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L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale

L’“Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale” (ISPRA), è stato istituito con la legge 133/2008 di conversione, con modificazioni, del Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale è ente pubblico di ricerca, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, autonomia tecnica, scientifica, organizzativa, finanziaria, gestionale, amministrativa, patrimoniale e contabile. L’ISPRA è sottoposto alla vigilanza del “Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”. Il Ministro si avvale dell’Istituto nell’esercizio delle proprie attribuzioni, impartendo le direttive generali per il perseguimento dei compiti istituzionali. Fermo restando lo svolgimento dei compiti, servizi e attività assegnati all’Istituto ai sensi della legislazione vigente, nell’ambito delle predette direttive sono altresì indicate le priorità relative agli ulteriori compiti, al fine del prioritario svolgimento delle funzioni di supporto al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Sulla Gazzetta Ufficiale n. 179 del 3 agosto 2010 è stato pubblicato il Decreto 21 maggio 2010 n. 123 del Ministero dell’Ambiente e per la Tutela del Territorio e del Mare, “Regolamento recante norme concernenti la fusione dell’APAT, dell’INFS e dell’ICRAM in un unico istituto, denominato Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, a norma dell’articolo 28, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”. Lo statuto dell’ISPRA è stato approvato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con decreto del 27 novembre 2013. L’ISPRA è integrata in un sistema a rete, il Sistema delle Agenzie Ambientali, che conta oggi la presenza sul territorio nazionale di 21 tra le Agenzie Regionali (ARPA) e Provinciali (APPA) costituite con apposita Legge Regionale. Questo è un esempio di sistema federativo consolidato, che coniuga conoscenza diretta del territorio e dei problemi ambientali locali con le politiche nazionali di prevenzione e protezione dell’ambiente, così da diventare punto di riferimento, tanto istituzionale quanto tecnico-scientifico, per l’intero sistema Paese. L’istituzione dell’ISPRA rappresenta la coesione del Sistema, pur nel rispetto delle realtà territoriali, e ne favorisce lo sviluppo omogeneo su temi di cooperazione e collaborazione. Infatti, fin dall’istituzione delle prime agenzie regionali, è emersa l’esigenza di creare degli spazi di confronto e discussione tra le Arpa-Appa, al fine di promuoverne uno sviluppo coordinato. Per questo motivo la legge istitutiva dell’APAT prima e ora dell’ISPRA ha istituito un Consiglio Federale, presieduto dal Presidente dell’ISPRA e composto dal Direttore Generale e dai legali rappresentanti delle ARPA-APPA, con funzioni consultive sulla convenzione tra l’Istituto e il Ministero dell’Ambiente, con particolare riguardo all’assegnazione dei finanziamenti e all’utilizzo

delle risorse, alle metodologie tecnico operative per l’esercizio delle attività delle Arpa-Appa, al compito di coordinamento dell’Istituto nei confronti delle Arpa-Appa.

Nel caso della regione Emilia-Romagna, l’agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia dell’Emilia-Romagna (ARPAE), che integra le funzioni di Arpa e dei servizi Appa, è stata inglobata con legge regionale n.13/2015 ed è operativa dal primo gennaio 2016. La documentazione relativa a tale accorpamento è disponibile sul sito:

http://arpa.emr.it/dettaglio_generale.asp?id=2694&idlivello=1567

3.3.1 Gli Open Data

Con “Open data” o “Dati aperti” ci si riferisce ad una pratica e ad una filosofia di condivisione di dati e informazioni in modo da consentirne il libero accesso, in maniera semplice, veloce e senza limitazioni a chiunque sia in grado di estrapolarli. Il detentore dei dati, in quanto proprietario, decide di rilasciare gli stessi (con licenza “open” -aperta-) in modo tale da renderli elaborabili liberamente da chiunque (aziende, cittadini, ricercatori, macchine di calcolo), così da poter rendere possibile la creazione di nuovi database a loro volta open, i cui risultati sono riutilizzabili per altri scopi e quindi generare nuove conoscenze ed aprire nuove prospettive di sviluppo sociale ed economico; L’open data si richiama alla più ampia disciplina del’ “Open Government”, cioè una dottrina che prevede l’apertura delle informazioni della pubblica amministrazione, intesa sia in termini di trasparenza che di partecipazione diretta dei cittadini, attraverso l’uso delle nuove tecnologie della comunicazione. Questa pratica è piuttosto diffusa nei paesi di cultura anglosassone dove grazie ad essa, le amministrazioni hanno avuto la possibilità di superare gli schemi rigidi e burocratici di accesso ai dati e di gestione delle risorse informative, sia al loro interno, sia nei confronti della cittadinanza acquisendo così maggiore efficienza e trasparenza.

In sintesi, i dati possono essere definiti “open” se si verificano le seguenti condizioni: 1. I dati sono Pubblici (visibile a tutti) e tali rimangono

2. Accessibili (nessuna condizione data da contratti o licenze d’uso)

3. Liberi (utilizzo di un formato aperto e di licenze non proprietarie, diverso da gratis!) 4. Esportabili e scaricabili (da chiunque e da qualunque macchina)

5. Elaborabili (cioè resi disponibili in maniera il più possibile disaggregata)

6. Riutilizzabili (chiunque ha il diritto di riutilizzarli, sempre nel rispetto della licenza con la quale sono stati rilasciati)

La ragione fondamentale per cui è importante chiarire il significato di “aperto” e del perché utilizzare proprio questa definizione, può essere identificata in un termine solo: interoperabilità. L’interoperabilità è una condizione importante, perché permette a componenti diversi di lavorare insieme. L’abilità di rendere ciascun dato un componente e di combinare insieme vari componenti è essenziale per la costruzione di sistemi sofisticati. Un po come un gruppo di persone che collaborano tra loro pur seguendo ognuno un suo preciso progetto. In assenza di interoperabilità ciò diventa quasi impossibile, come nel mito della Torre di Babele, in cui l’impossibilità di comunicare (e quindi di Inter-operare) dà luogo a un fallimento sistemico nella costruzione della torre. Nel caso di dati non compatibili per motivi di forma, ci si trova in una situazione molto simile. Il punto cruciale di un server di dati (o linee di codice) accessibili e utilizzabili in modo condiviso è il poterle liberamente “mescolare” con dati (o linee di codice) provenienti da fonti anch’esse aperte. L’interoperabilità aumenta in modo esponenziale la possibilità di combinare diverse basi di dati, e quindi sviluppare nuovi e migliori prodotti e servizi.

Le pubbliche amministrazioni producono, rilevano e gestiscono informazioni; con la loro attività incidono sulla vita di noi tutti e ne influenzano buona parte. Tutto ciò si trasforma in dati, non sempre digitalizzati, non sempre organizzati, non sempre aperti. Diciamo che un dato è un “dato pubblico”, non tanto nella sua accessibilità, che ovviamente deve essere massima e immediata, ma anche nella sua forma. Un’altra definizione di Open Data è quella che troviamo nel “Codice dell’Amministrazione Digitale” (CAD - art. 68, c. 3, lett. b), che definisce dati aperti quei dati che presentano le seguenti caratteristiche:

1. Sono disponibili secondo i termini di una licenza che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato

2. Sono accessibili attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, in formati aperti, sono adatti all’utilizzo automatico da parte di programmi per elaboratori e sono provvisti dei relativi meta-dati

3. Sono resi disponibili gratuitamente attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, oppure sono resi disponibili ai costi marginali sostenuti per la loro riproduzione e divulgazione

L’accessibilità di un dato non è sufficiente perché sia open, potrebbe essere reso pubblico di un formato chiuso, come succede per le ricerche scientifiche pubblicate dalle riviste specializzate. I dati per la loro natura di quantità e di elaborabilità, vengono resi disponibili in formati aperti e riutilizzabili anche in altri contesti: la maggior parte dei dati che le pubbliche amministrazioni oggi pubblicano sono forniti in formato XML, un formato che permette appunto di importare i dati in

1. Operatori umani con fogli di calcolo

2. Macchine con la combinazione di linguaggi MySQL + PHP + Html (per esempio) 3. Da iterazioni uomo-macchina con SPARQL

Il manuale relativo agli Open Data reso disponibile da: “Agenzia del Governo per l’Agenda Digitale” è disponibile sul sito:

http://opendatahandbook.org/guide/it/