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Il potere discrezionale del giudice dell’inibitoria e il criterio direttivo che

Quanto sinora rappresentato dovrebbe far emergere una particolare figura di giudice dell’inibitoria, che non si limiti a ricoprire un ruolo meramente ricognitivo di una particolare situazione di fatto o di diritto, ma che assuma invece un’importanza centrale nella relativa decisione; detto altrimenti, al magistrato non competerebbe soltanto il mero accertamento dei requisiti (i.e. delle condizioni di legittimità) formulati ex ante dal legislatore ai fini

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Ma anche agli artt. 649, 650, comma 2, 668, comma 4, 669-terdecies, comma 6 e 830, comma 4, c.p.c.

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Interessante il pensiero di G.IMPAGNATIELLO, La provvisoria esecuzione, cit., 416 ss., il quale, sebbene aderisca a tale ricostruzione, prende in considerazione anche quelle norme positive (artt. 283, 615, comma 1, 624) che sembrerebbero non lasciare alcun margine di discrezionalità in capo al giudice dell’inibitoria una volta riscontrata l’esistenza dei requisiti previsti dal legislatore; in siffatte ipotesi, l’Autore, come si è già avuto modo di anticipare, afferma che la discrezionalità verrebbe recuperata (i. e. anticipata) proprio nella valutazione che il giudice è tenuto a compiere per verificare la ricorrenza dei predetti requisiti, attesa l’ampiezza con cui quest’ultimi sono formulati dalla legge (“gravi motivi” o “gravi e fondati

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dell’emissione della misura, bensì gli verrebbe richiesto un quid ulteriore, consistente in una valutazione discrezionale intorno alla convenienza del relativo provvedimento.

È questa la caratteristica essenziale di pressoché tutte le fattispecie sospensive del nostro ordinamento: l’attribuzione in capo al magistrato di un potere intrinsecamente discrezionale ai fini della pronunzia inibitoria.

Si tratta, pertanto, di indagare il contenuto di tale potere e, soprattutto, di verificare l’esistenza di un criterio direttivo alla stregua del quale il medesimo deve essere esercitato.

Quanto al primo aspetto, si è già riferito che la discrezionalità consiste nella valutazione dell’opportunità o meno della sospensione, che opererebbe a prescindere dall’esistenza dei requisiti previsti dalla legge per poter concedere la misura inibitoria.

La discrezionalità è quindi rivolta a riempire di contenuto il provvedimento inibitorio, mediante la ponderazione degli interessi in gioco; in definitiva, costituisce quello strumento mediante il quale viene rimesso all’organo giudicante il contemperamento delle opposte esigenze delle parti, che il legislatore ha evidentemente ritenuto di non poter adeguatamente valutare a

priori in sede astratta e generale174

.

Chiarito quanto sopra, pur nell’assenza di qualsivoglia riferimento normativo cui appigliarsi, si è ritenuto che la discrezionalità postuli necessariamente l’esistenza di alcuni limiti interni e, quindi, di regole e criteri che ne orientino il relativo esercizio, l’assenza dei quali ne farebbe “una vaga astrazione,

priva di qualsiasi potenzialità operativa, utile tutt’al più a schiudere le porte all’arbitrio del giudice”175

.

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Sulla discrezionalità del giudice dell’inibitoria, cfr. R. MACCARRONE, Per un profilo

strutturale, cit., 304 ss. e G. IMPAGNATIELLO, La provvisoria esecuzione, cit., 418 ss. In generale, sulla possibilità di estendere al diritto processuale civile la categoria del potere discrezionale, cfr. A.RASELLI, Il potere discrezionale del giudice civile, I, Padova, 1927,

passim e R.MARENGO, La discrezionalità del giudice civile, Torino, 1996, passim.

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Con tali parole R.MACCARRONE, Per un profilo strutturale, cit., 305. Sul fatto che il potere discrezionale non possa essere esercitato senza un preciso collegamento teleologico

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In tal senso, gli approdi della dottrina di diritto amministrativo vengono in soccorso: secondo Massimo Severo Giannini, “contenuto della discrezionalità

è una ponderazione comparativa dell’interesse primario con gli interessi secondari”176

.

Ecco, pertanto, il criterio direttivo che orienta il potere discrezionale del giudice dell’inibitoria: la valutazione comparativa dei contrapposti interessi delle parti, uno teso alla prosecuzione del processo esecutivo (o perlomeno alla possibilità di poterlo instaurare) e l’altro finalizzato alla sospensione dell’efficacia esecutiva e/o esecuzione della sentenza impugnata.

Come nella prassi avvenga tale comparizione non è semplice da analizzare, anche alla luce degli inevitabili condizionamenti del legislatore che, mediante il ricorso a formule fra loro molto diverse, talvolta sembrerebbe equiparare il

fumus boni iuris ai pericula per l’istante, altre invece parrebbe attribuire

rilievo al solo pregiudizio arrecato dall’esecuzione alla parte provvisoriamente soccombente.

In ogni caso, per quel che interessa, basti per ora considerare che l’inibitoria, da una parte, si propone di evitare un pregiudizio da esecuzione ingiusta (nell’ipotesi di successiva riforma della sentenza) e, dall’altra, si inserisce nell’ambito di un giudizio di impugnazione, al quale è strutturalmente e funzionalmente connessa. Di conseguenza, nel momento in cui il giudice delibererà l’istanza avanzata dalla parte provvisoriamente soccombente, “il

pregiudizio derivante dall’esecuzione della sentenza non può essere considerato né giusto, né ingiusto, per il semplice fatto che la sentenza non è passata in giudicato, ma è sottoposta al sindacato del giudice dell’impugnazione”177

.

con le ragioni per le quali lo stesso è istituito, cfr. A.RASELLI, Il potere discrezionale del

giudice civile, cit., 194 ss.

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Cfr. M.S.GIANNINI, Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 1981, 265, che in tal modo esprimeva la necessaria ponderazione fra gli interessi in gioco. Sul punto, v. anche C. MORTATI, Discrezionalità, voce del Noviss. Digesto it., V, Torino, 1960, 1098 ss.

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Se ne deduce che, in aggiunta ad una inevitabile componente materiale degli interessi delle parti (relativa ai pregiudizi che verrebbero loro arrecati loro a seconda della prosecuzione o della sospensione del processo esecutivo), vi sarebbe anche una parte prettamente ipotetica da tenere sempre in considerazione: tali interessi (alla prosecuzione del processo esecutivo o alla sua sospensione) sono qualificati dalla previsione del verosimile esito del giudizio di impugnazione.

In altri termini, il giudice dell’inibitoria è tenuto sì a valutare i pericula prospettagli dalla parte provvisoriamente soccombente, ma dovrebbe sempre tenere a mente che l’interesse alla sospensione presenta una rilevanza meramente ipotetica, in quanto appare meritevole di considerazione giuridica soltanto in vista ed in previsione dell’eventualità che l’esecuzione si riveli successivamente illegittima178

(i.e. che la sentenza impugnata venga riformata).

In definitiva, la comparazione degli interessi delle parti operata dal giudice – quale criterio direttivo della discrezionalità tipica del procedimento inibitorio - deve tener conto tanto della componente materiale quanto di quella ipotetica di ciascuno di essi179

.

Un risultato può quindi dirsi raggiunto: la discrezionalità opera (anche) sul versante del merito, dovendo il giudice dell’inibitoria, sulla base dei motivi di

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Invero, assumendo costante la gravità del pregiudizio prospettato, l’interesse del soccombente provvisorio risulterebbe tanto più meritevole di protezione – e, quindi, della pronunzia del relativo provvedimento - quanto più è fondata la previsione e probabile è l’eventualità che l’esecuzione si riveli successivamente illegittima. In questi termini, cfr.R. MACCARRONE, Per un profilo strutturale, cit., 308. La ricostruzione sembrerebbe essere del tutto approvata da G.IMPAGNATIELLO, La provvisoria esecuzione, cit., 418 ss.

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Riassume così R.MACCARRONE, Per un profilo strutturale, cit., 309: “La misura della

rilevanza complessiva di ciascuno degli interessi è data dalla risultante o, se più piace, dal prodotto aritmetico delle due componenti: in particolare, essa è tanto maggiore, quanto più grave è il danno minacciato e favorevole la previsione in ordine all’esito del giudizio di gravame”. Per la ricostruzione che prevedrebbe la componente materiale e quella ipotetica

dell’interesse delle parti, l’Autore rimanda anche a G. DUNI, Il potere discrezionale della

Corte di Cassazione, cit., 18; G. LASERRA, L’opportunità della clausola di provvisoria

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impugnazione, operare una prognosi di fondatezza del gravame ai fini della concessione del relativo provvedimento180

.

Da ultimo, si tratta di capire come si atteggi la nozione di discrezionalità appena descritta nelle varie ipotesi di inibitoria previste dal nostro ordinamento, che, come noto, individuano dei presupposti fra loro molto eterogenei, talvolta relativi al danno derivante da un’esecuzione ingiusta, altre volte coinvolgenti (anche) il profilo della fondatezza dell’impugnazione proposta.

Ebbene, si tratta di distinguere:

- nelle ipotesi (come, ad esempio, gli artt. 283 e 615, comma 1, c.p.c.) in cui il provvedimento è condizionato dal riscontro di “gravi” o di “gravi e fondati

motivi”, il fumus boni iuris dell’impugnazione assume un ruolo centrale,

dovendo considerarsi una delle condizioni di legittimità dell’esercizio del potere discrezionale. In tali fattispecie, pertanto, la discrezionalità “arretrerebbe” al momento di verifica dell’esistenza dei presupposti di legittimità e coinciderebbe con tale operazione, dovendosi già in quella sede valutare il probabile esito dell’impugnazione;

- nelle ipotesi (come, ad esempio, gli artt. 373 e 431, comma 3, c.p.c.) in cui invece il provvedimento è condizionato dal risconto di un “grave e

irreparabile danno” o di un “gravissimo danno”, il fumus boni iuris

dell’impugnazione (i.e. la sommaria delibazione dei motivi di gravame) è oggetto della valutazione discrezionale del giudice soltanto dopo che quest’ultimo abbia accertato l’unica condizione di legittimità prevista dal legislatore, consistente nella verifica del rilevante pregiudizio che deriverebbe all’istante nell’ipotesi di mancata pronunzia del provvedimento inibitorio. In

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In questi termini, oltre agli autori appena evocati, cfr. A.CONIGLIO, Riflessioni in tema di

esecuzione provvisoria, cit., 292; G. FALZONE, L’inibitoria giudiziale, cit., 145 ss.; S. SATTA, Commentario al c.p.c., cit., II, 345; F.CARPI, La provvisoria esecutorietà, cit., 151, mostra invece qualche perplessità, sottolineando come comunque non sia escludere che la valutazione di opportunità del giudice dell’inibitoria sia rivolta anche alla non manifesta infondatezza dell’impugnazione. Contra, cfr. V. ANDRIOLI, Commento al c.p.c., cit., 156; M.VELLANI, Questioni sulla sospensione dell’esecuzione, cit., 324.

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tali fattispecie, pertanto, emerge palese l’essenza della discrezionalità, quale carattere tipico e decisivo ai fini dell’emissione del provvedimenti inibitorio, a prescindere dalla verifica dei requisiti individuati dal legislatore.

Alla luce di quanto sopra, si può ora procedere ad analizzare nello specifico lo stretto legame che sussiste fra il procedimento inibitorio e il giudizio di impugnazione all’interno del quale questo si inserisce.