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TURISTI DELLA DISGRAZIA - MENTRE IN NEPAL INTERI VILLAGG I SONO ANCORA ISOLATI, GLI ELICOTTERI SONO STATI PRESI D

Nel documento RASSEGNA STAMPA del 30/04/2015 (pagine 53-56)

'ASSALTO DA ALPINISTI E TREKKER - MONDINELLI: "IL MONDO

È IMPAZZITO,

ASSALTO ALL'ELICOTTERO

Rosati all'Ansa racconta di un assalto al suo elicottero: turisti e trekkers che vogliono lasciare l'inferno di fango e morte.

C'è un evidente contrasto che lo stesso primo ministro nepalese ha ammesso. Intere aree montane non sono neppure ancora state raggiunte. E le richieste di aiuto di alpinisti illesi o di escursionisti che lamentano di non avere più viveri suonano stridenti.

Silvio «Gnaro» Mondinelli, guida alpina di Alagna, che oltre venti volte ha raggiunto una cima di Ottomila metri, dice:

«In una tragedia di queste proporzioni c'è chi continua a premere sulle agenzie di Kathmandu per poter rientrare a casa.

C'è chi s'indigna per i ritardi. Il mondo è impazzito. Alpinisti e escursionisti devono cavarsela da soli, devono avere viveri per almeno un mese, altrimenti non vadano sull'Himalaya».

uno sherpa ferito al campo base everest dopo la valanga

Il turismo è vita per il Nepal. Ma ora la vita è da strappare alle macerie. Mario Vielmo e i componenti della sua spedizione che sono ancora alla Piramide della valle dell'Everest non hanno fretta di rientrare. Vielmo: «Andremo a complicare ancora di più quanto accade a Kathmandu. Ci muoveremo soltanto quando avremo notizia che potremo partire dall'aeroporto».

Nestler, sempre nel tentativo di addolcire le dure sentenze di Messner, si rifugia in una logica etica: «Ogni soccorso di una persona, non importa di quale patrimonio disponga, è una buona notizia». Aggiunge: «Sono sicuro che ora i piloti degli elicotteri voleranno in aiuto di altre zone». Qui sta il punto indicato da Messner. Il prima e il dopo, senza un ordine di priorità. Non è un caso se l'alpinista Marco Confortola dal campo base del Dhaulagiri, Ottomila, più distante

dall'epicentro, scrive proprio di «priorità». E assicura di non aver «bisogno di elicotteri, noi abbiamo le gambe».

valanga sull everest

GIÙ A PIEDI

Da lassù, mentre sta organizzando la sua discesa nella vallata disastrata dal terremoto, rinvia le notizie di aiuto che gli arrivano dall'Italia, prega giornalisti e amici di non scrivergli o telefonargli per non «consumarmi le batterie» e spera di

«poter dare aiuto alla gente». Tutto appare come un cortocircuito: il mondo dei network, con batterie al lumicino, è in bilico tra l'offrire supporto o annunci e i soccorsi seguono logiche di gerarchie non in linea con le urgenze.

l alpinista jost kobusch riprende la valanga sul campo base everest 7

All'Expo di Milano c'è Amrid Shakiat, albergatore di Kathmandu, rimasto solo sotto la pagoda alta 18 metri del

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È IMPAZZITO,

padiglione Nepal che chiede aiuto. Accanto a lui c'è Agostino Da Polenza, presidente di Ev-K2-Cnr: «La rinascita del Nepal deve partire di qui».

everest

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È IMPAZZITO,

- Wired

Terremoto in Nepal, manca acqua e cibo e sale rischio epidemie e contagi

Jessica Tradati è una freelance che lavora per il Kathmandu Post. Servono aiuti primari ma non sappiamo quanto il governo riuscirà a gestire lemergenza. A quattro giorni dal terremoto che ha fatto oltre 5mila vittime, ci si interroga anche sul futuro: Potrebbe essere la fine del turismo nepalese

“Manca acqua e cibo, mentre gli ospedali sovraffollati aumentano il rischio dei contagi”. È questa la prima istantanea che Jessica Tradati ha raccontato a Wired. Freelance per il Kathmandu Post, per la 25enne milanese trasferirsi in Nepal non è stata solo una scelta di lavoro ma soprattutto di cuore, spinta dalla passione per trekking e montagna. Quando il 25 aprile il Nepal è stato sconvolto da una doppia scossa di magnitudo 7.9, Jessica era nella sua camera del quartiere centrale di Tamel, finendo una valigia per partire per un trekking di due giorni. Poi una scossa. “Credevo stessi sognando. Da tempo i nepalesi parlavano di questo violento terremoto in arrivo, ma non potevo credere stesse accadendo a me. Ricordo di avere pensato di non volere morire in quell'istante”. I secondi diventano ore mentre resta abbracciata sul pianerottolo con il suo coinquilino indiano. Usciti in strada, una folla di persone nel panico. E scosse che sono continuate per più di un'ora.

(Foto: Jessica Tradati)

Ma è stato allontanandosi dal centro città per mettersi in salvo per qualche giorno in campagna, che Jessica si è resa conto dell'entità del danno: Kathmandu era scomparsa. Accampamenti di fortuna, tende sotto cui riposavano intere famiglie, macerie al posto di Stupa. “Le prime notti dopo il terremoto le passavamo tutti accanto a una candela”, aspettando l'arrivo del terremoto. “Ho chiesto all'uomo accanto a me se anche lui avesse perso la casa. Lui ha risposto: No. Ho perso mio figlio ”. Una donna le ha raccontato di come i terremoti sono causati da pesci che nuotano sotto il terreno. “Molti nepalesi, soprattutto nei villaggi, non sanno cosa sia una scossa sismica. Questo li porta a non riuscire a capire cosa sta

succedendo”. E così ecco tutti i capifamiglia attorno all'unica radiolina ancora funzionante per sapere aggiornamenti sulla situazione. Per poi tornare alle tendopoli e raccontare quale villaggio è stato distrutto o chi si sta mobilitando per aiutarli.

“Per le strade si vedono molte macchine dell'Onu, aiuti cinesi e militari del governo impegnati in operazioni di recupero –

Terremoto in Nepal, manca acqua e cibo e sale rischio epidemie e conta

Nel documento RASSEGNA STAMPA del 30/04/2015 (pagine 53-56)