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III. SISMOGRAFIE DELLA PRESENZA 1 Genealogia della presenza

III.2. Le gradazioni di presenza

III.2.2. Spectra I: gradazioni intensive

Come abbiamo avuto modo di osservare, la qualità intensiva della presenza tende a aumentare, a elevare il grado di percezione dell’ente – o di una sua parte – cui è riferita. Il parametro che ci serve da guida in questa occasione è il seguente: l’intensità, come qui intesa, rinvia a una aderenza, o meglio, a una prossimità immediata tra l’ente e il segno che lo intesifica. L’accento di questa operazione è quindi da porre sulla prossimità che lega l’ente (la matrice) al segno della presenza. La gradazione intesiva si può ottenere secondo due operazioni principali:

- la riproduzione formale conforme all’ente e al corpo in questione; essa ne mantiene inalterata la riconoscibilità e la riconducibilità alla matrice di partenza;

- accrescimento e resa intesiva di caratteri rappresentativi ottenuti da operazione specifiche di intensificazione del movimento.

Ci soffermeremo pertanto, qui di seguito, su alcuni interventi performativi che a nostro modo di vedere mettono in pratica questa particolare forma di gradazione di presenza.

III.2.2.1. “Ombra”

Cominceremo da una discussione sulla dimensione dell’ombra – skia in greco e umbra in latino – come figurazione che accompagna il corpo, producendone una dimensione intensiva25. L’ombra, in termini generali, può essere letta sotto tre diverse angolazioni:

- in una prima dimensione l’ombra è una zona oscura delineata da un corpo che intercetta i raggi di una sorgente luminosa. È dunque una sorta di doppio immediato del corpo che accompagna, e accompagnandolo ne certifica l’esistenza, la materialità;

- in una accezione ulteriore, che in parte deriva dalla precedente, l’ombra si definisce in opposizione al reale: l’ombra è allora una forma d’apparenza.

- in una terza accezione, forse di derivazione più propriamente letteraria, l’ombra è l’anima che ha abbandonato i corpi; si tratta qui di un’ombra errante, alla ricerca di un corpo vuoto da poter nuovamente riaccompagnare: l’ombra è dunque un fantasma. Da queste indicazioni possiamo articolare una prima, possibile, definizione dello statuto dell’ombra. Senza privilegiare una dimensione rispetto alle altre, l’ombra è parte del corpo che accompagna, testimonia da un lato la sua esistenza materiale, dall’altro, senza la sua presenza, perderebbe di consistenza, svanirebbe. La scena contemporanea, dalle coreografie video di Ugo Pitozzi alle figure in negativo cui ricorrono N+N Corsino o i Dumb Type, tende a privilegiare una dimensione particolare: quella dell’ombra senza corpo. Tuttavia è necessario introdurre – fin da questo momento – una precisazione. Esistono qui due tipologie di figurazioni: l’ombra senza corpo visibile – Ceremony of innocence (2000) o Ombre (2004) del coreografo Ugo Pitozzi, e il divenire ombra del corpo reale come sulla scena di Captives 1er

25 Interessante in questa direzione l’analisi offerta da C. Rosset, Impressions fugitives, cit.

mouvement (1998) di N+N Corsino e in Memorandum (2002) della formazione giapponese dei Dumb Type26. Comincerò dunque analizzando il primo caso.

a)- Si tratta qui di seguire il funzionamento dell’ombra che si trova priva di corpo, perché questo è invisibile, fuori schermo. In Cereminy of Innocence per esempio, un’ombra si disegna sullo schermo, lasciando invisibile il corpo al quale è riferita. Qui l’ombra è una macchia in negativo, come solarizzata, comunque matrice di un corpo che è, materialmente, altrove ma che è ancora in grado di produrla come segno, marca della sua presenza in movimento (fig. 33). In modo analogo sembra prendere corpo Ombre, sezione di una installazione coreografica pensata da Ugo Pitozzi per un intervento all’interno della Galleria D’arte Moderna di Genova – Villa Croce. Tre schermi, di grande formato, sono disposti su altrettante pareti; il pubblico è disposto al centro dello spazio. Il montaggio di questo lavoro prevede l’apparizione e la scomparsa, disposte in sincrono, di tre diverse ombre che entrano e escono, compaiono e svaniscono a velocità variabili lungo i tre schermi. Le ombre in movimento lo sono come tracce di corpi assenti, sul punto di sparire, forme di respirazione che il tempo articola nello spazio27. Tuttavia secondo la visione di Pitozzi l’ombra è un fantasma. Cos’è un fantasma se non, alla lettera, un’ombra completamente emancipata dal corpo cui è riferita? Il fantasma è quindi qualcosa che proviene da lontano, da una lontananza, per così dire, siderale; questo perché il corpo

26 Il loro segno compositivo traccia una linea d’elaborazione comune che attraversa i territori delle arts vivants così come quello delle installazioni video o delle arti grafiche, architettando uno spazio saturo di stimolazioni visivo-sonore. È a partire dalla metà degli anni ottanta che, in Giappone, alcuni giovani studenti della facoltà di Design dell’Università di Kyoto costituiscono, sotto la guida di Teiji Furuhashi, il collettivo sperimentale Dumb Type. La loro produzione si divide tra installazioni, presentate in situazioni extra teatrali, quali musei e gallerie d’arte, e veri e propri interventi performativi; la loro produzione comprende inoltre la realizzazione di cd e dvd, oltre a interventi di carattere prettamente sonoro realizzati al fianco di importanti sound artists come Ryuichi Sakamoto e Ryoji Ikeda. Nel 1990 realizzano pH prima pièce di una trilogia che comprende anche S/N (1994), ultimo lavoro diretto da Teiji Furuhashi prima della morte a causa dell’AIDS avvenuta nel 1995, e [OR] (1997), oltre a Lovers (1994), l’installazione creata da Teiji Furuhashi.

27 In questo senso si veda la conversazione con Ugo Pitozzi nella seconda parte di questo volume.

di cui si dice emanazione non è più là, fisicamente presente. A tratti l’ombra cui Pitozzi sembra fare riferimento, attraverso le interrogazioni che lo hanno condotto alla realizzazione del progetto installaltivo, sembra richiamare il simulacro di Lucrezio28: il simulacro non è esattamente l’ombra di un corpo singolo, ma una moltitudine d’ombre, le une con le altre, le une fuori dalle altre – direbbe Jan-Luc Nancy29. L’ombra è dunque composta da diversi corpi.

b)- la seconda dimensione alla quale è importante guardare rinviare a una forma di passaggio interno, dato come per dispersione, in cui è il corpo stesso a farsi ombra. Esiste un aspetto di questa figurazione in cui il corpo è inserito in un processo di materializzazione liquida che costruisce l’immagine di un corpo-ombra, visione in negativo in cui quest’ultimo è percepito come vuoto, un intervallo nella continuità del fondo, come avviene nel film coreografico Captives 1er

mouvement realizzato da N+N Corsino; in questo contesto, come all’interno di un processo cronofotografico, il corpo tende a sparire a vantaggio di una “espansione visuale” prodotta dal movimento. Il movimento si intensifica e si propaga nell’ombra, anche se il corpo scompare30 (figg. 34-40).

c)- In maniera del tutto analoga, ma con una riflessione certamente più articolata, si inscrive il lavoro dei giapponesi Dumb Type. È necessario a questo punto una sospensione improvvisa, come una respirazione non programmata, per disegnare la traiettoria di una (nuova) partenza; è utile allora tornare su alcune tracce che diventano segni ritornanti di un’estetica. S/N (1994), titolo del primo lavoro, sta per signal/noise e sembra rimandare a un doppio versante di senso, che pervade l’intera produzione dei Dumb Type su tutti i fronti, dall’elaborazione di temi che danno tono della performance, fino agli aspetti “formali” visivi e sonori. Il signal (il segnale) rimanda alla sfera dell’evidente e del percepibile, là dove il noise (rumore) sta per qualcosa che non è nettamente evidente e

28 Lucrezio, De rerum Natura, Torino, Einaudi, 2003, Libro IV. 29 J-L. Nancy, Corpus, cit.

30 Si veda la conversazione con Nicole et Norbert Corsino nella seconda parte di questo volume, all’interno della quale i due coreografi si soffermano sulla produzione, nei loro lavori, di figurazioni tra le quali le ombre. Cfr. Images lues, in “Marsyas”, n°34, juin 1995; Trahis par le chiffre, in “Nouvelles de Danse”, printemps 1996; La danse,

rinvia all’impercettibile; in altre parole c’è, è presente come un velo che avvolge le cose, ma non è avvertibile con nettezza31. Nello spazio di relazione tra questi due versanti, costantemente co-presenti, si colloca la scena pensata come luogo della manifestazione, e a manifestarsi non sono altro che diverse gradazioni di presenza che il dispositivo audio- visivo convoca, e lo fa seconde tre aspetti tra i quali, assieme alla riproduzione e al riflesso, si colloca anche l’ombra.

In lavori come [OR] (1997) e Memorandum (2002) (figg. 41-42), il corpo dei performer è percepibile come un divenire ombra: visione negativa in cui il corpo è un intervallo nella continuità dello sfondo. In altri termini si disegna un nuovo elogio dell’ombra – per dirla alla Tanizaki – in cui il corpo dei performer si dà attraverso gradazioni di luce o attraverso il dispiegamento di una traccia che restituisce – come in alcuni passaggi di Memorandum – l’impressione (passeggera) del solo movimento, divenuto una sorta di vibrazione nello spazio.

Le corps en scène du Dumb Type […] sont comme en retrait derrière la représentation qu’ils offrent. Les stroboscopes, souvent utilisés, découpent les silhouettes dans de éclairs saccadés de lumière. Ils donnent aux acteurs la possibilité d’apparaître et de disparaître tels des fantômes. Les corps font directement face aux spectateurs et pourrant se dégage l’impression de ne voir que des images. Ils ressemblent totalement aux corps virtuels. Ils sont dématérialisés. Des lumières blanches souvent placées derrière eux les transforment en ombres en premier plan32.

Tuttavia, diversamente da come abbiamo potuto notare nel lavoro dei Corsino – in cui il corpo si confonde con lo sfondo, creando una

31 Di rilvante importanza l’analisi condotta da Christine Zeppenfeld-Rosaz e da Nicole Le Bian-Prada su questo aspetto del lavoro dei Dumb Type. Cfr., Ibid., “De l’installation à la peroformance: la tradition au cœur de la technolgie”, in B. Picon- Vallin, Les écrans sur la scène, Lausanne, L’age d’homme, 1998, p. 257.

32 Keiko Courdy, Dumb Type: Un corps interfacé entre signal et noise, in “Digital Performance”, Anomalie Digital_Arts, n° 2, 2002, p. 170. “Il corpo in scena dei Dumb Type […] sono come ritirati dietro la rappresentazione che offrono. Le luci stroboscopiche, spesso utilizzate, nascondono le silhouettes alla luce. Danno quindi la possibilità agli attori di apparire e di sparire come fantasmi. I corpi stanno direttamente di fronte agli spettatore e si dà l’impressione di percepire solo immagini. Essi assomigliano completamente a corpi virtuali. Sono smaterializzati. Luci bianche, spesso piazzate dietro di loro, le trasformano in ombre in primo piano.”

continuità con esso – qui siamo in una soluzione simile ma ottenuta con un procedimento simmetricamente opposto. Invece di portare il corpo a sparire nello sfondo, il corpo – grazie a una particolare disposizione di fonti luminose – si fa ombra sbalzata in primo piano.

In entrambi i casi che qui abbiamo preso brevemente in considerazione, questi aspetti sono caratterizzati da un pensiero dell’effimero affermativo, in linea, ancora una volta, con una corrente di pensiero che – come ricorda Christine Buci-Glucksmann – fa dell’impermanenza il punto centrale di un’estetica della fluidità e della sparizione33.

III.2.2.2. “Tracce di movimento”

A relazionarsi in modo intensivo al corpo, su un altro versante, possiamo individuare una serie di interventi a carattere performativo che lavorano sulla dimensione della traccia. Questa è una modalità delle figurazioni utilizzata per costruire un doppio del movimento attraverso la messa in evidenza di una traccia. In questo senso la traccia non è altro che una gradazione di presenza del corpo che si dà per prossimità immediata rispetto al referente. In queste modalità risuonano, ancora una volta, le strategie di captazione del movimento: dagli esperimenti di carattere cronofotografico, cui abbiamo accennato nel secondo capitolo, fino ai sistemi di intelligenza artificiale utilizzati sulla scena contemporanea. Nelle esperienze che intendiamo privilegiare la traccia può assumere due caratteristiche e valenze diverse:

- da un lato è una intensificazione dell’intero movimento del corpo nello spazio, così come succede in Apparition (2004) di Klaus Obermaier34. Questo può essere di carattere formale – che ricostruisce l’intera sagoma del corpo in movimento – o astratto, producendo un effetto traccia. Tuttavia, entrambe le dimensioni, sono diretta emanazione di un corpo presente sulla scena;

33 Se veda per questi aspetti: C. Buci-Glucksmann, Esthétique de l’éphèmére, Paris, Éditions Galilée, 2003. Si veda inoltre la conversazione con l’autrice nella seconda parte del presente volume. Torneremo sul tratto della fluidità nel corso del Cap. V. 34 Cfr. F. Chapple, Intermediality in Theatre and Performance, Amsterdam – New York, Editions Rodopi B.V., 2006.