Nepal, il ritorno di Francesco: «Impossibile dimenticare quel che ho visto»
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Da sinistra. Francesco Vesalici e Lucia Varaldo
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Savona - «È stato bello riabbracciare parenti e amici che ti credevano disperso o peggio, sono felicissimo di essere a casa, anche se la mia mente è continuamente rivolta al Nepal e alla tragedia del terremoto : certe immagini e scene non si possono dimenticare, e laggiù voglio tornare»: queste le prime parole dopo il primo giorno a casa del 21enne savonese Francesco Vesalici, che insieme con l'amica Lucia Varaldo (22 anni) è rientrato dal Nepal dopo una missione di lavoro con l'associazione Finale for Nepal in un orfanotrofio con 30 bambini.
Entrambi hanno vissuto in prima persona il dramma del terremoto che ha devastato il Nepal prima di rientrare all'aeroporto di Milano Malpensa: «Stiamo bene, anche se ancora un po' sotto choc per i difficili momenti passati insieme - ha raccontato Francesco - Non eravamo a Kathmandu, ma a Tikapur, a 600 chilometri di distanza. Nel viaggio per tornare alla capitale durato oltre 20 ore in pullman insieme con altri volontari, abbiamo visto le conseguenze del terribile sisma. C'erano case, palazzi, baracche rase al suolo. Morti ammassati sui camion, feriti e gente in strada. È una ferita nel cuore per me indelebile. È stata dura, ma con Lucia e gli altri volontari ce l'abbiamo fatta, abbiamo cercato di rimanere tranquilli, lucidi per affrontare la situazione. Domenica sera abbiamo dormito all'aperto. Poi lunedì in aeroporto. C'erano pompieri, soccorritori arrivati anche dalla Cina. Tanti cargo che portavano cibo e acqua».
Il pensiero di Francesco è andato anche alle tante persone che ha conosciuto prima e dopo il terremoto: «Voglio tornare in Nepal per dare ancora una mano, finita l'emergenza ce ne sarà maggiore bisogno, quindi prenderò parte alla taskforce che metterà in piedi l'associazione per aiutare le popolazioni colpite e lavorare per la ricostruzione. Quando?
Non lo so ancora: aspettiamo che la situazione si possa "normalizzare", poi andremo ad aiutare i nepalesi».
E proprio da Carlo Mamberto, dell'associazione Finale for Nepal, è partita l'idea di mettere assieme una squadra di volontari per continuare l'opera di assistenza e aiuto ai territori colpiti dal sisma: «L'associazione si sta attivando a 360 gradi, e siamo molto soddisfatti della nostra raccolta fondi. Quando avremo la cifra completa valuteremo tutte le iniziative da mettere in campo per gli aiuti».
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Nepal: in Tibet sono 47.500 gli sfollati, danneggiati 82 templi | mondo | Il Secolo XIX
mondo 29 aprile 2015
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Pechino - Mentre il conto delle vittime dopo il sisma che ha messo in ginocchio il Nepal continua ad aumentare col timore che possa raggiungere quota 10 mila persone, a migliaia hanno preso d'assalto le stazioni degli autobus a Kathmandu per tornare nelle loro villaggi di origine.
Nel "Bus Park" di Gongabu in mattinata si sono verificati disordini per la ressa di passeggeri ed è intervenuta la polizia. I veicoli partono stracarichi con decine di passeggeri sul tetto. «Non posso più stare a Kathmandu - racconta uno dei presenti - perchè la mia casa è crollata. Cominciano a mancare acqua e cibo. Penso che sia anche pericoloso stare qui, ci sono ancora dei morti sotto le case e ho paura di malattie».
Intanto la Farnesina ha annunciato di aver rintracciati 5 dei 10 italiani che risultavano irreperibili. E a questo punto i nostri connazionali che ancora mancano all'appello sono 5. Quattro invece le vittime dei giorni scorsi.
L'agenzia di stampa cinese Xinhua, ha fornito anche un bilancio aggiornato sui danni dopo che sono state raggiunte località che erano rimaste isolate: il sisma ha raso al suolo 2.500 edifici e ne ha danneggiati altri 24.700, tra cui 82 templi tibetani.
La corsa per gli aiuti umanitari
Secondo l'Onu, che ha sbloccato 13,7 milioni di euro in aiuti, le persone interessate dal sisma sono 8 milioni e di queste 1,4 milioni sono a corto di cibo. La sfida è come portare i soccorsi, in zone inaccessibili, ad elevate altitudini e colpite a macchia di leopardo. Dopo aver sorvolato la parte settentrionale della vallata di Kathmandu, Jamie McGoldrick, coordinatore Onu nella capitale nepalese, ha riferito che il 40% delle case risulta danneggiato, ma che la distruzione è
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casuale: «Alcune case risultano assolutamente non toccate, quelle sull'altro lato sono invece completamente rase al suolo». Anche Papa Francesco ha annunciato un primo contributo di 100mila dollari.
Rimpatriati i primi italiani
I 10 italiani che ancora mancano all'appello non vengono comunque considerati «dispersi» perché la situazione in loco è in costante evoluzione. Nelle ultime ore, grazie alla ripresa parziale delle comunicazioni cellulari e al fatto che i soccorsi hanno potuto raggiungere alcune zone remote del Nepal, la ricerca effettuata dall'Unità di crisi del ministero ha dato i suoi frutti e sono stati contattati diversi connazionali che non si riuscivano a rintracciare. I primi italiani sono partiti ieri a bordo di un volo commerciale. Nelle prossime ore è previsto l'arrivo in Nepal di un C-130 che porterà i primi soccorsi stanziati dal governo italiano e che poi rientrerà, portando in Italia il resto dei connazionali, che non sono al momento a Kathmandu e devono avere il tempo di raggiungere la capitale.
Estratto vivo dopo 80 ore sotto le macerie
Molti stranieri dispersi
Intanto, si è saputo che oltre 250 persone risultano disperse sotto un valanga che ha travolto proprio oggi un villaggio, Ghodatabela, nel distretto di Rasuwa, a nord di Kathmandu, un'area in un parco naturale molto popolare per via dei bellissimi sentieri di trekking. Tra i dispersi ci potrebbero essere molti turisti stranieri: «Stiamo cercando di raggiungerli, ma il cattivo tempo e la pioggia stanno ostacolando i soccorsi», ha riferito il governatore del distretto, Uddhav Bhattarai.
Giovane salvato dopo 80 ore sotto le macerie
Sono stati invece tutti tratti in salvo con gli elicotteri i 170 alpinisti rimasti bloccati al Campo numero 1 sull'Everest a quota 6.000: sfruttando una "finestra" di tempo buono tre elicotteri hanno fatto la spola lunedì ininterrottamente per tutto il giorno sopra l'invalicabile cascata di ghiaccio Khumbu. E ha del miracoloso la notizia che un giovane di 27 anni, Rishi Khanal, è stato tratto in salvo dopo aver trascorso 80 ore sotto le macerie del suo appartamento a Kathmandu.
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Dopo l'ecatombe, le polemiche. Il capo del distretto nepalese di Sindhupalchowk, il più colpito con 1500 morti, ha abbandonato il suo ufficio dopo le proteste dei senzatetto che reclamano aiuti.
E ora il governo di Kathmandu vuole punire il "fuggitivo", Krishna Prasad Gyawali, che a sua volta accusa il governo di aver creato una situazione insostenibile. Tutto ciò mentre la polizia antisommossa è stata costretta a intervenire a Kathmandu per cercare di placare gli animi degli abitanti infuriati che vogliono lasciare la capitale del Nepal dopo il terribile sisma che ha devastato il Paese.
La polizia nepalese in assetto antisommossa è stata dispiegata presso la stazione ferroviaria e attorno al parlamento, dove una folla disperata si era riunita nella speranza di poter salire a bordo di uno dei 250 bus speciali che il governo aveva annunciato di mettere a disposizione degli abitanti per lasciare la capitale. Le decine di migliaia di senza tetto che hanno deciso di rimanere a Kathmandu, si radunano nei punti di distribuzione di acqua e viveri.
Gli aiuti. L'intervento dei soccorsi, soprattutto nelle aree più remote, a causa del maltempo e delle frane che hanno bloccato le vie di comunicazione, è molto problematico. Il governo del Nepal ha chiesto alle squadre straniere di non venire; vi è già un numero sufficiente di soccorritori. Lo ha dichiarato un alto responsabile dell'Onu. Il coordinatore delle Nazioni Unite per il Nepal, Jamie McGoldrick, ha spiegato che «ritengono di avere mezzi sufficienti per far fronte alle ricerche e alle operazioni di soccorso».
L'aeroporto di Kathmandu, dotato di una sola pista, fa grande fatica a gestire un numero di voli molto più del normale. Un aereo umanitario inviato lunedì dalla Francia carico di aiuti di urgenza questa mattina era ancora bloccato ad Abu Dhabi, senza l'autorizzazione per atterrare nella capitale nepalese.
Resta molto critico il bilancio dei bambini. Nei trenta distretti del Nepal colpiti dal terremoto vi sono migliaia di bimbi rimasti soli o separati dai propri genitori. A lanciare l'allarme è Save the Children, che attraverso i suoi operatori sul campo ha effettuato verifiche nei principali ospedali di Kathmandu e Lalitptur. «Quello che si teme - spiega l 'Ong - è che i casi, che richiedono assistenza e protezione specifiche, continuino ad aumentare».
Tantissimi, continua l'organizzazione che si occupa di tutelare i bambini coinvolti in guerre e disastri naturali, anche i casi di minori gravemente feriti o che hanno subito amputazioni degli arti per le conseguenze del terremoto.
Gli italiani. È sceso a tre il numero degli italiani ancora irreperibili in Nepal dopo il terremoto di sabato scorso. La Farnesina ha fatto sapere che la ricerca dei connazionali da parte dell'Unità di Crisi del ministero degli Esteri è proseguita senza sosta, consentendo in queste ultime ore di riprendere i contatti con sette italiani che risultavano non rintracciabili. In partenza, su un volo militare, i primi aiuti umanitari dall'Italia per il Nepal. All'aeroporto di Pratica di Mare sono in corso le operazioni di imballaggio del materiale che nelle prossime ore sarà caricato su un velivolo KC-767 del 14/o Stormo dell'Aeronautica. A bordo dell'aereo anche team di soccorritori.
Tibet. È di 25 morti, 383 feriti e 47.500 sfollati il bilancio per il Tibet del devastante terremoto che sabato scorso ha fatto più di 5mila vittime in Nepal. Lo ha reso noto l'agenzia di stampa cinese Xinhua, fornendo un bilancio aggiornato dopo che sono state raggiunte località che erano rimaste isolate. Nella regione autonoma sotto la sovranità cinese il sisma ha raso al suolo 2.500 edifici e ne ha danneggiati altri 24.700, tra cui 82 templi tibetani.
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Gli occhi sul governo. Gli abitanti del Nepal (qui a Kathmandu, di fronte a un edificio crollato) hanno iniziato a protestare contro la lentezza degli aiuti e dei trasporti verso i villaggi più remoti