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Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente

Il “Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente” («United Nations Environment Programme» -UNEP-) è un’organizzazione internazionale che opera dal 1972 contro i cambiamenti climatici a favore della tutela dell’ambiente e dell’uso sostenibile delle risorse naturali.

L’UNEP ha sede a Nairobi (Kenya), ed è stato istituito dall’Assemblea generale delle “Nazioni Unite” («United Nation» -UN-) nel 1972 in seguito alla “Conferenza di Stoccolma” sulla protezione dell’ambiente. Il suo mandato consiste nel raccogliere, valutare e diffondere, dati ambientali a livello globale, regionale e nazionale, nello sviluppare strumenti politici per la protezione dell’ambiente e nell’assumere un ruolo di coordinamento e orientamento della politica. Questo, come spiegato nella teoria dei giochi, serve per rendere tutti i paesi consapevoli delle risorse e dei problemi degli altri attori internazionali. Per consentire all’UNEP di svolgere il proprio ruolo guida in ambito ambientale da parte dei Paesi membri, sono necessari oltre a un sostegno politico, anche una migliore attuazione del mandato dell’UNEP e la garanzia di un finanziamento stabile. Nel quadro del rafforzamento della governance internazionale in campo ambientale (International Environmental Governance -IEG-) sono state elaborate misure e raccomandazioni per il rafforzamento dell’UNEP. Durante la Conferenza dell’UN sullo sviluppo sostenibile svoltasi nel giugno del 2012 a Rio de Janeiro (Rio+20) è stato deciso di rafforzare l’UNEP in particolare mediante l’introduzione dell’adesione universale e dell’elaborazione di strategie ambientali nel sistema onusiano (onusiano = dell’Un, che riguarda o è relativo all’Un). In occasione della prima riunione dell’UNEP con adesione universale formale, tenutasi nel febbraio 2013, sono state concretizzate le misure decise a Rio. Ogni stato si impegna affinché l’UNEP possa effettivamente garantire la sua funzione di coordinamento mediante la formulazione di obiettivi e strategie di politica ambientale. In questo contesto hanno un ruolo importante anche gli obiettivi ambientali globali formulati in origine sul piano nazionale di ogni singolo stato.

Il settore dei prodotti chimici e dei rifiuti rappresenta uno dei principali punti di forza dell’impegno preso nel quadro dell’UNEP. Il programma deve continuare a garantire attivamente il proprio ruolo guida, soprattutto in relazione ai lavori preparatori nei settori disciplinati in misura insufficiente dall’attuale regime ambientale globale (metalli pesanti, sostanze ormonali, inquinanti endocrini, nanotecnologia). L’UNEP deve poter assumere un ruolo guida anche nell’attuazione della strategia globale relativa ai prodotti chimici (Strategic Approach to International Chemicals Management

-SAICM-). Per il resto è importante accompagnare attivamente le attività correnti dell’UNEP, segnatamente per quanto concerne il monitoraggio, la valutazione, il coordinamento e lo sviluppo di strumenti di politica ambientale (incluso un migliore sostegno delle convenzioni alimentari), l’acqua dolce, la gestione degli ecosistemi, la biodiversità, l’uso efficiente delle risorse, l’economia verde e i modelli di produzione/consumo sostenibili.

3.2.1 I Big Data

I Big Data sono la raccolta, in immensi server (meglio nominati come “Data Set”, ovvero insiemi di dati relativi a un tema specifico), di queste informazioni eterogenee. Data set di tal genere si sviluppano lungo tre dimensioni:

1. Volume:

Dato dalla somma delle grandezze dei vari file che compongono il data set (ogni giorno un’azienda può facilmente accumulare dati nell’ordine del tera-byte o anche del petabyte)

2. Velocità:

Data dalla capacità dei dati di fluire nei centri di elaborazione nel minor tempo possibile, offrendo così la possibilità di effettuare analisi in pochissimo tempo e ottenere dati sempre aggiornati

3. Varietà:

Data dalle fonti attraverso le quali si raccolgono i dati (ad esempio: dati di testo, dati video, file di log, Ecc.)

Proprio a causa della loro grandezza, i Big Data sono difficili da trattare con strumenti analitici e informatici non espressamente dedicati, come ad esempio tutto il comparto delle macchine utilizzate nei sistemi di gestione dei database relazionali. Col diffondersi della conoscenza di questo metodo di elaborazione dei dati, si sono rese necessarie 2 ulteriori specifiche:

1. Variabilità:

Le stesse informazioni hanno significato differente a seconda del contesto e del “luogo virtuale” in cui vengono reperite. Occorre contestualizzare il dato, in modo da capire se è indispensabile filtrarlo o meno

2. Viralità:

I Big Data sono in continua crescita e nella rete Internet esistono delle vere e proprie “regioni buie” da dove estrarre informazioni, le quali si espandono a “macchia d’olio” come un vero e proprio virus

volte accade, capire se è in atto un cambiamento nei gusti dei consumatori, anticipare eventi naturali, Ecc.

Ecco cosa sono, un set d informazioni riassumibili su una matrice di caratteristiche, che a sua volta è riassumibile in una sola altra “V”, la V del Valore.

In ambito marketing, l’uso dei Big Data sta divenendo una pietra fondamentale su cui costruire i così detti metodi di “raccomandazione” o le strategie “virali”. Come spesse volte accade quando si utilizza un servizio web-based come Netflix o Amazon, nella sezione a latere della pagina, gli esperti di marketing, propongono proposte di acquisto sulla base degli interessi di un cliente rispetto alle ricerche e scelte pregresse e lo stesso schema delle scelte di milioni di altri clienti precedenti. Tutti i dati provenienti dalla navigazione dell’utente, dai suoi precedenti acquisti, dai prodotti valutati o ricercati, possono permettere ai colossi del commercio (elettronico e non) di suggerire i prodotti più “adatti” al cliente. Appartenenti ai Big Data sono gli algoritmi che riescono a predire se un dato fenomeno di acquisto, come la vendita di un televisore, può avvenire tracciando le ricerche sul Web, gli oggetti acquisiti in precedenza dai clienti che si trovano in una geo-localizzata area geografica, il numero di acquisti legati a riviste sportive, il numero di biglietti dello stadio venduti, la frequenza di ricerche sull’argomento “europei di calcio” e via discorrendo, tutti dati legati al mondo del pallone, che uniti da algoritmi di correlazione, possono creare un dato (con margine di errore bassissimo!) sul numero di utenti che hanno intenzione di comprarsi un televisore nuovo per “vedere meglio gli europei”. Una volta individuati gli specifici prodotti da cui apprendere i dati, a quelli stessi utenti si possono fare offerte speciali e coupon su prodotti inerenti alla loro condizione di tifosi.

Nella sfera pubblica, ci sono tantissimi altri tipi di applicazioni per i Big Data:

1. Il dispiegamento delle forze dell’ordine sui siti a maggiore probabilità di delinquenza 2. Lo studio delle associazioni tra la qualità dell’aria e la salute

3. L’analisi sulla possibilità di migliorare la raccolta differenziata 4. Ecc.

Insieme a tutti questi benefici, i big data hanno un grande inconveniente, il costo della condivisione delle informazioni. Come detto i big data, hanno un valore, i data set che li contengono hanno un costo di gestione, aggiornarli ha un costo, gli stessi organismi che gestiscono i database per il calcolo degli LCA, hanno un costo per il reperimento delle informazioni. Per quanto possa sembrare ridotto, il costo di elaborazione di un algoritmo è molto alto. Alcuni dati sono facilmente reperibili ma altri (Es: i big data ottenuti per elaborazione di altri big data), possono avere dei prezzi alquanto importanti. Tutto questo può sembrare un film di fantascienza già visto, ma, in realtà, è solo una frazione del loro potenziale non ancora del tutto espresso e compreso.