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II. CORPOREITÀ E TECNOLOGIE

II.3. Movimento e tecnologie

II.3.3. La traccia del fantasma

Come abbiamo avuto modo di rilevare in precedenza, a proposito dell’importanza degli esperimenti cronofotografici di Marey e dell’influenza da questi esercitata sulla costruzione di nuovi scenari sia tecnico-scientifici che artistici, i primi artisti-animatori del XX secolo utilizzavano, proprio nel campo dell’animazione, un dispositivo di motion caputre chiamato rotoscopio, nel quale il movimento fotografato veniva usato come sagoma grazie alla quale era possibile ricalcare i singoli fotogrammi di un film. Attraverso questo procedimento era possibile ottenere, in un secondo momento, un’animazione di fotogrammi disegnati. Il rotoscopio era uno strumento impiegato ogni qualvolta si rendesse necessaria una rappresentazione di una figura che avesse caratteristiche “umane” in opposizione alla stilizzazione del tratto fumettistico60.

59 Infine un ultimo esempio di diversità nella generazione del movimento in Cunningham è l’aggiunta o la modificazione dei modelli locomotori esistenti in Life

Forms come, per esempio, quello della marcia. Questo implica una innovazione da un

punto di vista compositivo: la possibilità di concepire il computer come uno spazio di

stoccaggio di partiture, segmenti o intere frasi di movimento disposte come in un

archivio dal quale, in futuro, poter trarre possibili soluzioni. Tuttavia egli, nel riprendere la frase di marcia, non si è limitato a introdurla in modo neutro, ma è intervenuto sulla disposizione di posizioni-chiave attraverso le quali riscriverne l’andamento.

60 W. Trager, A Practical Approch to Motion Capture, disponibile all’indirizzo www.old.cs.gsu.edu/materials/HyperGraphic/animation/character_animation/motion_c apture/motion_optical.html

Tuttavia è solo a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso che anche i laboratori di biomeccanica realizzarono e misero a disposizione hardware abbastanza potenti con i quali progettare software per simulare il movimento umano. Questi software hanno costituito il sapere di base, poggiando su alcune delle formule matematiche studiate da Marey, a partire dalle quali si sono sviluppati altri strumenti per la modellizzazione del movimento. Verso la fine degli anni Ottanta, la motion capture, così come la possiamo intendere e applicare oggi, iniziò ad apparire come un dispositivo sofisticato di registrazione/captazione del movimento d’oggetti, ma anche di figure umane, che permetteva la loro riproduzione in un ambiente digitale. La motion capture consiste dunque in uno strumento informatico, dotato di captori di diverso tipo, che permette di raccogliere informazioni sul movimento di un oggetto o di un corpo, informazioni che possono essere rielaborate grazie a quello che abbiamo chiamato processo di transcodifica digitale, restituendo il movimento in immagine 3D. A partire da questo procedimento sono stati sviluppati diversi sistemi.

Andiamo con ordine; prima di analizzare alcuni di questi sistemi che hanno diretta relazione con la scena, è necessario fare il punto sui principali tipi di captori di movimento. Essi sono di rilevante importanza al fine del processo prima richiamato, perché dal loro funzionamento dipende interamente la qualità e la quantità d’informazioni che saranno lavorate dal computer e restituite in immagini 3D61.

Un captore è un dispositivo che, sottoposto all’azione di una grandezza fisica, come possono esserlo la temperatura, la distanza o il peso, presenta una caratteristica elettrica. Essi sono in prevalenza utilizzati nell’ambito della robotica e dell’elettronica. Com’é possibile intuire, il loro impiego, da un punto di vista artistico, richiede di una serie di modificazioni e adattamenti per poter essere correttamente integrati in un progetto di ricerca sul movimento coreografico, settore nel quale sono diffusamente impiegati. Inoltre, le informazioni che questi captori raccolgono e inviano al computer per essere elaborate, possono acquisire forme diverse a seconda dei parametri e dei principi di funzionamento adottati: vale a dire che il segnale, o flusso dei dati, può

61 Si veda, per questo argomento, S. Chiri, Panorama des Capteurs, in “Nouvelles des Danse”, 2004, p. 152 sgg.

essere di tipo continuo (analogico), periodico (digitale) o discreto (che consente soltanto un numero limitato di valori da captare); ogni captore deve essere collegato a un’interfaccia corrispondente in grado di permetterne la corretta trasmissione al sistema. Esistono, all’interno di questo procedimento le così dette curve di risposta, che non sono altro che i segnali del captore emessi in funzione della grandezza fisica che si deve captare: essi sono lineari, esponenziali o di grado e intensità superiore62. Queste caratteristiche generali si applicano principalmente a due tipologie di captori, detti rispettivamente di contatto, che per reagire necessitano di un’interazione con il corpo, e captori a distanza, vale a dire che possono inviare informazioni senza interazione diretta. Generalmente, nell’ambito di progetti coreografici che utilizzano questo tipo di tecnologie, sono i captori di contatto a essere maggiormente impiegati. Tra questi, presenti nelle esperienze sceniche che andremo ad analizzare, ricordiamo:

- girometro: è un captore che misura la velocità di rotazione. Si tratta di un captore dinamico. Quando il corpo captato è immobile e a riposo, il valore inviato è detto di base perché corrisponde al valore medio nella gamma dei valori possibili. Secondo il senso della rotazione, la variazione del segnale è verso il basso o verso l’alto;

62 Si rinvia qui, per una maggiore specificità in termini di funzionamento dei captori a S. Chiri, Panorama des Capteurs, cit. Le caratteristiche qui accennate sono importanti perché riguardano la relazione tra la grandezza fisica che si intende captare e la scelta dei diversi captori da utilizzare al fine di una corretta acquisizione di dati. Questa relazione è quindi un punto fondamentale per la riuscita dell’operazione che si intende eseguire. È necessario inoltre sottolineare che il processo di acquisizione dei dati dipende direttamente dai parametri impiegati nella raccolta, e il loro trattamento via computer provoca una forma di latenza, una sorta di ritardo tra l’evento captato e l’azione ottenuta in risposta. Questa latenza, oltre a ricordare lo scarto precedentemente evidenziato nella discussione sulla relazione tra il movimento e la sua impressione negli esperimenti cronofotografici di Marey, costituisce una nozione critica sulla quale torneremo perché interroga la nozione di istantaneità; è inoltre di rilevante importanza perché permette di articolare il discorso che sottende la separazione tra l’enunciato, risultato finale, e l’enunciazione come atto che inaugura tale processo.

- di flessione: questo captore segue la flessione delle articolazioni. Il valore che esso invia è direttamente proporzionale al grado di curvatura dell’articolazione o del segmento di corpo captato63; - fisiologico: questo captore riguarda la raccolta di valori inerenti

uno stato corporeo soggetto al modificarsi di uno stato emozionale.

Attorno all’attività di questi captori si organizzano diversi sistemi, tra i quali possiamo ricordare i sistemi protesici, acustici, magnetici e ottici64. In questo contesto mi soffermerò esclusivamente sul funzionamento dei sistemi magnetici e ottici, discutendo in seguito alcuni progetti coreografici che ne implicano l’utilizzo.

a)- magnetic motion capture: sistema di rilevamento del movimento di tipo magnetico. Esso implica l’uso di un trasmettitore, posto in posizione centrale rispetto allo spazio d’azione, che emette un forte campo magnetico con un raggio di diametro di qualche metro. Il performer è munito di un numero di captori, tra quelli prima evidenziati, posizionati a seconda della parte di corpo che si desidera mappare. Ognuno di questi fornisce, sulla base dei parametri scelti, i dati corrispondenti alle articolazioni e ai diversi orientamenti 3D dei sensori. Il sistema magnetico permette di fornire una grande quantità di dati in modalità costante offrendo inoltre l’opportunità, nel contesto di una performance live, di intervenire in tempo reale su di essi. Alcuni di questi sistemi sono generalmente dotati di cablaggio via cavo che collega i captori alla base di trattamento informatico (per esempio il Polhemus Flock of Birds); mentre altri, come l’Ascension MotionStar Wireless sono sistemi senza cavi che permettono al performer una maggiore libertà nell’esecuzione della partitura.

63 Il girometro e i captori di flessione sono utilizzati, tra gli altri, dalla coreografa francese Myriam Gourfink in This is My house, lavoro del 2005.

64 W. Trager, A Practical Approch to Motion Capture, cit.; S. Delahunta, What is

motion capture?, in “Ballet International / Tanz-Aktuell”, mars 1999, p. 25; e S. Delahunta “Coreografie in Bit e Byte: Motion Capture, Animazione e Software per la Danza” in: La scena digitale: Nuovi media per la danza, A. Menicacci, E. Quinz, (a cura di), Venezia, Marsilio, 2001, pp. 83-100.

b)- optical motion capture: sono sistemi ottici per la cattura del movimento. Questo sistema di captazione avviene per mezzo di sensori posizionati sul corpo del performer che riflettono il movimento in modo direzionale (Directionally Reflective Markers). Questi sistemi richiedono l’uso di almeno tre telecamere che captano e trasmettono l’informazione derivante dalla disposizione dei singoli sensori nello spazio. Com’è possibile intuire, anche in questo caso, il performer è libero di articolare il movimento nello spazio senza essere vincolato al cablaggio. Tuttavia questi sistemi possono subire interruzioni momentanee nel trasferimento dati; questo succede particolarmente quando un sensore riflettente viene perso oppure rimane nascosto alla telecamera. Tuttavia, in sede di elaborazione finale dei dati, quelli mancanti possono essere corretti e reintegrati grazie a un complesso calcolo algoritmico basato sulla conoscenza e sul funzionamento dello scheletro umano. Proprio per questa eventuale interruzione di dati, l’impiego di questi sistemi in ambito performativo tende a far diminuire sensibilmente il ricorso a un loro impiego in tempo reale65.

Prima di avviare l’analisi su alcuni progetti artistici che hanno fatto ricorso a questi sistemi, vorremmo chiudere questa sezione dedicata alle motion capture citandone almeno altri tre sistemi che incontreremo nel capitolo V, a proposito di una riflessione sulla relazione tra i sistemi tecnologici e lo spazio scenico. Essi sono:

c)- sistemi di captazione sensoriale del movimento: sono sistemi simili a quelli appena descritti perché intervengono direttamente, attraverso l’impiego di captori di flessione, sulle articolazioni e sulle contrazioni muscolari del soggetto captato. L’informazione inviata da questi sensori può essere utilizzata per fornire al corpo gli strumenti di controllo per la produzione di immagini di movimento, diagrammi, o produzione di suono (sul modello del feedback di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente). Per quanto riguarda la produzione sonora, esiste un

65 I sistemi ottici, a differenza di quelli magnetici, permettono una maggiore qualità di captazione; per questo motivo sono stati impiegati, tra gli altri, da Paul Kaiser e da Shelley Esker della Riverbed di New York (ora Openendedgroup), nella realizzazione di progetti di motion capture come l’installazione Hand-drawn Spaces (1998) o Biped (1999) realizzati in collaborazione con Merce Cunningham o Ghostcatching (1999) realizzato con Bill T. Jones. Si veda inoltre il web site della società: www.openendedgroup.com

programma chiamato MAX e progettato dall’IRCAM (Institut de Recherche Coordination Acoustique Musique). MAX è un software che si inscrive nel trattamento di dati MIDI permettendone la manipolazione66.

d)- sistema di ritorno dello sforzo: questi sistemi sono simili a quelli dinamici ma essi permettono un ritorno sul corpo dell’utente. In altri termini il flusso di informazioni non transita in una sola direzione, dalla fonte al computer, ma in due direzioni, consentendo, in sede performativa, un’interazione tra l’utente-spettatore (spett-attore) e il performer, intervenendo direttamente sul suo corpo attraverso una interfaccia di contatto67.

e)- sistemi di captazione spaziale: essi permettono di captare il movimento in una porzione limitata di spazio, trasmettendo queste informazioni al computer centrale che le lavora. I captori sono disposti, generalmente, lungo tutto il perimetro dello spazio individuato; essi reagiscono e mandano informazioni in funzione al grado di posizionamento (e di spostamento) dei corpi. La funzione generale di questi captori non è quella di individuare il movimento delle singole

66 MIDI - Musical Instrument Digital Interface (1983) è un’interfaccia che permette la trasmissione di informazioni tra diversi apparecchi. Esso è stato concepito per il trattamento del suono; i primi strumenti equipaggiati con queste interfacce sono stati i sintetizzatori (apparecchio elettronico destinato alla creazione di suoni complessi a partire da oscillazioni elettriche semplici). Essi sono composti da almeno due porte: un ingresso dati (MIDI in) e una uscita dati (MIDI out); il MIDI thru permette invece di connettere diversi apparecchi a una sola porta MIDI in entrata (MIDI in). Cfr. M. Battier, “Entre l’idée et l’œuvre: parcours de l’informatique musicale”, in L. Poissant (sous la direction de), Esthétique des arts médiathiques, 2 voll., tome 1, cit., p. 326. Un insieme di configurazioni sono state create per MAX intorno a diversi modelli tra i quali ricordiamo il modello meccanico naturale, diviso a sua volta in bounge che riguarda la simulazione del trattamento di un oggetto, e grain che ne restituisce l’effetto granulare e il modello stocastico che prevede l’introduzione di un fattore aleatorio programmabile in un flusso di dati MIDI.

67 Si vedrà in seguito come questo sistema è stato utilizzato, tra gli altri, da Kondition Pluriel, formazione coreografica del Québec fondata a Montréal da Marie-Claude Paulin et Martin Kusch, per la realizzazione di Puppet (2006) installazione coreografica interattiva. Per quanto riguarda il concetto di spett-attore, in cui si fa una chiara allusione al doppio ruolo che lo spettatore, in quanto osservatore, ha in un ambiente interattivo – oltre al grado di partecipazione che quest’ultimo instaura con l’opera – si veda J.L. Weissberg, Présences à distance, Paris, L’Harmattan, 1999, cap. II.

articolazioni di un corpo, bensì di acquisire e restituire informazioni inerenti la traiettoria di spostamento del corpo nello spazio68.