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Capitolo 3. L’orientamento al mercato e il marketing

3.3 Il marketing

Sebbene l’orientamento al mercato debba essere adottato dall’intera azienda, il marketing è senza dubbio l’area maggiormente rappresentativa di questo approccio, con un ruolo di facilitatore e di supporto per la sua affermazione.

Il marketing è un processo sociale e manageriale atto a fornire uno studio descrittivo del mercato e a gestire il rapporto tra l’impresa e la relativa domanda di riferimento; esso punta alla formulazione di un’offerta idonea sia a massimizzare la soddisfazione dei consumatori obiettivo, sia a distinguersi dalle proposte dei concorrenti, e ciò creando il maggior valore possibile per i clienti tenuto conto degli obiettivi e delle capacità dell’impresa (Collesei et al., 2005). Lo scopo ultimo del marketing è infatti il perseguimento dell’orientamento al cliente, il quale è da intendersi non più come un soggetto da conquistare e successivamente considerare acquisito, ma come un partner da ascoltare e con cui collaborare strettamente. Di conseguenza diventa fondamentale ottenere la customer satisfaction, che può essere definita come il risultato del confronto, operato dal cliente, tra i benefici e i costi sperimentati e i benefici e i costi attesi in relazione al complesso delle componenti di una data offerta. Soddisfare il cliente nel lungo termine implica concretizzare la relazione nella fedeltà e quindi nel riacquisto dei prodotti proposti dall’azienda. All’aumentare della fedeltà della clientela cresce anche la sua redditività dal momento che i consumatori fedeli tendono a incrementare la quantità e la frequenza di acquisto, sono più disponibili a comprare altri prodotti, sono meno costosi da servire, accettano spesso di pagare un premium price e, tramite il loro passaparola positivo, facilitano l’acquisizione di nuovi clienti (Collesei, 2006).

Dal punto di vista gestionale, l’attività di marketing è un processo di pianificazione, realizzazione e controllo della definizione del concetto, del prezzo, della distribuzione e della comunicazione di idee, beni e servizi (Collesei et al., 2005). Da ciò si capisce come sia possibile distinguere un momento strategico, per cui il marketing è un’attività di pianificazione tradotta in pratica da un’impresa per ottenere la fedeltà e la collaborazione di tutti gli attori del mercato, e un momento più operativo, relativo a tutte quelle scelte poste in essere per raggiungere gli obiettivi strategici.

Di seguito si analizzano le varie attività e decisioni proprie del marketing management (fig. 3.4), il cui principale autore di riferimento è Kotler.

Fig. 3.4: Le attività e le decisioni del marketing management

Fonte: Adattamento da Collesei et al. (2005) Fase di analisi

• Analisi del macro e micro ambiente • Definizione del mercato di riferimento • Analisi della domanda

• Analisi della concorrenza • Analisi SWOT

Fase strategico- operativa

• Definizione degli obiettivi • Segmentazione • Targeting • Positioning • Marketing mix • Piano di marketing Fase di controllo

• Verifica dei risultati • Analisi degli scostamenti • Azioni correttive

Dal momento che si tratta di principi validi per tutti i settori produttivi (di consumo, dei beni destinati alla produzione, dei servizi e delle attività non profit), si procederà in modo sintetico rimandando a specifici manuali di marketing per eventuali approfondimenti.

Nei prossimi capitoli, invece, si esamineranno dettagliatamente, con opportuni riferimenti al settore vitivinicolo, le strategie, le decisioni e gli strumenti a disposizione relativamente al prodotto, il prezzo, la comunicazione, la distribuzione e la comunicazione, le tradizionali leve che, complessivamente considerate, formano il cosiddetto marketing mix; quest’ultimo, a ben vedere, costituisce il tema di marketing con le maggiori possibilità di declinazione su uno specifico settore o comparto.

Le decisioni di marketing si inseriscono innanzitutto nel rapporto tra impresa e ambiente, per cui quest’ultimo deve essere attentamente analizzato allo scopo di identificare le variabili rilevanti, la loro dinamica e il loro impatto sia sul sistema di mercato esterno (domanda e concorrenti), sia sull’organizzazione interna all’azienda, e quindi sulla sua offerta.

È necessario in primo luogo identificare il contesto generale in cui opera l’impresa, ossia il macro ambiente, costituito da cinque elementi: l’assetto demografico, relativo alla struttura e alla dinamica della popolazione; il sistema sociale e dei valori, con la definizione di quest’ultimi e delle relazioni tra loro intercorrenti; il sistema economico, riferito ai principali indicatori macroeconomici; il campo istituzionale, concernente la legislazione e le varie attività di regolamentazione; la tecnologia, con il suo incessante progredire.

In secondo luogo si analizza il sistema di mercato in cui si colloca l’impresa, ossia il micro ambiente, costituto da operatori e sottosistemi che agiscono nel processo di scambio di beni e servizi: produttori, distributori e utilizzatori (sia industriali che consumatori finali), ma anche influenzatori, ossia coloro che pur non entrando direttamente nel flusso dei prodotti prescrivono, stimolano, consigliano una scelta da parte del consumatore, e facilitatori, la cui professione agevola il transito di beni e servizi tra gli attori principali (è il caso di spedizionieri, trasportatori, intermediari finanziari, rappresentanti ed enti fieristici).

Le analisi del micro e del macro ambiente devono poi essere integrate in un più ampio scenario di impresa, ossia un complesso di eventi tra loro correlati che costituiscono un modello utile a descrivere il modo in cui ci si attende si sviluppi una determinata situazione. Gli scenari devono possedere proprietà di coerenza, di visione generale sul futuro, di creatività intesa come non banalità, di molteplicità di sviluppi alternativi, di plausibilità (probabilità di accadimento di un evento) e di flessibilità, per cui è possibile contemplare in qualsiasi istante nuovi eventi. Il fine della costruzione di scenari, che può avvenire sia a livello globale che di settore, è quello di facilitare la presa di decisioni, operazione che altrimenti rischia di essere paralizzata da un contesto fortemente turbolento che accentua l’incertezza.

Per una corretta definizione del mercato di riferimento, ossia dall’insieme degli acquirenti attuali o potenziali e dei venditori di un dato prodotto – rispettivamente domanda e offerta, che devono essere riferite a uno specifico periodo temporale e ambito territoriale –, è possibile procedere con un approccio gerarchico che, partendo dall’individuazione di un bisogno generico cui rispondere, giunge a una descrizione sempre più dettagliata del mercato declinando l’esigenza considerata in base ai benefici ricercati, alle situazioni d’uso, alla tecnologia, ai canali distributivi o alla fascia di prezzo. Alternativamente può essere utilizzato lo schema di Abell, per cui un’area di business è definita da tre dimensioni: i clienti serviti (chi), le funzioni svolte dal prodotto per gli utilizzatori (che cosa) e le tecnologie a disposizione (come).

Definiti i confini e l’ampiezza del mercato rilevante per l’impresa, si procede con un’analisi dettagliata della domanda.

È necessario innanzitutto adottare un approccio qualitativo relativo al comportamento di acquisto del consumatore, ossia l’insieme di attività, processi mentali e scelte che una persona intraprende quando seleziona, acquista e usa un prodotto per soddisfare i suoi bisogni. Ecco che acquisiscono importanza le motivazioni, gli aspetti sia razionali che emozionali, il tempo e lo sforzo impiegati, il rischio percepito, il coinvolgimento personale e psicologico richiesto e lo studio di come avvengono le varie fasi in cui può essere suddiviso il processo di acquisto, ossia pre- acquisto (identificazione del problema, ricerca di informazioni e valutazione delle alternative), acquisto (decisione e compera) e post-acquisto (utilizzo o consumo e valutazione dell’esperienza). Grazie a tutti questi elementi è possibile stabilire se il prodotto che si intende offrire è oggetto di un comportamento di impulso, per cui non si ha una preventiva e cosciente pianificazione, ma una rilevante urgenza di compre qualcosa immediatamente, di un comportamento di routine, tipico di una situazione di acquisto frequente per prodotti di basso valore unitario, di un comportamento di soluzione di un problema limitato, riferito a un acquisto occasionale che necessita di maggiori informazioni, o, infine, della risoluzione di un problema complesso, riguardante acquisti effettuati raramente, con valore unitario elevato e per cui occorre una conoscenza accurata delle alternative offerte.

In secondo luogo occorre ragionare in termini quantitativi attraverso una stima della domanda sia attuale che futura. Da notare come sia possibile distinguere la domanda in primaria e selettiva: la prima riguarda la richiesta cui si riferiscono tutte le aziende operanti nel settore di mercato in oggetto, la seconda quella cui si rivolge la singola impresa. I metodi di previsione della domanda possono essere di tipo euristico, secondo prassi diffuse tra le aziende (è il caso del metodo a catena, basato su un’interconnessione gerarchica di stime per arrivare da una domanda potenziale totale di una classe di prodotto a quella di una specifica marca in quel mercato), di tipo soggettivo, secondo giudizi personali (metodo Delphi con la consultazione di esperti, metodo di previsione della forza

vendita, basato sull’opinione dei distributori e degli agenti, e metodo delle intenzioni di acquisto, con indagini presso i consumatori) e di tipo oggettivo a partire da alcuni dati certi (proiezione dei dati del passato e teoria della regressione multipla).

Per quanto riguarda l’analisi della concorrenza, essa si propone di capire e valutare la struttura competitiva di mercato. A tale proposito può tornare utile il modello delle cinque forze di Porter, teso a individuare i concorrenti diretti, ossia coloro che soddisfano il medesimo bisogno con un marketing mix simile e che si collocano in maniera distinta all’interno dello stesso o degli stessi segmenti di mercato dell’impresa, le imprese che offrono prodotti sostitutivi, le quali soddisfano lo stesso bisogno di base considerando però diverse funzioni e impiegando altre tecnologie, i potenziali entranti, che in seguito ad alcune circostanze possono diventare concorrenti effettivi ampliando così il quadro competitivo, e il potere contrattuale dei clienti e dei fornitori, che possono incidere sui risultati delle imprese rispettivamente richiedendo bassi prezzi al consumo ed elevati prezzi di fornitura. Esaminando poi il potere di mercato, si calcolano le varie quote di mercato (sia in valore che in quantità), definite come il rapporto tra le vendite di un’impresa e quelle dell’intero mercato considerato, e il grado di concentrazione del mercato. Da non sottovalutare è la quota di mercato relativa, per cui il confronto viene fatto con un’impresa leader o con il principale competitor di riferimento. L’analisi della concorrenza prosegue con l’individuazione dei vantaggi competitivi dell’impresa rispetto ai concorrenti chiave; a tale scopo si fanno dei confronti in termini di punti di forza e di debolezza, di fattori critici di successo e di capacità e performance riscontrate nelle varie attività che costituiscono la catena del valore.

Il momento di studio descrittivo del mercato e di reperimento di informazioni utili alla successiva definizione delle strategie e dei piani operativi dell’impresa si conclude con l’analisi SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threats), che riassume in un’unica matrice i principali risultati; in particolare, dall’esame del macro e del micro ambiente emergono le minacce e le opportunità cui l’impresa deve far fronte, mentre da quello della concorrenza i punti di forza e di debolezza della stessa.

Naturalmente la conoscenza di mercato, ossia la market intelligence, deve essere generata con attività strutturate di monitoraggio del mercato, intendendo con questa definizione in primo luogo quelle operazioni che impiegano metodologie codificate di produzione delle informazioni (per esempio le ricerche di marketing quantitative e qualitative, effettuabili tramite osservazione diretta o registrata, esperimenti quali simulazioni e test, o intervista, sia essa diretta – strutturata con questionario o meno, telefonica o personale –, postale, motivazionale con interviste in profondità o associazione libera, o riguardante panel di consumatori o esperti), in secondo luogo quelle attività formalizzate sulla base di procedure ben definite (per esempio la raccolta di informazioni sui concorrenti da parte della forza vendita attraverso una griglia informativa precostituita). Al

contrario, sebbene possano comunque tornare utili, le attività non strutturate, svolte cioè senza metodologie e procedimenti codificati (è il caso dei venditori che riportano verbalmente informazioni ottenute durante i colloqui con i clienti, oppure delle lamentele pervenute in azienda e gestite immediatamente in modo non chiaro e senza responsabilità definite), non consentono di originare conoscenza che diventi patrimonio comune aziendale.

Per quanto riguarda il marketing strategico, esso ha inizio dall’individuazione e dall’esplicitazione degli obiettivi che si vogliono perseguire; tra i principali si citano le vendite a quantità o quelle a valore, la quota di mercato, il margine di contribuzione, il profitto, il ritorno sugli investimenti, la numerosità della clientela e la soddisfazione o fedeltà dei consumatori. Dal momento che non tutti gli obiettivi sono raggiungibili contemporaneamente, è importante dimensionare il loro conseguimento in termini di spazio (locale, nazionale e internazionale) e tempo (breve, medio e lungo termine), assegnando anche diverse priorità.

Il passo successivo consiste nell’identificare, all’interno del prodotto-mercato prima individuato grazie alla definizione del mercato, gruppi di consumatori che, pur manifestando uno stesso bisogno di base, esprimono esigenze molto diverse rispetto alle modalità di soddisfazione o richiedono particolari attributi accessori. Si tratta cioè di operare il processo di segmentazione, per cui si suddivide il mercato in un numero limitato di cluster sufficientemente omogenei al loro interno per motivazioni e comportamenti, ma sufficientemente eterogenei tra di loro così da aspirare a differenti marketing mix. Stabilita l’alternativa su cui fondare il processo – le principali opzioni sono le caratteristiche personali, i benefici ricercati e le misure di comportamento – si procede con la scelta delle variabili di segmentazione, che possono essere ad esempio personali (aspetti demografici come età, genere e scolarità), geografiche (nazione o regione), economiche e sociali (reddito, professione, ruolo e classe sociale, stile di vita), di consumo (intensità d’uso, luoghi e momenti di acquisto, esposizione ai media) e situazionali (promozioni, luoghi di attrazione, condizioni climatiche temporanee). Naturalmente spetta all’impresa trovare se non ideare le variabili di segmentazione più adatte ai suoi scopi; per questo motivo si parla spesso di segmentazione creativa. L’obiettivo è in ogni caso ottenere gruppi di clienti misurabili, comprensibili, attendibili, duraturi, differenziali, accessibili e interessanti economicamente.

A questo punto si ha il processo di targeting, che porta l’impresa a decidere verso quale/i segmento/i indirizzare in via prioritaria il proprio sforzo di marketing. Si definisce innanzitutto la politica di offerta che si vuole adottare, che può essere: indifferenziata, quando il target coincide genericamente e in modo rischioso con tutto il mercato; concentrata, se ci si rivolge a un solo segmento (strategia di nicchia e specializzazione); differenziata, quando si serve un certo numero di cluster con numerosi e diversi marketing caratterizzati magari da alcune sinergie in termini di gestione dei costi. In secondo luogo si individuano il particolare o gli specifici target da

considerare valutando congiuntamente l’attrattività dei segmenti e i punti di forza dell’impresa rispetto ai concorrenti.

Interviene poi il processo di posizionamento, atto a identificare lo spazio che un dato prodotto/marca occupa nella mente del consumatore nei confronti di quelli occupati dagli altri prodotti/marche percepiti da un definito gruppo di individui. Alla fase analitica, in cui l’impresa rileva il proprio posizionamento attuale nel mercato di riferimento, segue quella decisionale, relativa alla scelta se consolidare tale posizione oppure optare per una strategia di riposizionamento per perseguire al meglio gli obiettivi prestabiliti. La definizione del posizionamento obiettivo consiste nell’identificare le dimensioni tramite cui differenziare il prodotto/marca rispetto ai concorrenti; esse possono rientrare ad esempio nella categoria degli attributi sia tangibili che intangibili o in quelle dei benefici ricercati, delle occasioni e delle modalità d’uso o dei tipi di utilizzatori. Numerose sono le tecniche statistiche che si possono utilizzare per il processo di posizionamento; tutte comunque forniscono come risultato una mappa percettiva, che consente la definizione del prodotto indagato e di quello ideale sulla base delle dimensioni trovate, e una mappa delle similarità, dedicata al confronto con i concorrenti al fine di individuare anche dei nuovi spazi di mercato.

Alla luce del posizionamento scelto, si sviluppa un programma di marketing mirato rispetto alle caratteristiche del o dei target selezionato/i. È questo il momento più interessante del marketing, in cui si prendono decisioni sui fattori e gli strumenti relativi al prodotto, il prezzo, la distribuzione e la comunicazione, il cosiddetto marketing mix. Da notare come la sua definizione sia di natura sia strategica, con una pianificazione attenta ed effettuata per tempo, sia tattica, dal momento che di fronte a una variazione delle condizioni ambientali è possibile modificare facilmente uno dei fattori dell’offerta. Naturalmente le varie leve e i diversi strumenti utilizzati devono essere concepiti e organizzati in modo compatibile tra loro così da perseguire una certa coerenza. Come già accennato, le strategie relative al marketing mix saranno analizzate nei capitoli successivi con una modulazione sul settore vitivinicolo e una trattazione dei temi a esso più cari.

Le attività di marketing management si concludono con una traduzione delle varie strategie e politiche in un piano operativo teso alla realizzazione e all’implementazione delle diverse iniziative; fondamentale è la specificazione dei luoghi di attuazione, della scansione temporale e delle risorse impiegate in termini di budget.

Ovviamente deve seguire un processo di controllo per verificare che i risultati dell’attività di marketing siano conformi agli obiettivi prefissati. Le principali aree da monitorare costantemente sono i ricavi, i costi, la redditività e la soddisfazione dei clienti. Calcolando infine opportuni indici da confrontare con dei parametri di riferimento (analisi degli scostamenti) si definiscono eventuali azioni correttive (Collesei et al., 2005).