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quale ruolo dei soggetti privati?

1.1. Il ruolo dei privati fra ostacoli e opportunità

La partecipazione dei privati nell’operatività del reddito di citta-dinanza è incentivata dai premi previsti dagli artt. 8 e 9 del decre-to-legge, oltre che prevista dall’art. 4. Innanzitutto, in riferimento all’assegno di ricollocazione (art. 9), seguendo la disciplina conte-nuta nei decreti attuativi del Jobs Act (art. 23 del d.lgs. 150/2015), il soggetto erogatore ha diritto all’importo dell’AdR, graduato in base al profilo di occupabilità dell’intestatario, versato in due tran-ches, la prima al momento della presa in carico, la seconda a (eventuale) ricollocazione avvenuta.

In prospettiva che la delibera Anpal armonizzi la disciplina origi-naria dell’AdR con le caratteristiche del nuovo istituto in cui va ad inserirsi, è possibile svolgere alcune riflessioni. In primis, un fattore di amalgama è la durata dell’Adr: la disciplina originaria fissava un tempo massimo di soli sei mesi, rinnovabili di altri sei, più breve della durata di un reddito di cittadinanza che può dila-tarsi fino a diciotto mesi (rinnovabili); potrebbe essere ragionevo-le far coincidere la durata dell’Adr con quella del RdC, in modo da evitare che, proprio nei casi più difficili, cioè quelli dei benefi-ciari che non trovano lavoro in poco tempo, venga meno uno degli strumenti di ricollocazione più efficace come l’AdR. In

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ndis, è auspicabile che, nella delibera Anpal che disciplinerà l’operatività del RdC, il premio dell’assegno di ricollocazione non sia subordinato a una ricollocazione in un’occupazione a tempo pieno e indeterminato. La versione originaria dell’AdR rivolta ai percettori di NASpI, cioè persone che hanno già lavorato nella loro vita, chiedeva, per l’erogazione del premio, un contratto di lavoro di soli tre mesi (il premio saliva al crescere della durata del contratto); non si può pensare che l’assunzione ab initio a tempo indeterminato di persone disoccupate da tempo, come lo saranno molti beneficiari del RdC, sia condizione senza la quale il “ricol-locatore” non potrà incassare l’assegno.

All’assegno di ricollocazione, sembra potersi aggiungere il c.d.

Patto di formazione. In questo caso, i soggetti privati accreditati per la formazione professionale, infatti, quando ammesso dalle leggi regionali, possono stipulare «un Patto di formazione con il quale garantiscono al beneficiario un percorso formativo o di ri-qualificazione professionale» (art. 8, comma 2). Nel caso in cui,

«in seguito a questo percorso formativo, il beneficiario di RdC ottenga un lavoro», a tempo pieno e indeterminato, «coerente con il profilo formativo» al soggetto privato spetta uno sgravio contributivo pari alla «metà dell’importo mensile del RdC perce-pito dal lavoratore all’atto dell’assunzione, per un periodo pari al-la differenza tra 18 mensilità e quello già goduto dal beneficiario stesso», per un valore comunque mai superiore a 390 euro al me-se né inferiore a me-sei mensilità per metà dell’importo del RdC.

L’altra metà spetta al datore di lavoro che assume il beneficiario del reddito di cittadinanza.

I soggetti privati accreditati strutturati in guisa da offrire sia un servizio di ricollocazione che di formazione professionale po-trebbero, dunque, in teoria, ottenere sia il premio dell’assegno di ricollocazione che l’agevolazione fiscale. Questa previsione am-plia ad esempio lo scenario di quegli attori della IeFP che non

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lo prendono parte ai diversi modelli regionali di accreditamento alla formazione professionale, ma che si siano strutturati e accre-ditati, nel tempo, per offrire servizi al lavoro4, diventando ponti di transizione nei mercati del lavoro per gli allievi ed in modo da ampliare il proprio bacino di riferimento.

Gli enti accreditati votati alla formazione, tra cui gli istituti scola-stici in generale ed il sistema della IeFP in particolare per la sua esperienza nella formazione professionale, attraverso apprendi-mento in laboratorio e grazie all’implementazione del sistema duale, portano come valore aggiunto nella fase attuativa del RdC l’esperienza nel formare utile al fine della ricollocazione dei bene-ficiari. A questo si aggiunge l’essere radicati sul territorio e in par-te con il par-tessuto imprenditoriale locale.

Allo stesso modo le ApL portano il valore aggiunto dello stretto contatto con le imprese, anche se con una prospettiva diversa da quella dei formatori, ossia come attori del mercato. Queste, infat-ti, riescono a intercettare più agilmente le aziende locali (e non), instaurando rapporti che si dilatano nel tempo, alla luce dei quali le ApL acquistano una lettura del mercato del lavoro difficilmen-te rintracciabile in altri operatori. Conoscere il mercato, prevede-re i fabbisogni delle impprevede-rese può significaprevede-re garantiprevede-re

4 Negli ultimi anni le politiche regionali hanno incentivato gli accreditamen-ti ai servizi al lavoro, come emerge dalla studio di Cnos-Fap e Noviter Srl, infatti, i finanziamenti regionali rivolti alle politiche attive del lavoro nel 2017 risultano superiori alle risorse previste per la formazione; il 55% degli avvisi analizzati dallo studio è rivolto a misure di politica attiva, contro il 45% della formazione, fatta eccezione per Lombardia, Piemonte e Veneto.

Cfr. d.G.R. Emilia Romagna n. 186/2019, la quale ha approvato l’invito a presentare candidature per individuare l’elenco dei soggetti accreditati per l’erogazione delle prestazioni e misure di politica attiva della rete attiva per il lavoro, in attuazione degli interventi per l’occupazione; tra i requisiti non solo essere soggetti accreditati per i servizi al lavoro, ma anche per la for-mazione continua e permanente.

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l’occupabilità dei lavoratori i quali possono essere avviati ai per-corsi di formazione professionale più utili alla ricollocazione (an-che attraverso gli enti formatori di cui sopra). In un mercato del lavoro in profonda rivoluzione (soprattutto tecnologica), se si vuole evitare che il RdC non si riduca a misura assistenzialista a cui tornare sistematicamente, è indispensabile che i beneficiari, durante la fruizione del sussidio, acquistino gli strumenti per re-inventarsi continuamente dal punto di vista professionale. È ap-purato che i lavoratori che si rivolgono alle ApL partecipino in misura nettamente maggiore alle iniziative formative, di quanto lo facciano i lavoratori in rapporto con i Cpi5.

Il RdC, in tal senso, potrebbe essere l’occasione di una sana con-taminazione tra gli enti accreditati votati alla formazione tra cui emerge il sistema della IeFP e le ApL, in vista di sviluppare un modo nuovo e più efficace di “fare scuola” e di “fare agenzia”.

5 Un’indagine del 2016 che ha coinvolto 17 agenzie per il lavoro e 11.596 lavoratori ha svelato che più del 40% dei lavoratori intervistati è stato coin-volto in almeno un’azione formativa. Il tasso di partecipazione è nettamen-te superiore a quello dei lavoratori assistiti dai Centri per l’impiego che è appena del 9,2% (contro la media europea del 11,4). Si veda EUROSTAT, Adult participation in learning, 2016; S.CONSIGLIO, Le Agenzie per il lavoro e i lavoratori in somministrazioni dopo il Jobs Act: una indagine nazionale, Franco An-geli, 2016.

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