• Non ci sono risultati.

Il mancato riferimento alla conservazione del trattamento retributivo:

CAPITOLO II: LA MOBILITA’ ORIZZONTALE

7. Il mancato riferimento alla conservazione del trattamento retributivo:

L’art. 3 del d.lgs. n. 81/2015 nel riscrivere la disciplina delle mansioni non richiama il limite della garanzia retributiva presente nella vecchia versione (“Il prestatore di lavoro deve essere adibito … ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione”), questo porta dunque a domandarsi se siamo di fronte ad un’eclissi di tale garanzia o solo ad una sua trasformazione.

Innanzitutto occorre analizzare la portata di questo inciso nella disciplina

124

67

previgente, oggetto di letture dottrinali contrastanti. Una prima discussione riguardava la portata di tale disposizione, poiché per un gruppo minoritario di autori125, questa previsione aveva la funzione di impedire l’assegnazione a mansioni inferiori, mentre per l’opinione prevalente126, più correttamente, la disposizione aveva solo la finalità di evitare che gli spostamenti orizzontali determinassero conseguenze economiche negative, quindi l’inciso si riferiva solo agli spostamenti a mansioni equivalenti.

Oggetto di dibattito è stata a lungo anche la nozione di retribuzione, in quanto si considerava indubbia la conservazione degli elementi retributivi “normali”, corrisposti in relazione alla qualifica (paga base e contingenza) e ugualmente certa era l’esclusione dei rimborsi spese e delle indennità di natura non retributiva; incerto era invece se dovessero essere mantenute tutte quelle indennità retributive accessorie, collegate a particolari caratteristiche della prestazione, quando tali circostanze venissero meno nelle nuove mansioni127.

Il problema di fondo era dato dal fatto che la contrattazione collettiva prevedeva un gran numero di elementi retributivi accessori, con funzioni differenti tra loro, senza specificare però se questi dovessero essere conservati o meno con l’adibizione a nuove mansioni, lasciando così la questione ai giudici. Da qui prese vita un susseguirsi di interpretazioni dottrinali: da quella diretta a conservare la retribuzione globale senza alcuna diminuzione, a quella che al contrario rifiutava l’idea di una garanzia retributiva complessiva, individuando una serie di criteri per stabilire quali voci fossero da ricondurre all’irriducibilità e quali no,

125

U. ROMAGNOLI, Commento all’art.13, in Commentario dello Statuto dei lavoratori, (a cura di) A. Scialoja e G. Branca, Zanichelli Editore, 1972, p.227; T. TREU, Statuto dei lavoratori e organizazione del lavoro, in Riv. dir. proc. civ., 1972, p.1031.

126

F. LISO, La mobilità del lavoratore in azienda: il quadro legale, Franco Angeli Editore, 1982, p. 226; E. GHERA, Mobilità introaziendale e limiti dell’art.13 dello Statuto dei lavoratori, in Mass. giur. lav., 1984, p.227.

127

M. BROLLO, La mobilità interna del lavoratore, mutamento di mansioni e trasferimento, in Il Codice Civile Commentario, Giuffrè Editore, 1997, p.179.

68

distinguendo poi all’interno di questa posizione più orientamenti.

Differentemente dalla dottrina, la giurisprudenza ha seguito un cammino piuttosto unitario, favorendo, a partire dagli anni ottanta, la seconda delle interpretazioni suddette. In particolare la Cassazione cerca di individuare una concetto di retribuzione irriducibile più equilibrato, mantenendo le indennità accessorie che rispondono ad un criterio di corrispettività tra prestazione di attività lavorativa e obbligo retributivo, o che rispondono ad un criterio di proporzionalità della retribuzione alla qualità del lavoro, facendo cessare invece tutti quelle indennità collegate a fattori esterni qualora cessino i presupposti per la loro attribuzione128.

In conclusione tutte queste soluzioni interpretative che cercano una strada per risolvere il problema, pur avendo aspetti condivisibili sono comunque suscettibili di varie valutazioni critiche; anche la stessa giurisprudenza che sembrava piuttosto compatta, nel corso del tempo ha dato vita ad applicazioni contrastanti. L’unico sistema per dirimere questa situazione pareva essere un intervento chiarificatore della contrattazione collettiva, auspicato dalla dottrina e volto a specificare il fondamento causale di ogni indennità di modo tale da poter essere utilizzato come guida per l’indagine giudiziale.

Nella nuova formulazione dell’art. 2103 cod. civ. è assente il riferimento alla garanzia retributiva, il legislatore così semplifica notevolmente questa indagine, evitando al giudice di dover individuare i confini della tanto discussa nozione. Non deve confondere il 5° comma laddove prevede che “il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello d’inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa”, dato che tale previsione è riferita solamente alle ipotesi di demansionamento previste al 2° e 4° comma.

128

69

Tale assenza non va intesa nel senso che adesso nell’ambito della mobilità orizzontale sono possibili mutamenti di mansioni con diminuzione della retribuzione del dipendente, quindi non è venuta meno la tutela retributiva, semplicemente questa cambia natura: perde quella di limite esterno allo ius variandi orizzontale, per divenire una sorta di effetto automatico di trattamento dell’inquadramento, connesso alle dinamiche retributive di tale sistema definite dalla contrattazione collettiva129. Il diritto alla conservazione della retribuzione ora è da ritenersi come una mera conseguenza del fatto che il lavoratore viene adibito a mansioni riconducibili al medesimo livello d’inquadramento e categoria legale delle ultime effettivamente svolte.

Con la riforma del 2015 sono stati percorsi i primi passi in quella strada che si riteneva auspicabile già dalla dottrina antecedente (la quale sollecitava un maggiore intervento dell’autonomia collettiva per sciogliere i nodi irrisolti), dato che con la riscrittura dell’art. 2103 cod. civ. viene intanto attribuito un ruolo decisivo alla contrattazione collettiva stessa.

A seguito del venir meno del concetto di equivalenza si ha un rinnovato ruolo della scala classificatoria, in aggiunta alla tradizionale funzione di strumento per la determinazione del trattamento retributivo dei lavoratori, ha la funzione di determinazione dell’area del debito di prestazione130

. In conclusione, nel rispondere al quesito iniziale, circa la trasformazione o l’eclissi della garanzia retributiva, possiamo ben affermare che questa non è del tutto sparita sotto la vigenza della nuova disciplina in quanto la novella disposizione lasciando aperti, “indecisi” determinati aspetti opera un rinvio alla negoziazione collettiva, che infatti si ipotizza sarà spinta ad

129

M. BROLLO, Disciplina delle mansioni (art.3); in Commento al d.lgs. 15 giugno 2015 n.81: le tipologie contrattuali e lo ius variandi (a cura di) F. Carinci, in ADAPT Univesity Press, 2015, p.63.

130

F. LISO, Brevi osservazioni sulla revisione della disciplina delle mansioni contenuta nel decreto legislativo n. 81/2015 e su alcune recenti tendenze di politica legislativa in materia di rapporto di lavoro, WP CSDLE “Massimo D’Antona”.IT, 2015, n. 257, p.8.

70

un maggiore e più intenso intervento, anche nell’elaborazione di nuovi tipi d’inquadramento e di una disciplina della mobilità all’interno degli stessi, con attenzione anche alle connesse dinamiche retributive131.

8. Il repêchage nel licenziamento in relazione alla mobilità