lotta globale per l’eliminazione dello sfruttamento minorile avviene nel momento della nascita delle organizzazioni internazionali intergovernative e non governative nel ‘900, le prime sono costituite da tre o più stati tramite un accordo internazionale con uno statuto e organi specifici, le seconde sono invece associazioni private senza scopo di lucro con un carattere internazionale nel caso in cui operino in più di tre stati e svolgono un’attività di sensibilizzazione ed informazione su temi di rilevanza internazionale. Secondo l’Unione delle associazioni internazionali nel 1930 le ONG erano circa ottocento, nel 1960 più di duemila, nel 1980 il doppio e oggi almeno 30.000. Grazie alla loro preziosa attività, questi enti, svolgono un controllo efficace sul rispetto della normativa internazionale vigente poiché la loro specializzazione in campi d’azione circoscritti permette il dispiegamento di forze necessarie per lottare verso un unico obiettivo. Se è compito dei governi delle Nazioni e delle grandi organizzazioni internazionali (Nazioni Unite, l’Organizzazione Internazionale del commercio, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale) varare le leggi per il buon funzionamento della comunità internazionale, anche le più piccole organizzazioni non governative devono avere come fine ultimo quello di

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sorvegliare il corretto adempimento delle norme esistenti da parte degli stati firmatari. Le organizzazioni internazionali che hanno abbracciato il tema della tutela dei diritti dei minori e dei minori lavoratori sono molteplici, prima fra tutte l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO), ma anche alcune organizzazioni non governative come Save the Children, ActionAid, Terres des Hommes, Oxfam e Children Defence Fund (CDF). Grazie al loro lavoro, le organizzazioni internazionali governative e non governative, portano avanti il fine ultimo per cui sono state create applicano le leggi internazionali vigenti e i diritti riconosciuti per sensibilizzare il panorama internazionale sui temi salienti e rilevandone i problemi

Quindi, l’entrata nel panorama internazionale dei diritti del bambino, dei diritti sociali e la nascita delle organizzazioni internazionali e non governative ha fatto si che si creasse una grande attenzione e sensibilizzazione sul tema del lavoro minorile. Non va dimenticato che il loro sviluppo inoltre, va di pari passo con l’arco temporale in cui si concentrano le fasi salienti della globalizzazione, dove tutto si amplifica ed in cui tutti i luoghi del mondo, anche quelli che una volta venivano poco considerati perché remoti e lontani, si uniscono in una grande rete che consente l’interazione e l’integrazione dei paesi.

Questi quattro fenomeni possono essere visti come delle strade che partono separate nel momento della loro nascita, ma che poi si intersecano e sono insieme responsabili e risolutrici di grandi problemi globali come quello dello sfruttamento minorile..

Com’è stato argomentato nel diritto internazionale vigono delle regole precise in tema di lavoro minorile, ma nonostante ciò le multinazionali, che con la globalizzazione hanno sviluppato reti infinite di rapporti con stati stranieri, sfruttando gli incentivi vantaggiosi offerti come il lavoro a basso costo, spesso sono incriminate di utilizzare in alcune fasi della loro produzione il lavoro dei bambini. Le organizzazioni internazionali che si sono sviluppate a favore della lotta contro lo sfruttamento minorile, applicando le leggi del diritto internazionale denunciano il lavoro delle multinazionali e cercano di trovare con queste e con i governi coinvolti, delle soluzioni utili per combattere il fenomeno.

Da ciò si può dedurre che lo sfruttamento minorile non trova la sua causa prima nella globalizzazione essendo, come è stato detto, un fenomeno presente ancor prima dell’esplosione di questo fenomeno, ma è in questi ultimi decenni grazie alla globalizzazione che il tema dello sfruttamento minorile si è amplificato in termini quantitativi, sia per quanto riguarda il numero di bambini coinvolti nelle catene globali del valore, sia per la volontà di alcuni attori internazionali di far conoscere e risolvere il problema.

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È necessario quindi capire perché così tanti bambini nei paesi del Terzo Mondo sono al lavoro per fabbricare beni così cari a grandi e piccoli di tutto il mondo sviluppato.

Un’attenta osservazione del commercio internazionale svolta dagli scrittori Cigno e Rosati nel loro libro The economics of child labour può essere utile per trovare la chiave di lettura della questione. Si afferma che, trattandosi di un mondo globalizzato cioè un mondo senza più frontiere e in continua connessione, la comunità internazionale svolge un’attività di incoraggiamento affinché tutti i paesi aboliscano le loro barriere doganali permettendo un libero commercio senza impedimenti. Ci troviamo di fronte al fenomeno della liberalizzazione, che consiste nel rimuovere gli ostacoli di natura normativa e fiscale così da creare una piena libertà di ingresso e uscita dal mercato dei beni e servizi di un paese, aumentando la concorrenza così da far calare i prezzi in quanto le imprese possono conquistare nuove aree di mercato offrendo occasioni più convenienti. Con la liberalizzazione si spingono anche le aziende ad investire per migliorare i loro prodotti incentivando l’innovazione che consente di dare maggiore libertà di scelta ai consumatori.

Questa pratica può essere quindi molto vantaggiosa per le nazioni, a patto che venga accompagnata da politiche ad hoc per tutelare l’educazione, l’istruzione e i diritti dei lavoratori, ma anche ambiente e salute113.

In questo senso il problema dello sfruttamento minorile esiste soprattutto per la categoria dei paesi in via di sviluppo, che arrivando da un’indipendenza recente non hanno ancora implementato un sistema governativo stabile, addirittura molti di loro sono ancora in guerra per raggiungere la piena indipendenza. Non è possibile in queste condizioni chiedere loro di sviluppare delle politiche adatte a tutelare i minori lavoratori e la loro educazione proprio perché non possiedono lo sviluppo sociale necessario, basti pensare che nei paesi in via di sviluppo la maggior parte della popolazione non ha un’educazione primaria o secondaria, che ricopre solo una minima parte della popolazione114.

Il vantaggio che è possibile ricavare dall’apertura al commercio mondiale sarà per lo più per i paesi che hanno abbondanza di lavoratori qualificati, infatti i loro i salari aumenteranno notevolmente rispetto a quelli dei lavoratori non qualificati115. Nel caso dei paesi in via di sviluppo, in cui la manodopera qualificata scarseggia, verrà offerto lavoro a basso costo e non qualificato, trovandosi di fronte a salari molto bassi. Come conseguenza le famiglie pur di

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Cigno A., Rosati C. F., The economics of child labour, Oxford University Press, 2005, p. 78

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Ibidem, p. 75 115

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raggiungere una quantità di denaro necessaria per la sopravvivenza utilizzeranno anche il lavoro minorile.

Si deduce che, abbattere le barriere doganali in paesi dove esiste una buona percentuale di lavoratori istruiti risulta essere altamente positivo per tutti, creando anche un incentivo per i genitori nel mandare i loro figli a scuola; dall’altro lato, abbattere le barriere in un paese con un’elevata percentuale di lavoratori analfabeti, può peggiorare il problema dello sfruttamento minorile, perché si riduce l’incentivo di mandare i figli a scuola. È fondata quindi la percezione che la globalizzazione aumenta l’incidenza di lavoro minorile ma solo nel caso dei paesi con minor capitale umano a disposizione; al contrario se il paese gode di un buon capitale umano, la percentuale di lavoro minorile diminuirà, e la globalizzazione risulterà positiva per l’eliminazione del lavoro minorile116. E questo è proprio quello che è avvenuto, soprattutto nel continente africano, dove le condizioni esistenti non erano dal principio ottimali per avviare un processo di liberalizzazione e la globalizzazione così ha finito per aumentare il problema del lavoro minorile, incrementando l’esposizione degli stati allo sfruttamento minorile117.

Il quadro generale sul lavoro minorile è stato così tracciato nei dettagli. Si riconoscono ora forme diverse di lavoro minorile, non tutte da condannare, leggi diverse, e misure dirette ed indirette che vanno sagomate su misura alle esigenze dei paesi dove il fenomeno è più presente.

Tra i tanti settori in cui si sviluppa il lavoro minorile, quindi, una buona percentuale lavora a stretto contatto con il mercato estero, producendo beni o parte di beni che alla fine del loro processo produttivo verranno venduti nei paesi sviluppati. A monte, le grandi multinazionali guadagnano grandi profitti grazie agli incentivi che ricevono dai paesi sottosviluppati assicurando alla popolazione stessa il godimento di prodotti sempre nuovi e a buon mercato. In conclusione, la globalizzazione risulta essere allo stesso tempo promotrice e risolutrice della piaga dello sfruttamento di lavoro minorile: promotrice perché la rete di produzione globale delle multinazionali che si snoda in molteplici paesi del mondo ha aumentato le possibilità di sfruttamento minorile; risolutrice perché l’interazione tra paesi che si è creata ha fatto si che aumentasse la sensibilizzazione verso il problema e verso la necessità di una pronta eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile.

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Cigno A., Rosati C. F., The economics of child labour, Oxford University Press, 2005, p. 79

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