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Capitolo 4. Le tradizionali leve di marketing per il settore vitivinicolo

4.5 La comunicazione

4.5.2 L’accoglienza in cantina: una forma di marketing relazionale

Le relazioni sono da sempre il perno della società in quanto costituiscono il fulcro del comportamento umano, e occupano un ruolo primario anche nel business (si pensi ai network di imprese, alle cooperazioni e alle partnership). Ma è solo di recente che nell’ambito del marketing management si è sviluppato come filone di studi autonomo il relationship marketing, un approccio complementare a quello tradizionale basato sui contatti (le relazioni), sulle reti (insieme di relazioni) e sulle interazioni (le attività svolte all’interno di reti e relazioni).

In un contesto in cui il fattore tempo ha acquisito un’importanza cruciale per l’ottenimento del vantaggio competitivo, lo sforzo relazionale diventa la manifestazione di una flessibilità e di una capacità di gestione di tutte le risorse e le competenze dell’impresa; un intimo rapporto con i consumatori permette poi di ottenere importanti benefici in termini di fidelizzazione e addirittura lealtà (De Sanctis, 2009).

Se in molti settori questo nuovo paradigma di marketing può costituire una novità, per le imprese vitivinicole si tratta di riscoprire e reinventare una filosofia di gestione del rapporto con i clienti che risale alla tradizione del comparto stesso: il vino è infatti da sempre attaccamento alla terra, ai suoi sapori e alle origini, comunità, convivialità, intreccio di storie e condivisione di passioni. In particolare, occorre riconfigurare la bevanda – che rimane comunque un fattore imprescindibile del business – all’interno di un sistema di offerta più ampio e complesso inteso come insieme di attività orientate al rapporto tra azienda vinicola e consumatore (De Sanctis, 2009).

Costruire, sviluppare e mantenere relazioni continuative e durature con i clienti vuol dire innanzitutto conoscere e interpretare i loro aspetti razionale ed emozionali, che non risultano univoci e scontati, ma poliedrici e difficilmente prevedibili; in secondo luogo cogliere le caratteristiche dell’esperienza di consumo che essi desiderano vivere. Ecco che si sconfina nuovamente nel campo del marketing esperienziale: la modalità per arrivare a una gestione del rapporto con il pubblico in ottica di fidelizzazione è infatti la creazione di un’esperienza di consumo coinvolgente e totalizzante; a ben vedere, poi, tra i fattori alla base di un episodio straordinario si trova proprio la relazione. Tra gli elementi che le imprese possono progettare nell’ambito di un avvenimento vi sono appunto l’interazione con il proprio consumatore e

l’attribuzione di senso a questo rapporto di reciprocità vissuto dalla persona, ossia il suo coinvolgimento. Scopo di un’azienda dovrebbe essere quello di incrementare il coinvolgimento del cliente nell’ambito dell’interazione. Per alimentare quest’ultima, è possibile agire sui sensi – sui quali si basa l’approccio del marketing sensoriale –, sulla tecnologia – Internet, oltre a innumerevoli e immediati contatti a costi bassissimi, permette di attirare l’attenzione, instaurare un dialogo e co-agire con i consumatori –, o la partecipazione – intesa come reazione attiva e positiva dell’individuo. Il coinvolgimento trasforma poi l’interazione stessa in realtà, avvertita spesso come individuale poiché percepita soggettivamente. Questo processo di attribuzione di senso, seppur complesso, deve essere certamente presidiato dall’impresa in quanto rappresenta un’opportunità per la creazione di un legame profondo con il consumatore e per la generazione di uno stato di consumer immersion che rende possibile la memorabilità dell’esperienza; quest’ultima caratteristica, qualcosa che esce fuori dagli schemi e dalla ripetitività rafforzandosi come ricordo e configurandosi come straordinario, è l’ulteriore fattore che porta all’ottenimento di un’interazione di valore (De Sanctis, 2009).

Nell’ambito del vino, il momento per antonomasia in cui è possibile instaurare un’autentica relazione con il consumatore è certamente quello dell’accoglienza nell’azienda vitivinicola. Questo trattamento di ospitalità, che può svolgersi nella cantina, nella sala ricevimenti, nel ristorante o durante una visita al vigneto, alle coltivazioni o al castello a seconda delle strutture dell’impresa, rappresenta un incontro con il mondo del vino altamente partecipativo, interattivo e collaborativo; se poi in tale occasione viene alzato il calice, si raggiunge il massimo grado del coinvolgimento emozionale del consumatore.

Tra i personaggi che ruotano intorno alla bevanda il principale è certamente il produttore, il quale riveste un ruolo di testimonial e di immagine vivente delle bottiglie; di conseguenza il contatto diretto con lo stesso diviene prezioso veicolo di simbolismo e sensazioni. A lui spetta il compito di intrattenere il pubblico e raccontare il mito della sua azienda e dei suoi vini durante il processo di accoglienza. Tutto ciò con una buona capacità di story telling – discorsi chiari e sintetici, ma ricchi di aneddoti e possibilmente accompagnati da diapositive o video –, con un’espressione sorridente e disponibile e una gestualità disinvolta ma misurata. Tuttavia è essenziale che tutti i collaboratori conoscano bene la mission aziendale e i vari prodotti (Cinelli Colombini, 2003).

Il proprietario dovrebbe poi condurre le degustazioni. Nella zona di prova è bene avere un tavolo di assaggio con bottiglie, cavatappi e bicchieri di diverso tipo pronti all’uso17.

L’illuminazione dovrebbe essere naturale, o almeno forte e bianca, mentre l’ambiente silenzioso;

17 La forma e le dimensioni dei bicchieri sono molto importanti per permettere ai vini di sviluppare la loro tipicità e le loro qualità migliori. Si hanno così diversi tipi di bicchieri adatti a differenti vini: i più conosciuti sono il tulipano, il renano, il borgogna, il calice, il grand ballon, la copita e il flùte.

bisognerebbe evitare gli odori, anche se piacevoli come quelli dei fiori, e far sì che i calici non abbiano sentori strani come quelli dei mobili antichi in cui sono conservati oppure quelli dei detersivi. Il tutto per non distogliere l’attenzione dal vero protagonista, il vino con i suoi colori, profumi, sapori e anche suoni, in riferimento alle eventuali bollicine. Allo stesso tempo non si devono sottovalutare la temperatura alla quale conservare e servire i vini e l’ossigenazione sulle bottiglie aperte. Riguardo la successione dei vini in assaggio, conviene non seguire i classici criteri di marketing per cui si presenta per primo il prodotto leader, ma iniziare dai bianchi leggeri salendo di intensità e aromaticità fino ai rossi giovani, per poi passare alle grandi bottiglie antiquarie o rare con un crescendo di temperature e ovviamente di prezzo (Cinelli Colombini, 2003).

Gli investimenti dedicati all’amministrazione dell’accoglienza presso la sede dell’azienda vitivinicola sono sempre più consistenti, e ciò allo scopo di rendere la relazione tangibile e far sì che l’esperienza provata in tale situazione sia per il consumatore concreta, multisensoriale e indimenticabile. D’altra parte, riprendendo i tre elementi costitutivi dell’interazione prima descritti, il momento dell’accettazione si presta bene al governo dei sensi e della partecipazione.

Diverse sono le strategie per condurre il processo di accoglienza. In generale è possibile coniugare passato e presente, tradizione e innovazione con effetti stimolanti sugli ospiti: il vecchio torchio e la pressa a polmone, le imbottigliatrici a mano e quelle che riempiono le bottiglie sterili sottovuoto. Solitamente conviene enfatizzare le parti più storiche e tipiche della cantina per aumentare la carica emozionale; quelle maggiormente tecnologiche sono invece più utili di fronte a una clientela più esperta, esigente e appassionata (Cinelli Colombini, 2003). Spetta però alla creatività e all’indole dei produttori trovare una modalità per differenziarsi.