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PRESENTAZIONE DEL CONTESTO GENERALE

2.2 LA LEGISLAZIONE INTERNAZIONALE

Lo scopo di questa tesi non è quello di studiare il lavoro minorile sotto l’aspetto giuridico, ma una considerazione della normativa internazionale principale in vigore è d’obbligo per un accurato studio del problema.

Sin dalla sua nascita, il 1919, l’OIL è stato attivo e presente nella produzioni di trattati multilaterali per regolare la partecipazione dei minori nel mondo del lavoro. Per prima, la Convenzione n.138 (Minimum Age Convention) entrata in vigore nel 1976 e ratificata ad oggi da 167 paesi, all’art. 3 sottolinea l’importanza di fissare l’età minima da parte dei governi dei Paesi parti, dicendo che:

“The minimum age for admission to any type of employment or work which by its nature or the circumstances in which it is carried out is likely to jeopardize the health, safety or morals of young persons shall not be less than 18 years”.

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Tutti i lavori, quindi che per loro natura sono dannosi per salute, sicurezza o moralità del bambino, hanno come obbligo di età minima i 18 anni. Sottolinea, nei commi successivi, che la lista dei lavori per cui è richiesta l’età minima dei 18 anni deve essere stilata dai governi, in base all’apposita regolamentazione dopo essersi confrontati con i sindacati dei lavoratori e dei dirigenti, ove esistano. Permette l’abbassamento dell’età minima a 16 anni qualora i sindacati siano stati informati e laddove il minore lavoratore abbia ricevuto un’adeguata formazione, ma elenca, all’art. 5 una serie di settori in cui l’età minima non è modificabile in nessuna circostanza, come per esempio, il settore dell’estrazione, dell’industria, e dell’agricoltura, solo per citarne alcuni.

Importantissima da ricordare è la Convenzione sui diritti dell’infanzia (Convention on the Rights of the Child – CRC) approvata il 20 novembre 1989 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite che viene considerata come il più completo atto giuridico internazionale in materia. Interessante, è la lettura dell’art. 32:

“1. Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o che sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale.

2. Gli Stati parti adottano misure legislative, amministrative, sociali ed educative per garantire l’applicazione del presente articolo. A tal fine, e in considerazione delle disposizioni pertinenti degli altri strumenti internazionali, gli Stati parti, in particolare: a) stabiliscono un’età minima oppure età minime di ammissione all’impiego;

b) prevedono un’adeguata regolamentazione degli orari di lavoro e delle condizioni di impiego;

c) prevedono pene o altre sanzioni appropriate per garantire l’attuazione effettiva del presente articolo.”

L’articolo, in prima istanza, riconosce il diritto di protezione verso il minore, protezione dallo sfruttamento economico e dal lavoro forzato, che vengono interpretati come occupazione forzata senza compenso, e da qualsiasi attività che vada a mettere a repentaglio lo sviluppo del bambino nella sfera educativa, fisica, mentale o spirituale. Al secondo comma poi impone dei doveri agli Stati parti, che devono usare tutti i mezzi a loro disposizione per garantire l’applicazione dell’articolo, come, fra gli altri, la ratifica degli strumenti internazionali che li obbligano a stabilire un’età minima d’impiego, la regolamentazione degli orari e delle condizioni del posto di lavoro, nonché sanzione e pene appropriate.

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Questa Convenzione può essere considerata come “il trattato sui diritti umani maggiormente ratificato nella storia dell’umanità”67 infatti è stato ratificato da tutti gli stati del mondo tranne Stati Uniti e Somalia. Secondo l’articolo Sacrificial lamb of globalization: child labour in the 21st century, si pensa che il motivo di questa mancata ratifica da parte degli Stati Uniti sia dovuta dal fatto che si da per scontato l’impegno dimostrato da sempre dal Governo americano riguardo l’abolizione del lavoro minorile. Nel dicembre 2008 “il presidente entrante Barack Obama avrebbe dovuto iniziare il procedimento di ratifica che va a riconoscere formalmente la Convenzione nella legge americana, dichiarando che era imbarazzante per la nazione trovarsi in questa situazione in compagnia della Somalia, uno stato senza regole”68, ma ad oggi non risulta ancora completato il processo di ratifica.

Dopo una lungo dibattito, portato avanti soprattutto dalla Convenzione n.138 sull’età minima di accesso a lavoro sono state ricavate tre diverse categorie di bambini lavoratori che vedremo in seguito, ma fra le tre, quella che va assolutamente ed immediatamente eliminata è la categoria dei lavori pericolosi e delle peggiori forme di lavoro minorile, che viene affrontata nell’altra Convenzione OIL più importante in tema di lavoro minorile, la n. 182 del 1999 per l’eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile (Worst Forms of Child Labour Convention), entrata in vigore nel 2000, e ratificata da 179 paesi che “richiama l’attenzione del mondo sulla necessità di intraprendere azioni efficaci ed immediate per sradicare le forme peggiori di lavoro minorile”69. Questa categoria viene elencata all’art. 3 e comprende il traffico di bambini e il lavoro forzato, i bambini impegnati nei conflitti armati, prostituzione e pornografia ed attività illecite come la produzione ed il traffico di droghe.

“For the purposes of this Convention, the term the worst forms of child labour comprises:

(a) all forms of slavery or practices similar to slavery, such as the sale and trafficking of children, debt bondage and serfdom and forced or compulsory labour, including forced or compulsory recruitment of children for use in armed conflict;

(b) the use, procuring or offering of a child for prostitution, for the production of pornography or for pornographic performances;

(c) the use, procuring or offering of a child for illicit activities, in particular for the production and trafficking of drugs as defined in the relevant international treaties;

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UNICEF, I bambini che lavorano, aprile 1999, p.29

68

Panjabi R., Sacrificial lamb of globalization: child labour in the 21st century, Denver Journal of International Law and Policy, 2009, p. 459

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(d) work which, by its nature or the circumstances in which it is carried out, is likely to harm the health, safety or morals of children.”

All’art. 6 inoltre viene affermato il grande valore che ha il dialogo tra istituzioni quali organi governativi, associazioni imprenditoriali e sindacali, per stabilire piani d’azione volti allo scopo di eliminare le peggiori forme di lavoro minorile70. La legislazione OIL non lascia al caso nessuna parola, stabilendo, nella Raccomandazione corrispondente n.190 cosa si intende per “piano d’azione”:

“(a) identifying and denouncing the worst forms of child labour;

(b) preventing the engagement of children in or removing them from the worst forms of child labour, protecting them from reprisals and providing for their rehabilitation and social integration through measures which address their educational, physical and psychological needs;

(c) giving special attention to: (i) younger children;

(ii) the girl child;

(iii) the problem of hidden work situations, in which girls are at special risk; (iv) other groups of children with special vulnerabilities or needs;

(d) identifying, reaching out to and working with communities where children are at special risk;

(e) informing, sensitizing and mobilizing public opinion and concerned groups, including children and their families.”

Nel piano d’azione, quindi, bisogna innanzitutto tenere in considerazione determinate classi più deboli come i più piccoli, le bambine o altre categorie di bambini con particolari esigenze, e le situazioni di lavoro più pericolose non immediatamente visibili ai controlli; è necessario inoltre, identificare e denunciare le peggiori forme di lavoro minorile, prevenendo da subito l’impiego di bambini in quei settori, o affrettarsi a rimuoverli da determinati ambiti pericolosi fornendo loro tutto l’aiuto possibile con misure educative o mirate ai loro bisogni fisici o psichici, in modo da permettere una totale riabilitazione e integrazione sociale. È importante anche, continua l’articolo all’ultimo comma, informare e sensibilizzare l’opinione pubblica informando in primo luogo i minori e le loro famiglie.

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Coccia G.; Arrighi A., Il lavoro minorile: studi, problemi, prospettive, Studi e Note di Economia, Anno XV, n. 2-2010, p. 264

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2.2.1 L’efficacia della legislazione internazionale

Come è visibile, l’impegno legislativo delle organizzazioni internazionali come OIL e ONU è notevole, molte sono le convenzione e le iniziative a favore dell’abolizione dello sfruttamento del minore, che cercano di dare un quadro generale applicabile in ogni governo che ha ratificato le convenzioni in questione. L’OIL dopo i primi anni di vita in cui gli Stati parti erano per lo più occidentali, tutti concordi su determinati temi, si è trovato ad avere come membri stati non occidentali che, come è risaputo, hanno usi e tradizioni diverse, dovendo fare un lavoro di mediazione notevole, se anche la maggior parte di questi ha ratificato le convenzioni principali.

Nel maggio del 2010, all’Aja durante la Conferenza Globale sul Lavoro Minorile, è stato creato un piano d’azione proposto dai delegati che richiama i passaggi che devono essere messi in atto per far si che il termine del 2016, concordato per l’appunto dai costituenti dell’OIL nel Piano di azione mondiale per l’eliminazione di ogni forma di sfruttamento minorile, sia rispettato. Il piano d’azione dell’Aja (Hague Roadmap), sostiene che sono i Governi i responsabili in grado di rinforzare in diritto all’educazione ed eliminare le peggiori forme di lavoro minorile, ma che la società internazionale e le organizzazioni internazionali devono dare il loro aiuto supportando i governi.71

Con la legislazione internazionale presente, la comunità internazionale ha fornito tutte le linee guida possibili, dando il supporto necessario per implementarle, ora sta ai governi locali metterle in atto. Come? Innanzitutto ratificando le convenzioni internazionali.

La Convenzione n. 138 (Minimum Age Convention), all’art. 12 stabilisce l’entrata in vigore della convenzione in base alle ratifiche presenti, dicendo che “la convenzione entrerà in vigore dodici mesi dopo che gli strumenti di ratifica di due membri saranno stati registrati dal Direttore Generale.”

Chiama in considerazione, poi, le autorità nazionali agli artt. 2-3-4-5 in cui si afferma l’impegno di “ciascun membro” di implementare la Convenzione tramite “una dichiarazione allegata alla sua ratifica dove stabilisce un’età minima per l’assunzione all’impiego o al lavoro sul suo territorio” , concedendo l’abbassamento dell’età minima a quattordici anni qualora “l’economia e le istituzioni scolastiche non siano sufficientemente sviluppate”. Per quanto riguarda le forme peggiori di lavoro minorile, all’art. 3, si fissa l’età a 18 anni, ma

“la legislazione nazionale o l’autorità competente potrà, dopo aver consultato le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori interessati, se esistono, autorizzare

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l’impiego o il lavoro di adolescenti dall’età di sedici anni a condizione che la loro salute, la loro sicurezza e la loro moralità siano pienamente garantite e che abbiano ricevuto un’istruzione specifica ed adeguata o una formazione professionale nel settore d’attività corrispondente”.

Inoltre l’art. 4, comma 2, stabilisce che

“Ciascun membro che ratifica la presente convenzione dovrà indicare, adducendo i motivi, nel suo primo rapporto sull’applicazione di quest’ultima, che deve presentare ai sensi dell’articolo 22 della Costituzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro72, le categorie di impiego che saranno state escluse ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, ed esporre, nei suoi successivi rapporti, lo stato della sua legislazione e della sua prassi relative a dette categorie, precisando in quale misura è stato dato effetto o si intende dare effetto alla presente convenzione per quanto riguarda dette categorie.”

Vediamo ora la seconda convenzione più importante in ordine cronologico, la Convenzione sui diritti dell'Infanzia (Convention on the Rights of the Child), che risulta essere più chiara in quanto al tema dell’efficacia. Importante da ricordare nuovamente è che questa Convenzione è stata ratificata da tutto il mondo, tranne che da due stati: Stati Uniti e Somalia, quindi praticamente tutto il mondo deve impegnarsi e far rispettare i principi base di questa Convenzione, che richiede la ratifica da parte degli Stati Membri per essere efficace, come sancisce l’art. 47. Tutta la Parte II è dedicata al riconoscimento dei principi base della convenzione; all’art. 42 si legge

“Gli Stati parti si impegnano a far largamente conoscere i principi e le disposizioni della presente Convenzione, con mezzi attivi e adeguati sia agli adulti che ai fanciulli.”

Inoltre per qualsiasi forma di controllo si istituisce un organo superiore ufficialmente riconosciuto che è il Comitato dei Diritti del Fanciullo (art. 43), al quale si sottopongono i rapporti che gli Stati parti devono redigere per testimoniare le azioni intraprese e i progressi fatti entro due anni a decorrere dalla data dell’entrata in vigore della Convenzione, ed in seguito, ogni cinque anni (art.44), ma è anche il Comitato stesso a potersi rivolgere direttamente ai Paesi interessati. Ancora per monitorare l’efficacia di questa Convenzione va preso in causa l’art.45 che richiama l’attenzione del ruolo dominante delle istituzioni

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Art. 22 Ciascun Membro s’impegna a presentare all’Ufficio internazionale del Lavoro un rapporto annuale sui provvedimenti da esso presi allo scopo di porre in esecuzione le convenzione alle quali ha aderito. Questi rapporti saranno stesi nella forma indicata dal Consiglio d’amministrazione e dovranno contenere gli schiarimenti chiesti da quest’ultimo.

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specializzate, specificando in seguito il loro potere nel fare raccomandazioni riguardo alle questioni di loro competenza; l’art. 45 dice che,

“il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia e altri organi delle Nazioni Unite hanno diritto di farsi rappresentare nell’esame dell’attuazione di quelle disposizioni della presente Convenzione che rientrano nell’ambito del loro mandato”

L’ultima Convenzione, ma non per importanza, è la n. 182 (Worst Forms of Child Labour Convention) che ha il compito di richiamare gli Stati Parti dell’OIL all’azione immediata verso le peggiori forme di lavoro minorile, considerato che è questo il caso in cui i lavori più pericolosi vengono svolti dai bambini, senza diritti, formazione e condizioni di lavoro degne, cioè le basi elementari di lavoro per qualsiasi essere umano. La Convenzione richiede come le altre la ratifica, come stabilito dall’art. 10, c. 2, “entrerà in vigore 12 mesi dopo la data in cui la ratifica di due Membri sarà stata registrata dal Direttore Generale”. Ma riguardo ai mezzi o organismi creati per verificarne l’efficienza e la messa in atto nella Convenzione non c’è traccia, il testo richiama solo gli Stati membri ad attuare tutte le misure necessarie affinché si verifichi la presenza di condizioni non degradanti di lavoro e istituire programmi d’azione volti ad eliminare prioritariamente le forme peggiori di lavoro minorile. L’art. 7 precisa che

“Ogni Membro deve prendere tutti i provvedimenti necessari a garantire l’effettiva messa in opera ed applicazione delle disposizioni attuative della presente Convenzione, anche istituendo e applicando sanzioni penali e, all’occorrenza, altre sanzioni”.

Bisogna andare a leggere la Raccomandazione collegata, n.190, per avere maggiori informazioni riguardo la diretta efficacia della Convenzione, infatti al capo III, denominato “attuazione”, si fa riferimento a tutte le misure da istituire per dare piena efficacia all’atto ratificato e le relative sanzioni in caso di trasgressori. In particolare, al paragrafo 7 viene riconosciuto l’Ufficio Internazionale del Lavoro come organo preposto per la raccolta e la comunicazione delle informazioni dettagliate e i dati statistici sulla natura e la portata del lavoro minorile fatta, conformemente alla legge, dagli Stati.

A prescindere da ogni indicazione comunque, gli Stati membri dell’OIL devono tenere sempre a mente l’art. 22 della Costituzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, la quale impone agli Stati di redigere un rapporto annuale nel quale si evidenzino i provvedimenti presi al fine di porre in essere le convenzione alle quali hanno aderito, questo è il cardine per l’opera di valutazione dell’OIL dell’efficacia delle Convenzioni negli ordinamenti interni.

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Tabella 6- La legislazione internazionale di base