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Il diritto all’accesso a Internet non ha esclusivamente una dimensione negativa, rintracciabile nella libertà del cittadino di potersi connettere alla rete digitale senza timore di dover subire ingiustificate ingerenze da parte dello Stato e dei pubblici poteri, ma ha anche un’accezione positiva.

Il concetto di cittadinanza è legato sempre più a doppio filo con il mondo virtuale; la rete Internet è uno dei canali di comunicazione principali tra la Pubblica Amministrazione e il singolo individuo. La diffusione delle nuove tecnologie e la

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crescente necessità di maggiore trasparenza nell’azione amministrativa sono due fenomeni concomitanti e interconnessi177.

Il diritto all’accesso a Internet, proprio per la sua valenza sociale, si configura perciò come una pretesa soggettiva del cittadino a prestazioni pubbliche, alla pari di altri settori come istruzione, previdenza sociale o sanità178. Una pretesa che si configura nella richiesta di rimozione degli ostacoli, che possono essere di natura tecnica, economica, culturale e/o sociale, alla navigazione in rete, così come nella predisposizione delle infrastrutture tecniche e tecnologiche adeguate a garantire una connessione efficiente.

La necessità di un intervento dei pubblici poteri per garantire la disponibilità di una connessione web si riscontra anche nel già citato documento LaRue: il punto 85 del report chiarisce che gli Stati devono adottare una politica tale da assicurare a ogni cittadino la possibilità di navigare in Internet a condizioni accessibili. Il punto 87 prosegue aggiungendo che, ove sono presenti le infrastrutture tecnologiche necessarie, i Paesi devono impegnarsi a supportare iniziative volte a permettere l’accesso alle informazioni disponibili in rete anche agli elementi più in difficoltà della popolazione, come gli individui con disabilità.

La qualificazione del diritto all’accesso a Internet come diritto sociale179 rivela però un problema di fondo, dato dall’effettiva impossibilità di descrivere in una singola norma giuridica l’intervento statale che sarebbe astrattamente richiesto per la realizzazione della connessione informatica universale. La regola rischierebbe di diventare obsoleta al momento stesso della sua redazione, a causa del continuo progresso tecnologico che rischia di far diventare inadeguati i provvedimenti richiesti dal testo normativo.

Occorre poi chiarire cosa si intende con “diritto all’accesso a Internet”; disponibilità di un computer o di un qualsiasi altro device atto al collegamento con la rete? Possibilità di usufruire delle infrastrutture tecnologiche come cavi, server e ripetitori? Ricevere un’adeguata educazione digitale?

La mancata chiarezza sulla natura del diritto all’accesso a Internet rimanda la sua determinazione in ogni caratteristica alla esclusiva volontà del legislatore180,

177A.LE PAGE,Libertés et droits fondamentaux à l’épreuve de l’Internet, Parigi, 2002, pp.61 ss. 178T.E.FROSINI,op.cit.

179P.MARSOCCI,Lo spazio di Internet nel costituzionalismo, in Costituzionalismo.it, n.2/2011, pp.1-16;

P.TANZARELLA, Accesso a Internet: verso un nuovo diritto sociale?, 3 settembre 2012,

https://www.gruppodipisa.it/images/rivista/pdf/Palmina_Tanzarella__Accesso_a_Internet_verso_un_nuo vo_diritto_sociale.pdf (consultato il 19 aprile 2019).

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comportando uno “sforzo di immaginazione” da parte dei giudici in sede di tutela giurisdizionale in caso di eventuali omissioni legislative181. I tribunali sarebbero infatti chiamati a garantire l’effettiva applicazione del diritto in questione, anche per le parti non compiutamente espresse dalla norma giuridica182.

Non bisogna inoltre trascurare l’aspetto economico, poiché assicurare la connessione per ogni utente comporterebbe un notevole dispendio di risorse per il Paese.

3.1.La responsabilità degli Stati nel raggiungimento dell’obbiettivo della connettività universale

Per assicurare il pieno utilizzo di ogni funzionalità di Internet, deve essere assicurata per ogni utente la possibilità di connettersi allo spazio cibernetico. La Rue, nel suo report a cui si è più volte accennato nel corso della trattazione, specificava che è compito di ogni Stato adottare le misure necessarie per garantire la piena attuazione del diritto alla libera espressione, permettendo a ogni persona di accedere ai mezzi necessari per esprimere le proprie idee, incluso Internet.

Occorre riflettere su quali obblighi siano effettivamente in capo ai vari governi nazionali per il raggiungimento dell’ambizioso progetto della connettività universale.

Relativamente ai possibili provvedimenti tecnici da intraprendere, i cittadini possono richiedere allo Stato di coprire in maniera diffusa e omogenea il territorio nazionale con la lunghezza di banda (velocità e stabilità di connessione) adeguata a far sì che ogni utente non riscontri ostacoli tecnici di alcun tipo durante la sua navigazione183.

Il primo riferimento giuridico è alla cd.teoria degli obblighi positivi in materia di diritti fondamentali184. Mentre gli obblighi a carattere negativo impegnano gli Stati a non interferire con l’esercizio da parte degli individui delle proprie libertà, quelli positivi richiedono un intervento da parte dei pubblici poteri. Il testo della stessa Convenzione individua alcuni ambiti in cui un Paese deve attivarsi per tutelare efficacemente alcuni specifici valori dei propri cittadini: l’art.2 impegna infatti lo Stato a proteggere il diritto alla vita e parimenti l’art.8 lo obbliga a rispettare il diritto alla privacy. L’art.6 (3) 181P.COSTANZO,Miti e realtà dell’accesso a Internet. Una prospettiva costituzionalistica, in Consulta

OnLine, 17 ottobre 2012, http://www.giurcost.org/studi/Costanzo15.pdf (consultato il 19 aprile 2019).

182 G.DE MINICO, Diritti, regole e Internet, in Costituzionalismo.it, 8 novembre 2011, http://www.costituzionalismo.it/articoli/393/ (consultato il 19 aprile 2019).

183 G.DE MINICO,Internet regole e anarchia, Roma, 2012, pp.127 ss.

184A.MOWBRAY,The development of positive obligations under the European Convention on Human

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sancisce il dovere dello Stato di garantire assistenza legale nell’ambito dei processi penali alle persone che non possono permettersela.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha sviluppato nel corso degli anni una giurisprudenza particolarmente attenta al concetto di obbligo positivo, basando la sua interpretazione della Convenzione sul principio di effettività, nella maniera ritenuta più adatta a tutelare gli interessi dei singoli individui. La prima definizione di tale concetto, e l’inizio di questa linea interpretativa, si può trovare nella sentenza Belgian linguistic

case del 1968185.

L’ambito in cui la Corte è legittimata a pronunciarsi è esclusivamente quello relativo ai diritti riconosciuti e sanciti dalla Convenzione stessa: deve quindi trovare un collegamento tra l’intervento attivo richiesto allo Stato e uno specifico diritto affermato dalla CEDU che può essere anche quello con l’obbligo di tutelare la dignità umana sancito dall’art.1186. La teoria degli obblighi positivi in materia di diritti umani è ormai

considerata parte integrante dei doveri sanciti dalla Convenzione187. La Corte europea dei

diritti dell’uomo ha infatti specificato che la libertà di espressione non dipende esclusivamente dal dovere di evitare qualsiasi ingerenza ingiustificata da parte dei pubblici poteri, ma può anche richiedere l’adozione da parte dello Stato di misure attive188. Tale impegno consiste nel prendere le adeguate e proporzionate misure per assicurare la tutela dei diritti degli individui189. I giudici di Strasburgo sembrano far riferimento al concetto di obblighi positivi per ovviare a eventuali lacune della normativa nazionale. Un simile atteggiamento potrebbe aprire il campo al dovere per gli Stati di adottare misure concrete per garantire la connessione a Internet in attuazione dell’art.10 della Convenzione che, come ricordato precedentemente, sancisce il diritto alla libera espressione190.

185 Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza del 23 luglio 1968, Belgian linguistic case, ricorsi n.

1474/62, 1677/62, 1691/62, 1769/63, 1994/63 e 2126/64.

186P.DE HERT,D.KLOZA,op.cit.

187 J.F.AKANDJI -KOMBE,Positive obligations under the European Convention on Human Rights. A guide

to the implementation of the European Convention on Human Rights, in Human Rights Handbook, n.7,

2007, pp.5 ss.

188 Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza del 6 maggio 2003, Appleby et al. v. the UK, ricorso

n.44306/98.

189 Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza del 9 dicembre 1994, Lòpez Ostra v. Spain, ricorso

n.16798/90.

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4. Il diritto all’accesso a Internet nell’ordinamento Ue: diritto fondamentale o servizio

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