Concluso il breve excursus storico, il quadro normativo delineatosi a seguito delle ultime riforme appare ben chiaro.
La novella del 2011 ha infatti suggellato un’interpretazione che progressivamente si era fatta strada nella prassi: l’assoluta esclusione di qualsivoglia forma di controllo nei confronti del provvedimento che decide sull’inibitoria della sentenza di primo grado.
È indubbio che la volontà del legislatore sia stata proprio quella di evitare che la decisione del giudice dell’inibitoria, nelle more del giudizio di appello, potesse essere sindacata da un diverso giudice e in tal senso riformata327
. Del resto, come anticipato, la giurisprudenza susseguitasi alla riforma del 1990 si era da sempre mostrata a favore dell’incensurabilità della misura inibitoria.
326
Va quindi respinta l’idea di chi afferma che non vi sarebbero ostacoli normativi alla revocabilità dell’ordinanza in corso di causa. Per questa opinione, cfr. M. S.CATALANO, Le
modifiche alla disciplina dell’inibitoria in appello, in Giur. it., 2013, 239.
327
Netta è la posizione di due autorevoli studiosi nel prevenire qualsivoglia interpretazione contraria a quella che si desume dall’art. 351 c.p.c. Per un verso, F. P. LUISO, Diritto
processuale civile, II, cit., 404, specifica che deve escludersi in radice la possibilità di
proporre reclamo avverso l’ordinanza; dall’altro, C. CONSOLO, Le impugnazioni delle
sentenze e dei lodi, cit., 231 – 232, afferma che l’opinione di una parte della dottrina che
pretende di estendere un controllo al provvedimento sull’inibitoria risulta essere vanificata dalla nuova disposizione dell’art. 351, comma 1, c.p.c.
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In particolare, numerose decisioni ne avevano escluso il ricorso in Cassazione, anche ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost.: era stato evidenziato che l’art. 351 c.p.c. non prevedesse un procedimento analogo a quello stabilito nella medesima norma per il decreto emesso in assenza di contraddittorio, in relazione al quale il relativo terzo comma ne ammetteva esplicitamente il riesame ai fini della sua conferma, modifica o revoca; per altro verso, il ricorso straordinario era invece stato escluso per il difetto del requisito di decisorietà dell’ordinanza, non essendo la medesima “ordinat[a]
alla decisione sul diritto controverso”328
.
Il divieto si estendeva (e si estende tuttora) anche (e soprattutto) al reclamo cautelare ex art. 669–terdecies c.p.c., sulla base di motivazioni molto eterogenee: oltre al dato meramente letterale, alcune pronunzie hanno escluso il rimedio al fine di evitare un “andirivieni” di decisioni anticipatorie sulla esecutività della sentenza di primo grado, con conseguente frammentazione del giudizio e rischio di un’eccessiva dilatazione dei suoi tempi329
; altre hanno evidenziato la differenza esistente tra la decisione sull’inibitoria e la decisione cautelare, dal punto di vista della strumentalità tra la tutela urgente e la tutela cognitiva330
; altre ancora non hanno ritenuto compatibili le disposizioni sul
328
Così Cass. 8 marzo 2005, n. 5011, in Giust. civ. Mass. 2005, 4, ove, respingendo la relativa questione di legittimità costituzionale degli artt. 283 e 351 c.p.c. per la mancata previsione del ricorso per Cassazione, si evidenzia che la non impugnabilità dell’ordinanza potrebbe essere semmai fatta valere sotto il profilo del differente trattamento ad essa riservato rispetto ai provvedimenti cautelari, impugnabili invece con il reclamo ex art. 669-
terdecies (sul punto, v. infra). Nello stesso senso, cfr. Cass. 10 giugno 1998, n. 5750, in Giust. civ. Mass. 1998, 1267; Cass. 13 marzo 2007, n. 5829, cit., che esclude il ricorso
straordinario evidenziando la natura processuale della pronunzia; Cass. 25 febbraio 2005, n. 4060, cit.; Cass. 15 dicembre 2011, n. 27087, in Giust. civ. Mass. 2011, 12, 1779; Cass. 3 luglio 2015, n.13774, in Gius. Civ. Mass. 2015; Cass. 12 marzo 2009, n. 6047, in Gius. Civ.
Mass. 2009, 3, 433; Cass. 25 giugno 2004, n. 11910, in Giust. civ. Mass. 2004, 6, che ha
escluso anche il regolamento di competenza avverso la decisione sull’inibitoria.
In generale, sui presupposti della decisorietà e della definitività necessari ai fini della proposizione del ricorso straordinario in Cassazione, cfr. l’attenta disamina di R.TISCINI, Il
ricorso straordinario in cassazione, Torino, 2005, passim.
329
Cfr. Trib. Taranto, 26 febbraio 2014, cit. e App. Bari 11 settembre 2006, in Giusto proc.
civ., 2007, 485 ss.
330
Cfr. App. Catania 4 marzo 2009, in Giur. merito, 2009, 2456, ove si precisa che in un caso il giudizio di cognizione si è concluso e la decisione sull’istanza di inibitoria è strumentale al grado di riesame della decisione; nell’altro, invece, il provvedimento
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procedimento cautelare uniforme alla peculiarità dell’ordinanza con la quale viene concessa o negata la sospensione dell’esecuzione o della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado331
; infine, si è pure sottolineato che le decisione sull’inibitoria presenterebbe un “tasso di pericolosità” (i.e. di rischio di errore) di grado inferiore rispetto a quello dei provvedimenti cautelari332
, tale da escludere la necessità di un gravame avverso la misura sospenisva.
A prescindere dal dato legislativo, anche una parte della dottrina ha condiviso l’orientamento della giurisprudenza, soprattutto in relazione alla negazione del reclamo al collegio: alcuni attribuivano rilievo alla composizione (collegiale) del giudice dell’inibitoria, per escludere la necessità di un riesame del provvedimento dinanzi ad un giudice di eguale composizione333
e comunque diverso da quello competente per il merito; altri sottolineavano le differenze nel requisito della strumentalità tra i provvedimenti cautelari e i provvedimento inibitori334
; infine, si è pure sostenuto che il reclamo al collegio non necessariamente avrebbe garantito una maggiore tutela delle parti in ordine alla correttezza della decisione finale sulla richiesta di sospensiva.
L’esposizione dell’anzidetta rassegna ha una precisa ratio: benché oggi il dettato legislativo non lasci alcun margine all’ammissibilità di un controllo sui provvedimenti d’inibitoria, dovendosi ritenere chiuso il discorso de jure cautelare è caratterizzato dalle statuizioni anticipatorie o conservative ed è destinato a trovare conferma o smentita soltanto all’esito del giudizio di primo grado. Cfr. anche App. Genova 18 gennaio 2011, in Riv. arb., 2011, 455, con riguardo ad un’ipotesi di sospensione dell’esecutorietà del lodo rituale.
331
Cfr. App. Catania 10 novembre 2003, in Giur. merito, 2004, 213.
332
Cfr. App. Bari 11 settembre 2006, cit., che si riferisce, in particolare, al provvedimento sulla sospensione ex art. 624 c.p.c. (sulla cui rilevanza ai fini della presente disamina, v.
infra). In generale, per una ricognizione del dibattito giurisprudenziale, cfr. A. ROMANO,
Appunti sull’art. 27, cit., 729, in nota.
333
Cfr. L.NEGRINI, Provvedimenti, in S.CHIARLONI, Le recenti riforme del processo civile, Bologna, cit., 253, per il quale a nulla rileva che il gravame avverso le decisione del giudice di pace sia di competenza del tribunale in composizione monocratica, alla luce del basso valore economico delle controversie attribuite alla competenza del giudice onorario. Nello stesso senso anche F.RUSSO, Inibitoria processuale e la sua reclamabilità, cit., 611 ss.
334
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condito, si procederà nel seguente paragrafo a svolgere alcune considerazioni
di segno opposto rispetto a quelle appena riferite, con l’auspicio che, in un futuro non troppo remoto, il legislatore possa nuovamente intervenire sul regime di stabilità dei provvedimenti resi sull’esecuzione provvisoria.
4. La necessità di prevedere una forma di controllo sui provvedimenti