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Il terremoto in Nepal, le ultime foto

Nel documento RASSEGNA STAMPA del 30/04/2015 (pagine 103-107)

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Tra grandi difficoltà continuano le operazioni di soccorso a Katmandu e nelle altre città, con lunghissime file per raggiungerle in autobus dalla capitale: i morti sono più di 5mila

29 aprile 2015

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Il terremoto in Nepal ha causato la morte di almeno 5mila persone e da giorni il governo nepalese è al lavoro per portare soccorso alla popolazione, soprattutto nelle città più piccole e nelle aree rurali più difficili da raggiungere rispetto alla capitale Katmandu, dove gli interventi sono stati più rapidi compatibilmente alla grande estensione dei danni causati dalla scossa di magnitudo 7.8 di sabato 25 aprile. Si stima che il terremoto abbia causato il ferimento di circa 10mila persone e che abbia interessato almeno 8 milioni di persone: secondo le Nazioni Unite 1,4 milioni hanno bisogno di aiuti per quanto riguarda acqua, cibo e medicinali. In molte aree del paese manca la corrente elettrica e ci sono piccole città in cui i soccorsi faticano ancora da arrivare a causa delle strade interrotte.

Il terremoto in Nepal, le ultime foto

In seguito al terremoto in Nepal, il governo ha messo a disposizione un servizio di autobus gratuiti da Katmandu verso le altre città e le aree rurali, così che le persone possano raggiungere i loro posti di origine per ricongiungersi con i loro familiari. In poche ore si sono formate lunghissime code di persone in attesa di un autobus per partire il prima possibile, cosa che ha richiesto l'intervento della polizia e dell'esercito per evitare che si potessero verificare disordini. Il numero di mezzi si sta rivelando insufficiente ed è stato deciso di utilizzare anche gli scuolabus, ma le code continuano a essere molto lunghe e non vengono date informazioni chiare sulle effettive possibilità di partenza dopo ore di attesa.

Alle operazioni di soccorso nelle aree interessate dal terremoto in Nepal sta partecipando l'esercito, ma diversi funzionari del governo hanno ammesso che l'estensione dei danni è tale da rendere molto complicata una gestione efficace degli aiuti. Nelle aree collinari e montane il terremoto di sabato e le scosse dei giorni seguenti hanno provocato centinaia di frane, che hanno danneggiato le vie di accesso a molti paesi, e non ci sono abbastanza elicotteri per portare cibo e aiuti in tutte le valli.

A Katmandu migliaia di persone continuano a dormire in accampamenti improvvisati nei prati della città. In molti casi si tratta di famiglie che hanno perso la casa e non sanno dove andare, ma ci sono anche molte persone che preferiscono dormire all'aperto perché non si fidano della stabilità delle loro abitazioni dopo i crolli che si sono verificati sabato. I soccorsi offerti dalla comunità internazionale arrivano all'aeroporto di Katmandu, dove ci sono spesso problemi organizzativi perché la struttura non ha la capacità sufficiente per gestire un grande numero di arrivi e partenze. Tra i paesi che hanno offerto aiuto e hanno fatto arrivare squadre di soccorso ci sono la Cina, l'India, gli Stati Uniti e molti paesi dell'Unione Europea.

Il ministero degli Esteri dell'Italia lunedì ha confermato che 4 italiani sono morti a causa del terremoto in Nepal. Martedì ha inoltre annunciato che le ricerche hanno permesso di recuperare i contatti con buona parte delle persone in Nepal date per disperse. Al momento il ministero è ancora al lavoro per mettersi in contatto con una decina di persone.

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Bologna, 29 aprile 2015 - STANNO rientrando alla spicciolata i bolognesi che si trovavano in viaggio in Nepal quando è arrivato il devastante terremoto che ha sconvolto il Paese. «Nepal ktm: Oh bisogna aiutare questa povera gente. In troppi hanno perso tutto. Questa sera si ritorna....speriamo!!» ha scritto ieri sul suo profilo Facebook Andrea Ballandi,

l'impiegato di Castel Maggiore che era in vacanza con la moglie Chiara per festeggiare le nozze d'argento.

Si trovano ancora nella capitale Kathmandu Francesco Quadruccio e Francesco Vetrone, altri due trekker bolognesi che, dal giorno del sisma, si sono accampati nei pressi del Raddison Hotel in attesa del volo per il rientro in Italia. I due amici sono stati contattati dal team della Farnesina che è giunto nella capitale. Entrambi stanno bene e anche ieri Quadruccio è riuscito a comunicare con la fidanzata Alessia per rassicurare tutti sulla loro situazione. Il 25 aprile a Kathmandu c'erano anche il fotografo Stefano Croari e i suoi amici Giacomo Veronesi ed Emanuele Casoni. Quest'ultimo è tornato ieri a Bologna con il volo di linea già programmato, mentre Stefano e Giacomo, che dovevano rientrare in India e poi partire per l'Australia, avrebbero modificato i loro programmi. «Stefano mi ha scritto che vuole fermarsi un po' per fare il suo lavoro di fotografo», ha spiegato ieri il collega Paolo Lambertini, titolare dello studio bolognese con cui collabora il giovane reporter, che ha lasciato mesi fa l'Italia proprio per un progetto fotografico. Il destino sembra avere deciso per lui.

E' APPENA sbarcato a Milano sano e salvo: «Ma mi sembra ancora di sentire tremare la terra sotto i piedi». Emanuele Casoni, 23 anni, addetto all'handling al ‘Marconi', al momento della devastante scossa era a Kathmandu con altri due amici di Borgo Panigale, il fotografo Stefano Croari e Giacomo Veronesi, rimasti per il momento nella capitale nepalese. I tre ragazzi, appassionati di montagna, erano reduci dall'impegnativo trekking del monte Annapurna.

Dove vi ha colti il terremoto?

«Eravamo in un vicolo accanto a Urban Square, la piazza dei templi, appoggiati a un muretto. La terra ha cominciato a tremare e abbiamo cercato scampo in una strada più larga, ma i palazzi ci si chiudevano addosso e si riaprivano. Lì ce la siamo vista brutta, era un incubo, ho pensato davvero che finisse male».

In realtà l'incubo era appena iniziato.

«Io per fortuna sono riuscito quasi subito dopo il terremoto a comunicare che stavamo bene, ma poi siamo rimasti isolati per un giorno intero. Neanche la scheda telefonica nepalese funzionava».

Che situazione c'era?

«Dopo il sisma i nepalesi sono ‘strippati'. Arrivati in piazza abbiamo visto un cumulo di macerie e abbiamo chiesto se ci fosse sotto qualcuno. Ci hanno risposto di sì e abbiamo iniziato a scavare, ma i nepalesi non sapevano che fare. Erano in confusione e si lanciavano i mattoni addosso l'un l'altro. Per due ore è stata l'anarchia totale. Noi eravamo in ciabatte e

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abbiamo capito che la situazione era troppo pericolosa per restare lì».

Cosa avete fatto?

«Siamo andati alla nostra guesthouse, che era ancora in piedi. Però sul mio letto ho trovato dell'intonaco staccato, quindi abbiamo deciso di prendere le nostre cose e dormire fuori. La prima notte l'abbiamo passata nel sacco a pelo usando lo zaino come cuscino; per la seconda siamo riusciti a trovare un telo per ripararci, pioveva ed era una situazione da incubo.

Ci siamo fermati con una coppia di ragazzi romani, un altro italiano e uno di Cipro, e sotto il nostro telo abbiamo ospitato due nepalesi».

Come si vive ora a Kathmandu?

«Il primo giorno era una città fantasma, il secondo qualche negozio ha cominciato a riaprire e abbiamo potuto comprare da mangiare. La gente non vuole restare in casa ed è accampata ovunque».

Avete visto i bolognesi Quadruccio e Vetrone?

«Sì. Li abbiamo incontrati in aeroporto mentre cercavano un volo per rientrare».

E' stata un'esperienza choccante.

«Prima che scoppiasse l'inferno è stata una vacanza bellissima, con la gente nepalese si sta bene ed è un gran bel posto».

Stefano e Giacomo quando rientreranno?

«Il loro programma era di tornare in India per poi andare a lavorare in Australia, ma Stefano che fa il fotografo vorrebbe restare per documentare quello che succede».

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