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3.3.2 “Il movimento come astrazione della forma”

Dopo aver discusso l’approccio alle tecnologie di captazione del movimento operate da Paul Kaiser, ci soffermeremo qui sul progetto Man in|e |space.mov (2004-2006) realizzato dalla compagnia francese Res Publica in collaborazione con l’atelier di architetti belgi Lab[au] e che riflette sulle relazioni che si possono intrattenere, da un punto di

73 È rilevante osservare come, di fronte al riconoscimento della propria traccia proiettata, una delle performer di Cunningham dichiarò che nel danzare con la propria

traccia era come muoversi all’interno di sé stessa. Cfr. la conversazione con Paul

Kaiser nella seconda parte di questo volume.

74 La metafora dello specchio è utile per comprendere appieno il processo al quale Bill T. Jones fa riferimento: relazionare il suo corpo alle tracce apparse sullo schermo. 75 P. Kaiser, Steps, cit., p. 156.

vista performativo, tra il corpo fisico e lo spazio elettronico76. Come suggerisce il titolo di questa performance, essa si richiama direttamente alle esperienze novecentesche della scena teatrale e coreografica, coniugando ad esse le nuove forme di immagini provenienti dalle prime esperienze di carattere cinematografico. In una stessa linea di ricerca convergono qui diverse indagini – da quella medico-scientifiche a quelle strettamente artistiche – su un obiettivo comune: la rappresentazione del corpo. Da un lato la tecnica della cronofotografia inaugurata da Marey e Muybridge hanno profondamente modificato la percezione e la comprensione del corpo in relazione alle categorie di spazio e tempo, dall’altro hanno profondamente influito, di conseguenza, sulla sua rappresentazione in immagine. Lo stesso interesse, a distanza di qualche anno, sembra aver nutrito anche la ricerca di Oskar Schlemmer77.

Oscar Schlemmer è stato una delle figure più importanti a lavorare in maniera sistematica e radicale sul corpo concepito come codice, oltre che sulle sue relazioni con lo spazio. Dai suoi testi emerge una visione del corpo come rappresentazione astratta e simbolica, in linea con le correnti del Bauhaus al quale aderiva e di cui divenne professore di teatro negli anni venti del Novecento78. La sua ricerca sulla relazione tra l’uomo e lo spazio si è concretizzata in lavori come Das Triadische Ballett (Il Balletto triadico del 1922) o Stäbetanz (La danza dei bastoni del 1927), aderendo a un progetto di formalizzazione astratta del movimento. Egli opponeva le leggi dello spazio cubico della scena alle leggi naturali dell’uomo: se lo spazio si adattava all’uomo, la rappresentazione scenica diventava, di conseguenza, naturalistica e illusoria; mentre se l’uomo si adattava allo spazio cubico, la rappresentazione scenica diventava astratta79. Dal suo punto di vista le leggi della scena astratta sono le linee invisibili che derivano dal rapporto planimetrale e stereometrico, quelle che ha chiamato Figur und Raumlineatur, figure e delimitazione spaziale (fig. 23). Schlemmer, nel

76 La compagnia Res_Publica è stata fondata da Wolf Ka a Parigi, nel 2000.

77 O. Schlemmer, in M. Bistolfi (a cura di) Scritti sul teatro, Milano, Feltrinelli, 1982. 78 O. Schlemmer, F. Molnar, L. Moholy-Nagy, Die bühne im Bauhaus, Mainz, Florian Kupferberg, 1965 (tr. it. di R. Pedio, Il teatro del Bauhaus, Torino, Einaudi, 1975). 79 Si vedano gli scritti contenuti in C. Raman, Oskar Schlemmer, Musées de Marseille réunion des Musée nationaux Musée Cantini, 1999.

concepire Stäbetanz, la danza dei bastoni, aveva sicuramente in mente il lavoro di Marey. Dato che il prolungamento delle braccia di un danzatore vestito di nero, con dei bastoni di legno bianco, sottolineava la relazione tra il corpo e lo spazio secondo la delimitazione spaziale cubica. Questo modo di organizzare la relazione tra il corpo e lo spazio ricorda in parte il processo di realizzazione cronofotografico di Marey, per ottenere la traccia del movimento. Schlemmer, a sua volta, elabora un dispositivo che, all’incirca, ha le stesse caratteristiche. In entrambe questi processi è possibile evidenziare lo slittamento tra una rappresentazione del corpo come unità psico-dinamica (scena naturalistica), verso una rappresentazione per parametri selezionati all’interno di una matrice (la pellicola per Marey e la scena cubica per Schlemmer). Entrambi questi procedimenti rappresentano la mutazione di approccio al corpo da una unità culturale verso una relazione matematica che si stabilisce tra l’uomo e lo spazio.

In questa direzione, come un prolungamento di questa prospettiva di lavoro, a carattere prevalentemente coreografico e pre- cinematografico, si inscrive l’elaborazione concettuale e operativa di Man in|e |space.mov. Il dispositivo di questo lavoro è concepito a partire dalla riduzione completa dello spazio e del corpo; uno spazio completamente nero nel quale il corpo del performer è ridotto a una serie di linee ottenute da un costume di luce che ne permette il disegno.

Una telecamera filma l’evoluzione temporale delle linee del performer in movimento. Le immagini catturate sono collocate, con un ritardo di circa due secondi l’una dall’altra, all’interno di uno spazio 3D e proiettate in tempo reale sul fondo della scena. A ogni intervallo vengono introdotte nuove immagini, andando così a costituire una forma di animazione continua80. L’animazione si sovrappone al performer sulla scena dando vita a un secondo performer virtuale. Da un lato la costruzione cinematografica deriva dal movimento del performer, dall’altra la programmazione temporale costituisce un parametro imprevedibile derivante dalla completa autonomia dettata dal ritardo dell’immagine proiettata. In relazione a un processo di tipo cinematografico, basato sul montaggio di un certo numero di frame al secondo, anche la componente sonora (di sintesi) segue questa stessa logica di composizione, organizzandosi attorno alla successione di bit (minima unità del linguaggio informatico) al minuto. In questo modo la struttura sonora è strettamente legata al movimento, alla frequenza della captazione e dunque alla registrazione delle immagini. Per quanto riguarda il movimento, esso agisce come un pennello che tratteggia, grazie all’applicazione dei bastoni luminosi sulle braccia, figure astratte (fig. 24). Il movimento, che per sua natura è di carattere effimero, lascia delle tracce nell’ambiente 3D che vengono lavorate secondo temporalizzazioni diverse. La scrittura coreografica di Man in|e |space.mov tende dunque, ancora una volta, a rendere visibile l’invisibile. Per permettere l’integrazione di tutti questi livelli

80 Si veda il testo preparatorio al lavoro di W. Ka, “From text to interface, Theatre and digital media”, COSIGN, University of Teesside (UK), 2003, p. 43-47 in http://www.cosignconference.org/cosign2003/papers/Ka.pdf ma anche W. Ka, “Man in |e|space.mov /analyse de mouvement dans l'espace 3D”, in A. Davidson (sous la direction de) Bains numerique #1, danse et nouvelles technologies, Enghien-les-Bain, Centre Des Arts, 2006. Si veda inoltre LAb[au], E.motion space_the cinematic

construct of electronic space, « ARCA », n° 187, December 2003. Un accostamento,

come quello operato dalla compagnia Res Publica tra l’opera di Schlemmer e la contemporaneità tecnologica, è realizzato da Sally Jane Norman in Corps/espaces

interactifs, contenuto in C. Rousier (sous la direction de), Oskar Schlemmer, l'homme et la figure d'art, Pantin, Centre National de la Danse – CND, 1999, p. 152-164.

contemporaneamente, l’intero dispositivo scenico è concepito come un sistema aperto81.

La coreografia, come l’ambiente creato a partire dal suono, sono trattati in tempo reale così come i parametri temporali dei differenti media sono impiegati per delineare la figura umana nello spazio elettronico. Questo approccio restituisce una prospettiva matematica del corpo del performer nello spazio digitale. Tuttavia questo non significa subordinare le leggi del corpo fisico a quelle della macchina ma delineare, come abbiamo messo in evidenza nei precedenti paragrafi, una relazione creativa e di feedback con quest’ultima, rendendo così percepibile, in uno spazio digitale, la nozione fisica di corpo, analogamente a come abbiamo visto fare nella realizzazione di Ghostcatching di Bill T. Jones e Paul Kaiser. Attraverso l’azione scenica della scrittura coreografica lo schermo di proiezione diventa il luogo di congiunzione di tutti i livelli di creazione dello spettacolo.