• Non ci sono risultati.

Reddito di cittadinanza e cittadini extra-europei *

3. La sentenza n. 166 del 2018

3.3. L’irragionevolezza del controllo sulla residenza solo per gli stranieri

La sentenza n. 166 del 2018, peraltro, non solo censura la norma di Regione Lombardia in quanto illegittima visto il suo contrasto con l’art. 11 già esaminato; la Corte ritiene anche che la previsio-ne portata alla sua attenzioprevisio-ne sia incostituzionale perché irragio-nevole alla stregua del parametro fornito dall’art. 3 della Carta costituzionale.

Se infatti, ancora, essa riconosce che, a fronte della limitatezza delle risorse finanziarie disponibili, può legittimamente restrin-gersi la platea dei beneficiari per una prestazione sociale; se poi, pure, essa conferma che il criterio della residenza ha ragion d’essere nella misura in cui, dovendosi affrontare un sacrificio fi-nanziario, questo sia compiuto in favore di chi possiede radica-mento nel territorio; allo stesso tempo prende atto, pure in occa-sione di questa pronuncia, dell’assenza di un vero collegamento fra la ratio dell’intervento normativo e il pre-requisito in mancan-za del quale “scatta” il controllo sulla residenmancan-za qualificata: il pre-requisito, ovviamente, della titolarità della cittadinanza italiana.

Se il bilanciamento degli interessi in gioco può portare a stabilire che possa trarre beneficio dalla misura a carattere sociale soltanto chi abbia un legame qualificato con il territorio, non si vede per-ché detto legame non possa verificarsi, indifferentemente, sia per il caso in cui si abbia a che fare con italiani, sia per il caso in cui si abbia a che fare con stranieri.

88 Reddito di cittadinanza e cittadini extra-europei

Per esemplificare il carattere irragionevole della disposizione, si potrebbe immaginare la duplice evenienza, da un lato, di uno straniero che risiede in Lombardia da quattro anni e non ha dirit-to al sostegno economico, dall’altro di un cittadino italiano, ma-gari da sempre residente all’estero, che solo da brevissimo tempo ha fatto ritorno in Italia, a Bergamo o a Milano, e solo per questo sia nelle condizioni di richiedere l’agevolazione economica.

Il cuore della questione, allora, consiste non tanto nel non poter utilizzare il criterio della residenza qualificata per limitare l’accesso a una prestazione sociale, quanto nel farne un criterio selettore soltanto all’interno del sotto-gruppo dei cittadini stra-nieri, senza che esso sia esteso pure ai cittadini italiani (ed euro-pei).

4. La direttiva 2011/98/UE

Il legislatore del d.l. n. 4 del 2019 ha meritoriamente tratto inse-gnamento dalla esaminata giurisprudenza in tema di utilizzo del criterio della residenza qualificata. Difatti, all’art. 2, comma 1, lett.

b, il requisito della residenza in Italia da almeno dieci anni, di cui gli ultimi due continuativi, è stabilito indifferentemente per tutti coloro che (ex art. 2, comma 1, lett. a) siano «in possesso della cittadinanza italiana o di Paesi facenti parte dell’Unione europea, ovvero suo familiare che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lun-go periodo».

Se d’altronde così non fosse stato preveduto, se cioè il criterio della residenza qualificata, come in passato, fosse stato richiesto solamente per i cittadini stranieri e non per gli altri,

evidentemen-Andrea Rosafalco 89

te si sarebbe avuta una norma censurabile sul piano della ragio-nevolezza.

Va dunque dato atto che il legislatore del 2019 non è rimasto del tutto sordo al richiamo che, nella materia antidiscriminatoria, è provenuto dal giudice costituzionale; e tuttavia, se sul versante esaminato l’art. 2, comma 1, può dirsi “salvo” rispetto alla censu-ra di incostituzionalità, dubbi circa il corretto intendimento della parità di trattamento fra cittadini europei e di Paesi terzi, invece, possono sollevarsi se si guarda alla normativa di derivazione eu-ropea attualmente in vigore.

A tal proposito, giova richiamare la disciplina contenuta all’art.

12, § 1, della direttiva 2011/98/UE sul c.d. permesso unico di la-voro e soggiorno (direttiva trasposta in Italia con il d.lgs. n. 40 del 2014). Il permesso unico – va chiarito – si attribuisce a coloro che non hanno ancora maturato i requisiti per ottenere il permes-so di lungo permes-soggiorno; a coloro, quindi, che magari si trovano a fare ingresso legittimo in Italia per la prima volta. La particolarità del permesso consiste nel fatto che esso legittima, allo stesso tempo, la presenza dell’immigrato e il suo impiego lavorativo (da qui la dizione “unico”).

Ebbene, all’art. 12, § 1, della direttiva, in particolare alla lettera e), si afferma che i titolari di permesso unico godono del diritto alla parità di trattamento nei settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento CE n. 883 del 2004, settori fra i quali si sceglie di ri-chiamare il più coerente con l’approfondimento svolto in questo articolo: il settore di sicurezza sociale riguardante le prestazioni di disoccupazione.

90 Reddito di cittadinanza e cittadini extra-europei

5. Conclusioni

Alla luce di quanto mostrato, si può arrivare a sostenere che il le-gislatore nazionale non sia del tutto al riparo da un possibile fu-turo intervento di censura per contrasto col dettato europeo, sul versante della disciplina dei soggetti beneficiari del reddito di cit-tadinanza.

Il combinato disposto della direttiva 2011/98/UE e del regola-mento CE n. 883 del 2004, infatti, esprime un principio di parità di trattamento tale che il bilanciamento fra l’interesse del singolo all’accesso alla misura e l’interesse pubblico al controllo della spe-sa risulta illegittimamente discriminatorio quando nel campo del-la sicurezza sociale sia stabilito un trattamento differenziato per i titolari del permesso unico di soggiorno e lavoro.

Sarebbe pertanto opportuno che il legislatore, in sede di conver-sione del decreto-legge, modifichi la disciplina sui possibili bene-ficiari del reddito di cittadinanza, e ciò al fine di evitare future censure da parte non tanto della Corte costituzionale, quanto del-la Corte di giustizia dell’Unione europea.

Le norme sul reddito di cittadinanza e